(Si ringrazia l'avv.
Paolo Persello per la segnalazione)
TRIBUNALE
DI TOLMEZZO – 2 settembre 2011, n. 177
TRIBUNALE DI TOLMEZZO – 2 settembre 2011, n. 177
DIRITTO SANITARIO – Consenso informato – Funzione –
Corretta esecuzione della prestazione professionale –
Obbligo autonomo.
L'efficacia del c.d. consenso informato è pur sempre
subordinata alla dimostrazione che l'intervento, cui lo
stesso si riferisce, sia stato correttamente eseguito in
linea con quelli che sono i dettami della scienza
medica: il consenso informato, espressione di un diritto
personalissimo di rilevanza costituzionale
all'autodeterminazione terapeutica, è cioè un obbligo
contrattuale del medico, in quanto tale funzionale al
corretto adempimento della prestazione professionale,
pur essendo autonomo rispetto ad esso. Si tratta cioè di
un ulteriore obbligo, che va ad aggiungersi a quello
(contrattuale) relativo alla corretta esecuzione della
propria prestazione professionale, di modo che può
ravvisarsi una responsabilità risarcitoria per
violazione dello stesso, anche qualora l'intervento sia
perfettamente riuscito, senza quindi che allo stesso
possa essere riconosciuta natura esimente.
Pres. (G.U.) Cumin – D.L. e altro (avv. Persello) c.
Azienda per i Servizi sanitari n. 3 “Alto Friuli” (avv.
Miculan)
DIRITTO SANITARIO – Intervento di sterilizzazione –
Inefficacia – Gravidanza della donna – Risarcimento del
danno – Donna: danno da inabilità temporanea e danno
biologico – Entrambi i genitori: danno patrimoniale –
Quantificazione – Danno non patrimoniale – Lesione del
diritto all’autodeterminazione.
In caso di gravidanza della donna che si è sottoposta a
intervento di sterilizzazione poi rivelatosi inefficace,
debbono essere risarcite alla stessa il danno da
inabilità temporanea, parziale o totale, nonché quello
biologico, mentre ad entrambi i genitori, attesi gli
effetti protettivi da riconoscersi ad entrambi in caso
di inadempimento contrattuale, va riconosciuto il
diritto a vedersi risarcire il danno patrimoniale,
rappresentato dal costo di mantenimento del figlio fino
al compimento degli studi e al raggiungimento
dell'indipendenza economica, oltre a quello non
patrimoniale consistente nella lesione del loro diritto
all'autodeterminazione della propria esistenza e alla
completa libertà nella determinazione in merito alla
scelta della procreazione.
Pres. (G.U.) Cumin – D.L. e altro (avv. Persello) c.
Azienda per i Servizi sanitari n. 3 “Alto Friuli” (avv.
Miculan)
Sent. n. 177/11
Cron. 2381
Rep. 336
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TOLMEZZO
Il Presidente dr. Antonio Cumin in funzione di giudice
unico ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n.676 del Ruolo Generale
Affari Civili Contenziosi per l'anno 2008
vertente
TRA
D. L. e B. M, entrambi rappresentati e difesi all'avv.
Persello Paolo, con domicilio eletto presso lo studio
dello stesso in Udine, Via Manin n. 18/9, per mandato
come in atti
ATTORI
CONTRO
AZIENDA PER I SERVIZI SANITARI N. 3 "ALTO FRIULI", con
sede in Gemona del Friuli, in persona del Direttore
Generale ing. Luciano Zanelli, rappresentata e difesa
dall'avv. Maurizio Miculan, con domicilio eletto presso
il suo studio in Udine, Via Carducci n. 3 per mandato
come in atti
CONVENUTA
OGGETTO:
Azione di accertamento di inadempimento contrattuale e
risarcimento danni
CONCLUSIONI
All'udienza di precisazione delle conclusioni del 9
marzo 2011 i procuratori delle parti hanno così
concluso:
Attori:
"Nel merito: condannarsi l'Azienda per i Servizi
Sanitari n. 3 "Alto Friuli", in persona del suo legale
rappresentante, a pagare agli attori, a titolo di
risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali
da entrambi patiti l'importo di Euro 120.000,00, in
favore della sig.ra D. L., e quello di Euro 100.000,00,
in favore del sig. B. M., ovvero i diversi importi,
maggiori o minori, che risulteranno in corso di causa,
con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria
ISTAT dal dovuto al saldo. Spese, diritti ed onorari di
causa in ogni causa in ogni caso integralmente rifusi".
Convenuto:
" Nel merito: rigettarsi ogni pretesa attorea siccome-
infondata in fetto e'in diritto. Spese di causa rifuse".
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 31-10-2008 i
coniugi D.L. e B.M. convenivano in giudizio davanti a
questo Tribunale l'Azienda per i Servizi Sanitari n. 3
"Alto Friuli", in persona del legale rappresentante
pro-tempore, per sentirla condannare al pagamento, in
loro favore, dei danni asseritamente subiti a seguito
dell'intervento di sterilizzazione cui era stata
sottoposta la D. in data 23-5-2002 presso la struttura
ospedaliera di Tolmezzo.
Assumevano gli attori, a sostegno della domanda che,
tanto per motivi inerenti alle precarie condizioni di
salute della D. anche a seguito dei plurimi interventi
cui aveva dovuto sottoporsi, quanto altresì per ragioni
di natura economica, si erano rivolti, in occasione
della quarta gravidanza della stessa (D.), alla predetta
struttura ospedaliera al fine di non dover più
affrontare una nuova gravidanza e, su consiglio di un
medico dipendente della medesima, la D. era stata
sottoposta a un intervento di sterilizzazione, mediante
legatura e sezione tubarica bilaterale, operazione
risultata all'epoca senza complicanze.
Aggiungevano gli attori che, ciononostante
successivamente nel periodo maggio-giugno 2005 era
successo che la D. era risultata di nuovo in stato
interessante.
Decidevano quindi, anche se la nascita del figlio
avrebbe messo a dura prova l'economia familiare, di
portare comunque a termine anche questa, del tutto non
prevista né prevedibile, gravidanza, sottoponendosi a
taglio cesareo e venendo al tempo stesso praticata la
(nuovamente) richiesta sterilizzazione tubarica, il
tutto presso la struttura ospedaliera di San Daniele del
.Friuli, aggiungendo che, nel procedere a detto ultimo
intervento (di sterilizzazione), venivano riscontrati
gli esiti positivi di quella pregressa limitatamente
alla sola tuba sinistra, evidenziandosi nel contempo
invece su quella destra probabili esiti di una legatura
senza però interruzione sufficientemente ampia della
stessa tuba (destra).
Concludevano, pertanto gli, attori, perché, a fronte
dell'inadempimento contrattuale come testè illustrato,
addebitabile alla predetta Azienda Sanitaria e ai medici
che, a suo tempo (23-5- 2002), aveva effettuato il primo
intervento di sterilizzazione, la convenuta fosse
condannata al risarcimento dei conseguenti danni
precisando che si erano visti costretti, non avendo la
stessa provveduto in tal senso (provvedendo a
risarcirli) nonostante la richiesta a tal fine
avanzata'ad agire in via giudiziaria
Instauratosi ritualmente il contraddittorio tra le
parti, si costituivano in giudizio l'Azienda per i
Servizi Sanitari n. 3 "Alto -Friuli", contestando la
domanda, siccome del tutto infondata, onde ne chiedeva
il rigetto con vittoria di spese.
Più specificatamente sosteneva, tra l'altro, la
convenuta che, contrariamente a quanto ex adverso
affermato, l'intervento di sterilizzazione mediante
legatura e sezione tubarica bilaterale sarebbe stato
eseguito a regola d'arte, come pure che la paziente
sarebbe stata debitamente informata del fatto che lo
stesso, sia pur in percentuale assai ridotta, poteva non
essere efficace al fine di evitare una nuova gravidanza,
aggiungendo che in ogni caso la D. aveva sottoscritto,
senza riserve, il modulo prestampato relativo al c.d.
consenso informato.
Acquisita la documentazione prodotta, depositate memorie
di cui al codice di rito, venivano quindi espletata CTU
medico-legale a mezzo del prof. Giuseppe Fortuni.
Successivamente i procuratori delle parti precisavano le
loro rispettive conclusioni nei termini di cui in
epigrafe e, infine la causa veniva ritenuta in
decisione.
Motivi della decisione
La domanda risarcitoria come sopra proposta dagli
attori, D.L. e B.M., si appalesa parzialmente fondata e
merita, pertanto, di trovare accoglimento nei limiti
sotto indicati per le ragioni appresso esposte.
Ed invero, dalle risultanze processuali ed in
particolare dalla consulenza tecnica d'ufficio prof.
Giuseppe Certuni di data 4-6- 2010 è rimasto accertato
il prescritto nesso eziologico tra l'intervento di
sterilizzazione e la lamentata maternità che ci occupa,
non essendo stato lo stesso eseguito in maniera da
potersi ritenere adeguate, siccome rispondente ai
dettami dell’arte (scienza) medica, onde la conseguente
quantificazione della invalidità temporanea e dei
postumi permanenti che ne sono derivati.
Peraltro, prima di passare all'esame del caso di specie,
è necessario premettere, sia pur brevemente, i principi
vigenti in subiecta materia, beninteso limitatamente
all'ambito della presente controversia.
Rammentasi in proposito che, come è noto, fin dalla
sentenza 16-10¬2007 n. 21619 la Suprema Corte di
Cassazione ha fissato una netta distinzione tra la
causalità in materia civile e quella da tempo dalla
stessa elaborata in sede penale, escludendo
l'applicabilità alla prima del principio di causa
penalmente rilevante così come in tale campo
ricostruito.
Più specificatamente il giudice di legittimità, dopo
aver sottolineato le differenze tra i due istituti,
ravvisabili non solo .otto il profilo morfologico bensì
anche sotto quello funzionale, con l'ulteriore
precisazione relativa al fatto che ci si muove nei ben
distinti settori della tipicità (propria del diritto
penale) e della atipicità, ha affermato come in
quest'ultima materia (civile) non viga la regola propria
del campo penale consistente nel fatto che la prova
richiamata non può essere che quella”oltre il
ragionevole dubbio”, bensì quella ben diversa (regola)
contraddistinta dalla preponderanza dell'evidenza o del
“più probabile che non” ovvero ancora della”ragionevole
probabilità” specificandosi come tale diversità trovi la
sua giustificazione nel ben differente ambito di quelli
che sono i valori in gioco (nei due settori). In altri
termini, la causalità civile deve essere collocata
nell'ambito della probabilità relativa, contraddistinta
dal fatto che in detto campo si tiene conto di una
soglia meno elevata di probabilità rispetto a quella
prescritta in sede penale, il tutto secondo indicazioni
terminologiche che, in ambito peritale, possono assumere
molteplici forme espressive, spettando comunque poi al
giudice il compito di operare la prescritta selezione al
fine di individuare la soluzione giuridicamente corretta
dei risultati raggiunti con la perizia stessa, con
l'ulteriore precisazione che, a ben vedere, la causalità
propria del settore civile finisce coll'obbedire alla
logica del “più probabile che non”, stante appunto la
diversità già in precedenza illustrata rispetto alla
causalità penale.
In sostanza si tratta, dunque, del ricorso a quelli che
sono gli standard di “certezza probabilistica: la stessa
Corte di Giustizia C.E. è, peraltro, indirizzata a
riconoscere che, nel nostro campo (civilistico), la
causalità non possa che poggiare su logiche appunto di
tipo chiaramente probabilistico.
Premesso un tanto facendo quindi applicazione dei
principi testè illustrati al caso di specie, ritiene lo
scrivente che debba essere ribadito ancora una volta
come la domanda ben possa trovare accoglimento nei
termini sotto indicati per quanto di seguito precisato.
Infatti, anche a voler prescindere da ogni ulteriore
considerazione, è agevole rilevare che, come già
accennato in precedenza, il nominato CTU prof. Giuseppe
Fortuni, proprio secondo
il criterio del “più probabile che non” ossia in base a
un giudizio di elevata probabilità, ha accertato il
prescritto nesso eziologico tra il primo intervento di
sterilizzazione tubarica bilaterale e le conseguenze
dannose successivamente subite dalla D. per cui è causa.
La questione al nostro esame è, infatti, se tali
conseguenze (pregiudizievoli) verificatesi
successivamente e nonostante che il 23-5-2002 fosse
stato effettuato un intervento di sterilizzazione
tubarica al fine proprio di evitare ulteriori
gravidanze, siano da attribuirsi unicamente al fatto che
lo stesso (intervento), anche se in percentuale ridotta,
poteva anche di per sé stesso non essere efficace allo
scopo predetto, ovvero se era 'ravvisabile un nesso
eziologico tra l'intervento e gli esiti dannosi di che
trattasi per non essere stato eseguito (il primo) in
maniera adeguata secondo i dettami della scienza medica.
Orbene, ciò detto, deve dirsi che la risposta desumibile
dall'elaborato peritale, le cui conclusioni e le
motivazioni addotte per sostenerle, siccome esenti da
vizi logici oltre che analitiche ed esaustive, si hanno
qui per interamente trascritte e condivise, è fuori di
ogni dubbio quella testè indicata per ultima: il prof.
Fortuni, invero, dopo aver ricordato che, secondo
l'ampia letteratura in materia, proprio per la segnalata
possibilità di fallimento dell'operazione in parola, è
necessario che il chirurgo applichi più accorgimenti,
legando la tuba e (soprattutto) avendo cura di asportare
un ampio tratto, coagulando i bordi dei due monconi,
naturalmente effettuando ciò bilateralmente, (dopo tale
premessa dunque), ha sottolineato come dalla acquisita
documentazione medica non sia risultato il compimento di
tutte le operazioni suddette.
Più specificatamente il nominato consulente tecnico
(d'ufficio) ha evidenziato come nella descrizione
dell'atto operatorio al nostro esame, così come
risultante nel referto riportato nell'elaborato
peritale, sia emerso che il chirurgo si sarebbe limitato
a sezionare la tuba dopo averla legata, ossia si sarebbe
limitato ad interrompere la contiunuità della medesima,
senza però asportarne un tratto sufficientemente ampio,
omettendo quindi di compiere tutte le operazioni la cui
esecuzione è indispensabile per assicurare il buon esito
dell'intervento, giusta la già citata letteratura
medica.
A conclusione degli accertamenti effettuati il prof.
Fortuni ha, quindi secondo appunto la logica
probabilistica già in precedenza richiamata, potuto
affermare che la descrizione dell'atto chirurgico di
sterilizzazione testè illustrata del 2002 e il quadro
che si palesò agli operatori durante il secondo
intervento, quello del 2006, di seguito riportato sono
"fortemente indicativi" del fatto che non si operò con
la dovuta diligenza e prudenza, necessarie appunto per
evitare la successiva ricanalizzazione tubarica, causa
della gravidanza interessata.
Nell'elaborato peritale è riportato, infatti, pure la
descrittiva chirurgica del secondo intervento 5-2-2006
nella quale è per quanto ci occupa significativamente
riferito: "Si esplorano gli annessi di sinistra e si
evidenziano gli esiti di pregressa legatura tubarica con
netta interruzione e livello istimico della continuità
anatomica della tuba stessa" aggiungendo però, del tutto
significativamente per l’altra tuba e cioè per quella di
destra: “A destra si evidenziano esiti di legatura
tubarica ma senza interruzione netta della tuba
stessa.......... ", rimanendo in tal modo comprovato che
il primo intervento di sterilizzazione tubarica del
23-5-2002 è stato effettuato in maniera certamente
inadeguato per la teste rilevata mancata interruzione
netta della tuba di destra in contrasto con quelli che
sono i dettami dell'arte medica.
Per quanto finora detto non v'è chi non veda come debba
ritenersi dimostrata la sussistenza in ispecie della
responsabilità del personale medico della azienda
sanitaria convenuta in ordine all'evento lesivo che ci
occupa, essendo rimasto accertato che la gravidanza in
parola ebbe a verificarsi per il fatto che non era stato
eseguito con la prescritta diligenza e prudenza,
seguendo i dettami della scienza medica, l'intervento di
sterilizzazione tubarica cui la D. si era sottoposta nel
corso del 2002, proprio per evitare ulteriori
gravidanze, peraltro su consiglio di un medico della
struttura ospedaliera di Tolmezzo, cui si era rivolta.
Né rilevano in senso contrario, a fronte delle obiettive
risultanze in precedenza illustrate, le mere
affermazioni e deduzioni di parte convenuta, siccome del
tutto prive del necessario riscontro probatorio,
comunque a carico della stessa, secondo i principi
vigenti in materia di distribuzione tra le parti
dell'onere probatorio, stante la indubbia natura
contrattuale della responsabilità di che trattasi.
A titolo di completezza non va, peraltro, neppure
sottaciuto come, da parte della giurisprudenza di
merito, sia stato affermato che in un rapporto
professionale di tipo medico avente ad oggetto un
intervento di sterilizzazione, l'evento procreativo non
desiderato costituisce di per sé prova del mancato
raggiungimento del risultato voluto.
Parimenti, poi, non può che disattendersi l'eccezione di
parte convenuta, giusta la quale ad escludere la
responsabilità in parola sarebbe sufficiente il fatto
che la D. era stata informata dell'eventualità che
l'intervento di sterilizzazione de qua poteva non essere
efficace al fine di evitare un'ulteriore gravidanza,
sottoscrivendo l'apposito modulo prestampato relativo al
c.d. consenso informato.
Infatti, anche a tacer d'altro, è agevole rilevare come
detta eccezione trovi la sua confutazione proprio nella
imperizia e imprudenza innanzi richiamata, ravvisabili
nel predetto intervento che ci occupa.
Come noto, invero, secondo l'insegnamento espresso in
merito dal giudice di legittimità, l'efficacia del c.d.
consenso informato è pur sempre subordinato alla
dimostrazione che l'intervento, cui lo stesso si
riferisce, sia stato correttamente eseguito in linea con
quelli che sono i dettami della scienza medica: il
consenso informato, espressione di un diritto
personalissimo di rilevanza costituzionale
all'autodeterminazione terapeutica, è cioè un obbligo
contrattuale del medico, in quanto tale funzionale al
corretto adempimento della prestazione professionale,
pur essendo autonomo rispetto ad esso.
Si tratta cioè di un ulteriore obbligo, che va ad
aggiungersi a quello (contrattuale) relativo alla
corretta esecuzione della propria prestazione
professonale, di modo che, sempre secondo la Corte di
Cassazione, può ravvisarsi una responsabilità
risarcitoria per violazione dello stesso, anche qualora
l'intervento sia perfettamente riuscito, ossia in una
situazione ben diversa da quella accertata nella
fattispecie in esame per quanto già ampiamente
specificato, senza quindi che allo stesso possa essere
riconosciuta la pretesa natura esimente.
Non può quindi essere revocato per dubbio che, sulla
scorta delle suddette assorbenti considerazioni, debba
rigettarsi, siccome palesamente infondata, pure
l'eccezione ora in esame.
Esaurita in tal modo la disamina relativa all'an
debeatur che ha portato all'affermazione dell'Azienda
Sanitaria convenuta in ordine alla responsabilità del
fatto illecito di che trattasi (intervento di
sterilizzazione del maggio 2002) e dunque delle
conseguenze pregiudizievoli che ne sono derivate,
secondo il principio di causalità, agli attori, passando
quindi all'esame del quantum (debeatur) va ribadito come
le domande svolte da questi ultimi con riguardo allo
stesso si appalesano fondate nei termini di seguito
riportati per le ragioni sottoindicate.
In via preliminare sotto tale profilo deve anzitutto
distinguersi il pregiudizio subito dalla sola D. da
quello patito da entrambi i genitori: infatti è
consolidato oramai l'orientamento della giurisprudenza,
secondo il quale, in caso di gravidanza della donna che
si è sottoposta a intervento di sterilizzazione poi
rivelatosi inefficace, debbono essere risarcite alla
stessa il danno da inabilità temporanea, parziale o
totale, nonché quello biologico, mentre ad entrambi i
genitori, attesi gli effetti protettivi da riconoscersi
ad entrambi in caso appunto di inadempimento
(contrattuale) di cui si è detto, va riconosciuto il
diritto a vedersi risarcire il danno patrimoniale,
rappresentato dal costo di mantenimento del figlio fino
al compimento degli studi e al raggiungimento
dell'indipendenza economica, oltre a quello non
patrimoniale consistente nella lesione del loro diritto
all'autodeterminazione della propria esistenza e alla
completa libertà nella determinazione in merito alla
scelta della procreazione.
Orbene, ciò detto, quanto quindi anzitutto ai danni
attinenti esclusivamente dalla D. , osservasi come il
nominato CTU, a seguito degli accertamenti effettuati,
abbia riconosciuto un'inabilità temporanea di
complessivi gg. 20 al 50%, oltre ad esiti permanenti,
sotto forma di danno biologico, nella misura del 4-5%.
Lo stesso consulente tecnico d'ufficio ha poi escluso
che la menomazione subita dalla predetta attrice sia in
grado di incidere sulla capacità di produrre redditi
della medesima, come pure che possa determinare una
maggiore usura nello svolgimento della stessa
(capacità).
Sulla scorta, dunque, delle determinazioni dei perito
prof. Fortuni testè illustrate, la relativa
quantificazione risulta nei rispettivi importi di €
431,00 (per l'inabilità temporanea) e di € 10.374,00
(per il danno biologico), tenuto conto per questo ultimo
delle tabelle del Tribunale di Milano a tal fine
elaborata.
Da ciò deriva che nella misura complessiva di €
10.805,00 resta determinato il danno subito dalla D. in
via esclusiva. Quanto, quindi, ai danni patiti da
entrambi i genitori, anzitutto prendendo le mosse da
quello patrimoniale, consistente - per quanto già
accennato - nei maggiori oneri che graveranno sulla
coppia per il mantenimento del nuovo figlio, ritiene lo
scrivete che lo stesso, tenuto conto di un costo medio
mensile di € 260,00 e dell'età di anni 23 siccome
necessaria per il compimento degli studi e per
l'effettivo raggiungimento dell'autonomia economica,
resta determinato nella somma complessiva di € 71.760
(settantunmilasettecentosessanta) da considerare nella
fattispecie come base per la quantificazione di detta
voce di danno con riguardo agli apporti di entrambi i
genitori da ritenersi non tra loro omogenei per quanto
desumibile dagli atti di causa, evidenziandosi appunto
un contributo pieno soltanto per il padre e uno
part-time per l'altro genitore.
In considerazione di un tanto la quantificazione del
ristoro dovuto a titolo di danno patrimoniale ora in
esame può essere stabilito in complessivi € 107.640,00
per entrambi i genitori.
In ordine, poi, al danno non patrimoniale conseguente
alla lesione del diritto di ordine costituzionale
(libertà di determinazione) di cui si è detto in
precedenza, lo stesso non può che essere determinato in
via equitativa.
A tal fine, si ritiene congruo, in considerazione di
quanto finora precisato, l'importo di € 30.000,00, cui
vanno infine aggiunte le spese sostenute, la cui
congruità è stata riconosciuta dal nominato CTU (per i
richiesti € 320,58).
Da quanto finora esposto deriva, pertanto, che ai
coniugi spetta a titolo di risarcimento dei danni,
patrimoniali e non patrimoniali testè esaminati, la
somma globale di € 137.960,58.
Non può, infine, trovare accoglimento la domanda di
danno da lucro cessante siccome tardiva, in quanto
formulata per la prima volta soltanto con la comparsa
conclusionale.
Da ultimo per quanto concerne le spese del presente
giudizio, le stesse per la soccombenza, ex art. 91 Cpc.
vanno poste a carico della Azienda Sanitaria convenuta,
che dovrà quindi rifonderle agli attori.
Esse si liquidano come da dispositivo.
Analogamente pure le spese ed onorari liquidati al CTU
come in atti vanno definitivamente posti a carico di
parte convenuta.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza,
eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
1) Condanna la convenuta Azienda per i Servizi Sanitari
n. 3 "Alto Friuli", a pagare agli attori D.L. e B.M.
nonché in via esclusiva alla sola D., a titolo di
risarcimento danni per quanto in motivazione,
rispettivamente la somma di € 137.960,58 (ai primi) e
quella di € 10.805,00 (alla D.) oltre agli interessi
legali dal fatto al saldo;
2) condanna la convenuta a rifondere a parte attrice le
spese del presente giudizio, che si liquidano in
complessivi € 11.630,00, di cui. € 8.000,00 per onorari
ed €.130.00 per diritti, oltre a contributo 12,5% IVA e
CPA;
3) pone in via definitiva a carico della convenuta le
spese e gli onorari liquidati al CTU come in atti;
Così deciso in Tolmezzo li 22 agosto 2011.
Il Presidente. G.U.
Dr. Antonio Cumin
Il Funzionario giudiziario
Nazzi Idillia
Depositata in Cancelleria
Oggi 2.9.2011
Il Funzionario giudiziario
Nazzi Idillia
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