Giuseppe SPANÒ
-Cass. Civ., sez. I, 27 aprile
2011, n. 9390, pres. Vitrone, rel. Salvago. In tema di
espropriazione
forzata per pubblico interesse (o
pubblica utilità) il negozio di cessione volontaria
posto in essere da
un'amministrazione comunale si deve
ritenere soggetto all'osservanza di tutti gli
adempimenti
richiesti dall'evidenza pubblica
per le p.a., primo fra tutti il requisito della forma
scritta a pena di
nullità, che può ritenersi
osservato solo in presenza di un documento che contenga
in modo diretto
la volontà negoziale, essendo stato
redatto al fine specifico di manifestare la stessa, e
dal quale si
deve, pertanto, poter desumere la
concreta instaurazione del rapporto con le
indispensabili
determinazioni in ordine alle
prestazioni da svolgersi da ciascuna delle parti. Ne
consegue che, nel
vigore del t.u. approvato con il
r.d. n. 383 del 1934, ad integrare la stipulazione del
suddetto
negozio non poteva bastare
l'accettazione di una proposta di vendita o di acquisto
del bene fatta
dall'uno o dall'altro contraente,
essendo indispensabile la presenza di un documento
scritto stipulato,
con il procedimento e le formalità
previste dagli art. 87 ss. e 251 ss. del citato testo
unico, dal
rappresentante legale
dell'amministrazione e dall'espropriato, e contenente
l'enunciazione degli
elementi essenziali del contratto
stesso, nonché l'accordo su di essi dei contraenti.
-T.A.R. Salerno Campania, sez. I,
12 luglio 2011, n. 1269, pres. Onorato, est. Mele. La
cessione
volontaria degli immobili
assoggettati ad espropriazione e la determinazione
amichevole della
relativa indennità non possono
derogare in alcun modo dai prestabiliti parametri
legali, e che la
funzione stessa di tale cessione è
quella di rappresentare un modo tipico di chiusura del
procedimento di esproprio, secondo
modalità ritenute necessarie dalla legge in forza di una
relazione legale e predeterminata
di alternatività della cessione volontaria rispetto al
decreto
ablatorio, e non già di mera
sostituzione di questo, che ne consenta l'inquadramento
tra gli accordi
sostitutivi di cui alla l.
241/1990, art. 11, co. 1, i quali sono liberi nell'an e
nel quomodo, a
differenza degli accordi
espropriativi che sono, invece, liberi soltanto nell'an.
-T.A.R. Campobasso Molise, sez. I,
01 giugno 2011, n. 354, pres. Zaccardi, est. Ciliberti.
Ai sensi
all'art. 133 lett. g), c.p.a.,
rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la
controversia avente ad
oggetto la domanda proposta per la
restituzione di un'area o per la determinazione
dell'indennità o
per il risarcimento dei danni
conseguenti all'illecito utilizzo di un immobile oggetto
di cessione
volontaria , nell'ambito di una
procedura espropriativa, atteso che essa sottende
l'esistenza di diritti
soggettivi, la cui tutela è
affidata appunto al giudice ordinario
-T.A.R. L'Aquila Abruzzo, sez. I,
18 aprile 2011, n. 197, pres. Mastrocola, est.
Tramaglini. Sussiste
la giurisdizione del giudice
ordinario nel caso di controversie riguardanti la
cessione volontaria dei
beni nel corso di una procedura
espropriativa, e ciò in relazione a tutte le
controversie concernenti
non solo il pagamento, ma anche di
riliquidazione o integrazione dell'indennità concordata,
a norma
dell'art. 12, l. 22 ottobre 1971 n.
865, in quanto le relative domande si fondano sul
diritto soggettivo
all'indennizzo per la perdita del
bene che trova immediata tutela nello speciale modello
procedimentale previsto da detta
normativa, che non lascia margine di discrezionalità
alla P.A..
-Cass. Civ., sez. I, 28 gennaio
2010, n. 1871, pres. Luccioli, rel. Giancola. Il
contratto di cessione
volontaria del bene espropriando,
stipulato nell'ambito di procedura ablativa, non è
affetto da
indeterminabilità del prezzo, per
effetto della clausola che, ancorando il prezzo stesso
ai parametri
indennitari vigenti, ne preveda una
integrazione nell'eventualità del sopravvenire di nuove
regole
sull'indennità di espropriazione,
atteso che il relativo patto non introduce elementi di
incertezza nel
corrispettivo convenuto, ma si
esaurisce nella costituzione di un credito aggiuntivo
del cedente, per
il caso in cui i mutamenti della
disciplina normativa comportino un quantum
dell'indennità di
espropriazione superiore
all'ammontare di quel corrispettivo. In senso conforme
cfr.: Cass. 5 luglio
2000 n. 8969; Cass. 28 novembre
1994 n. 10168. In senso conforme cfr.: Cass. 5 luglio
2000 n.
8969; Cass. 28 novembre 1994 n.
10168.
-T.A.R. Catania Sicilia, sez. II,
07 aprile 2010, n. 1043, pres. Giamportone, est.
Brugaletta. Il negozio di
cessione volontaria avente ad
oggetto un immobile espropriando, indispensabile per
concludere
automaticamente la procedura
espropriativa, è regolato dai principi civilistici sulla
formazione del
consenso e sottoposto alla
disciplina propria della stipulazione del contratto;
pertanto, essendo posto in
essere da un'Amministrazione
comunale ed avendo per di più un oggetto di cui neppure
la stessa può
disporre, esso è soggetto a tutti
gli adempimenti richiesti dall'evidenza pubblica per le
P.A., primo fra
tutti la forma scritta a pena di
nullità, che può ritenersi osservata solo in presenza di
un documento che
contenga, in modo diretto, la
dichiarazione della volontà negoziale, che venga redatto
al fine specifico di
manifestare tale volontà e dal
quale dunque possa desumersi la concreta instaurazione
del rapporto con
le indispensabili determinazioni in
ordine alle prestazioni da svolgersi da ciascuna delle
parti; la mera
accettazione della proposta di
vendita o di acquisto del bene fatta dall'uno o
dall'altro contraente non è,
infatti, sufficiente in quanto la
sussistenza ed il perfezionamento della vendita possono
configurarsi
soltanto in presenza di un
documento scritto stipulato dal rappresentante legale
dell'Amministrazione e
dall'espropriato e contenente
l'enunciazione degli elementi essenziali del contratto,
nonché l'accordo su
di essi da parte dei contraenti.
-T.A.R. Milano Lombardia, sez. III,
03 marzo 2010, n. 530, pres. Giordano, est. Simeoli. Il
proprietario dell'immobile soggetto
ad espropriazione finalizzata alla realizzazione di
opere stradali,
ha diritto di accedere alla
documentazione in possesso dell'ANAS S.p.A. inerente
alla relativa
procedura espropriativa. In
particolare, il verbale di cessione volontaria rientra
tra i documenti
amministrativi accessibili ex art.
22, l. n. 241 del 1990, poiché costituisce atto,
utilizzato ai fini
dell'attività pubblicistica
dell'ANAS, senza dubbio strumentale alla tutela del
proprio credito
all'indennità definitiva
(asseritamente ancora non conseguita).
-Cass. Civ., sez. un., 28 ottobre
2009, n. 22756, pres. Carbone, rel. Nappi. Sono devolute
alla
giurisdizione del g.o., vertendosi
in materia di diritto soggettivo, in caso di cessione
volontaria di
immobile, le controversie promosse
dal cedente non soltanto per il pagamento dell'indennità
ma
anche per l'integrazione o la sua
totale riliquidazione.
-Cass. Civ., sez. II, 22 maggio
2009, n. 11955, pres. Rovelli, rel. Piccialli. La
cessione volontaria
costituisce un contratto ad oggetto
pubblico i cui elementi costitutivi, indispensabili a
differenziarla
dal contratto di compravendita di
diritto comune, sono: a) l'inserimento del negozio
nell'ambito di
un procedimento di espropriazione
per pubblica utilità, nel cui contesto la cessione
assolve alla
peculiare funzione
dell'acquisizione del bene da parte dell'espropriante,
quale strumento alternativo
all'ablazione d'autorità; b) la
preesistenza non solo di una dichiarazione di pubblica
utilità ancora
efficace, ma anche di un
subprocedimento di determinazione dell'indennità e delle
relative offerta
ed accettazione; c) il prezzo di
trasferimento volontario correlato ai parametri di legge
stabiliti,
inderogabilmente, per la
determinazione dell'indennità di espropriazione. Ne
consegue che, ove non
siano riscontrabili tutti i
requisiti sopra indicati -non potendosi escludere che la
P.A. abbia
perseguito una finalità di pubblico
interesse tramite un ordinario contratto di
compravendita- al
negozio traslativo immobiliare non
possono collegarsi gli effetti dell'estinzione dei
diritti reali o
personali gravanti sul bene
medesimo. (1) In senso conforme alla prima parte della
massima cfr.
Cass. 21 novembre 2003 n. 17709.
-Cass. Civ., sez. un., 06 maggio
2009, n. 10362, pres. Vittoria, rel. Salvago. La
dichiarazione di
pubblica utilità ha l'effetto di
creare un vincolo di indisponibilità (cd. affievolimento
del diritto di
proprietà) sui beni che devono
concorrere a costituire l'opera pubblica, vincolo che
pone
l'amministrazione in grado di
esercitare il potere di acquisizione coattiva mediante
lo svolgimento
del procedimento espropriativo,
avvalendosi degli istituti previsti a tal fine dalla
legge
(l'occupazione, temporanea e
d'urgenza, il consenso del proprietario, la cessione
volontaria, il
decreto ablativo).
-Consiglio Stato, sez. IV, 18
giugno 2009, n. 4022, pres. Trotta, est. Sabatino. In
tema di
espropriazione per pubblica
utilità, l'accordo amichevole sull'ammontare
dell'indennità di esproprio
non comporta la cessione volontaria
del bene, sicché è sempre necessario il completamento
del
procedimento al fine del passaggio
della proprietà del bene dall’espropriato
all’espropriante.
L’accordo non ha valenza
sostitutiva degli atti conclusivi, ma viene invece a
caducarsi ed a perdere
efficacia, qualora il procedimento
non si concluda con il negozio di cessione o con il
decreto di
esproprio. Il procedimento
espropriativo deve concretamente proseguire sino al suo
completamento
proprio al fine di dare vita
all’effetto traslativo della proprietà. Pertanto, se il
procedimento non si
conclude con l’espropriazione,
viene meno l’efficacia dell’accordo amichevole
sull’ammontare
dell’indennità, non potendovi
essere un’indennità di espropriazione se non c’è
espropriazione con
l’attribuzione, quindi, al g.a.
della relativa competenza.
-T.A.R. Lecce Puglia, sez. I, 30
luglio 2009, n. 1953, pres. Ravalli, est. Viola. Rientra
nella
giurisdizione del Giudice ordinario
la questione, preliminare ad un'azione di determinazione
del
conguaglio del prezzo, circa la
nullità del contratto di cessione volontaria del bene
assoggettato a
procedura espropriativa, la cui
disciplina inerisce finalisticamente alla commisurazione
dell'indennizzo e, quindi, tutela
in modo diretto ed immediato la posizione del soggetto
espropriando.
-Cass. Civ., sez. I, 16 aprile
2008, n. 10067, pres. Vitrone, rel. Salvago. In tema di
espropriazione
per pubblica utilità, qualora
all'offerta dell'indennità provvisoria abbia fatto
seguito la cessione
volontaria dell'immobile, è
inammissibile l'opposizione contro la stima provvisoria
dell'indennità,
ancorché quest'ultima sia stata
accettata con riserva, in quanto l'atto di cessione può
essere
impugnato con i rimedi peculiari
del sistema delle inefficaci-invalidità negoziali,
avendo forma e
contenuto disciplinati dal diritto
privato, ma non per richiedere un'indennità più elevata
di quella
consensualmente convenuta.
-Cass. Civ., sez. I, 22 febbraio
2008, n. 4538, pres. Panebianco, rel. Forte. In tema di
espropriazione, il corrispettivo
della cessione volontaria si identifica, di regola, con
la sola indennità
di espropriazione, avendo l'atto ad
oggetto l'acquisizione dal cessionario della proprietà
dei beni per
causa di pubblica utilità da parte
dei cedenti. Pertanto, il prezzo della cessione
concordato
preventivamente sulla base
dell'offerta dell'indennità provvisoria di
espropriazione deve intendersi,
in assenza di indicazioni in
contrario, come non comprensivo dell'indennità di
occupazione,
soprattutto qualora al momento
dell'accordo sull'indennità non si conosca la data
finale
dell'occupazione di urgenza, per
essere la stessa ancora legittimamente in atto. |