Si segnala la seguente decisione
del TAR Campania - Salerno, con la quale si dà
attuazione all’articolo 42bis del D.P.R. 8 giugno 2001
n. 327 (utilizzazione senza titolo di un bene per scopi
di interesse pubblico), introdotto di recente dall’art.
34 del Decreto Legge 6 luglio 2011 n. 98.
La sentenza afferma che in nessun
caso, anche qualora si sia verificata la sopravvenuta
irreversibile trasformazione del suolo, per effetto
della realizzazione dell’opera pubblica, e nonostante
l’espressa domanda del ricorrente, è possibile giungere
ad una condanna puramente risarcitoria a carico
dell’Amministrazione, in quanto una tale pronuncia
riconoscerebbe l’avvenuto trasferimento del diritto di
proprietà del bene, per fatto illecito, dalla sfera
giuridica dell’ originario proprietario a quella della
P.A. che se ne è illecitamente impossessata,
trasferimento , allo stato, vietato dal primo
Protocollo addizionale della Convenzione europea dei
diritti dell’uomo e dalla giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo .
Da tale divieto deriva la necessità
di un passaggio intermedio, finalizzato all’acquisto
della proprietà del bene da parte dell’Ente, che lo
abbia utilizzato senza titolo per scopi di interesse
pubblico, passaggio costituito dall’art. 42 bis del
D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 [ Avv. Iride Pagano].
Tribunale Amministrativo Regionale
della Campania - Sezione staccata di Salerno (Sezione
Seconda)- Sentenza n°1472 del 9 agosto 2011
sul ricorso proposto da ***
contro il Comune di Chianche,
per la condanna
del Comune di Chianche al
risarcimento dei danni patiti dai ricorrenti per la
perdita della proprietà dei beni interessati dal
procedimento ablatorio attivato dal comune medesimo,
giammai concluso con l’emissione del decreto di
esproprio ed, in subordine, alla restituzione dei suoli
occupati, oltre alla condanna al pagamento
dell’indennità di occupazione legittima ed in
alternativa per la restituzione del bene, ricondotto in
pristino stato, unitamente al risarcimento del danno
medio tempore subiti, per l’intero periodo di
occupazione.
Visti il ricorso e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in
giudizio di Comune di Chianche;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 14 luglio 2011 il dott. Nicola Durante e uditi
per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO
Con atto notificato il 16 luglio
2001 e depositato il successivo 27 settembre 2001, i
sigg. ***, premettono che in data 6 dicembre 1990 il
Comune di Chianche, in esecuzione del decreto sindacale
del 29 ottobre 1990 – emesso in forza della delibera di
CC n. 73 dell’8 novembre 1988 di approvazione del I°
lotto del progetto esecutivo per la realizzazione di
impianti sportivi e della delibera di G.M. n. 113 del 24
maggio 1987 di approvazione del progetto generale con
annesso piano particellare grafico descrittivo – ha
proceduto all’occupazione dei suoli di proprietà
indivisa e, segnatamente, dei suoli contraddistinti in
catasto ****, sulle quali erano presenti, oltre alle
piante e grano, anche due vasche per la raccolta di
acqua.
Il procedimento ablatorio,
tuttavia, non è stato giammai concluso con l’emissione
del decreto di esproprio, benché il fondo sia stato
irreversibilmente trasformato, né ai ricorrenti è mai
stato riconosciuta alcuna indennità, nonostante la
predisposizione di due ipotesi di transazione, per cui
gli stessi, con il ricorso giurisdizionale in esame
hanno adito il giudice amministrativo, sulla scorta
della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti
dell’uomo, per ottenere, in alternativa alla
restituzione dei suoli illegittimamente trasformati, il
ristoro di tutti i danni subiti.
Si è costituita in giudizio
l’intimata amministrazione comunale, chiedendo il
rigetto della domanda.
Preliminarmente ha eccepito
l’intervenuta prescrizione quinquennale della domanda
risarcitoria ex art. 2947, comma 1, c.c., da fare
decorrere dalla data di irreversibile trasformazione dei
suoli alla data di ultimazione dei lavori, assumendo che
l’accessione invertita per irreversibile trasformazione
del suolo comporta l’acquisto a titolo originario in
capo alla pubblica amministrazione della proprietà del
bene trasformato ed individuando, nel caso di specie, il
dies a quo, alla data di ultimazione dei lavori,
avvenuta il 15 settembre 1992, per cui, alla data di
proposizione del ricorso, il diritto si sarebbe
irrimediabilmente prescritto.
In data 24 aprile 2008, i
ricorrenti hanno versato in atti una perizia di stima
dei danni subiti.
Anche il Comune di Chianche ha
versato in atti una relazione di consulenza tecnica del
Capo UTC.
Con sentenza 3 ottobre 2008 n.
2819, il Tribunale, reputando la causa non ancora matura
per la decisione, ha incaricato l’ing. *** di svolgere
apposita consulenza tecnica d’ufficio, per accertare:
1.- l’estensione complessiva del
suolo di proprietà dei ricorrenti interessato dal I° e
dal II° lotto dei lavori di realizzazione degli impianti
sportivi del Comune di Chianche;
2.- l’estensione del suolo di
proprietà dei ricorrenti effettivamente occupata e
funzionalmente destinata all’opera pubblica;
3.- l’estensione del suolo di
proprietà dei ricorrenti occupato e non trasformato;
4.- il valore delle aree di cui ai
punti che precedono;
5.- consistenza delle colture e
delle strutture idriche esistenti sui suoli interessati
dall’occupazione.
6.- la quantificazione dei danni
subiti;
7.- ogni ulteriore, necessaria,
notizia utile alla completa valutazione della
fattispecie in esame, con riferimento alle difese in
atti dalle parti costituite.
Dopo alcuni rinvii, la consulenza è
stata depositata in giudizio in data 1° aprile 2011.
Essa, con argomentazioni che il
collegio condivide, ha accertato quanto segue:
1.- l’estensione complessiva del
suolo di proprietà dei ricorrenti interessato dal I° e
dal II° lotto dei lavori di realizzazione degli impianti
sportivi del Comune di Chianche è pari a mq. 26.634 ed
ha un valore all’attualità di € 205.412,00;
2.- l’estensione del suolo di
proprietà dei ricorrenti effettivamente occupata e
funzionalmente destinata all’opera pubblica è pari a mq.
12.852 ed ha un valore all’attualità di € 128.520,00;
3.- l’estensione del suolo di
proprietà dei ricorrenti occupato e non trasformato è
pari a mq. 13.782 ed ha un valore all’attualità di €
78.892,00;
4.- i danni subiti riguardano le
strutture idriche esistenti sui suoli interessati
dall’occupazione e sono quantificabili all’attualità in
€ 21.300,00.
Il CTU ha inoltre fatto presente
che tutte le superfici oggetto di occupazione, anche
quelle non direttamente coinvolte dalla realizzazione di
opere, hanno comunque subito una specifica mutazione dei
luoghi, sì che la stessa restituzione dei fondi non
occupati richiederebbe interventi di ripristino così
costosi da superare di gran lunga lo stesso valore
venale del bene.
All’udienza pubblica del 14 luglio
2011, la causa è stata quindi definitivamente trattenuta
in decisione.
DIRITTO
Nel presente giudizio, viene fatto
valere il diritto dei nominati in epigrafe alla
materiale restituzione dei loro fondi o, in alternativa,
al risarcimento danni patiti in esito all’irreversibile
trasformazione dei medesimi da parte del Comune di
Chianche, che li ha occupati allo scopo di realizzarvi
impianti sportivi, sulla base di provvedimenti recanti
dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed
indifferibilità dei lavori cui non è mai seguita
l’emissione del decreto di esproprio, il tutto
unitamente al diritto al risarcimento dei danni medio
tempore subiti.
Va preliminarmente dichiarata la
giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di
condanna al pagamento dell’indennità spettante per il
periodo di occupazione legittima, la quale ha avuto
inizio con l’immissione in possesso (6 dicembre 1990) e
fine alla scadenza del termine individuato per
l’acquisizione forzata del bene (6 dicembre 1996).
Ed invero, nello stabilire
l’importo del danno da ablazione illegittima, il giudice
amministrativo non può includervi anche quanto dovuto
per il periodo di occupazione legittima, la cui
valutazione è di spettanza del giudice ordinario, a
norma degli artt. 53, comma 3 e 54 T.U. 8 giugno 2001,
n. 327. Né la pur evidente comunanza tra la domanda
risarcitoria e quella di carattere indennitario può
giustificare l’attribuzione di entrambe allo stesso
giudice, essendo indiscusso il principio generale
dell’inderogabilità della giurisdizione, anche per
motivi di connessione (cfr. Cass. civ., Sez. un., 9
febbraio 2010, n. 2788; Cons. Stato, Sez. IV, 22 luglio
2010, n. 4825; T.A.R. Campania-Salerno, Sez. II, 10
maggio 2010, n. 5911).
Esaminando le questioni successive,
sicuramente appartenenti alla cognizione del Tribunale
amministrativo, occorre premettere che in questa sede
parte ricorrente ha chiesto che, in caso di
irreversibile trasformazione del bene nelle more della
sua occupazione (evenienza pacificamente avvenuta ed
attestata inconfutabilmente dal CTU ), il comune venga
condannato al risarcimento dei danni conseguenti alla
perdita del diritto di proprietà. Ove questo non sia
possibile, che sia condannato alla restituzione nello
stato originario.
Il potere giurisdizionale va quindi
esercitato nel quadro delineato dalla domanda attorea,
nel rispetto del principio di corrispondenza tra il
chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c.,
applicabile anche al processo amministrativo,
rappresentando tale regola l’espressione precipua del
potere dispositivo delle parti, nel senso che al giudice
è precluso pronunciarsi oltre i limiti della concreta ed
effettiva questione che le stesse parti hanno sottoposto
al suo esame e dunque oltre i limiti del petitum e della
causa petendi, ulteriormente specificati dai motivi di
ricorso (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 giugno 2007, n.
3437).
Ciò premesso, osserva tuttavia il
collegio che in nessun caso, neppure a fronte della
sopravvenuta irreversibile trasformazione del suolo per
effetto della realizzazione dell’opera pubblica e
nonostante l’espressa domanda in tal senso di parte
ricorrente, è possibile giungere ad una condanna
puramente risarcitoria a carico dell’amministrazione,
poiché una tale pronuncia postula l’avvenuto
trasferimento della proprietà del bene per fatto
illecito dalla sfera giuridica del ricorrente,
originario proprietario, a quella della P.A. che se ne è
illecitamente impossessata: esito, questo (comunque sia
ricostruito in diritto: rinuncia abdicativa implicita
nella domanda solo risarcitoria, ovvero accessione
invertita), vietato dal primo protocollo addizionale
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo
(cfr. T.A.R. Calabria-Catanzaro, Sez. I, 1 luglio 2010,
n. 1418). Donde la necessità di un passaggio intermedio,
finalizzato all’acquisto della proprietà del bene da
parte dell’ente espropriante (cfr. Cons. Stato, Sez. IV,
16 novembre 2007, n. 5830; T.A.R. Campania-Salerno, Sez.
II, 14 gennaio 2011, n. 43; T.A.R. Campania-Napoli, Sez.
V, 5 giugno 2009, n. 3124).
Tale passaggio, allo stato della
legislazione vigente, è costituito senz’altro dall’art.
42 bis D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (utilizzazione senza
titolo di un bene per scopi di interesse pubblico),
introdotto dall’art. 34 del decreto legge 6 luglio 2011
n. 98, che così recita:
“1. Valutati gli interessi in
conflitto, l’autorità che utilizza un bene immobile per
scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un
valido ed efficace provvedimento di esproprio o
dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che
esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo
patrimonio indisponibile e che al proprietario sia
corrisposto un indennizzo per il pregiudizio
patrimoniale e non patrimoniale, quest’ultimo
forfetariamente liquidato nella misura del dieci per
cento del valore venale del bene.
2. Il provvedimento di acquisizione
può essere adottato anche quando sia stato annullato
l’atto da cui sia sorto il vincolo preordinato
all’esproprio, l’atto che abbia dichiarato la pubblica
utilità di un’opera o il decreto di esproprio. Il
provvedimento di acquisizione può essere adottato anche
durante la pendenza di un giudizio per l’annullamento
degli atti di cui al primo periodo del presente comma,
se l’amministrazione che ha adottato l’atto impugnato lo
ritira. In tali casi, le somme eventualmente già erogate
al proprietario a titolo di indennizzo, maggiorate
dell’interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai
sensi del presente articolo.
3. Salvi i casi in cui la legge
disponga altrimenti, l’indennizzo per il pregiudizio
patrimoniale di cui al comma 1 è determinato in misura
corrispondente al valore venale del bene utilizzato per
scopi di pubblica utilità e, se l’occupazione riguarda
un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni
dell’articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo
di occupazione senza titolo è computato a titolo
risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta
la prova di una diversa entità del danno, l’interesse
del cinque per cento annuo sul valore determinato ai
sensi del presente comma.
4. Il provvedimento di
acquisizione, recante l’indicazione delle circostanze
che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area
e se possibile la data dalla quale essa ha avuto inizio,
è specificamente motivato in riferimento alle attuali ed
eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne
giustificano l’emanazione, valutate comparativamente con
i contrapposti interessi privati ed evidenziando
l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione;
nell’atto è liquidato l’indennizzo di cui al comma 1 e
ne è disposto il pagamento entro il termine di trenta
giorni. L’atto è notificato al proprietario e comporta
il passaggio del diritto di proprietà sotto condizione
sospensiva del pagamento delle somme dovute ai sensi del
comma 1, ovvero del loro deposito effettuato ai sensi
dell’articolo 20, comma 14; è soggetto a trascrizione
presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura
dell’amministrazione procedente ed è trasmesso in copia
all’ufficio istituito ai sensi dell’articolo 14, comma
2.
5 Se le disposizioni di cui ai
commi 1, 2 e 4 sono applicate quando un terreno sia
stato utilizzato per finalità di edilizia residenziale
pubblica, agevolata o convenzionata, ovvero quando si
tratta di terreno destinato a essere attribuito per
finalità di interesse pubblico in uso speciale a
soggetti privati, il provvedimento è di competenza
dell’autorità che ha occupato il terreno e la
liquidazione forfetaria dell’indennizzo per il
pregiudizio non patrimoniale è pari al venti per cento
del valore venale del bene.
6. Le disposizioni di cui al
presente articolo si applicano, in quanto compatibili,
anche quando è imposta una servitù e il bene continua a
essere utilizzato dal proprietario o dal titolare di un
altro diritto reale; in tal caso l’autorità
amministrativa, con oneri a carico dei soggetti
beneficiari, può procedere all’eventuale acquisizione
del diritto di servitù al patrimonio dei soggetti,
privati o pubblici, titolari di concessioni,
autorizzazioni o licenze o che svolgono servizi di
interesse pubblico nei settori dei trasporti,
telecomunicazioni, acqua o energia.
7. L’autorità che emana il
provvedimento di acquisizione di cui al presente
articolo né dà comunicazione, entro trenta giorni, alla
Corte dei conti mediante trasmissione di copia
integrale.
8. Le disposizioni del presente
articolo trovano altresì applicazione ai fatti anteriori
alla sua entrata in vigore ed anche se vi è già stato un
provvedimento di acquisizione successivamente ritirato o
annullato, ma deve essere comunque rinnovata la
valutazione di attualità e prevalenza dell’interesse
pubblico a disporre l’acquisizione; in tal caso, le
somme già erogate al proprietario, maggiorate
dell’interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai
sensi del presente articolo”.
Ed allora, affinché possa essere
soddisfatto l’interesse primario della parte lesa, volto
al risarcimento del danno da perdita del bene, deve
imporsi all’amministrazione, in persona del dirigente
che sarà all’uopo designato dal sindaco, di rinnovare,
entro trenta giorni dalla notificazione della presente
sentenza a cura dei ricorrenti, la valutazione di
attualità e prevalenza dell’interesse pubblico
all’eventuale acquisizione dei fondi per cui è causa,
adottando, all’esito di essa, un provvedimento col quale
gli stessi, in tutto od in parte, siano
alternativamente:
a) acquisiti non retroattivamente
al patrimonio indisponibile comunale;
b) restituiti in tutto od in parte
ai legittimi proprietari, previo ripristino dello stato
di fatto esistente al momento dell’apprensione, entro
novanta giorni.
Nel primo caso, il provvedimento di
acquisizione:
- dovrà specificare se interessa
l’intero compendio occupato o solo parte di esso,
disponendo la restituzione del fondo rimanente entro
novanta giorni, previo ripristino dello stato di fatto
esistente al momento dell’apprensione;
- dovrà prevedere che, entro il
termine di trenta giorni, ai proprietari in solido sia
corrisposto il valore venale del bene, determinato
secondo quanto stabilito dal CTU, nonché un indennizzo
per il pregiudizio non patrimoniale, forfetariamente
liquidato nella misura del dieci per cento del medesimo
valore venale;
- dovrà recare l’indicazione delle
circostanze che hanno condotto all’indebita
utilizzazione dell’area e la data dalla quale essa ha
avuto inizio e dovrà specificamente motivare sulle
attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che
ne giustificano l’emanazione, valutate comparativamente
con i contrapposti interessi privati ed evidenziando
l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione;
- dovrà essere notificato ai
proprietari e comporterà il passaggio del diritto di
proprietà sotto condizione sospensiva del pagamento
delle somme dovute, ovvero del loro deposito effettuato
ai sensi dell’art. 20, comma 14, D.P.R. 8 giugno 2001 n.
327;
- sarà soggetto a trascrizione
presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura
dell’amministrazione procedente e sarà trasmesso in
copia all’ufficio istituito ai sensi dell’art. 14, comma
2, D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, nonché comunicato, entro
trenta giorni, alla Corte dei conti, mediante
trasmissione di copia integrale.
Resta inteso che i termini sopra
esposti, in quanto disposti nell’interesse dei
ricorrenti, potranno essere aumentati su autorizzazione
scritta da parte di questi ultimi e che tutte le
questioni che dovessero insorgere nella fase di
conformazione alla presente decisione potranno formare
oggetto di incidente di esecuzione e risolte, se del
caso, tramite commissario ad acta.
Sia nel caso a) che nel caso b), il
provvedimento da emanarsi dovrà contenere la
liquidazione, in favore dei ricorrenti, di una somma in
denaro a titolo risarcitorio, pari all’applicazione del
saggio di interesse del cinque per cento annuo sul
valore venale dell’intero bene occupato, per tutto il
periodo di occupazione illegittima, la quale ha avuto
inizio il 7 dicembre 1996 (come da atti autoritativi del
comune, mai da questo rimossi, né annullati per altra
via) e terminerà solo con l’acquisizione della proprietà
da parte del comune ovvero con la riconsegna del bene.
Infatti, l’avvenuta notifica del
ricorso in data 16 luglio 2001, spiegando i relativi
effetti interruttivi e sospensivi sul decorso del
termine di prescrizione, fa sì che nei confronti del
diritto al pagamento del risarcimento del danno da
occupazione illegittima non operi l’eccepita
prescrizione quinquennale.
Va invece dichiarato prescritto il
diritto al risarcimento dei danni riguardanti le
strutture idriche esistenti sui suoli interessati
dall’occupazione, quantificato dal CTU nella complessiva
somma di € 21.300,00, decorrendo il relativo termine
quinquennale dal 15 settembre 1992, data di ultimazione
dei lavori, per come attestata nel certificato del
direttore dei lavori ing. Ruggiero del 31 ottobre 1991
(allegato n. 6 alla memoria di costituzione del 19
gennaio 2002).
Sussistono giuste ragioni per
compensare tra le parti le spese del giudizio, salvo
quelle per il compenso del CTU che, liquidate come da
dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul
ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara
inammissibile quanto alla domanda di pagamento
dell’indennità di occupazione legittima e lo accoglie
nel resto nei sensi e limiti di cui in motivazione.
Spese compensate, eccetto quelle
per il compenso del CTU che sono poste a carico del
comune soccombente e liquidate in complessivi € 5.000,00
(compreso l’anticipo già disposto), oltre spese.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera
di consiglio del giorno 14 luglio 2011 con l'intervento
dei magistrati:
Luigi Antonio Esposito, Presidente
Ferdinando Minichini, Consigliere
Nicola Durante, Consigliere,
Estensore
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