N. 04921/2011REG.PROV.COLL.
N. 06740/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 6740 del 2010, proposto dal Ministero per i
beni e le attività
culturali e dal Ministero dello
sviluppo economico, in persona dei rispettivi Ministri
legali
rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello
Stato,
domiciliataria per legge in
Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Imac s.p.a., in persona del
legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli
avvocati Arturo
Cancrini, Claudio De Portu e
Francesco Vagnucci, con domicilio eletto presso Arturo
Cancrini in
Roma, via G. Mercalli, 13;
nei confronti di
Eur s.p.a., in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dagli avvocati
Elia Barbieri e Stefano Vinti,
con domicilio eletto presso Stefano Vinti in Roma, via
Emilia, 88;
Fondazione Valore Italia, non
costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO
- ROMA: SEZIONE II QUATER n. 04175/2010, resa tra le
parti,
concernente AFFIDAMENTO LAVORI
RELATIVI AL MUSEO DELL'AUDIOVISIVO
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione
in giudizio di Imac S.p.a. e di Eur S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della
causa;
Relatore nell'udienza pubblica
del giorno 19 luglio 2011 il consigliere di Stato
Maurizio Meschino e
uditi per le parti l’avvocato
dello Stato Vitale, l’avvocato De Portu e l’avvocato
Sciacca per delega
dell’avvocato Vinti;
Ritenuto e considerato in fatto
e diritto quanto segue.
FATTO
1. In date 21 maggio 2001 e 1° dicembre 2005 tra il
Ministero per i beni e le attività culturali e la
EUR s.p.a. sono state stipulate
convenzioni al fine di realizzare il Museo
dell’audiovisivo nel
Palazzo della civiltà italiana,
sito nella zona Eur a Roma. Il 7 novembre 2007 il
Ministero, realizzati
a propria cura e spese gli
interventi di restauro conservativo del Palazzo, ha
pubblicato il bando di
gara per la realizzazione nello
stesso della Discoteca di Stato e del Museo
dell’audiovisivo con il
sistema dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, cui sono seguite la
lettera di invito in data 3
marzo 2008, la sospensione ed il
riavvio della gare con note, rispettivamente, del 21
aprile e del 3
giugno 2008 (quest’ultima
recante proroga dei termini per la presentazione delle
offerte al 10
settembre successivo) e la
nomina della commissione tecnica di valutazione il 16
ottobre 2008, che
ha svolto il proprio lavoro
restando soltanto di dover procedere alla apertura della
busta del “prezzo
offerto”.
2. In data 27 novembre 2008 il Ministro per lo sviluppo
economico, con nota indirizzata al Ministro
per i beni e le attività
culturali, cui questi ha riposto, concordando, l’11
dicembre successivo, ha
comunicato che in collaborazione
con EUR s.p.a. sarebbe stata realizzata nel Palazzo,
ferma la
realizzazione del Museo
dell’audiovisivo, la Esposizione permanente del made in
Italy e del design
italiano, per la cui
progettazione e gestione era stata costituita la
Fondazione Valore Italia,
emergendo l’opportunità “di
procedere con una comune operatività, in alcune fasi
anche
progettuale, volta
all’ottimizzazione delle risorse pubbliche”,
procedendosi, successivamente, alla
stesura di un nuovo progetto
preliminare, sulla base di una differente dislocazione
degli ambienti
per il Museo dell’audiovisivo e
della diversa progettazione degli impianti per la loro
gestione
unificata.
In data 28 maggio 2009 è stato
stipulato un protocollo d’intesa fra i due Ministeri ed
EUR s.p.a. per
l’avvio delle attività museali
ed espositive nel Palazzo, concordando sullo schema di
convenzione
da firmare da parte dei
rispettivi responsabili tecnici di vertice, e prevedendo
quale obiettivo
prioritario la piena
funzionalità del Palazzo in occasione del
Centocinquantenario dell’Unità
d’Italia.
3. Ritenuta la gara in corso di
espletamento in buona parte non rispondente alle
finalità del citato
protocollo d’intesa, il
Ministero per i beni e le attività culturali ne ha
disposto la revoca con
determinazione del Direttore
generale del 9 giugno 2009, comunicata il 30 giugno
successivo. Nel
provvedimento si motiva la
decisione richiamando, in particolare che “dalla
procedura concorsuale
in corso […] discenderebbe la
praticabilità di una porzione del Palazzo […] da parte
del Museo
dell’audiovisivo mentre la
convenzione prevede la piena utilizzabilità dell’intero
complesso […]”e
che la medesima convenzione
“prevede una procedura concorsuale pubblica unificata
relativa
all’adeguamento impiantistico e
funzionale dell’intero Palazzo” con “economie di spesa
rispetto al
prezzo base della gara bandita
dal Ministero”, si cita anche l’art. 18, lett. q), del
bando di gara, per
cui l’Amministrazione si
riservava “a suo insindacabile giudizio di non
aggiudicare la gara o di
annullarla o revocarla” senza
dover corrispondere “compensi, indennizzi o danni a
qualsiasi titolo ai
partecipanti alla gara”.
4. Imac s.p.a., partecipante
alla gara indetta con il bando pubblicato il 7 novembre
2007, con il
ricorso n. 8435 del 2009
proposto al Tribunale amministrativo regionale per il
Lazio ha chiesto
l’annullamento, quanto al
ricorso introduttivo: del citato provvedimento del
Direttore generale per i
beni librari, gli istituti
culturali ed il diritto d'autore del Ministero per i
beni e le attività culturali, del
9 giugno 2009, di revoca della
gara indetta per l'affidamento dei lavori di adeguamento
strutturale,
funzionale, impiantistico ed
allestimento locali relativi al Museo dell'audiovisivo;
del presupposto
provvedimento, D.D.G. del 19
giugno 2007; di tutti gli atti e provvedimenti connessi
e
consequenziali; della nota del
Ministero per i beni e le attività culturali prot. 5882
del 22 giugno
2009; del protocollo d'intesa
sottoscritto in data 28 maggio 2009 tra il Ministero per
i beni e le
attività culturali ed il
Ministero per lo sviluppo economico; quanto ai motivi
aggiunti: della nota 27
novembre 2008 n. 24947 del
Ministero dello sviluppo economico; della nota 11
dicembre 2008 di
risposta del Ministro per i beni
e le attività culturali; del protocollo d’intesa del 28
marzo 2009;
della convenzione del 28 maggio
2009 tra EUR s.p.a., la Fondazione Italia Valore ed il
MiBAC;
nonché l’accertamento del danno
ingiusto patito dalla ricorrente a causa delle
illegittimità compiute
dall’appaltante e la condanna
del Ministero al relativo risarcimento.
5. Il Tribunale amministrativo,
con la sentenza n. 4175 del 2010, ha respinto il ricorso
ed i relativi
motivi aggiunti nella parte
relativa alla richiesta di annullamento della revoca e
degli atti
presupposti; ha accolto in parte
la domanda di risarcimento dei danni “nei sensi, nei
modi e nella
misura di cui in motivazione”;
ha condannato il Ministero resistente al pagamento delle
spese del
giudizio, liquidate nel
complesso in euro 3.000,00 (tremila/00).
6. Con l’appello in epigrafe è
chiesto l’annullamento in parte qua della sentenza di
primo grado e,
per l’effetto, il rigetto del
ricorso introduttivo della s.p.a. IMAC.
7. All'udienza del 19 luglio
2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Nella sentenza di primo
grado, respinta l’eccezione di difetto di interesse
della ricorrente, sono
anzitutto rigettati i motivi di
ricorso relativi alla violazione dei principi in materia
di autotutela
dell’Amministrazione ed alla
illegittimità del richiamo del citato art. 18, lett. q),
del bando. Al
riguardo il primo giudice
afferma che, data in linea di principio la possibilità
della revoca degli atti
di gara per ragioni di pubblico
interesse o per vizi di merito e dell’annullamento per
vizi di
legittimità, anche dopo l’avvio
della procedura di scelta del contraente, nella specie
le censure
dedotte avverso il provvedimento
di revoca per difetto di motivazione e assenza delle
ragioni di
pubblico interesse, non
attingono la massa critica sufficiente a far giudicare
il provvedimento
viziato e da annullare, né
risulta illegittima la detta clausola dell’art. 18, in
quanto, secondo il
ricorrente, non specificamente
sottoscritta, poiché il mutare dell’interesse in origine
perseguito
consente l’annullamento o revoca
dei procedimenti di gara, non valendo perciò il richiamo
della
clausola, in quanto legittima,
ad inficiare il provvedimento di revoca; l’efficacia di
tale clausola è
però limitata alla stipula del
contratto o alla scadenza del termine, coincidente con
la scadenza della
polizza fideiussoria, che la
stessa stazione appaltante si è data per concludere il
procedimento, non
avendo perciò essa effetti
preclusivi rispetto alle pretese risarcitorie dei
concorrenti.
A quest’ultimo riguardo nella
sentenza, pur riconosciuta la legittimità della revoca,
si afferma la
responsabilità precontrattuale
dell’Amministrazione per gli affidamenti suscitati
nell’impresa dagli
atti della procedura ad evidenza
pubblica, con violazione dei doveri di lealtà e di buona
fede di cui
all'art. 1337 Cod. civ., da
ricollegare: all’adozione di scelte contraddittorie da
parte del Ministero
appaltante attraverso intese
operative, in spregio degli oneri di programmazione
annuale e
pluriennale dell’Amministrazione
e delle esigenze di coerenza e continuità dell’azione
amministrativa; agli
ingiustificati ritardi di conduzione del procedimento:
stasi tra il 2007, data di
indizione della gara, e il 30
giugno 2008, data della comunicazione della proroga dei
termini per la
presentazione delle offerte;
all’adozione e comunicazione della revoca oltre il
termine dei 180
giorni previsto al punto g)
della lettera di invito quale termine per la scadenza
della cauzione
provvisoria e quindi per la
stipula del contratto; all’evidente mancanza di
comunicazione tra le
strutture di immediata
collaborazione ed i vertici dell’amministrazione che
avevano in gestione il
procedimento; alla mancata
comunicazione agli interessati di sopravvenute
decisioni, anche solo al
fine di consentire loro di
riadeguare le proprie strategie aziendali al possibile
esito infruttuoso del
procedimento.
Ciò posto, non è accolta la
quantificazione del danno proposta dalla ricorrente, per
le spese di
procedura, in euro € 267.074,78,
oltre alla richiesta di rivalutazione economica ed
interessi,
dovendosi considerare, si
conclude nella sentenza, che il principio della
risarcibilità dell’interesse
negativo e della perdita
dell’occasione di stipulare altri contratti, basato
sulla disciplina di diritto
comune ai sensi dell’art. 1337
Cod. civ., non può essere applicato meccanicisticamente
nel caso di
revoca della procedura, poiché
la mancata aggiudicazione di una gara d’appalto è
un’evenienza
ordinaria, rientrante nel campo
del rischio d’impresa, per cui per il suo ristoro si
ritiene di dover
ricorrere alla valutazione
equitativa del danno ai sensi dell'art. 1226 Cod. civ.,
con stima pari ad €
60.000,00, oltre gli interessi
dalla data di pubblicazione della sentenza fino
all'effettivo soddisfo.
2. Nell’appello la sentenza è
censurata essendo erroneo ritenere che nella specie vi
sia stata lesione
dell’affidamento, considerato
che la revoca non scaturisce da una vicenda posta in
essere
unilateralmente dal Ministero
per i beni e le attività culturali, né da una sua
decisione imprevedibile,
poiché il Ministero non ha
poteri esclusivi riguardo al Palazzo della civiltà
italiana, in quanto di
proprietà di EUR s.p.a, essendo
ciò noto alle imprese partecipanti alla gara e dovendosi
perciò
ritenere la possibilità di
revoca della gara come rientrante nella normale alea del
rapporto in esame,
data inoltre la previsione di
tale ipotesi nel bando.
In questo quadro si contestano
gli elementi assunti dal primo giudice a prova della
condotta
dell’Amministrazione costitutiva
di responsabilità precontrattuale, poiché: il periodo di
sospensione
della gara è stato
effettivamente di 44 giorni, non essendovi stata
interruzione tra il luglio 2007 e il
3 giugno 2008, dal momento che
il bando è stato pubblicato il 7 novembre 2007, con
termine per la
presentazione delle domande al 6
dicembre 2007, trasmissione degli inviti prevista entro
120 giorni
dal 6 dicembre 2007 e loro
diramazione il 3 marzo 2008 con fissazione al 12 maggio
2008 per la
presentazione delle offerte,
essendosi quindi disposta la sospensione di cui si
tratta il 21 aprile 2008
fino al 3 giugno successivo; non
è stato disatteso il termine di 180 giorni per
l’adozione del
provvedimento di revoca
decorrendo tale termine da quello di scadenza per la
presentazione delle
offerte, fissato al 10 settembre
2008; il flusso di comunicazione tra le Amministrazioni
responsabili
è stato serrato, come dimostrato
dal carteggio in atti; le decisioni sopravvenute sono
state
comunicate tempestivamente agli
interessati, poiché l’atto di revoca è stato adottato il
9 giugno
2009 e comunicato il 30 giugno
successivo, perciò pochi giorni dopo la stipula del
protocollo
d’intesa e della Convenzione il
28 maggio precedente.
La sentenza è erronea anche, si
conclude nell’appello, nella parte in cui liquida
equitativamente il
danno ragguagliandolo a una
parte delle spese di partecipazione, poiché
contraddittoria con
l’affermazione della
insussistenza del diritto alla rifusione delle spese di
partecipazione (anche in
caso di gara non revocata tutte
le imprese non aggiudicatarie subiscono il costo della
progettazione),
non risultando, di conseguenza,
la necessaria prova del danno.
3. Le censure così riassunte
sono infondate.
3.1. Secondo l’indirizzo di
questo Consiglio di Stato, anche nel caso di revoca
legittima degli atti
della procedura di gara può
sussistere una responsabilità precontrattuale della
pubblica
amministrazione nel caso di
affidamenti suscitati nella impresa dagli atti della
procedura ad
evidenza pubblica poi rimossi
(Cons. Stato, Ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6; V, 30
novembre
2007, n. 6137; 8 ottobre 2008,
n. 4947; 11 maggio 2009, n. 2882; VI, 17 dicembre 2008,
n. 6264)
potendo aver confidato l’impresa
sulla possibilità di diventare affidataria e, ancor più,
in caso di
aggiudicazione intervenuta e
revocata, sulla disponibilità di un titolo che
l’abilitava ad accedere alla
stipula del contratto stesso
(Cons. Stato, Ad. plen n. 6 del 2005, cit.).
Si tratta allora di verificare
se l’Amministrazione, in questo rapporto, abbia violato
i doveri di
correttezza e buona fede di cui
è espressione l’art. 1337 Cod. civ.. Questi, nel quadro
di una
procedura ad evidenza pubblica,
si traducono in primo luogo nell’obbligo di rendere al
partecipante
alla gara in modo tempestivo le
informazioni, necessarie a salvaguardare la sua
posizione, su eventi,
o sulla rinnovata valutazione
dell’interesse pubblico alla gara, che possano far
ipotizzare
fondatamente la revoca dei
relativi atti, in modo da impedire che si consolidi un
pericoloso
affidamento sulla, invece
incerta, conclusione del procedimento; affidamento che
deve ritenersi
tanto più formato quanto più è
avanzato il procedimento di gara.
3.2. In questo quadro il
Collegio ritiene che, quand’anche il comportamento
dell’Amministrazione
possa ritenersi giustificato
rispetto a taluno dei rilievi individuati dal primo
giudice rispetto a
singole fasi, resta indubbio che
nel procedimento in esame, in linea generale, l’azione
amministrativa non risulta
compiutamente coerente con le esigenze di programmazione
e di
continuità dell’attività
corrispondente e che, in particolare, l’Amministrazione
è giunta a disporre di
informazioni idonee a
configurare la fondata ipotesi della revoca della gara
in una fase del
procedimento antecedente a
quella in cui la relativa informazione è stata poi resa,
con il
provvedimento di revoca,
risultando l’adempimento quindi tardivo e per tale
motivo da qualificare
dannoso per i partecipanti alla
gara.
Al riguardo si deve osservare
che non appare probante allo scopo l’indicazione,
prospettata dalla
IMAC s.p.a. nella memoria
difensiva del 17 giugno 2011, della preesistenza della
Fondazione
Valore Italia e del suo
programma, definito nel maggio 2007, di organizzare nel
Palazzo della
civiltà italiana l’Esposizione
sul made in Italy, non risultando invero acclarata, già
per ciò solo, una
se non sicura, almeno altamente
probabile, incompatibilità tecnica con l’idea del Museo
dell’audiovisivo.
Va invece considerata la
situazione quale emerge dallo scambio di note fra i
Ministri dello sviluppo
economico e per i beni e le
attività culturali intervenuto tra il 27 novembre e l’11
dicembre del
2008, che rende palese il
concorde intento “di procedere con una comune
operatività in alcune fasi
anche progettuale […] volta alla
ottimizzazione delle risorse pubbliche”, e perciò la
consapevolezza
della necessità
dell’armonizzazione dei progetti per il più efficiente
uso delle dette risorse (da
intendersi riferito,
evidentemente, all’uso diverso del Palazzo e dei
finanziamenti), con la
conseguenza che con il citato
scambio di note, e perciò non nel periodo di sei mesi
trascorsi prima
della revoca e della sua
comunicazione, è da ritenere oggettivamente emersa
l’evenienza di una
rivisitazione progettuale tale
da poter sfociare nella revoca della gara in corso e si
definisce quindi
la premessa idonea per la
sospensione cautelativa del procedimento di gara, con la
sua immediata
comunicazione.
Come indicato nella nota del
Ministero per i beni e le attività culturali del 27
ottobre 2009, agli atti
del giudizio, nel frattempo vi
era stata la prosecuzione del procedimento di gara fino
alla soglia
dell’apertura della busta del
“prezzo offerto” e, perciò, fino ad un notevole stato di
avanzamento
della procedura pur se non
perfezionata con la fase dell’aggiudicazione.
3.3. Tutto ciò rilevato, il
Collegio ritiene che nella società partecipante alla
gara si sia formato un
apprezzabile affidamento a
fronte della tardiva indicazione della necessità della
revisione
progettuale, riconoscibile
invece almeno con la fine dell’anno 2008.
E’ perciò da condividere la
complessiva valutazione del primo giudice poiché, da un
lato, pur
ritenuta la legittimità della
revoca, il comportamento dell’Amministrazione non
risulta coerente con
l’adempimento del dovere di
informazione tempestiva e corretta nei confronti delle
parti private,
con conseguente responsabilità
precontrattuale. Dall’altro, l’affidamento della società
appellata non
aveva raggiunto il maggiore e
netto grado di consolidamento proprio di chi sia
risultato
aggiudicatario, non potendo,
inoltre, essere del tutto trascurato l’elemento della
disposizione di cui
all’art. 18, lett. q), del bando
comunque nota ai partecipanti alla gara.
Alla luce di queste
considerazioni il Collegio ritiene di confermare la
quantificazione del danno
stimato in via equitativa dal
primo giudice nella misura di euro 60.000,00
(sessantamila/00), con
interessi legali dalla data
della pubblicazione della sentenza di primo grado fino
al soddisfo.
4. Per quanto considerato
l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.
Il Collegio ritiene che la
particolare articolazione dei profili giuridici della
controversia giustifichi
la compensazione tra le parti
delle spese del presente grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in
epigrafe n. 6740
del 2010.
Spese del secondo grado
compensate.
Ordina che la presente sentenza
sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella
camera di consiglio del giorno 19 luglio 2011, con
l'intervento dei
magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere,
Estensore
Fabio Taormina, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg,
Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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