È necessario accertare se in
concreto se la proponente - attraverso la comunicazione
telefonica proveniente dall'intermediario cui entrambe
le parti si erano rivolte per la conclusione dell'affare
ed al quale si assume essere stata consegnata
l'accettazione scritta da parte dell'oblata - di questa
intervenuta accettazione abbia avuto, in concreto,
effettiva e tempestiva (prima, cioè, dello spirare del
termine all'uopo fissato) conoscenza.
Cassazione, sez. II, 12 luglio
2011, n. 15293
(Pres. Triola – Rel. Giusti)
Ritenuto in fatto
1. - L..C. convenne in giudizio
dinanzi al Tribunale di Genova E..M. , esponendo di
avere svolto in favore della convenuta attività di
mediazione in suo favore per l'acquisto di un immobile
per il quale la M. aveva formulato, in data 16 febbraio
1999, proposta irrevocabile di acquisto (fino alle ore
17 del 20 febbraio dello stesso anno), proposta che la
venditrice, G.A. , aveva tempestivamente accettato in
data 19 febbraio 1999.
Poiché la M. si era poi
immotivamente rifiutata di stipulare il contratto,
allegando ingiustificatamente di non avere avuto
tempestiva comunicazione dell'accettazione, l'attrice
chiese che la convenuta venisse condannata al
risarcimento del danno che con il proprio indebito
comportamento aveva cagionato, nella misura pari alle
provvigioni che la C. avrebbe lucrato dalle parti della
vendita, ove il contratto fosse stato concluso.
In subordine, sostenne l'esistenza
di una responsabilità, in capo alla M., di natura
precontrattuale, e ne chiese il risarcimento del danno
secondo equità.
Si costituì la M. , resistendo.
Dedusse che nessuna comunicazione
le era pervenuta della accettazione da parte della
venditrice nel periodo di vigore della proposta
contrattuale. In via riconvenzionale chiese la condanna
della convenuta alla restituzione della somma di lire
10.000.000 portata in assegno che ella aveva consegnato
alla C. a titolo di caparra per l'affare in questione.
La convenuta chiese ed ottenne di poter chiamare in
causa A..G. per l'ipotesi che l'assegno fosse a mani
della medesima.
Quest'ultima si costituì
sollecitando la pronuncia di condanna della controparte
alla perdita della somma portata nell'assegno
consegnatole a titolo di caparra, assegno che ella aveva
nel frattempo trattenuto.
2. - Il Tribunale di Genova, con
sentenza in data 27 gennaio 2003, sul presupposto che
l'accettazione era stata ritualmente comunicata alla M.
e che il vincolo negoziale tra le parti si era concluso,
riconobbe alla attrice, a titolo di provvigione da parte
dell'acquirente, la somma di Euro 17.043,08, oltre
accessori, ed ulteriormente affermò il diritto della
chiamata di trattenere la caparra corrispostale dalla
convenuta.
3. - La Corte d'appello di Genova,
con sentenza resa pubblica mediante deposito in
cancelleria il 25 maggio 2005, in riforma della
decisione di primo grado, ha respinto la domanda della
C. e quella della G. .
La Corte territoriale ha premesso
che seppure la comunicazione dell'accettazione non
richiede, in sé, la forma scritta, essa deve tuttavia
possedere un grado di certezza riferito a tutte le
circostanze salienti, tale da consentire il valido
incontro delle manifestazioni di volontà negoziale
provenienti dai paciscenti. Ha quindi riconosciuto che
nessuna valida accettazione della proposta pervenne alla
proponente nel termine di efficacia prestabilito, perché
occorreva che la manifestazione di volontà fosse resa
con una modalità di comunicazione tale da attribuire
certezza al destinatario, sia sul recepimento integrale
ed incondizionato della propria manifestazione di
volontà, in tutte le sue previsioni, sia sulla
provenienza della relativa dichiarazione, specificamente
dal soggetto a tanto legittimato. Ciò - ha sottolineato
conclusivamente la Corte del gravame - "non può essere
garantito dalla comunicazione telefonica". "Pure
ritenendo che realmente la comunicazione telefonica con
la M. sia stata effettuata..., ben avrebbe potuto la C.
riferire alla proponente, non della compiuta e
definitiva accettazione della venditrice, bensì su
circostanze non integranti un consenso, puntuale e
completo su tutti gli elementi salienti, e così,
esemplificativamente quanto alla mera intenzione, o
propensione della venditrice ad accettare, o di una
accettazione contenente modificazioni a quanto indicato
dalla M. , e così tale da trasformare l'accettazione in
una nuova proposta, a sua volta necessitante di una
accettazione da parte della destinataria".
4. - Per la cassazione della
sentenza della Corte d'appello la C. ha proposto
ricorso, con atto notificato il 17 novembre 2005.
La M. ha resistito con
controricorso, mentre l'altra intimata non ha svolto
attività difensiva in questa sede.
In prossimità dell'udienza entrambe
le parti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato in diritto
1. - Con il primo motivo
(violazione e falsa applicazione dell'art. 1326 cod.
civ., in relazione agli artt. 1335, 1350 e 1351 cod.
civ.) la ricorrente si duole che la Corte d'appello, pur
affermando di condividere il principio di cognizione,
secondo cui la comunicazione dell'intervenuta
accettazione della proposta (anche quando sia richiesta
la forma scritta) può avvenire ed essere dimostrata in
qualsiasi modo, ed anche mediante prove orali e
presuntive, ne abbia limitato l'ambito di applicazione
allorché la comunicazione stessa sia stata effettuata
per via telefonica, sul rilievo che tale modalità non
darebbe le necessarie garanzie di certezza
sull'effettivo incontro delle volontà. In tal modo,
sarebbe stata violata la regola che, in tema di
perfezionamento del contratto inter absentes, ammette la
più ampia libertà in ordine alle modalità con cui si può
dare al proponente la comunicazione dell'intervenuta
accettazione. Di qui il quesito se il proponente può
venire informato dell'accettazione sottoscritta
dall'altra parte in qualsiasi modo, non essendo la prova
di tale circostanza soggetta ad alcuna limitazione e
potendo essere fornita anche mediante testimoni o per
presunzioni, indipendentemente dalla forma richiesta per
la validità del contratto.
Con il secondo mezzo (omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto
decisivo della controversia) si lamenta che la Corte di
merito - dando rilievo assorbente alla inidoneità della
comunicazione telefonica — non abbia esaminato e
vagliato le risultanze delle prove per interrogatorio e
per testi raccolte in primo grado, le quali consentivano
di stabilire: (a) che la G. aveva realmente sottoscritto
per accettazione la proposta nel pomeriggio del 19
febbraio 1999; (b) che nessun dubbio poteva sorgere
circa l'identificazione della proprietaria, dato che le
sue generalità erano state indicate nel modulo redatto
dall'agenzia immobiliare, tanto più che era stata
proprio la G. a conferire l'incarico alla C. ed a
firmare, in presenza di questa, l'accettazione della
proposta.
2. - I due motivi - i quali, stante
la loro connessione, possono essere esaminati
congiuntamente - sono fondati, nei termini di seguito
precisati.
Non è contestato che la M.
sottoscrisse in data 16 febbraio 1999 una proposta di
acquisto di un immobile tramite un mediatore.
Questa proposta, ove accettata
entro il termine indicato nella stessa (le ore 17 del 20
febbraio 1999), avrebbe dato luogo ad un contratto
(preliminare o definitivo) di compravendita.
Il problema quindi si riduce a
stabilire se - là dove la legge preveda, sotto pena di
nullità, per la conclusione del contratto, la forma
scritta - sia possibile che il proponente acquisisca la
conoscenza della intervenuta accettazione per iscritto
da parte dell'oblato ricevendone apposita comunicazione
telefonica.
È noto che il regime di conclusione
del contratto mediante scambio inter absentes di
proposta ed accettazione si articola in due varianti,
quella della conoscenza (art. 1326, primo comma, cod.
civ.) e quella della ricezione (art. 1335 cod. civ.).
In proposito, questa Corte (Sez.
II, 1 settembre 1997, n. 8328) ha già ritenuto che,
anche nei contratti formali, l'accettazione della
proposta non deve necessariamente pervenire direttamente
nelle mani del proponente attraverso la consegna di un
documento che la contenga.
Nella disciplina dettata dal codice
civile, il momento conclusivo del vincolo contrattuale è
quello (ex art. 1326, primo comma) in cui colui che ha
fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione
dell'altra parte, avendo il legislatore "dettato una
norma (l'art. 1335 cod. civ.) che stabilisce una
presunzione di conoscenza (con l'arrivo...
dell'accettazione all'indirizzo del destinatario, cioè
al luogo più idoneo per la... ricezione) che si
aggiunge, ma non esclude altri modi di conoscenza".
Il principio della cognizione che
vige nella conclusione del contratto - si legge ancora
nella ricordata pronuncia - "richiede che entrambe le
parti abbiano conoscenza della loro concorde volontà,
conoscenza che può realizzarsi comunque (sempre che le
due dichiarazioni siano redatte per iscritto)".
Ora, la sentenza impugnata,
nonostante abbia richiamato detto precedente e abbia
ritenuto, in premessa, che "la comunicazione
dell'accettazione non richiede, in sé e per sé, la forma
scritta", ha finito, poi, contraddittoriamente, per
considerare che la conoscenza della accettazione scritta
da parte dell'oblato non può essere garantita dalla
comunicazione telefonica, sul rilievo preliminare che lo
strumento utilizzato non darebbe certezza "quanto alla
provata manifestazione di una volontà di aderire alle
esatte condizioni contenute nella proposta, circostanze
de visu essenziale al fine di ritenere formato un
completo consenso".
Viceversa, la Corte di merito
avrebbe dovuto, all'esito della valutazione delle
risultanze probatorie, anche testimoniali e per
interrogatorio, accertare se in concreto se la
proponente M. - attraverso la comunicazione telefonica
proveniente dall'intermediario cui entrambe le parti si
erano rivolte per la conclusione dell'affare ed al quale
si assume essere stata consegnata l'accettazione scritta
da parte dell'oblata - di questa intervenuta
accettazione abbia avuto, in concreto, effettiva e
tempestiva (prima, cioè, dello spirare del termine
all'uopo fissato) conoscenza.
3. - A tale accertamento procederà
altra sezione della Corte d'appello di Genica, cui la
causa - cassata la sentenza impugnata - deve essere
rinviata.
Il giudice del rinvio provvederà
anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei
sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata
in relazione alla censura accolta e rinvia la causa,
anche per le spese, ad altra sezione della Corte
d'appello di Genova.
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