Corte di Cassazione, Sez. I Civile, sentenza 19
aprile – 11 agosto 2011, n. 17191
Presidente
Luccioli – Relatore Scaldaferri
Svolgimento del processo
1. Nel
settembre 2000 C..M., premesso che
nell'(omissis) aveva contratto matrimonio con
R..C. e dall'unione era nata nell'(omissis) la
figlia D., proponeva domanda di separazione con
addebito al coniuge; il quale a sua volta,
costituendosi, chiedeva addebitarsi alla M. la
responsabilità del fallimento dell'unione
coniugale. Il Tribunale di Cremona, sentiti
testimoni, acquisite informazioni ed espletata
C.T.U., con sentenza del 2 novembre 2006
pronunciava la separazione, respingeva entrambe
le domande di addebito, affidava ad entrambi i
genitori la figlia D. disponendo che essa
coabitasse con la madre e regolando il diritto
di visita del padre, a carico del quale poneva
l'obbligo di versamento, a titolo di contributo
al mantenimento della figlia, della somma di
Euro 250,00 mensili, oltre al 50% delle spese
straordinarie.
2.
L'appello proposto dalla M. - al quale resisteva
il C. proponendo appello incidentale - veniva
parzialmente accolto dalla Corte d'appello di
Brescia, che addebitava la separazione al C.,
affidava in via esclusiva la figlia D. alla
madre, regolava in misura più contenuta il
diritto di visita del padre, ed aumentava a Euro
350,00 mensili (oltre aggiornamenti di legge e
50% delle spese straordinarie) il contributo a
carico di quest'ultimo al mantenimento della
figlia. Osservava la Corte che dai comportamenti
del C. e dei suoi genitori risultanti dai
rapporti di servizio e dalle relazioni redatti
dai Carabinieri intervenuti più di una volta
nella vicenda matrimoniale prima della
separazione - nonché dalla documentazione
relativa ai comportamenti dei coniugi successivi
al ricorso per la separazione, emergevano
manifestazioni di sostanziale disprezzo per la
M. da parte di tutti i membri della famiglia C..
Manifestazioni che, per la disinvoltura con la
quale erano state poste in essere e per la loro
gravità, non consentivano di ritenere che si
fosse trattato di esternazioni occasionali,
estemporanee ed improvvise, e facevano invece
ritenere verosimile che esse fossero frutto di
un prolungato e graduale deterioramento dei
rapporti favorito dalla contiguità abitativa tra
le due famiglie. Tali elementi, valutati
complessivamente, giustificavano secondo la
Corte l'addebito della separazione al C., il
quale, abdicando alla tutela della autonomia del
proprio nucleo familiare e della dignità della
propria moglie e mantenendo una condotta che
confermava la valutazione compiuta dai
consulenti d'ufficio circa l'esistenza di una
sua dipendenza non ancora risolta con la madre,
aveva violato l'obbligo, previsto dall'art. 143
c.c., di assistenza morale dovuta alla moglie.
Tale contesto, osservava inoltre la Corte alla
luce delle relazioni dei consulenti d'ufficio e
del servizio pubblico di assistenza famigliare,
sconsigliava il ricorso all'affidamento
condiviso (che richiede, oltre a un accordo
sugli obiettivi educativi, una buona alleanza
genitoriale ed un profondo rispetto dei
rispettivi ruoli, nella specie da ritenere
assenti), laddove la attenta, contenitiva e
partecipe capacità genitoriale riscontrata dai
consulenti nella M. giustificava l'affidamento
esclusivo alla medesima della figlia, essendo
peraltro pregiudizievole per lo sviluppo
psicologico di quest'ultima una distribuzione in
parti uguali del tempo di collocazione presso i
due genitori (che, costringendo la bimba ad un
adattamento a due realtà tra loro diverse e
nemiche, avrebbe costituito il presupposto per
la strutturazione in essa di un rapporto
relazionale e di una individuazione di tipo
scisso), ed essendo piuttosto necessario ridurre
il più possibile i contatti tra i genitori
definendo rigorosamente il giorno di visita del
padre, senza riconoscere ai nonni paterni un
autonomo diritto di frequentazione della nipote,
distinto ed ulteriore rispetto alla facoltà dei
medesimi di vedere la bambina in occasione delle
visite della stessa al padre. Osservava infine
la Corte che il maggior reddito lavorativo del
C., il fatto che egli continuasse a godere della
casa coniugale, le incrementate esigenze della
figlia e la maggiore permanenza della medesima
con la madre giustificavano l'elevazione
all'importo di Euro 350,00 mensili del
contributo del C. al mantenimento della minore.
3.
Avverso tale sentenza, depositata il 25
settembre 2007 e notificata il 26 ottobre
successivo, R..C. ha proposto ricorso a questa
Corte con atto notificato il 19 novembre 2007,
basato su sette motivi. Resiste C..M. con
controricorso. Il ricorrente ha depositato
memoria.
Motivi della decisione
1.
Preliminarmente, deve rilevarsi la
inammissibilità della memoria difensiva in data
11 aprile 2011 depositata dal ricorrente,
recante in calce nuova procura difensiva: tale
procura è invero priva di efficacia in quanto
rilasciata in calce ad un atto diverso da quelli
previsti dall'art.83 comma 3 c.p.c., nel testo
anteriore alla modifica introdotta dall'art.45
legge n.69/2009, applicabile ai soli giudizi
instaurati dopo la sua entrata in vigore.
2.
Con il primo motivo, il C. deduce violazione e
falsa applicazione dell'art.345 comma 3 c.p.c.
nonché omessa motivazione in relazione alla
ammissione di nuovi mezzi di prova in appello.
Sostiene che la controparte ha depositato per la
prima volta in appello ventotto documenti,
quattordici dei quali con data certa anteriore
alla proposizione del ricorso di primo grado. E
che la Corte d'appello, nonostante l'eccezione
di inammissibilità della produzione
tempestivamente sollevata da esso ricorrente,
non si è pronunciata al riguardo omettendo
quindi di chiarire, alla luce dei criteri
prescritti dall'art.345 comma 3 c.p.c., perché
abbia ritenuto di ammettere tale produzione; ed
anzi ha espressamente richiamato alcuni dei
suddetti documenti a sostegno della statuizione
in ordine alla domanda di-addebito della
separazione. Il secondo motivo concerne la
violazione e falsa applicazione dell'art. 112
c.p.c. e la conseguente nullità della sentenza
ex art.360 n.4 c.p.c: il ricorrente
lamenta la omessa pronuncia sulla eccezione di
tardività della nuova produzione documentale in
appello.
3.
Entrambi i motivi - da esaminare congiuntamente
perché connessi - sono infondati.
3.1
Innanzitutto, il vizio di omessa pronuncia è
configurabile solo nel caso di mancato esame,
nella sentenza impugnata, di questioni di merito
(cfr. ex multis Cass. Sez. 3 n.
1701/2009; Id. n. 3357/2009; Cass. S.U. n.
15982/2001); non lo è quindi ove, come nella
specie, si denunci il mancato esame non di una
eccezione in senso proprio bensì di una
contestazione in rito relativa all'istruttoria
del giudizio di appello.
3.2
D'altra parte, neppure l'altro vizio in
procedendo (violazione art. 345 c.p.c.) può
dirsi sussistente. Contrariamente a quanto
assume il ricorrente, la Corte di merito non ha
ammesso, neppure implicitamente, tutta la
produzione documentale effettuata in appello
dalla M.; si è limitata ad esaminare alcuni
documenti che già la sentenza di primo grado
aveva esaminato ed espressamente valutato,
traendo dal loro contenuto (oltre che dalle
risultanze delle prove testimoniali assunte in
primo grado) conclusioni diverse da quelle
espresse dal primo giudice. Ciò risulta
agevolmente dal confronto tra la motivazione
della sentenza d'appello nella parte relativa
all'addebito della separazione e quella
corrispondente della sentenza di primo grado (il
cui esame è consentito dalla natura processuale
del vizio denunciato), ove, alle pagine 9 e 10,
si fa espresso riferimento alle relazioni di
servizio del Maresciallo Mo. e del Carabiniere
Co., nonché all'elevato numero di interventi
operati dai Carabinieri della Stazione di
Casalmaggiore nel periodo antecedente alla
uscita della M. dalla residenza coniugale, oltre
che alle denunce-querele proposte dalla M. ed
alle lettere ed articoli dei genitori del C.
"inviati alla stampa e versati in fascicolo
dall'attrice". Si tratta degli stessi documenti
sui quali la Corte d'appello ha basato il suo
convincimento, si che, se di implicita pronuncia
possa nella specie parlarsi, essa deve essere
semmai riferita agli altri documenti che la
Corte non risulta aver esaminato, e quindi
essere intesa in senso opposto allei implicita
ammissione dedotta dal ricorrente.
4.
Il terzo motivo concerne la violazione e falsa
applicazione dell'art.151 comma 2 c.c., nonché
il vizio di motivazione sulla prova dei fatti
posti a base della declaratoria di addebito
della separazione, con particolare riferimento
alla prova del nesso causale tra il determinarsi
della intollerabilità della convivenza e i
comportamenti attribuiti al ricorrente. Il C.
sostiene che la Corte d'appello ha erroneamente
ed immotivatamente ritenuto prove idonee a tal
fine atti di iniziativa penale della M. della
sua famiglia, relazioni di servizio di ufficiali
e agenti di P.G. illustranti fatti - peraltro
successivi alla cessazione della convivenza -
appresi de relato, verbali di sommarie
informazioni testimoniali dai medesimi raccolte,
non confermate testimonialmente nel corso del
dibattimento civile, nonché le risultanze di una
consulenza tecnica d'ufficio espletata in primo
grado al diverso scopo di valutare lai richiesta
di affidamento condiviso accertando la capacità
genitoriale dei coniugi. Osserva in primo luogo
il collegio che il vizio di violazione di legge,
pur inserito nella rubrica, non risulta in
effetti compreso nella illustrazione del motivo,
che non fa riferimento ad una erronea
ricognizione, nella sentenza impugnata, della
fattispecie astratta prevista dall'art.151 c.c.
bensì ad una carente ricognizione, sulla base
delle risultanze di causa, della fattispecie
concreta in esame. Anche sotto questo profilo,
peraltro, il motivo è privo di pregio atteso che
risulta diretto, in effetti, a contestare le
valutazioni di merito espresse dalla Corte
d'appello in ordine alle prove acquisite in
istruttoria proponendo in alternativa altro
vaglio favorevole al ricorrente. Valutazioni di
merito che non possono essere riviste in questa
sede essendo sostenute da ampia e puntuale
motivazione immune da vizi logici o da
intrinseca contraddittorietà, e rettamente
estesa anche alle risultanze della consulenza
d'ufficio espletata in primo grado, il cui
apprezzamento da parte del giudice di merito non
può ritenersi impedito dalle finalità per le
quali tale mezzo istruttorio è stato disposto.
5.
Con il quarto motivo, il C. denuncia la
violazione e falsa applicazione dell'art.155
comma 1 e 2 c.c. e dell'art.155 bis c.c.,
nonché vizio di motivazione, in relazione al
diniego dell'affidamento condiviso della figlia
minore D.. Sostiene che la Corte, aderendo alle
valutazioni espresse dai consulenti d'ufficio
prima della entrata in vigore della legge
n.54/2006, avrebbe disatteso le modifiche
normative da questa introdotte, la cui ratio
consiste nel diritto del minore alla
bigenitorialità, diritto del quale la Corte ha
privato la minore D. senza dimostrare i motivi
della presunta contrarietà all'interesse della
minore dell'affido anche al padre, la cui
idoneità genitoriale era stata accertata dai
C.T.U. (ancorché con l'aggiunta di una
valutazione negativa in ordine alla sua capacità
di svolgere il ruolo di genitore responsabile),
in tal modo finendo per basare la negazione
dell'affidamento condiviso sulla mera
conflittualità e ostilità tra i genitori, che il
primo giudice aveva ritenuto superabile proprio
con la necessità, derivante da tale
condivisione, di ricercare una via di
collaborazione e di aiuto reciproco nel
superiore interesse della corretta crescita
della figlia. Osserva tuttavia il collegio che
la sentenza impugnata non ha disatteso il
diritto della minore alla bigenitorialità nel
momento in cui ha ritenuto pregiudizievole per
l'interesse della medesima l'affidamento
condiviso. La corte di merito ha infatti
rettamente incentrato le sue valutazioni
sull'interesse della minore, motivando il suo
convincimento sugli effetti pregiudizievoli che
potrebbero derivare allo sviluppo psicologico
della medesima dall'affidamento condiviso, sia -
in positivo - con riguardo alla capacità
genitoriale riscontrata nella M. sia - in
negativo - con riguardo alla particolare
situazione del rapporto del C. con la sua
famiglia di origine ed in tale contesto al
comportamento gravemente denigratorio da lui, e
dalla sua famiglia, assunto nei confronti della
M.. La sentenza non si è dunque limitata ad un
generico riferimento ad una mera conflittualità
tra coniugi, ma ha esposto un percorso
argomentativo conforme all'orientamento di
questa Corte (cfr. ex multis Cass. n.
16593/2008; n.1202/2006) e congruamente
sostenuto dalla indicazione delle fonti sulle
quali si basa, cioè delle risultanze degli
accertamenti in atti, la cui valutazione non può
in questa sede di legittimità essere oggetto di
riesame nel merito.
6.
Con il quinto motivo si deduce la violazione e
falsa applicazione dell'art.155 comma 2 c.c.,
nonché il vizio di motivazione in riferimento
alla determinazione dei tempi di permanenza
della figlia minore presso l'uno e l'altro
genitore. Si sostiene che anche la drastica
riduzione dei termini di permanenza di D. presso
il padre rispetto a quanto previsto nella
sentenza di primo grado (da due pomeriggi a
settimana a un pomeriggio nel periodo scolastico
più una giornata dalle 9 alle 22 a settimana nel
periodo estivo, ferma restando la previsione di
due fine settimana alternati al mese e la
distribuzione della permanenza - più
specificamente regolata - durante le vacanze
natalizie, pasquali ed estive) viola il diritto
della minore alla bigenitorialità, considerando
che la sola motivazione esposta dalla Corte
-costituita dalla necessità di ridurre al minimo
i rapporti tra i genitori- non potrebbe
ritenersi motivo sufficiente per tale drastica
riduzione. Osserva il collegio che -a
prescindere dalla modestia della modifica
disposta dalla sentenza- il motivo è
inammissibile, giacché si risolve non già nella
denuncia di una violazione di legge bensì in una
non consentita sollecitazione ad un diverso
apprezzamento di merito, non consentito alla
corte di legittimità.
7.
Il sesto motivo concerne la violazione e falsa
applicazione dell'art.155 comma 1 c.c., nonché
vizio di motivazione, in riferimento al diniego
di riconoscimento di un autonomo diritto di
visita dei nonni. Sostiene il ricorrente che,
alla luce della norma sopra richiamata, le
figure ascendentali sono titolari di un autonomo
diritto di mantenere continui e significativi
rapporti con il nipote di età minore; e che la
forte conflittualità tra le due famiglie non
costituirebbe motivo sufficiente per negare tale
diritto. La censura è priva di fondamento.
L'art.155 comma 1 del c.c. non attribuisce agli
ascendenti del minore un autonomo diritto avente
il contenuto indicato dal ricorrente. La norma
attribuisce invece al minore il diritto di
conservare rapporti significativi con gli
ascendenti, nel quadro del mantenimento di un
rapporto equilibrato e continuativo con i propri
genitori e con la medesima finalità di evitare,
per quanto possibile, che la separazione produca
traumi nello sviluppo della personalità del
minore stesso. Non merita dunque censure la
motivazione della sentenza che, avvalendosi
della facoltà discrezionale di provvedere alla
concreta regolazione di tale questione nella
suddetta prospettiva (e tenendo conto fra
l'altro di quanto già esposto circa la posizione
assunta dai nonni paterni nella vicenda
coniugale in esame), ha ritenuto idonea a
realizzare nella specie l'interesse della minore
la possibilità della medesima di vedere 1 nonni
paterni in occasione delle visite al padre, che
peraltro occupa un'abitazione attigua a quella
nella quale i nonni stessi abitano. 8. Con il
settimo motivo il ricorrente denuncia la carente
ed insufficiente motivazione in relazione alle
modalità di determinazione del contributo di
ciascun coniuge al mantenimento della figlia
minore. Sostiene che la Corte, eseguendo i
propri calcoli solo sulla base delle rispettive
denunci dei redditi, non avrebbe tenuto conto di
una serie di elementi concernenti, da un lato,
le maggiori spese che esso ricorrente deve
affrontare rispetto alla controparte (la quale
si reca in bicicletta al lavoro, mentre egli
deve utilizzare l'autovettura per coprire la
distanza di 20 chilometri tra la sua abitazione
e la scuola professionale nella quale presta
attività di insegnante), dall'altro la
possibilità della quale dispone la sola M.,
dipendente comunale, di svolgere lavoro
straordinario e di percepire dal Comune un
sostegno per il pagamento dell'affitto. La
censura è inammissibile, per la parte in cui
investe direttamente il merito delle valutazioni
compiute dalla corte d'appello e ne sollecita
una modifica non consentita in questa sede. È
infondata, là dove si assume che la ripartizione
del contributo sarebbe stata decisa dalla corte
di merito con riferimento ai soli differenti
livelli di reddito delle parti obbligate, avendo
invece la sentenza impugnata esposto ulteriori
ragioni, che non sono state fatte oggetto di
rilievi in questa sede. Anche sotto questo
profilo, dunque, il ricorso non merita
accoglimento.
9.
Le spese di questo giudizio di legittimità
seguono la soccombenza e si liquidano come in
dispositivo. Deve inoltre provvedersi alla
liquidazione, a norma dell'art.385 comma 2
c.p.c., delle spese relative al procedimento
incidentale instaurato dal C. dinanzi alla Corte
d'appello di Brescia con ricorso (rigettato) per
la sospensione della esecuzione della sentenza
impugnata ex art.373 c.p.c.; procedimento i cui
atti sono stati ritualmente prodotti dalla
resistente in questa sede ai sensi dell'art.372
c.p.c. (cfr. ex multis Cass. n. 7248/05),
unitamente alla nota espositiva. Tali spese,
liquidate come in dispositivo, debbono parimenti
porsi a carico del C. in ragione della sua
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di
cassazione, che determina in Euro 3.000,00 per
onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre spese
generali ed accessori di legge. Condanna inoltre
il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento incidentale instaurato ai sensi
dell'art.373 c.p.c. dinanzi alla Corte d'appello
di Brescia, che determina in complessivi Euro
1.082,00 - di cui Euro 452,00 per diritti e Euro
600,00 per onorari oltre spese generali ed
accessori di legge. |