Il 14 aprile 2005 la CTR Abruzzo
(sez. Pescara) ha accolto l'appello proposto
dall'Ufficio nei confronti della "A. Night Club" S.a.s.
di D.D.A.N. nonché nei confronti di quest'ultimo,
confermando l'avviso di accertamento notificato il 29
novembre 2001 per IVA 1996.
Ha motivato la decisione ritenendo
che: a) la G.d.F., autorizzata dall'Ufficio del P.M.
all'accesso domiciliare nei confronti di D. D.A.N. per
la ricerca di documenti utili alla verifica fiscale
avviata nei confronti della società, aveva rilevato che
D.D.G., fratello dell'amministratore, alle prime luci
del 7 luglio 1998 era intento a caricare sulla sua
autovettura contenitori e una busta di plastica
prelevati dall'abitazione del suddetto amministratore;
b) D.D.G., una volta avuta la presenza del proprio
difensore aveva spontaneamente aperto il bagagliaio e
consegnato alla G.d.F. il relativo contenuto; c)
l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica
s'intendeva estesa anche ai luoghi di provvisoria
custodia dei documenti da ricercare, tanto più che, nei
pressi del domicilio di accesso, era in corso il
flagrante tentativo di sottrarli alla ricerca; d)
l'eventuale irrituale acquisizione dei documenti da
parte della G.d.F. non ne impediva la legittima
utilizzazione ai fini dell'accertamento fiscale mancando
un espresso divieto legale; e) la documentazione
rinvenuta (schede manoscritte a uso interno intestate a
ogni singola operatrice di sala, riportanti tra l'altro
i giorni effettivi di lavoro e il numero delle
consumazioni proposte ed effettuate dai clienti) era
"senza meno attendibile".
Ha proposto ricorso per cassazione,
affidato a due motivi, D. D.A.N. in proprio e per la A.
Night Club S.a.s.; l'Agenzia delle entrate resiste con
controricorso.
A CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Sentenza 13.5.2011 n. 10590
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. LUPI Fernando Presidente -
Dott. PERSICO Mariaida Consigliere
-
Dott. DIDOMENICO Vincenzo
Consigliere -
Dott. DI BLASI Antonino Consigliere
-
Dott. CIRILLO Ettore rel.
Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17581/2006 proposto da:
D.D.A.N., - ricorrente
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE -
controricorrente -
avverso la sentenza n. 174/2004
della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di PESCARA, depositata
il 14/04/2005;
udita la relazione della causa
svolta nella pubblica udienza del 30/03/2011 dal
Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;
udito per il resistente l'Avvocato
RANUCCI, che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che
ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO
Il 14 aprile 2005 la CTR Abruzzo
(sez. Pescara) ha accolto l'appello proposto
dall'Ufficio nei confronti della "A. Night Club" S.a.s.
di D.D.A.N. nonché nei confronti di quest'ultimo,
confermando l'avviso di accertamento notificato il 29
novembre 2001 per IVA 1996.
Ha motivato la decisione ritenendo
che: a) la G.d.F., autorizzata dall'Ufficio del P.M.
all'accesso domiciliare nei confronti di D. D.A.N. per
la ricerca di documenti utili alla verifica fiscale
avviata nei confronti della società, aveva rilevato che
D.D.G., fratello dell'amministratore, alle prime luci
del 7 luglio 1998 era intento a caricare sulla sua
autovettura contenitori e una busta di plastica
prelevati dall'abitazione del suddetto amministratore;
b) D.D.G., una volta avuta la presenza del proprio
difensore aveva spontaneamente aperto il bagagliaio e
consegnato alla G.d.F. il relativo contenuto; c)
l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica
s'intendeva estesa anche ai luoghi di provvisoria
custodia dei documenti da ricercare, tanto più che, nei
pressi del domicilio di accesso, era in corso il
flagrante tentativo di sottrarli alla ricerca; d)
l'eventuale irrituale acquisizione dei documenti da
parte della G.d.F. non ne impediva la legittima
utilizzazione ai fini dell'accertamento fiscale mancando
un espresso divieto legale; e) la documentazione
rinvenuta (schede manoscritte a uso interno intestate a
ogni singola operatrice di sala, riportanti tra l'altro
i giorni effettivi di lavoro e il numero delle
consumazioni proposte ed effettuate dai clienti) era
"senza meno attendibile".
Ha proposto ricorso per cassazione,
affidato a due motivi, D. D.A.N. in proprio e per la A.
Night Club S.a.s.; l'Agenzia delle entrate resiste con
controricorso.
DIRITTO
01. Con il primo motivo, il
ricorrente denuncia "violazione del D.P.R. n. 633 del
1972, art. 52, L. n. 212 del 2000, art. 12, art. 360
c.p.c., punto 5) per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa fatti controversi e
decisivi per il giudizio".
Assume che l'assenza di uno
specifico provvedimento giudiziario che autorizzasse la
perquisizione dell'autovettura di un terzo, ancorché
fratello dell'amministratore della società sottoposta a
verifica fiscale, rendeva illegale l'acquisizione dei
documenti sociali, pure se ottenuta dal G.d.F. con la
finale collaborazione del consegnatario; ciò infirmava
l'intero procedimento e il particolare il suo atto
conclusivo (l'avviso di accertamento), per violazione
del D.P.R. n. 633, art. 52, interpretato alla luce
dell'art. 14 Cost., e dell'art. 191 c.p.p.. Sostiene,
inoltre, che l'autorizzazione giudiziaria, oltre che
essere riferita all'abitazione di D. D.A.N. e non
all'autovettura di D.D. G., era illegittima perché
carente di motivazione circa la sussistenza di "gravi
indizi di violazione delle norme fiscali.
Rileva, infine, che il giudice
d'appello non aveva considerato le garanzie per il
contribuente previste dalla L. n. 212, art. 12.
02. Il motivo è va disatteso sotto
plurimi profili. Dalla sentenza ddappello si apprende
che con il ricorso di prime cure: i) era stata eccepita
llillegittimitaa dell'accertamento, per violazione del
D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5, della L. n.
241 del 1990, art. 3, e della L. n. 212 del 2000, art.
12, in quanto llatto impositivo era basato su un
processo verbale non allegato e su dichiarazioni rese ai
verificatori senza la presenza del difensore;
ii) era stato, inoltre, eccepito
che llobbligo di presentazione della dichiarazione era
sorto solo a partire dal 1998, quando la societaa aveva
optato per il regime ordinario; iii) era stata, infine,
sostenuta la carenza dei presupposti oggettivi per
llapplicazione delle sanzioni. Dalla lettura della
sentenza ddappello appare che sia stata la CTP ha
sollevare la questione dell'illegittima acquisizione di
documenti rinvenuti nell'autovettura di un terzo,
estraneo alla societaa; sul punto, si apprende sempre
dal contenuto della pronunzia, si è appuntata
llattenzione dell'Ufficio appellante. Di contro, nel
ricorso per cassazione (pag. 4) si sostiene che la
questione sarebbe stata sollevata nel ricorso
introduttivo (come 3 motivo di 5).
03. Sennonchè detta questione e con
essa le altre questioni sostanziali e procedimentali
entrano nell'odierno dibattito di legittimitaa senza
che, nella enunciazione del motivo, sia stata fatta la
trascrizione delle parti salienti dell'atto impositivo,
del quale è negata la correttezza motivazionale e
procedimentale, nonchè degli altri atti presupposti
(decreto PM, verbale perquisizione, etc.) tutti
complessivamente ritenuti dalla stessa parte ricorrente
rilevanti ai fini della decisione; lo stesso dicasi per
gli atti processuali invocati. In base al principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito
dall'art. 366 c.p.c., qualora la parte ricorrente
censuri la sentenza ddappello sotto il profilo della
congruitaa del giudizio espresso su motivazione e
legalitaa di un avviso di accertamento, il quale è atto
amministrativo la cui motivazione, comprensiva dei
presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo
giustificano, costituisce imprescindibile requisito di
legittimitaa dell'atto stesso, è necessario, a pena
ddinammissibilitaa, che il ricorso riporti testualmente
i passi della motivazione di detto atto che si assumono
erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di
merito, nonchè degli atti presupposti e/o richiamati, al
fine di consentire alla Corte di esprimere il suo
giudizio esclusivamente in base al ricorso medesimo
(Sez. trib., 14 settembre 2007, n. 19208 - Guida al
diritto 2007,46,75; 13 agosto 2004, n. 15867 - Giust.
civ. Mass. 2004, 7-8).
04. Analogamente è imposto alla
parte ricorrente dall'art. 366 c.p.c., riguardo agli
atti processuali su cui si fonda il ricorso, llonere di
trascriverli nella loro completezza con riferimento alle
parti oggetto della doglianza (Sez. 1^, 22 febbraio
2008, n. 4527 - Guida al diritto 2008,19,53; Sez. 3^, 23
marzo 2010, n. 6937 - Giust.
civ. Mass. 2010,3,418). Anche in
punto di atti processuali il motivo difetta di specifica
autosufficienza.
05. Il motivo è viziato anche sotto
altro profilo. Il ricorso per cassazione è un giudizio a
critica vincolata. Ogni motivo, per essere ammissibile,
deve corrispondere a uno dei motivi indicati dall'art.
360, comma 1, ai nn. da 1 a 5; al riguardo è onere della
parte inquadrare la deduzione (Sez. 3^, 21 marzo 2008,
n. 7697 - Guida al diritto 2008,23,95; 04 marzo 2010, n.
5207 - id.
2010,15,66). Deriva da quanto
precede che - qualora il ricorso precisi al riguardo che
la deduzione del motivo avviene solo sotto il profilo
specifico del n. 5 per "omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione" - è sotto questo solo
aspetto che va riguardata la censura mossa alla sentenza
ddappello.
06. Orbene, per poter configurare
il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo
della controversia è necessario un rapporto di
causalitaa fra la circostanza che si assume trascurata e
la soluzione giuridica data alla controversia, tale da
far ritenere che quella circostanza, se fosse stata
considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione
della vertenza (Sez. 3^, 29 settembre 2006, n. 21249).
Il vizio di cui all'invocato art. 360 c.p.c., n. 5,
sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito,
quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il
mancato o deficiente esame di punti decisivi della
controversia, e non può invece consistere in un
apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme
da quello preteso dalla parte (Sez. 3^, 19 gennaio 2006,
n. 1014).
07. Nella sintesi finale del
motivo, il fatto controverso rispetto al quale la
motivazione sarebbe stata omessa e sarebbe comunque
contraddittoria è rappresentato dalla "mancata
opposizione della persona terza" che, secondo la parte
contribuente, "non equivale a consenso all'accesso
operato al di fuori delle previsioni legislative";
peraltro, a suo dire, il consenso sarebbe "privo di
rilievo giuridico non essendo richiesto o preso in
considerazione da nessuna norma di legge". Inoltre,
prosegue la parte ricorrente, la CTR avrebbe omesso di
motivare quanto al fatto che il decreto di perquisizione
del Procuratore della Repubblica di Lanciano "non
riportava le dovute motivazionii.
08. Il mezzo non coglie nel segno,
atteso che il risultato interpretativo compiuto dai
giudici ddappello è plausibile nel suo apprezzamento
complessivo dei fatti relativi al reperimento della
documentazione extra contabile dalla societaa
nell'autovettura del fratello dell'amministratore. Il
risultato interpretativo diverso, inammissibilmente
sollecitato nel riscorso, non scaturisce da elementi
fattuali non considerati o malamente considerati, bensii
da una diversa lettura ermeneutica dell'art. 52 D.P.R.
cit., estranea al controllo di legalitaa sul
procedimento giustificativo della decisione sul fatto,
che costituisce lo stretto perimetro nel quale è
denunciabile il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5.
09. Orbene, per come è formulato,
il mezzo non consente un controllo rigorosamente di
legalitaa. Si è recentemente chiarito che è legittimo
llavviso fondato su "brogliacci" rinvenuti
nell'autovettura del contribuente, pur se acquisita
senza la prescritta autorizzazione della Procura della
Repubblica, allorchè tale documentazione sia rinvenuta
all'interno di automezzo utilizzato per llesercizio
dell'attivitaa (Sez. trib., 05 febbraio 2011, n. 2804 -
Diritto &
Giustizia 2011). In passato si era
giaa precisato che è legittima la rettifica della
dichiarazione della societaa contribuente fondata su
documentazione extracontabile rinvenuta all'interno
dell'autovettura dell'amministratore, sottoposta a
controllo da una pattuglia della G.d.F. senza
autorizzazione del Procuratore della Repubblica, in
quanto llautovettura stessa non era in quel momento
adibita ad uso meramente personale o al trasporto per
conto terzi ed era da ritenersi, invece, un bene
"appartenente" all'impresa (Sez. trib., 03 luglio 2003,
n. 10489 - Foro it. 2003,1,2618). Nella specie dalla
sentenza impugnata, a seguito di accertamento di fatto
compiuto dal giudice di merito e insindacabile in sede
di legittimitaa, risulta che "giunti presso llabitazione
del D.D.A.N., i militi notarono che una persona,
identificata poi nel fratello dell'amministratore della
societaa, D.D.G., era intento ad asportate
presumibilmente dall'appartamento di D. D.A.N.
contenitori in plastica e una busta di plastica
contenenti documentazione presumibilmente contabile
relativa alla attivitaa esercitata da questtultimo e a
riporli nel bagagliaio della autovettura di sua
proprietaa". Dunque, quando alle sei del mattino i
militi della G.d.F. si sono portati presso llabitazione
di D.D.A.N. e hanno notato il sospetto trasbordo di
documentazione nella vettura di D.D.G., questa non era
in quel momento adibita a uso personale, ma al trasporto
di documentazione dell'azienda in verifica. Era, quindi,
un veicolo di fatto - e in quel particolare momento -
riferibile all'impresa e al suo amministratore, non
differendo funzionalmente la struttura di tale veicolo
da qualsiasi altro luogo chiuso idoneo a ricevere ed
occultare cose, comunque, attinenti all'impresa stessa.
Ne deriva che - non essendosi dovuto procedere
all'apertura coattiva di plichi sigillati, borse e
simili - non era necessaria una ulteriore e specifica
autorizzazione, il che assorbe in sè ogni altra
questione e rende llapparato censorio inadeguato a
elidere lliter argomentativo dei giudici ddappello.
10. Con il secondo motivo, la parte
ricorrente denuncia "violazioni:
L. n. 241 del 1990, art. 3, -
D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 56, - L. n. 212 del
2000, art. 7, - art. 360 c.p.c., punto 3 violazione
falsa applicazione di norme di diritto mancata
motivazione".
Lamenta che i giudici ddappello,
negando la nullitaa dell'avviso di accertamento, non
hanno considerato che esso mancherebbe di chiarezza (L.
n. 241, art. 3, D.P.R. n. 633, art. 56, L. n. 212 cit.,
art. 7) rinvia a un non precisato p.v.c. (D.P.R. n. 633
cit., art. 54), è privo della deduzione specifica
dell'iter che porta a determinare le imposte evase con
particolare riguardo al fatto se le schede manoscritte
si riferissero a dipendenti in forza alla societaa
contribuente.
11. La censura pecca di
autosufficienza, incorrendo nel medesimo vizio rilevato
in ordine al primo motivo, alle cui argomentazioni si
rinvia.
12. La questione, inoltre, pecca di
novitaa non rientrando nel contenuto del ricorso
introduttivo, per come sintetizzato nel ricorso per
cassazione, e non essendo chiaro se e come essa sia
stata introdotta nel giudizio di merito. Il D.Lgs. n.
546, art. 24, (a differenza di quanto previsto dal
previgente D.P.R. n. 636, art. 19 bis) subordina
llintegrazione dei motivi iniziali alla ricorrenza di
specifici presupposti di fatto (deposito di documenti
non conosciuti) e al rispetto dei termini e modi
previsti dalla norma stessa, mentre le memorie di cui
all'art. 32 hanno solo natura illustrativa, assimilabile
alle conclusionali, e non possono essere veicolo di
nuovi motivi.
13. Infine, anche qui llapparato
censorio appare inadeguato a elidere la decisione dei
giudici ddappello. è pacifico, sin dalla costituzione
dell'Ufficio in prime cure, che "al contribuente è stato
regolarmente notificato il p.v.c. in data 26.08.1998
redatto dalla Guardia di Finanza di Ortona con consegna
al sig. D. D.A.N." (cosii ric. Cass. pag. 5). La parte
ricorrente non ha mai contestato di non aver ricevuto la
notifica del p.v.c. in data 26.08.1998, ma ha solo
affermato e non dimostrato che "al contribuente sono
stati notificati diversi p.v.c.".
14. Questo Collegio ritiene,
invece, di dover dare continuità all'orientamento
secondo cui - con indubbia razionalità e principio di
generale applicabilità - il difetto di motivazione
dell'atto impositivo non può condurre alla dichiarazione
di nullità, allorché esso sia stato impugnato dal
contribuente il quale abbia dimostrato in tal modo di
avere piena conoscenza dei presupposti dell'imposizione,
per averli puntualmente contestati, e abbia omesso di
allegare e specificamente provare quale sia stato in
concreto il pregiudizio che l'eventuale vizio dell'atto
abbia determinato al suo diritto di difesa (Sez. Un., 14
maggio 2010, n. 11722; cfr. Sez. trib., 11 marzo 2011,
n. 5850 - Diritto & Giustizia 2011).
15. Giova poi osservare che la
cosiddetta contabilità "in nero", risultante da appunti
personali e informali dell'imprenditore, costituisce
valido elemento indiziario dotato dei requisiti di
gravita, precisione e concordanza richiesti dalla legge
(cfr. tra le tante Cass. 2008/17627, 2006/1987,
2001/11459). Deve ritenersi, cioè, che tra le scritture
contabili vadano ricompresi tutti i documenti che
registrino, in termini quantitativi o monetari, singoli
atti d'impresa ovvero rappresentino il risultato
economico dell'attività svolta, mentre spetta al
contribuente fornire prove in senso contrario (cfr. tra
le tante Cass. 2006/25610, 2006/19329;
2003/19598).
16. Il ricorso va dunque rigettato;
le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e
sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e
condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del
presente giudizio liquidate in Euro 3.500 per onorario,
oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 30 marzo
2011.
Depositato in Cancelleria il 13
maggio 2011
|