PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Rifiuto
di atti di ufficio - Omissioni di ricovero - Requisito
dell’indifferibilità - Nozione - Art. 328 c.1 c.p. -
DIRITTO SANITARIO - Medico di guardia sull’autoambulanza
del servizio 118 - Omissioni di ricovero in assenza di
specifica segnalazione ricevuta dalla centrale operativa
- Rifiuto di atti di ufficio - Configurabilità - Art.
328 c.1 c.p..
Argomento:
Giurisprudenza
Autorità:
Corte di Cassazione
Categoria:
Pubblica amministrazione
Diritto sanitario
Provvedimento:
Sentenza
Numero:
34402
Sez.:
6^
Data deposito:
21/09/2011
Presidente:
De Roberto
Estensore:
Fiderbo
Titolo completo:
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, SEZ.
6^, 21/09/2011, Sentenza n. 34402
CORTE DI CASSAZIONE PENALE SEZ. VI,
21 Settembre 2011, Sentenza n. 34402
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - DIRITTO
SANITARIO - Rifiuto di atti di ufficio - Omissioni di
ricovero - Requisito dell’indifferibilità - Nozione -
Art. 328 c.1 c.p..
Si configura il reato previsto
dall’art. 328 comma 1 c.p., quando, le omissioni di
ricovero sono caratterizzate dal requisito
dell’indifferibilità, cioè quelle in cui l’urgenza del
ricovero sia effettiva e reale per l’esistente pericolo
di conseguenze dannose alla salute della persona.
(conferma Corte d’appello di
Palermo ha conferma della sentenza 1/07/2008 del
Tribunale di Palermo). Pres. De Roberto, Est. Fiderbo
DIRITTO SANITARIO - Medico di
guardia sull’autoambulanza del servizio 118 - Omissioni
di ricovero in assenza di specifica segnalazione
ricevuta dalla centrale operativa- Rifiuto di atti di
ufficio - Configurabilità - Art. 328 c.1 c.p..
In tema di rifiuto di atti di
ufficio, il medico di guardia sull’autoambulanza del
servizio 118 è tenuto ad effettuare tutti gli interventi
richiesti qualora sia posto al corrente, da parte di
personale sanitario, di una grave sintomatologia del
paziente, avendo l’obbligo di attivarsi con urgenza.
(conferma Corte d’appello di
Palermo ha conferma della sentenza 1/07/2008 del
Tribunale di Palermo). Pres. De Roberto, Est. Fiderbo
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, SEZ. VI
- 21 Settembre 2011, Sentenza n.34402
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Omissis
Ritenuto in fatto
1. - Con la decisione in epigrafe
indicata la Corte d’appello di Palermo ha confermato la
sentenza del 1 luglio 2008, appellata dall’imputato, con
cui il G.u.p. del Tribunale di Palermo, in sede di
giudizio abbreviato, aveva riconosciuto la
responsabilità di S.C. per il reato di cui all’art. 328
comma 1 c.p., condannandolo ad un anno di reclusione.
L’imputato, medico di turno
sull’autoambulanza del servizio 118, si sarebbe
rifiutato di compiere un atto del proprio servizio,
consistente nel trasportare in un’idonea struttura
sanitaria il paziente L.M.G., ricoverato presso la
comunità terapeutica assistita dell’ospedale A.E.. Dalla
sentenza si apprende che, sebbene il paziente avesse
perso conoscenza e non rispondesse agli stimoli di
sollecitazione esterna a seguito di uno stato febbrile
acuto, l’imputato non ottemperava alle reiterate
richieste di trasporto urgente avanzate dal medico di
turno della comunità terapeutica, R.S., e
dall’infermiere, C.P., i quali si vedevano costretti a
fare intervenire un’autoambulanza dal più lontano
ospedale (....). Secondo la Corte d’appello l’imputato
avrebbe dovuto attivarsi e apprestare il ricovero presso
una più idonea struttura, indipendentemente dalla
irregolarità della richiesta di intervento, non filtrata
dalla centrale operativa del servizio 118, presso cui
svolgeva servizio, ma formulata direttamente da un altro
sanitario.
2. - Nell’interesse dell’imputato
ha proposto ricorso per cassazione il suo difensore di
fiducia.
Con il primo articolato motivo
deduce l’erronea applicazione dell’art. 328 comma 1
c.p., e il connesso vizio di motivazione nella parte in
cui si sostiene che il rifiuto opposto da S. sia stato
indebito, cioè del tutto ingiustificato. Al contrario il
ricorrente assume che le linee guida relative al
servizio 118 dimostrano la legittimità del rifiuto, in
quanto prevedono che il medico di turno non possa
allontanarsi arbitrariamente dalla sua postazione senza
una specifica segnalazione ricevuta dalla centrale
operativa. In altri termini, si sostiene che spetta solo
alla centrale operativa disporre gli interventi di
soccorso, proprio al fine di evitare iniziative
personali del medico addetto e non coordinate, in grado
di compromettere la funzionalità del servizio pubblico
finalizzato a far fronte alle sole urgenze ed emergenze.
Peraltro, la sentenza non avrebbe
tenuto in debito conto quanto riportato dalla
disposizione di servizio del 26 luglio 2002, secondo cui
il servizio 118 non è a disposizione dei presidi
ospedalieri e non può effettuare trasporti di pazienti
da un ospedale ad un altro, trasporti che sono di
competenza della struttura ospedaliera che li ha in
cura.
Sotto un altro profilo il
ricorrente rileva che nella fattispecie è mancata ogni
valutazione e ogni prova circa la sussistenza
dell’urgenza, tale da imporre all’imputato di attivarsi
senza ritardo per il trasporto del paziente in un’altra
struttura pubblica, dovendosi considerare che
quest’ultimo si trovava ricoverato in una struttura
ospedaliera, dotata di adeguati reparti e servizi in
grado di apprestare una efficace terapia.
Infine, viene evidenziato il
difetto di dolo, in quanto era convinzione dell’imputato
di non potere agire di propria iniziativa.
Con un secondo motivo si lamenta,
sotto il profilo del vizio di motivazione e della
violazione di legge, la mancata applicazione delle
attenuanti generiche e della sospensione condizionale
della pena nonostante l’incensuratezza dell’imputato e
il corretto comportamento processuale; inoltre, si
deduce la mancanza di motivazione circa le ragioni per
cui non si è applicata la pena nella misura minima.
Considerato in diritto
3. - Il primo motivo è infondato,
sotto tutti i diversi profili dedotti.
3.1. - Nel caso in esame vi è stata
una richiesta di intervento urgente rivolta da un medico
di un ospedale all’imputato, che in quel momento
svolgeva il servizio di medico del 118 e si trovava
presso lo stesso nosocomio, rappresentando a questi una
situazione di estrema gravità del paziente che
necessitava di un ricovero urgente in altra struttura
adeguata al caso; dinanzi a tale richiesta l’imputato ha
opposto il proprio rifiuto, sostenendo che avrebbe
potuto effettuare il trasporto solo a seguito di
autorizzazione proveniente dalla centrale operativa
sulla linea telefonica del 118.
Secondo la difesa il comportamento
dell’imputato sarebbe stato legittimo e giustificato in
base alle linee guida del servizio 118 e alle
disposizioni di servizio, che riconoscono alla centrale
operativa del 118 il compito di disporre gli interventi
di soccorso.
La tesi non è accoglibile.
Come correttamente esposto nella
sentenza impugnata, l’organizzazione del servizio del
118 prevede che sia la centrale operativa a coordinare
gli interventi nell’ambito territoriale di competenza,
attraverso il sistema di radiocomunicazione; tuttavia al
medico in servizio sull’autoambulanza è comunque
riconosciuto uno spazio di valutazione, di azione e di
discrezionalità, funzionale a fronteggiare in maniera
adeguata le diverse situazioni di emergenza.
Nell’ambito di tale spazio di
discrezionalità rientra la scelta circa la necessità non
solo di assicurare l’immediata visita medica in presenza
di una situazione di un grave stato di sofferenza del
paziente, ma anche quella di approntare i mezzi
necessari per la migliore e più sollecita cura,
compresa, quindi, la scelta, in caso di urgenza, di
trasportare il malato presso una struttura sanitaria che
sia in grado di assicurare tale cura, anche attraverso
le necessarie indagini strumentali e specialistiche.
Nel caso in questione l’imputato ha
opposto un rifiuto formalistico, richiamando il modello
operativo standard del servizio 118, senza considerare
che lo stesso servizio prevede che per i pazienti ad
alto grado di criticità è il medico addetto
all’emergenza territoriale ad operare la scelta
dell’ospedale di destinazione, in questo modo
riconoscendo un’autonomia di azione a tali soggetti e
prescindendo da ogni autorizzazione o contatto
preventivo con la centrale operativa (atto d’intesa tra
Ministero della sanità e Regioni dell’11.4.1996).
La giurisprudenza di questa Corte
in più occasioni ha ribadito come integrino il reato
previsto dall’art. 328 comma 1 c.p. le omissioni di
ricovero caratterizzate dal requisito
dell’indifferibilità, quelle cioè in cui l’urgenza del
ricovero sia effettiva e reale per l’esistente pericolo
di conseguenze dannose alla salute della persona; nel
caso in esame tale indifferibilità è stata rappresentata
all’imputato da un medico (la dott.ssa R.) che aveva in
cura il paziente, sicché da parte dello S. non vi era
alcuna possibilità di sindacare la situazione
rappresentatagli, per cui era obbligato, per i suoi
compiti di istituto, a intervenire quale medico addetto
all’emergenza territoriale.
Non può essere messo in dubbio che
l’atto richiesto al medico di turno addetto al servizio
118, informato da un collega sulla patologia riscontrata
sul paziente, rivesta i caratteri dell’urgenza, sicché
il richiamo alle competenze di cui al modello
organizzativo del servizio 118 non legittima il rifiuto
opposto. L’imputato aveva il dovere di intervenire con
tempestività, eventualmente verificando personalmente la
situazione del malato, per rendere il più prontamente
possibili le indagini strumentali e le conseguenti cure
necessarie.
In sostanza, deve ribadirsi il
principio, correttamente affermato dai giudici di
appello, secondo cui in tema di rifiuto di atti di
ufficio il medico di guardia sull’autoambulanza del
servizio 118 è tenuto ad effettuare tutti gli interventi
richiesti qualora sia posto al corrente, da parte di
personale sanitario, di una grave sintomatologia del
paziente, avendo l’obbligo di attivarsi con urgenza.
3.2. - Riguardo alla sussistenza
del dolo non possono che condividersi le valutazioni
contenute nella sentenza impugnata, che ha evidenziato
l’intensità del dolo caratterizzante la condotta
dell’imputato, il quale nonostante le sollecitazioni e
le richieste della dott.ssa R. non solo si è rifiutato
di parlarci, ma non si è neppure recato ad accertare le
condizioni di salute del paziente, né si è messo in
contatto con la centrale operativa che, secondo la sua
tesi, avrebbe potuto autorizzare l’intervento.
4. - Del tutto infondato è il
secondo motivo, in quanto la mancata applicazione delle
attenuanti generiche e della sospensione condizionale
della pena, così come lo stesso trattamento
sanzionatorio, sono stati giustificati in rapporto alla
gravità del fatto contestato, con una motivazione che
non appare illogica.
5. - In conclusione, l’infondatezza
dei motivi proposti determina il rigetto del ricorso,
con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali. |