L’associazione tra professionisti,
composta anche da due soli avvocati, esclude la
personalità del rapporto d’opera professionale.
Il credito professionale non può
assurgere a rango di privilegiato; cosa, invece,
ammissibile nel caso in cui si concretizzi la cessione
del credito dal singolo avvocato alla struttura dello
studio associato.
Breve ma “intensa” la pronuncia 8
settembre 2011, n. 18455 della Suprema Corte di
Cassazione.
La vicenda può così essere
riassunta; uno studio associato aveva proposto
opposizione, dinanzi al Tribunale, allo stato passivo
del fallimento di una società, al fine di ottenere
l’ammissione al rango privilegiato del proprio credito.
Tale credito derivava da attività
professionale, ai sensi e per gli effetti di cui
all’articolo 2751 bis, n. 2, del codice civile.
La norma in questione prevede il
privilegio generale dei crediti concernenti le
retribuzioni dei professionisti e di ogni altro
prestatore d’opera intellettuale.
I giudici del Tribunale
respingevano tale opposizione, con la motivazione che
“il fenomeno dell’associazione tra professionisti dava
vita ad un organismo collettivo dotato di struttura
organizzativa che non consentiva la concessione del
privilegio: riconosciuto solo al singolo professionista
dalla norma invocata, insuscettibile di estensione
analogica”.
La questione si spostava dinanzi
l’attenzione dei giudici di legittimità ai quali lo
studio associato proponeva ricorso, deducendo violazione
di legge, dal momento che, nella fattispecie concreta,
la prestazione professionale restava di natura personale
e che lo studio associato, che comprendeva solo due
avvocati, non poteva essere assimilato ad un’impresa.
Chiara e concisa la decisione della
Corte. Inammissibile la legittimazione attiva
concorrente del singolo professionista e dello studio
legale associato ad esigere il pagamento, o l’ammissione
al passivo del fallimento.
“La proposizione della domanda da
parte dello studio associato lascia presumere
l’esclusione della personalità del rapporto d’opera
professionale e, pertanto l’inesistenza dei presupposti
per il riconoscimento del privilegio; in caso contrario
il titolare del credito sarebbe il professionista,
legittimato ad causam, anche nel caso in cui il
contratto sia stato stipulato tra cliente e studio
associato”.
Valida, quindi, la decisione del
Tribunale, ma la Corte va oltre e fa un’ulteriore
specificazione.
Il riconoscimento del credito
vantato dall’associazione professionale non deve essere
escluso a priori, in quanto, potrebbe essere, in
ipotesi, giustificato dalla cessione del credito della
prestazione professionale svolta personalmente dal
singolo avvocato.
Nel caso in cui, però, tale
elemento, non sia evidente e certificato, l’ammissione
al rango privilegiato non può essere riconosciuta.
. Nota di Manuela Rinaldi) |