Si richiama l’attenzione sulle
seguenti decisioni della Corte di Cassazione in materia
di lavoro e legislazione sociale.
Sentenza n.32934 del 31.8.2011
La responsabilità del datore di
lavoro che assume alle proprie dipendenze uno straniero
privo del permesso di soggiorno non
è esclusa dalla buona fede invocata per aver preso
visione della richiesta di permesso
di soggiorno avanzata dallo straniero»; eventualità
questa, per altro, neppure mai
evocata dal (…) ritenuto colpevole non già in forza di
presunzioni ma a ragione della
circostanza in fatto, assolutamente pacifica, che
l’imputato non aveva effettuato
alcuna verifica in merito alle interessate dichiarazioni
dei
lavoratori relativamente alla
regolarità della loro permanenza nel territorio dello
Stato.
Sentenza n.30238 del 29 .7.2011
Risulta sancita la responsabilita’
di un datore di lavoro per la mancata concessione del
periodo di riposo settimanale ad una propria dipendente
minorenne e la rilevanza penale del fatto, affermando
l’importante principio di diritto secondo cui il reato
in esame ha natura di reato permanente. Infatti si
legge nella decisione che:”Invero il giudice di prime
cure nel riconoscere la natura permanente del reato ha
correttamente richiamato la giurisprudenza di questa
Corte secondo la quale “poichè la contestazione del
reato permanente, per l’intrinseca natura del fatto che
enuncia, contiene già l’elemento del perdurare della
condotta antigiuridica, qualora il pubblico ministero si
sia limitato ad indicare esclusivamente la data iniziale
(o la data dell’accertamento) e non quella finale, la
permanenza -intesa come dato della realtà -deve
ritenersi compresa nell’imputazione, sicchè
l’interessato è chiamato a difendersi nel processo in
relazione ad un fatto la cui essenziale connotazione è
data dalla sua persistenza nel tempo, senza alcuna
necessità che il protrarsi della condotta criminosa
formi oggetto di contestazioni suppletive da parte del
titolare dell’azione penale” (SS. UU. n. 10121 22
ottobre 1998) ed ha anche ricordato come la medesima
giurisprudenza abbia successivamente chiarito che la
contestazione del reato permanente in forma “aperta” non
può far ricadere sull’imputato l’onere di dimostrare, a
fronte di una presunzione contraria, la cessazione
dell’illecito prima della data della condanna di primo
grado (Sez. 3 n. 10640, 15 settembre 1999).
Alla luce di tali principi egli ha
poi rilevato come risultasse pienamente provata, sulla
base del compendio probatorio acquisito, la protrazione
della condotta illecita fino alla data di cessazione
dell’attività lavorativa della dipendente adolescente”
Sentenza n.30031 del28.7.2011
Si afferma che il reato di
intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di
lavoro ha natura permanente e la permanenza si protrae
per tutto il tempo del rapporto di lavoro che il
legislatore intende proteggere.Tale conclusione è
giustificata dal fatto che il bene tutelato deve
individuarsi non tanto nella fonte del rapporto ,quanto
nello stesso rapporto ,che dal legislatore risulta
sottratto nel suo complesso ad ingerenze di terzi.
Sentenza n.2178o del 31.5.2011
Il DURC rappresenta un utile
strumento per l’osservazione delle
dinamiche del lavoro ed una forma
di contrasto al lavoro sommerso e consente il
monitoraggio dei dati e delle
attività delle imprese affidatane di appalti.
Tutto ciò non ha nulla in comune
con il governo del territorio (anche nella sua
accezione più ampia) e la
previsione dell’art. 90, 10° comma, del D.Lgs. n.
81/2008
-secondo la quale “in assenza del
documento unico di regolarità contributiva delle
imprese o dei lavoratori autonomi,
è sospesa l’efficacia del titolo abilitativo” – ha
carattere di sanzione
amministrativa ulteriore rispetto alla sanzione
amministrativa
pecuniaria comminata, per la
violazione dell’art. 90, comma 9 – lett. e), dall’art.
157,
lett. e), del medesimo D.Lgs. in
esame.
Il legislatore, dunque, non ha
inteso prevedere sanzioni penali per le omissioni
riferite alla trasmissione del DURC
e sanzioni siffatte non possono essere
surrettiziamente introdotte facendo
ricorso alla previsione dell’art. 44, 1° comma -
lett. a), del T.U. n. 380/2001.
Una norma residuale in materia di
reati edilizi ed urbanistici – quale è pacificamente
considerata quella di cui all’art.
44, 1° comma – lett. a), del D.P.R. n. 380/2001 -
risponde, infatti, all’esigenza di
evitare che vadano esenti da pena condotte di
aggressione al territorio che si
traducono nella violazione sostanziale delle norme
che prescrivono le modalità con cui
possono concretamente essere effettuate le
trasformazioni del suolo.
Nella specie, in conclusione, il
Tribunale ha correlato la sanzione penale alla
inosservanza di una normativa
prevista dalla legislazione statale e da quella
regionale non a fini urbanistici ed
in relazione ad un comportamento omissivo per il
quale, in sede propria, il
legislatore statale ha inteso comminare soltanto
sanzioni
amministrative.
Si impone, pertanto, l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata, perché
il fatto non sussiste.
Sentenza n .19688 del 27.9.2011
Sancisce che anche i
professionisti sono soggetti al prelievo fiscale
nonostante la loro struttura sia minimale. Attraverso
tale pronuncia la sezione tributaria della Cassazione ha
accolto il ricorso che l’amministrazione finanziaria ha
presentato contro la decisione della Commissione
tributaria regionale di accordare il rimborso
dell’imposta a tre professionisti perché, pur essendo
liberi professionisti, erano titolari di un assetto
organizzativo di rilievo minimale.
Con tale pronuncia la Cassazione
condivide le motivazioni poste a fondamento della
pretesa dell’Agenzia delle Entrate, la quale “lamenta la
violazione di norme di legge, poiché il giudice di
appello non considerava che i contribuenti sono dei
liberi professionisti, che perciò operano con autonoma
organizzazione e quindi non in maniera subordinata o di
collaborazione, né saltuaria od occasionale, bensì con
struttura propria, ancorché di modesta entità, tale da
costituire la base reale dell’imposizione specifica e
ciò anche prescindendo dal reddito finale”.
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