Avv. Paolo Nesta


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SDOGANATO IL DANNO DA ADULTERIO: SÌ AL RISARCIMENTO” – Cass. 15 settembre 2011, n. 18853, pres. Luccioli, rel. Felicetti –Commento-Rita ROSSI- _

 

 

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E’ stata appena sfornata la sentenza con cui la Cassazione ha affermato un chiaro principio in materia di rapporti tra addebito della separazione per l’infedeltà del coniuge e risarcimento dei danni conseguenti.

 

Questo, in estrema sintesi, il principio affermato: l’addebito della separazione ha i suoi presupposti e produce determinate conseguenze. Il risarcimento del danno per violazione del dovere di fedeltà segue altre regole e si fonda su requisiti diversi. Non c’è dunque collegamento necessario tra addebito e risarcimento e, se anche il coniuge tradito rinuncia alla domanda di addebito, non per questo può essergli impedito di coltivare la domanda risarcitoria.

Il principio in realtà era stato già affermato più volte dai giudici di merito (ricordo per esempio la bellissima pronuncia veneziana del 3 luglio 2006) e, anzi, si deve proprio alla giurisprudenza di prossimità la pugnace opera di interpretazione estensiva. Un tempo, infatti, e fino agli anni 2000 era quasi un assurdo ipotizzare un’azione risarcitoria tra coniugi; e ciò per ragioni che affondano le radici in una anacronistica concezione del diritto di famiglia.

 

La stessa Cassazione era in realtà già intervenuta ad affermare l’ammissibilità dell’azione di responsabilità civile tra marito e moglie, ma quest’ultima pronuncia è destinata ad avere grande eco soprattutto perché si è soffermata sulla fattispecie che più di altre aveva sollevato dubbi: quella , appunto, del danno da adulterio.

 

Attenzione, però, che anche questo deve essere chiaro ed è stato qui ribadito: non è la semplice infedeltà a fondare la pretesa risarcitoria, ma le modalità con cui la stessa è stata consumata, andando a ledere la dignità o la salute del coniuge vittima. E’ stata appena sfornata la sentenza con cui la Cassazione ha affermato un chiaro principio in materia di rapporti tra addebito della separazione per l’infedeltà del coniuge e risarcimento dei danni conseguenti.

 

Questo, in estrema sintesi, il principio affermato: l’addebito della separazione ha i suoi presupposti e produce determinate conseguenze. Il risarcimento del danno per violazione del dovere di fedeltà segue altre regole e si fonda su requisiti diversi. Non c’è dunque collegamento necessario tra addebito e risarcimento e, se anche il coniuge tradito rinuncia alla domanda di addebito, non per questo può essergli impedito di coltivare la domanda risarcitoria.

Il principio in realtà era stato già affermato più volte dai giudici di merito (ricordo per esempio la bellissima pronuncia veneziana del 3 luglio 2006) e, anzi, si deve proprio alla giurisprudenza di prossimità la pugnace opera di interpretazione estensiva. Un tempo, infatti, e fino agli anni 2000 era quasi un assurdo ipotizzare un’azione risarcitoria tra coniugi; e ciò per ragioni che affondano le radici in una anacronistica concezione del diritto di famiglia.

 

La stessa Cassazione era in realtà già intervenuta ad affermare l’ammissibilità dell’azione di responsabilità civile tra marito e moglie, ma quest’ultima pronuncia è destinata ad avere grande eco soprattutto perché si è soffermata sulla fattispecie che più di altre aveva sollevato dubbi: quella , appunto, del danno da adulterio.

 

Attenzione, però, che anche questo deve essere chiaro ed è stato qui ribadito: non è la semplice infedeltà a fondare la pretesa risarcitoria, ma le modalità con cui la stessa è stata consumata, andando a ledere la dignità o la salute del coniuge vittima.

 

 

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