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Acquisto di un immobile da parte del socio di una cooperativa edilizia-Se la titolarità dell’alloggio è acquisita in costanza di matrimonio il bene entra nella comunione- Cassazione Sentenza n. 16305/2011-Studio legale law.it

 

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Teresa paciotti

 

 

Tre gradi di giudizio per far comprendere a un marito che l’alloggio di cui lo stesso è divenuto titolare in costanza di matrimonio entra a far parte della comunione legale e quindi appartiene anche alla moglie. La comunione dei beni è regolata dall’art. 177 del Codice Civile, il quale dispone che costituiscono oggetto della comunione gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali. Ora, poiché l’immobile in questione era stato donato al figlio dalla madre, originaria socia di una cooperativa edilizia e a seguito del suo recesso il figlio era subentrato nella posizione giuridica della madre e che, nel comunicare tale recesso dalla società, aveva anche manifestato la volontà che le unità immobiliari per le quali aveva già versato parte del corrispettivo venissero assegnate al figlio, questi, sulla base del rilievo di essere stato formalmente immesso nel possesso delle unità immobiliari in questione, prima del matrimonio, anche se che l’atto di assegnazione era stato stipulato successivamente, ha convenuto in giudizio la moglie separata, per sentir accertare il proprio pieno diritto di proprietà relativamente all’immobile in questione.

 

Domanda rigettata dal Tribunale. Il giudice di prime cure osserva che, nel caso di alloggio di cooperativa edilizia, il momento dell’acquisto va individuato nella data di stipulazione del contratto di trasferimento del diritto dominicale, mentre la qualità di socio e la prenotazione dell’alloggio in tale veste esercitata si risolvono in diritti di credito del socio nei confronti della cooperativa. Stessa sorte in appello. La Corte di Appello di Palermo conferma la sentenza di primo grado. Infondate le censure dell’appellante, anche nell’ipotesi in cui quest’ultimo avesse dimostrato che il danaro utilizzato per il pagamento del mutuo fosse provento di attività propria, in quanto, ai sensi dell’art. 177, primo comma, lett. A), cod.civ., gli acquisti compiuti dai coniugi in costanza di matrimonio fanno parte della comunione, salvo che si tratti di beni personali. Né nella specie poteva configurarsi una donazione indiretta, poiché prima della stipula dell’atto di assegnazione non era mai stato pagato il prezzo dell’appartamento, versato poi in parte minima con danaro contante di entrambi i coniugi e per la maggior misura con l’accollo di un mutuo. Il marito non si da per vinto e promuove ricorso per Cassazione. Con la Sentenza n. 16305/2011, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso. La comunione legale tra i coniugi riguarda gli acquisti, ovvero gli atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà della res o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi le semplici situazioni obbligatorie, per la loro stessa natura relativa o personale, pur se strumentali all’acquisizione di una res. Ne consegue che, in tema di assegnazione di alloggi di cooperative edilizie, il momento determinativo dell’acquisto della titolarità dell’immobile da parte del singolo socio, onde stabilire se il bene ricada nella comunione legale tra coniugi, è quello della stipula del contratto di trasferimento del diritto dominicale, poiché solo con la conclusione di tale negozio il socio acquista, irrevocabilmente, la proprietà dell’alloggio, mentre la semplice qualità di socio e la correlata “prenotazione”, in tale veste, dell’alloggio, si pongono quali vicende riconducibili solo a diritti di credito nei confronti della cooperativa, inidonei, in quanto tali, a formare oggetto della communio inciders familiare. Nel caso di specie la stipulazione è avvenuta in epoca successiva al matrimonio. Per cui correttamente il giudice di merito ha ritenuto, sulla base dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità, che il bene de quo facesse parte della comunione, poiché non si trattava di bene personale, intendendosi per tale quello di uso strettamente personale o destinato all’esercizio della professione, ovvero acquistato con danaro del coniugo purché proveniente dalla vendita di beni personali.

 

 

 

Anna Teresa Paciotti

 

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