In relazione ad un procedimento penale per calunnia che
vede coinvolto un deputato italiano al Parlamento
europeo, la Corte di Giustizia ha stabilito che:
L’art. 8 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità
dell’Unione europea, allegato ai Trattati UE, FUE e CEEA,
deve essere interpretato nel senso che una dichiarazione
effettuata da un deputato europeo al di fuori del
Parlamento europeo, la quale abbia dato luogo ad azioni
penali nello Stato membro di origine dell’interessato
per il reato di calunnia, costituisce un’opinione
espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari
beneficiante dell’immunità prevista dalla citata
disposizione soltanto nel caso in cui essa corrisponda
ad una valutazione soggettiva presentante un nesso
diretto ed evidente con l’esercizio di funzioni
siffatte. Spetta al giudice del rinvio stabilire se tali
presupposti risultino soddisfatti nella causa
principale.
Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che "Occorre
altresì riconoscere che, viste le descrizioni delle
circostanze e del contenuto delle dichiarazioni del
deputato europeo imputato nella causa principale, questi
appaiono relativamente lontani dalle funzioni di un
membro del Parlamento europeo e, di conseguenza,
difficilmente possono presentare un nesso diretto con un
interesse generale coinvolgente i cittadini. Quindi,
anche se un nesso siffatto potesse essere dimostrato,
esso non potrebbe imporsi con evidenza. È alla luce
di tali indicazioni che il giudice del rinvio deve
valutare – esercitando la competenza esclusiva che gli
spetta secondo quanto ricordato ai punti 21 e 22 della
presente sentenza – se la dichiarazione controversa
nella causa principale possa essere considerata quale
espressione di un’opinione nell’esercizio delle funzioni
parlamentari, con conseguente soddisfacimento dei
presupposti di merito per il riconoscimento
dell’immunità prevista dall’art. 8 del Protocollo.
Qualora, all’esito di tale valutazione, detto giudice
dovesse giungere ad una risposta in senso affermativo,
egli non potrebbe far altro che trarre le conseguenze
dell’immunità in questione, astenendosi – come indicato
al punto 27 della presente sentenza – dal dare seguito
all’azione promossa contro il deputato europeo
interessato (v. sentenza Marra, cit., punti 33 e 44).
Invece, nella contraria ipotesi in cui non fossero
soddisfatti i presupposti di merito dell’immunità, il
giudice summenzionato dovrebbe proseguire l’esame
dell’azione.".
(Corte di Giustizia CE, Sentenza 6 settembre 2011:
Membro del Parlamento europeo – Protocollo sui privilegi
e sulle immunità – Art. 8 – Procedimento penale per il
reato di calunnia – Dichiarazioni effettuate al di fuori
delle aule del Parlamento – Nozione di “opinione
espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari” –
Immunità – Presupposti)
Corte di
Giustizia CE
Corte di Giustizia UE: immunità del membro del
Parlamento europeo, procedimento penale per calunnia
Membro del Parlamento europeo – Protocollo sui privilegi
e sulle immunità – Art. 8 – Procedimento penale per il
reato di calunnia – Dichiarazioni effettuate al di fuori
delle aule del Parlamento – Nozione di “opinione
espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari” –
Immunità – Presupposti
SENTENZA
DELLA CORTE (Grande Sezione)
Nel procedimento C‑163/10,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal
Tribunale di Isernia (Italia) con decisione 9 marzo
2010, pervenuta in cancelleria il 2 aprile 2010, nel
procedimento penale a carico di
Aldo Patriciello,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A.
Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.‑C.
Bonichot e J.‑J. Kasel, presidenti di sezione, dai sigg.
G. Arestis, A. Borg Barthet, M. Ilešič, J. Malenovský,
A. Ó Caoimh (relatore), dalla sig.ra C. Toader e dal
sig. M. Safjan, giudici,
avvocato generale: sig. N. Jääskinen
cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 15 febbraio 2011,
considerate le osservazioni presentate:
– per il sig. Patriciello, dagli avv.ti G. Ranaldi e G.
Scalese, nonché dalla sig.ra S. Fortunato, assistente;
– per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in
qualità di agente, assistita dalla sig.ra M. Russo,
avvocato dello Stato;
– per il governo ellenico, dal sig. K. Georgiadis nonché
dalle sig.re M. Germani e G. Papagianni, in qualità di
agenti;
– per il Parlamento europeo, dai sigg. H. Krück, A.
Caiola e N. Lorenz, in qualità di agenti;
– per la Commissione europea, dalla sig.ra I. Martínez
del Peral e dal sig. C. Zadra, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 9 giugno 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’interpretazione dell’art. 8 del Protocollo sui
privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, allegato
ai Trattati UE, FUE e CEEA (in prosieguo: il
«Protocollo»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un
procedimento penale promosso a carico del sig.
Patriciello, membro del Parlamento europeo, per il reato
di calunnia.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 L’art. 8 del Protocollo così dispone:
«I membri del Parlamento europeo non possono essere
ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni
o dei voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni».
4 L’art. 9 del Protocollo stabilisce quanto segue:
«Per la durata delle sessioni del Parlamento europeo, i
membri di esso beneficiano:
a) sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute
ai membri del Parlamento del loro paese,
(...)».
5 L’art. 18 del Protocollo così dispone:
«Ai fini dell’applicazione del presente protocollo, le
istituzioni dell’Unione agiranno d’intesa con le
autorità responsabili degli Stati membri interessati».
6 L’art. 6 del regolamento interno del Parlamento
europeo (GU 2005, L 44, pag. 1; in prosieguo: il
«regolamento interno»), intitolato «Revoca
dell’immunità», recita:
«1. Nell’esercizio dei suoi poteri in materia di
privilegi e immunità, il Parlamento cerca principalmente
di mantenere la propria integrità di assemblea
legislativa democratica e di garantire l’indipendenza
dei suoi membri nell’esercizio delle loro funzioni.
(...)
3. Ogni richiesta diretta al Presidente da un deputato o
da un ex deputato in difesa dei privilegi e delle
immunità è comunicata al Parlamento riunito in seduta
plenaria e deferita alla commissione competente.
(...)».
7 L’art. 7 di detto regolamento, che contiene le norme
sulle procedure in materia di immunità dei deputati
europei, prevede, ai nn. 2, 6 e 7, quanto segue:
«2. La commissione presenta una proposta di decisione
che si limita a raccomandare l’accoglimento o la
reiezione della richiesta di revoca dell’immunità o di
difesa delle immunità e dei privilegi.
(...)
6. Nei casi concernenti la difesa dei privilegi o delle
immunità, la commissione indica se le circostanze
costituiscono un ostacolo di ordine amministrativo o di
altra natura alla libertà di circolazione dei deputati
da e verso il luogo di riunione del Parlamento o
all’espressione di un’opinione o di un voto
nell’esercizio del loro mandato, oppure se sono
assimilabili agli aspetti dell’articolo [9] del
Protocollo (...) che non rientrano nell’ambito del
diritto nazionale, e formula una proposta per invitare
l’autorità interessata a trarre le debite conclusioni.
7. La commissione può [emettere] un parere motivato
sulla competenza dell’autorità interessata e sulla
ricevibilità della richiesta, ma in nessun caso si
pronuncia sulla colpevolezza o meno del deputato né
sull’opportunità o l’inopportunità di perseguire
penalmente le opinioni o gli atti che gli sono
attribuiti, anche qualora l’esame della richiesta abbia
fornito alla commissione una conoscenza approfondita del
merito della questione».
La normativa nazionale
8 L’art. 68, primo comma, della Costituzione italiana
enuncia quanto segue:
«I membri del Parlamento non possono essere chiamati a
rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati
nell’esercizio delle loro funzioni».
9 L’art. 3, n. 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140,
recante disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68
della Costituzione nonché in materia di processi penali
nei confronti delle alte cariche dello Stato (GURI n.
142 del 21 giugno 2003), prevede quanto segue:
«L’articolo 68, primo comma, della Costituzione si
applica in ogni caso per la presentazione di disegni o
proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno,
mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le
interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e
negli altri organi delle Camere, per qualsiasi
espressione di voto comunque formulata, per ogni altro
atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione,
di divulgazione, di critica e di denuncia politica,
connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche
fuori del Parlamento».
Causa principale e questione pregiudiziale
10 Il sig. Patriciello è imputato nell’ambito di un
procedimento penale instaurato dinanzi al Tribunale di
Isernia, per aver ingiustamente accusato di
comportamento illecito un agente della polizia
municipale di Pozzilli (Italia) durante un alterco
verificatosi il 1° agosto 2007 in un parcheggio pubblico
situato a poca distanza da un istituto neurologico e in
prossimità del suo luogo di residenza.
11 Risulta dalla decisione di rinvio che il sig.
Patriciello deve rispondere, a tale titolo, del reato di
calunnia previsto dall’art. 368 del codice penale
italiano, aggravato dalla circostanza di averlo commesso
nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio
delle sue funzioni, quale prevista dall’art. 61, n. 10,
di detto codice. I fatti ascrittigli consistono
nell’aver affermato che l’agente della polizia
municipale in questione aveva falsificato gli orari
riportati sui verbali di contravvenzione elevati nei
confronti di vari automobilisti, i cui veicoli
stazionavano in violazione del codice della strada, e
dunque nell’aver accusato l’agente suddetto del reato di
falso materiale in atto pubblico, punito dall’art. 477
del codice penale italiano. Il sig. Patriciello avrebbe
inoltre reiterato le proprie affermazioni alla presenza
di carabinieri intervenuti in loco allo scopo di
verificare i presunti reati da lui addebitati all’agente
di polizia municipale.
12 Con decisione 5 maggio 2009 il Parlamento europeo,
deliberando su richiesta del sig. Patriciello ai sensi
dell’art. 6, n. 3, del proprio regolamento interno, ha
deciso, sulla base della relazione della commissione per
gli affari giuridici, di difendere l’immunità e i
privilegi del predetto richiedente (in prosieguo: la
«decisione di difesa dell’immunità»). Tale relazione era
motivata come segue:
«In effetti, con le sue affermazioni l’on. Patriciello
si è limitato a commentare fatti di dominio pubblico,
ovvero i diritti dei cittadini di poter accedere
agevolmente agli ospedali e alle cure sanitarie, fatti
che hanno un impatto importante sulla vita quotidiana
dei suoi elettori.
L’on. (...) Patriciello non ha agito nel proprio
interesse e non intendeva insultare il pubblico
ufficiale, bensì ha agito nell’interesse generale del
suo elettorato nel quadro della sua attività politica.
Così facendo svolgeva il proprio dovere di deputato al
Parlamento, in quanto esprimeva la propria opinione su
una questione di pubblico interesse per i suoi elettori.
(...)
Sulla base delle suddette considerazioni, la commissione
[per gli affari giuridici], do[po] avere esaminato i
motivi favorevoli e contrari alla difesa dell’immunità,
raccomanda che l’immunità dell’on. (...) Patriciello sia
difesa».
13 Tuttavia, nella sua ordinanza di rinvio il Tribunale
di Isernia constata che, in forza dell’art. 9, primo
comma, lett. a), del Protocollo, i deputati europei
godono, per i fatti commessi nel territorio nazionale,
dell’immunità e dei privilegi con gli stessi limiti
sostanziali e formali di quelli previsti dal diritto
nazionale. Orbene, ai sensi dell’art. 68 della
Costituzione italiana, il privilegio
dell’insindacabilità si estenderebbe alle attività
extraparlamentari soltanto nel caso in cui queste siano
strettamente connesse all’espletamento delle funzioni
tipiche e delle finalità proprie del mandato
parlamentare.
14 Alla luce di tali circostanze, detto giudice ritiene
che, prescindendosi da qualsivoglia valutazione sulla
fondatezza o meno dell’accusa, non appaiano
condivisibili, in base al diritto interno, le ragioni
che hanno portato il Parlamento europeo ad adottare la
decisione di difesa dell’immunità. Infatti, la condotta
oggetto dell’imputazione nella causa principale
apparirebbe disancorata da qualsivoglia espressione di
opinioni nell’esercizio delle funzioni di deputato
europeo.
15 A tale riguardo detto giudice rileva che, secondo il
pubblico ministero, non sembra sostenibile e fondato
l’argomento secondo cui il sig. Patriciello si sarebbe
limitato a commentare fatti di dominio pubblico, ovvero
i diritti dei cittadini di poter accedere agevolmente
agli ospedali e alle cure, senza l’intenzione di
insultare il pubblico ufficiale. Infatti, il sig.
Patriciello – anche se ciò resta da verificare – avrebbe
espressamente accusato di falso materiale in atto
pubblico un pubblico ufficiale alla presenza delle forze
dell’ordine. Orbene, un comportamento siffatto
sembrerebbe del tutto deviante dall’interesse generale
del suo elettorato e, in quanto tale, non parrebbe, sia
pure sempre considerato in astratto, idoneo a rientrare
nel regime dell’immunità.
16 Tuttavia, il Tribunale di Isernia osserva che la
decisione di difesa dell’immunità è stata adottata
previo richiamo, oltre che dell’art. 9, primo comma,
lett. a), del Protocollo, anche dell’art. 8 di tale
Protocollo. Orbene, la Corte avrebbe già statuito che,
poiché quest’ultimo articolo non fa alcun rinvio ai
diritti nazionali, la portata dell’immunità da esso
prevista dev’essere determinata unicamente sulla scorta
del diritto dell’Unione. Inoltre, sebbene la decisione
di difesa dell’immunità costituisca un parere sprovvisto
di effetti vincolanti nei confronti delle autorità
giudiziarie nazionali, il giudice del rinvio sarebbe
comunque tenuto ad un obbligo di leale cooperazione con
le istituzioni europee in forza degli artt. 4, n. 3, TUE
e 18 del Protocollo (sentenza 21 ottobre 2008, cause
riunite C‑200/07 e C‑201/07, Marra, Racc. pag. I‑7929,
punti 26 e 39‑41).
17 Alla luce di tali premesse, il Tribunale di Isernia
ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre
alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se il fatto di reato astrattamente ascritto [al
deputato europeo sig.] Patriciello (...) (descritto in
accusa e già oggetto di decisione di difesa
dell’immunità [...]), qualificato come calunnia ex art.
368 del codice penale, costituisca o meno una opinione
espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari ai
sensi dell’art. [8] del Protocollo».
Sulla questione pregiudiziale
18 Occorre preliminarmente ricordare che, come già
dichiarato dalla Corte, l’immunità parlamentare dei
deputati europei, quale prevista dagli artt. 8 e 9 del
Protocollo, comprende le due forme di tutela
generalmente riconosciute ai membri dei parlamenti
nazionali degli Stati membri, vale a dire l’immunità per
le opinioni e i voti espressi nell’esercizio delle
funzioni parlamentari e l’inviolabilità parlamentare,
che comporta, in via di principio, una tutela contro i
procedimenti giudiziari (v. sentenza Marra, cit., punto
24).
19 Come risulta dalla formulazione stessa della
questione sollevata, nella causa principale viene in
rilievo soltanto l’interpretazione dell’art. 8 del
Protocollo.
20 A questo proposito occorre constatare, al pari del
governo italiano, che, con la sua questione così
formulata, il giudice del rinvio chiede che la Corte
proceda essa stessa all’applicazione dell’art. 8 del
Protocollo alla controversia pendente dinanzi a detto
giudice, stabilendo se le dichiarazioni del deputato
europeo interessato, che hanno dato luogo all’azione
penale esercitata nei suoi confronti nella causa
principale, costituiscano un’opinione espressa
nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari e
ricadano dunque sotto l’immunità prevista dall’articolo
sopra citato.
21 Occorre ricordare che, nell’ambito di un procedimento
instaurato ai sensi dell’art. 267 TFUE, la Corte non è
competente ad applicare le norme del diritto dell’Unione
ad una fattispecie concreta. Essa può tuttavia fornire
al giudice nazionale tutti gli elementi di
interpretazione rientranti nel diritto dell’Unione che
possano essergli utili ai fini della sua decisione (v.,
in particolare, sentenza 10 luglio 2008, causa C‑54/07,
Feryn, Racc. pag. I‑5187, punto 19 e la giurisprudenza
ivi citata).
22 Pertanto, in una controversia quale quella oggetto
della causa principale, spetta al giudice del rinvio
decidere se le dichiarazioni in questione siano coperte
dall’immunità prevista dall’art. 8 del Protocollo,
verificando se siano soddisfatti i presupposti di merito
stabiliti da tale disposizione ai fini dell’applicazione
dell’immunità suddetta (v. sentenza Marra, cit., punto
33).
23 Per contro, la Corte è tenuta a fornire a detto
giudice tutte le indicazioni necessarie al fine di
guidarlo in tale valutazione, eventualmente riformulando
la questione che le è stata sottoposta (v., in
particolare, sentenze 11 marzo 2008, causa C‑420/06,
Jager, Racc. pag. I‑1315, punto 46, e 14 ottobre 2010,
causa C‑243/09, Fuß, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 39).
24 Orbene, a questo proposito, risulta dal fascicolo
presentato alla Corte che, con la sua questione, il
giudice del rinvio mira in realtà a precisare i criteri
pertinenti per stabilire se una dichiarazione quale
quella oggetto della causa principale, effettuata da un
deputato europeo al di fuori delle aule del Parlamento
europeo e che ha dato origine ad un’azione penale per
calunnia nel suo Stato membro d’origine, costituisca
un’opinione espressa nell’esercizio delle sue funzioni
parlamentari ai sensi dell’art. 8 del Protocollo.
25 Riguardo a tale punto occorre sottolineare che,
contrariamente all’inviolabilità parlamentare prevista
dall’art. 9, primo comma, lett. a), del Protocollo, la
quale dipende dal diritto nazionale, la portata
dell’immunità prevista dall’art. 8 del medesimo
Protocollo deve essere determinata, in mancanza di un
rinvio ai diritti nazionali, soltanto sulla scorta del
diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Marra,
cit., punto 26).
26 Come la Corte ha già statuito, l’art. 8 del
Protocollo – che costituisce una norma speciale
applicabile a qualunque procedimento giudiziario per il
quale il deputato europeo benefici dell’immunità in
ragione delle opinioni e dei voti espressi
nell’esercizio delle funzioni parlamentari – mira a
tutelare la libertà di espressione e l’indipendenza dei
deputati europei, sicché detto articolo osta a qualsiasi
procedimento giudiziario instaurato a motivo di opinioni
e voti siffatti (v., in tal senso, sentenza Marra, cit.,
punti 27 e 45).
27 Ne consegue che, quali che siano il regime di
immunità previsto dal diritto nazionale oppure i limiti
dettati da quest’ultimo, una volta soddisfatti i
presupposti di merito per il riconoscimento
dell’immunità sancita dall’art. 8 del Protocollo,
quest’ultima non può essere revocata dal Parlamento
europeo ed il giudice nazionale competente per la sua
applicazione è tenuto a non dar seguito all’azione
promossa contro il deputato europeo di cui trattasi (v.,
in tal senso, sentenza Marra, cit., punto 44).
28 Come sostenuto da tutti gli interessati che hanno
presentato osservazioni nel contesto della presente
causa, le dichiarazioni di un deputato europeo non
possono essere private del beneficio di tale immunità
per il semplice fatto che sono state effettuate al di
fuori delle aule del Parlamento europeo.
29 Vero è che l’art. 8 del Protocollo – vista la sua
finalità di protezione della libertà di espressione e
dell’indipendenza dei deputati europei, e considerato il
suo tenore letterale, che fa espresso riferimento, oltre
che alle opinioni, anche ai voti espressi dai deputati
europei – è essenzialmente destinato ad applicarsi alle
dichiarazioni effettuate da questi ultimi nelle aule
stesse del Parlamento europeo.
30 Tuttavia, non si può escludere che una dichiarazione
effettuata da un deputato europeo fuori da tali aule
possa costituire un’opinione espressa nell’esercizio
delle sue funzioni ai sensi dell’art. 8 del Protocollo,
atteso che l’esistenza di un’opinione siffatta dipende
non dal luogo in cui la dichiarazione è stata
effettuata, bensì dalla natura e dal contenuto di
quest’ultima.
31 Riferendosi alle opinioni espresse dai deputati
europei, l’art. 8 del Protocollo è strettamente connesso
alla libertà di espressione. Orbene, la libertà di
espressione, in quanto fondamento essenziale di una
società democratica e pluralista, rispecchiante i valori
sui quali l’Unione si fonda ai sensi dell’art. 2 TUE,
costituisce un diritto fondamentale garantito dall’art.
11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea, la quale, in forza dell’art. 6, n. 1, TUE, ha
lo stesso valore giuridico dei Trattati. La libertà
suddetta è inoltre garantita dall’art. 10 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma
il 4 novembre 1950.
32 Pertanto, occorre dichiarare che la nozione di
«opinione» ai sensi dell’art. 8 del Protocollo deve
essere intesa in senso ampio, includente cioè i discorsi
o le dichiarazioni che, per il loro contenuto,
corrispondono ad asserzioni costituenti valutazioni
soggettive.
33 Risulta inoltre dal tenore letterale dell’art. 8 del
Protocollo che, per poter beneficiare dell’immunità,
un’opinione deve essere stata espressa da un deputato
europeo «nell’esercizio delle [sue] funzioni», ciò che
presuppone necessariamente l’esistenza di un nesso tra
l’opinione formulata e le funzioni parlamentari.
34 Ove si tratti, come nella causa principale, di
dichiarazioni di un deputato europeo per le quali sia
stata promossa un’azione penale nel suo Stato membro di
origine, occorre constatare che, come già risulta dal
punto 27 della presente sentenza, l’immunità prevista
dall’art. 8 del Protocollo è idonea a precludere
definitivamente alle autorità giudiziarie e ai giudici
nazionali l’esercizio delle loro rispettive competenze
in materia di azione penale e di punizione degli
illeciti penali al fine di garantire il rispetto
dell’ordine pubblico nel loro territorio, ed è dunque
idonea, in modo correlato, a privare totalmente i
soggetti lesi da tali dichiarazioni dell’accesso alla
giustizia, compresa un’eventuale azione per ottenere
dinanzi ai giudici civili il risarcimento del danno
subìto.
35 Tenuto conto di tali conseguenze, occorre ammettere
che il nesso tra l’opinione espressa e le funzioni
parlamentari deve essere diretto e deve imporsi con
evidenza.
36 Occorre altresì riconoscere che, viste le descrizioni
delle circostanze e del contenuto delle dichiarazioni
del deputato europeo imputato nella causa principale,
questi appaiono relativamente lontani dalle funzioni di
un membro del Parlamento europeo e, di conseguenza,
difficilmente possono presentare un nesso diretto con un
interesse generale coinvolgente i cittadini. Quindi,
anche se un nesso siffatto potesse essere dimostrato,
esso non potrebbe imporsi con evidenza.
37 È alla luce di tali indicazioni che il giudice del
rinvio deve valutare – esercitando la competenza
esclusiva che gli spetta secondo quanto ricordato ai
punti 21 e 22 della presente sentenza – se la
dichiarazione controversa nella causa principale possa
essere considerata quale espressione di un’opinione
nell’esercizio delle funzioni parlamentari, con
conseguente soddisfacimento dei presupposti di merito
per il riconoscimento dell’immunità prevista dall’art. 8
del Protocollo.
38 Qualora, all’esito di tale valutazione, detto giudice
dovesse giungere ad una risposta in senso affermativo,
egli non potrebbe far altro che trarre le conseguenze
dell’immunità in questione, astenendosi – come indicato
al punto 27 della presente sentenza – dal dare seguito
all’azione promossa contro il deputato europeo
interessato (v. sentenza Marra, cit., punti 33 e 44).
Invece, nella contraria ipotesi in cui non fossero
soddisfatti i presupposti di merito dell’immunità, il
giudice summenzionato dovrebbe proseguire l’esame
dell’azione.
39 A questo proposito occorre ricordare che, anche
qualora, come nella causa principale, il Parlamento
europeo abbia adottato, a seguito della richiesta del
deputato europeo interessato, una decisione di difesa
dell’immunità di quest’ultimo, tale decisione, assunta a
norma del regolamento interno dell’Istituzione,
costituisce unicamente un parere sprovvisto di qualsiasi
effetto vincolante nei confronti dei giudici nazionali,
dal momento che il Protocollo non contiene alcuna
disposizione che obblighi tali giudici a rimettere al
Parlamento europeo la decisione sull’esistenza dei
presupposti stabiliti dall’art. 8 del Protocollo stesso.
Come la Corte ha già statuito, la circostanza che il
diritto di uno Stato membro, come quello in esame nella
causa principale, preveda una procedura di difesa dei
membri del parlamento nazionale, che permette a
quest’ultimo di intervenire allorché il giudice
nazionale non riconosce tale immunità, non implica il
riconoscimento dei medesimi poteri al Parlamento europeo
nei confronti dei deputati europei provenienti dallo
Stato suddetto, dato che l’art. 8 del Protocollo non
prevede espressamente una competenza del genere, né
rinvia alle norme del diritto nazionale (v., in tal
senso, sentenza Marra, cit., punti 35‑40).
40 Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto
all’udienza dall’imputato nella causa principale, se
certo il Parlamento europeo ed i giudici nazionali
debbono, in forza dell’obbligo di leale cooperazione tra
le istituzioni europee e le autorità nazionali, sancito
dall’art. 4, n. 3, TUE e dall’art. 18 del Protocollo,
cooperare al fine di evitare qualunque conflitto
nell’interpretazione e nell’applicazione delle
disposizioni del Protocollo stesso (sentenza Marra,
cit., punto 42), il diritto dell’Unione non impone al
giudice del rinvio alcun obbligo particolare riguardo
alla motivazione delle sue decisioni per il caso in cui,
tenendo conto dell’interpretazione fornita dalla
presente sentenza pronunciata a norma dell’art. 267
TFUE, esso decidesse di discostarsi dal parere fornito
dal Parlamento europeo – del quale era stato informato –
per quanto concerne l’applicazione dell’art. 8 del
Protocollo ai fatti della causa principale.
41 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre
risolvere la questione sollevata dichiarando che l’art.
8 del Protocollo deve essere interpretato nel senso che
una dichiarazione effettuata da un deputato europeo al
di fuori del Parlamento europeo, la quale abbia dato
luogo ad azioni penali nello Stato membro di origine
dell’interessato per il reato di calunnia, costituisce
un’opinione espressa nell’esercizio delle funzioni
parlamentari beneficiante dell’immunità prevista dalla
citata disposizione soltanto nel caso in cui essa
corrisponda ad una valutazione soggettiva presentante un
nesso diretto ed evidente con l’esercizio di funzioni
siffatte. Spetta al giudice del rinvio stabilire se tali
presupposti risultino soddisfatti nella causa
principale.
Sulle spese
42 Nei confronti delle parti nella causa principale il
presente procedimento costituisce un incidente sollevato
dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire
sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo
a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
L’art. 8 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità
dell’Unione europea, allegato ai Trattati UE, FUE e
CEEA, deve essere interpretato nel senso che una
dichiarazione effettuata da un deputato europeo al di
fuori del Parlamento europeo, la quale abbia dato luogo
ad azioni penali nello Stato membro di origine
dell’interessato per il reato di calunnia, costituisce
un’opinione espressa nell’esercizio delle funzioni
parlamentari beneficiante dell’immunità prevista dalla
citata disposizione soltanto nel caso in cui essa
corrisponda ad una valutazione soggettiva presentante un
nesso diretto ed evidente con l’esercizio di funzioni
siffatte. Spetta al giudice del rinvio stabilire se tali
presupposti risultino soddisfatti nella causa
principale.
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