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Si applica il termine prescrizionale previsto per la fattispecie penale laddove il danno sia conseguenza di reato, non rappresentando condizione a ciò ostativa il fatto della mancata proposizione della querela-Cass. sez. III Civile, sentenza 10 gennaio – 20 luglio 2011, n. 15883-Presidente Masseri – Relatore Chiarini

 

 

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Svolgimento del processo
Con sentenza del 17 settembre 2008 la Corte di appello di Napoli accoglieva l’appello della s.p.a. Nuova Tirrena di Assicurazioni, Riassicurazioni e Capitalizzazioni avverso la sentenza non definitiva del Tribunale di Napoli e dichiarava prescritta l’azione di risarcimento danni - quantificati in Euro 37.261,26 - esercitata dai suoi genitori il (omissis) a seguito delle gravi lesioni con postumi invalidanti subite dalla figlia S.A., investita dall'auto di V..A. il 20 (omissis), poiché la prima costituzione in mora era del 3 luglio 2001 si che la prescrizione biennale, essendo applicabile l’art. 2947 secondo comma cod. civ. non essendo stata proposta querela per le lesioni colpose - artt. 590 cod. pen. come modificato dall' art. 92 legge 689/1981, era decorsa.
Ricorrono per cassazione A..S. e i suoi genitori S.V. e M..V.. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Deducono i ricorrenti: "Errores in procedendo ed iudicando a seguito di falsa applicazione di legge sui presupposti giuridici. Travisamento e/o erronea interpretazione dei principi giuridici vigenti in materia:violazione e falsa applicazione dell'art. 2947 comma 2 c.c." ed invocando il principio affermato da questa Corte a Sezioni Unite con sentenza 2733/2008, concludono con il seguente quesito di diritto: "dica la Suprema Corte di Cassazione se può essere richiesto il risarcimento del danno derivante da sinistro provocato da veicolo, oltre il biennio dall' evento, se il danno è la conseguenza di un reato penalmente non perseguito, anche a querela di parte, che prevede un termine di prescrizione più lungo, cinque anni, e pertanto l’applicabilità al caso in esame dell'ipotesi disciplinata dall'art. 2947 c.c. comma 3, enunciando il principio di diritto che ne deriva e al quale la stessa “Corte di appello avrebbe dovuto attenersi".
Il motivo è manifestamente fondato alla luce della sentenza precitata delle Sezioni Unite secondo cui se l'illecito civile è considerato dalla legge come reato, benché il giudizio penale non sia stato promosso, anche per difetto di querela, all'azione risarcitoria si applica l'eventuale più lunga prescrizione prevista per il reato (art. 2947, terzo comma, prima parte, cod. civ.) onde consentire al giudice civile di accertare "incidenter tantum", e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto-reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi. Detto termine decorre dalla data del fatto, da intendersi riferito al momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto - o avrebbe dovuto avere, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche - sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato.
Infatti come emerge dalla narrativa i giudici di merito hanno accertato che l’incidente è avvenuto il 20 novembre 1996 e la prima costituzione in mora ai sensi dell'art. 2943, ultimo comma, cod. civ. è del 3 luglio 2001 e perciò l’azione risarcitoria esercitata con la citazione del 13 gennaio 2003 per le lesioni colpose gravi subite da A..S. non era estinta.
Il secondo motivo, con cui i ricorrenti denunciano vizi di ultra petizione su punti non oggetto di impugnativa da parte dell'appellante - errores in procedendo e iudicando - intervenuto giudicato" che concludono con il seguente quesito di diritto: "Voglia la Suprema Corte di Cassazione dire se la Corte di appello è incorsa nella ipotesi di ultra petizione laddove senza alcuna richiesta specifica delle parti esamini e valuti erroneo il ragionamento giuridico e di fatto formulato dal giudice di primo grado, se tale ragionamento e ricostruzione fattuale non sono specificatamente indicati e/o riportati nei motivi di gravame ed accerti la Corte se vi è stata violazione del principio tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c. e l’intervenuto giudicato indicando il principio di diritto nell'interesse della legge" è formulato per mero scrupolo e ritenendo assorbente il primo e perciò va dichiarato inammissibile per carenza di interesse.
Concludendo il primo motivo di ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per l’esame di merito.
Il Giudice di rinvio provvederà altresì a liquidare le spese, anche del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli, altra Sezione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

 

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