Una recente decisione del
Giudice di pace di Mercato San
Severino in tema di mediazione
che contribuisce ad arricchire
il dibattito sull’argomento. |
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Il Giudice di Pace Coordinatore —
Dott. Avv. Nicola Lombardi
Ordinanza di rinvio alla Corte di
giustizia dell'Unione europea
per la soluzione ad una questione
di interpretazione del Diritto dell'Unione pronunciata
nella causa RG n. xxxxx pendente fra
il Sig. ATTORE , rappresentato e
difeso dall'avv. Claudio Turriziani, del Foro di Bari, e
con questi domiciliato presso
l'avv. Paola Pesce, in Salerno alla Via Michelangelo
Testa n. 8
(attore),
e la CONVENUTA , rappresentata e
difesa dall'avv. Michele Arcangelo Calabrese, del Foro
di Salerno, e domiciliata presso lo studio di
quest'ultimo, in Salerno, alla Via Torrione n. 54
(convenuta).
Svolgimento del procedimento
Il Sig. ATTORE ha evocato innanzi a
questo Giudice la CONVENUTA a comparire innanzi a questo
Giudice per sentirne pronunciare la condanna al
risarcimento del danno cagionato alla sua autovettura,
nel mentre essa si trovava nello stabilimento della
convenuta, da un carrello elevatore di proprietà di
quest'ultima.
La convenuta si è costituita in
Giudizio e non ha contestato la veridicità del fatto ma
ha chiesto lo spostamento della prima udienza al fine di
consentire la chiamata in causa della Compagnia
assicurativa che la garantisce dalla responsabilità per
fatti illeciti del tipo di quello occorso.
La convenuta ha altresì affermato
che alla fattispecie dovrebbe applicarsi la disciplina
recata dal D. Lgs. n. 28/2010, in forza della quale tra
essa convenuta e la sua assicuratrice dovrebbe tenersi,
prima della proposizione della domanda di garanzia, un
tentativo di mediazione ai sensi dell'art. 5, comma I di
detto d. Lgs.. Da ciò la convenuta inferisce che questo
Giudice, nel fissare la data di svolgimento della
prossima udienza della presente causa, dovrebbe tener
conto non solo del termine a
comparire da necessariamente concedersi alla Compagnia
assicuratrice terza chiamanda per preparare le sue
difese in Giudizio, ma prim'ancora del termine (di
quattro mesi, al quale dovrebbe sommarsi il termine di
quindici giorni per il deposito in Giudizio della
lettera di convocazione del tentativo di conciliazione
più il termine forfetario da prevedersi per il rilascio
del verbale di eventuale mancato accordo da parte del
Mediatore incaricato) necessario perché si tenga il
tentativo di mediazione.
Affermato ciò, la convenuta,
ritenendo contrastante con alcuni principii del Diritto
comunitario la normativa nazionale recata dal D. Lgs. n.
28/2010 e dai suoi regolamenti attuativi, ha invitato
questo Giudice a formulare alla Corte di Giustizia
dell'Unione europea (in seguito "la Corte"), ancor prima
di fissare la prossima udienza di discussione, una
questione di interpretazione del Diritto comunitario, ai
sensi dell'art. 267, comma 1, lett. a), del Trattato sul
funzionamento dell'Unione, mirante ad ottenere una
pronuncia interpretativa del Diritto comunitario.
Alla prima udienza, tenutasi il 21
settembre 2011, questo Giudice:
— verificata la legittimazione
della convenuta alla chiamata in garanzia;
— ritenendo applicabile alla
fattispecie il D. Lgs. n. 28/2010, dal momento che il
rapporto contrattuale che lega la convenuta e la
Compagnia assicurativa chiamanda è un rapporto
assicurativo rientrante tra quelli previsti dal suo art.
5, comma l, come quelli per i quali è obbligatorio,
prima di introdurre una domanda processuale, esperire un
tentativo di mediazione;
— condividendo i dubbi della
convenuta in ordine al probabile contrasto con il
Diritto comunitario del D. Lgs. n. 28/2010 e ritenendo
necessaria una pronuncia della Corte sul punto, perché
solo con la risposta alla questione pregiudiziale sarà
possibile sciogliere il dubbio relativo al se, nel
fissare la data della prossima udienza, si possa tener
conto solo del termine a comparire di 45 giorni da
concedersi alla terza chiamanda per consentire
l'approntamento delle sue difese o si debba invece tener
conto anche del maggior termine di 4 mesi per consentire
respletamento del tentativo obbligatorio di mediazione;
ha pronunciato la presente
Ordinanza.
L La normativa nazionale.
1. Nelle sua parti di interesse par
la fattispecie, l'art. 60 della Legge italiana n.
69/2009, rubricato "Delega al Governo in materia di
mediazione e di conciliazione delle
controversie civili e commerciali",
recita:
Comma 1. 11 Governo è delegato ad
adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, uno o più decreti legislativi in
materia di mediazione e di conciliazione in ambito
civile e commerciale.
Comma 2. La riforma adottata ai
sensi del comma 1, nel rispetto e in coerenza con la
normativa comunitaria e in conformità ai principi e
criteri direttivi di cui al comma 3, realizza il
necessario coordinamento con le altre disposizioni
vigenti. (...)
Comma 3. Nell'esercizio della
delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai
seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che la mediazione,
finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto
controversie su diritti disponibili, senza precludere
l'accesso alla giustizia;
b) prevedere che la mediazione sia
svolta da organismi professionali e indipendenti,
stabilmente destinati all'erogazione del servizio di
conciliazione;
c) disciplinare la mediazione, nel
rispetto della normativa comunitaria, (...);
(1) (- -);
• (...);
(...);
11) (...);
(- ..);
1) per le controversie in
particolari materie, prevedere la facoltà del
conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti nell'albo
dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui
compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi
della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a
quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie
giudiziali;
m) prevedere che le indennità
spettanti ai conciliatori, da porre a carico delle
parti, siano stabilite, anche con atto regolamentare, in
misura maggiore per il caso in cui sia stata raggiunta
la conciliazione tra le parti;
n) prevedere il dovere
dell'avvocato di informare il cliente, prima
dell'instaurazione del giudizio, della possibilità di
avvalersi dell'istituto della conciliazione nonché di
ricorrere agli organismi di conciliazione;
-);
prevedere, nei casi in cui il
provvedimento che chiude il processo corrisponda
interamente al contenuto dell'accordo proposto in sede
di procedimento di conciliazione, che il giudice possa
escludere la ripetizione delle spese sostenute dal
vincitore che ha rifiutato l'accordo successivamente
alla proposta dello stesso, condannandolo altresì, e
nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute
dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92
e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che
possa condannare il vincitore al pagamento di
un'ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai
sensi dell'articolo 9 (L) del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;
prevedere che il procedimento di
conciliazione non possa avere una durata eccedente i
quattro mesi;
r) prevedere, nel rispetto del
codice deontologico, un regime di incompatibilità tale
da garantire la neutralità, l'indipendenza e
l'imparzialità del
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conciliatore nello svolgimento
delle sue funzioni;
s) prevedere che il verbale di
conciliazione abbia efficacia esecutiva per
l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma
specifica e costituisca titolo per l'iscrizione di
ipoteca giudiziale.
2. Il Governo italiano ha attuato
la delega con il Decreto Legislativo n. 28 dei 4 marzo
2010 che, nel suo preambolo richiama la direttiva
2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della
mediazione in materia civile e commerciale e che, nelle
parti del suo articolato di interesse per la
fattispecie, recita:
Art. 4: Accesso alla mediazione
Comma 1. La domanda di mediazione
relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è
presentata mediante deposito di un'istanza presso un
organismo. In caso di più domande relative alla stessa
controversia, la mediazione si svolge davanti
all'organismo presso il quale è stata presentata la
prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si
ha riguardo alla data della ricezione della
comunicazione.
Comma 2. (...). Comma 3. (...).
Art. 5 Condizione di procedibilità
e rapporti con il processo
Comma 1. Chi intende esercitare in
giudizio un'azione relativa ad una controversia in
materia di condominio, diritti reali, divisione,
successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione,
comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno
derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da
responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo
della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti
assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto
preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione
ai sensi del presente decreto (...). L'esperimento del
procedimento di mediazione è condizione di procedibilità
della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere
eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata
d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il
giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma
non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la
scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso
modo provvede quando la mediazione non è stata esperita,
assegnando contestualmente alle parti il termine di
quindici giorni per la presentazione della domanda di
mediazione. (...).
Comma 2. Fermo quanto previsto dal
comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il
giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata
la natura della causa, lo stato dell'istruzione e il
comportamento delle parti, può invitare le stesse a
procedere alla mediazione. L'invito deve essere rivolto
alle parti prima dell'udienza di precisazione delle
conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista,
prima della discussione della causa. Se le parti
aderiscono all'invito, il giudice fissa la successiva
udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo
6 e, quando la mediazione non è già stata avviata,
assegna contestualmente alle parti il termine di
quindici giorni per la presentazione della domanda di
mediazione.
Comma 3. (...).
Comma 4. (...). Comma 5. (...).
Comma 6. Dal momento della
comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione
produce sulla prescrizione gli effetti della domanda
giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione
impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se
il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere
proposta entro il medesimo termine di decadenza,
decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo
11 presso la segreteria dell'organismo.
Art. 6 Durata
Comma 1. Il procedimento di
mediazione ha una durata non superiore a quattro mesi.
Comma 2. li termine di cui al comma
l decorre dalla data di deposito della domanda di
mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal
giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi
in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi
del quarto o del quinto periodo del comma I
dell'articolo 5, non è soggetto a sospensione feriale.
Art. 8 Procedimento
Comma 1. All'atto della
presentazione della domanda di mediazione, il
responsabile dell'organismo designa un mediatore e fissa
il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni
dal deposito della domanda. La domanda e la data del
primo incontro sono comunicate all'altra parte con ogni
mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura
della parte istante. Nelle controversie che richiedono
specifiche competenze tecniche, l'organismo può nominare
uno o più mediatori ausiliari.
Comma 2. (...). Comma 3. (...).
Comma 4. Quando non può procedere
ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore può
avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti
presso i tribunali. Il regolamento di procedura
dell'organismo deve prevedere le modalità di calcolo e
liquidazione dei compensi spettanti agii esperti.
Comma 5. Dalla mancata
partecipazione senza giustificato motivo al procedimento
di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova
nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116,
secondo comma, del codice di procedura civile. Il
giudice condanna la parte costituita che, nei casi
previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al
procedimento senza giustificato motivo, al versamento
all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di
importo corrispondente al contributo unificato dovuto
per il giudizio.
Art. 10 Inutilizzabilità e segreto
professionale
Comma 1. Le dichiarazioni rese o le
informazioni acquisite nel corso del procedimento di
mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio
avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato,
riassunto o proseguito dopo l'insuccesso della
mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o
dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto
delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa
prova testimoniale e non può essere deferito giuramento
decisorio.
Comma 2. 11 mediatore non può
essere tenuto a deporre sul contenuto delle
dichiarazioni rese e delle
informazioni acquisite nel procedimento di mediazione,
né davanti all'autorità giudiziaria né davanti ad altra
autorità. (...).
Art. 11 Conciliazione
Comma 1. Se è raggiunto un accordo
amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale
è allegato il testo dell'accordo medesimo. Quando
l'accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare
una proposta di conciliazione. In ogni caso, il
mediatore formula una proposta di conciliazione se le
parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque
momento del procedimento. Prima della formulazione della
proposta, il mediatore informa le parti delle possibili
conseguenze di cui all'articolo 13.
Comma 2. La proposta di
conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le
parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed
entro sette giorni, l'accettazione o il rifiuto della
proposta. In mancanza di risposta nel termine, la
proposta si ha per rifiutata. Salvo diverso accordo
delle parti, la proposta non può contenere alcun
riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni
acquisite nel corso del procedimento.
Comrna 3. (...).
Comma 4. Se la conciliazione non
riesce, il mediatore forma processo verbale con
l'indicazione della proposta; il verbale è sottoscritto
dalle parti e dal mediatore, il quale certifica
l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro
impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il
mediatore dà atto della mancata partecipazione di una
delle parti al procedimento di mediazione.
Comma 5. 11 processo verbale è
depositato presso la segreteria dell'organismo e di esso
è rilasciata copia alle parti che lo richiedono.
Art. 13 Spese processuali
Comma 1. Quando il provvedimento
che definisce il giudizio corrisponde interamente al
contenuto della proposta, il giudice esclude la
ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice
che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo
successivo alla formulazione della stessa, e la condanna
al rimborso delle spese sostenute dalla parte
soccombente relative allo stesso periodo, nonché al
versamento all'entrata del bilancio dello Stato di
un'ulteriore somma di importo corrispondente al
contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità
degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile.
Le disposizioni di cui al presente comma si applicano
altresì alle spese per l'indennità corrisposta al
mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui
all'articolo 8, comma 4.
Comma 2. Quando il provvedimento
che definisce il giudizio non corrisponde interamente al
contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi
ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la
ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice
per l'indennità corrisposta al mediatore e per il
compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma
4.
Comma 3. Comma 4. (...).
Art. 16 Organismi di mediazione e
registro. Elenco dei formatori Comma 1. Gli enti
pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed
efficienza, sono abilitati a costituire organismi
deputati, su istanza della parte interessata, a gestire
il procedimento di mediazione nelle materie di cui
all'articolo 2 del presente decreto. Gli organismi
devono essere iscritti nel registro.
Comma 2. La formazione del registro
e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la
cancellazione degli iscritti, l'istituzione di separate
sezioni del registro per la trattazione degli affari che
richiedono specifiche competenze anche in materia di
consumo e internazionali, nonché la determinazione delle
indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con
appositi decreti del Ministro della giustizia, di
concerto, relativamente alla materia del consumo, con il
Ministro dello sviluppo economico. (...).
Comma 3. (...). Comma 4. (...).
Comma 5. (...). Comma 6. (...).
Art. 17 Risorse, regime tributario
e indennità Comma 1. (...).
Comma 2. Tutti gli atti, documenti
e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione
sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa
o diritto di qualsiasi specie e natura.
Comma 3. Il verbale di accordo è
esente dall'imposta di registro entro il limite di
valore di 50.000 euro, altrimenti l'imposta è dovuta per
la parte eccedente.
Comma 4. Con il decreto di cui
all'articolo 16, comma 2, sono determinati:
a) l'ammontare minimo e massimo
delle indennità spettanti agli organismi pubblici, il
criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra le
parti;
b) i criteri per l'approvazione
delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi
costituiti da enti privati;
c) le maggiorazioni massime delle
indennità dovute, non superiori al venticinque per
cento, nell'ipotesi di successo della mediazione;
d) le riduzioni minime delle
indennità dovute nelle ipotesi in cui la mediazione è
condizione di procedibilità ai sensi dell'articolo 5,
comma 1.
Comma 5. (...). Comma 6. (...).
Comma 7. (...). Comma 8. (...). Comma 9. (...).
3. In via regolamentare, il Governo
italiano ha emanato il decreto ministeriale n. 180 del
18 ottobre 2010, recentemente
novellato dal decreto ministeriale n. 145 del 6 luglio
2011. Nelle parti di interesse per
la fattispecie il decreto n. 180/2010, come modificato
dal decreto n. 145/2011, recita.
Art. 16 Criteri di determinazione
dell'indennità
Comma 1. L'indennità comprende le
spese di avvio del procedimento e le spese di
mediazione.
Comma 2. Per le spese di avvio, a
valere sull'indennità complessiva, è dovuto da ciascuna
parte un importo di euro 40,00 che è versato
dall'istante al momento del deposito della domanda di
mediazione e dalla parte chiamata alla mediazione al
momento della sua adesione al procedimento.
Comma 3. Per le spese di mediazione
è dovuto da ciascuna parte l'importo indicato nella
tabella A allegata al presente decreto.
Comma 4. L'importo massimo delle
spese di mediazione per ciascun scaglione di
riferimento, come determinato a norma della medesima
tabella A:
a) può essere aumentato in misura
non superiore a un quinto tenuto conto della particolare
importanza, complessità o difficoltà dell'affare;
b) deve essere aumentato in misura
non superiore a un quarto in caso di successo della
mediazione;
c) deve essere aumentato di un
quinto nel caso di formulazione della proposta ai sensi
dell'articolo 11 del decreto legislativo;
d) nelle materie di cui
all'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo, deve
essere ridotto di un terzo per i primi sei scaglioni, e
della metà per i restanti, salva la riduzione prevista
dalla lettera e) del presente comma, e non si applica
alcun altro aumento tra quelli previsti dal presente
articolo a eccezione di quello previsto dalla lettera b)
del presente comma;
e) deve essere ridotto a euro
quaranta per il primo scaglione e ad euro cinquanta per
tutti gli altri scaglioni, ferma restando l'applicazione
della lettera e) del presente comma quando nessuna delle
controparti di quella che ha introdotto la mediazione,
partecipa al procedimento.
Comma 5. Si considerano importi
minimi quelli dovuti come massimi per il valore della
lite ricompreso nello scaglione immediatamente
precedente a quello effettivamente applicabile;
l'importo minimo relativo al primo scaglione è
liberamente determinato.
Comma 6. Gli importi dovuti per il
singolo scaglione non si sommano in nessun caso tra
loro.
Comma 7. Il valore della lite è
indicato nella domanda di mediazione a norma del codice
di procedura civile.
Comma 8. Qualora il valore risulti
indeterminato, indeterminabile, o vi sia una notevole
divergenza tra le parti sulla stima, l'organismo decide
il valore di riferimento, sino al limite di euro
250.000, e lo comunica alle parti. In ogni caso, se
all'esito del procedimento di mediazione il valore
risulta diverso, l'importo dell'indennità è dovuto
secondo il corrispondente scaglione di riferimento.
Comma 9. Le spese di mediazione
sono corrisposte prima dell'inizio del primo incontro di
mediazione in misura non inferiore alla metà. Il
regolamento di procedura dell'organismo può prevedere
che le indennità debbano essere corrisposte per intero
prima del rilascio del verbale di accordo di cui
all'articolo 11 del decreto legislativo. In ogni caso,
nelle ipotesi di cui all'articolo 5, comma 1, del
decreto legislativo, l'organismo e il mediatore non
possono rifiutarsi di svolgere la mediazione.
Comma 10. Le spese di mediazione
comprendono anche l'onorario del mediatore per l'intero
procedimento di mediazione, indipendentemente dal nu-
mero di incontri svolti. Esse
rimangono fisse anche nel caso di mutamento del
mediatore nel corso del procedimento ovvero di nomina di
un collegio di mediatori, di nomina dì uno o più
mediatori ausiliari, ovvero di nomina di un diverso
mediatore per la formulazione della proposta ai sensi
dell'articolo 11 del decreto legislativo.
Comma 11. Le spese di mediazione
indicate sono dovute in solido da ciascuna parte che ha
aderito al procedimento.
Comma 12. Ai fini della
corresponsione dell'indennità, quando più soggetti
rappresentano un unico centro d'interessi si considerano
come un'unica parte.
Comma 13. Gli organismi diversi da
quelli costituiti dagli enti di diritto pubblico interno
stabiliscono gli importi di cui al comma 3, ma restano
fermi gli importi fissati dal comma 4, lettera d), per
le materie di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto
legislativo. Resta altresì ferma ogni altra disposizione
di cui al presente articolo.
Comma 14. Gli importi minimi delle
indennità per ciascun scaglione di riferimento, come
determinati a norma della tabella A allegata al presente
decreto, sono derogabili.
Tabella A (articolo 16, comma 4,
decreto ministeriale n. 180 del 18 ottobre 2010)
Valore della lite Spesa (per
ciascuna parte)
Fino a € 1.000 65
Da€ 1.001 a € 5.000 130
Da € 5.001 a€ 10.000 240
Da€ 10.001 a E 25.000 C 360
Da € 25.001 a € 50.000 € 600
Da € 50.001 a€ 250.000 1.000
Da E 250.001 a € 500.000 € 2.000
Da € 500.001 a e 2.500.000 € 3.800
Da € 2.500.001 a E 5.000.000 C
5.200
Oltre € 5.000.00 € 9.200
II. Il contesto normativo
sovranazionale e la Giurisprudenza della Corte.
4. La convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in
prosieguo: "la CEDU") intitola al «Diritto a un equo
processo» suo art. 6, n. 1, che recita:
«Ogni persona ha diritto a che la
sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed
entro un termine ragionevole da un tribunale
indipendente e imparziale, costituito per legge, il
quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui
suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla
fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi
confronti (...)».
Il successivo art. 13, intitolato
«Diritto a un ricorso effettivo», recita:
«Ogni persona i cui diritti e le
cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione
siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo
davanti a un'istanza nazionale, anche quando la
violazione sia stata commessa da persone che agiscono
nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali.».
5. L'art. 47 della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a
Nizza il 7 dicembre 2000, come adattata a Strasburgo il
12 dicembre 2007, intitolato «Diritto a un ricorso
effettivo e a un giudice imparziale», recita:
«Ogni persona i cui diritti e le
cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano
stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi
a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel
presente articolo.
Ogni persona ha diritto a che la
sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed
entro un termine ragionevole da un giudice indipendente
e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha
la facoltà di farsi consigliare, difendere e
rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi
sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello
Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un
accesso effettivo alla giustizia».
6. La Direttiva 2008/52/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008,
relativa a determinati aspetti della mediazione in
materia civile e commerciale, richiamata nel preambolo
del D. Lgs. n. 28/2010:
— al suo quattordicesimo
Considerando, proclama che essa dovrebbe fare salva,
— e al suo art. 5, paragrafo 2,
lascia impregiudicate,
le norme nazionali che rendono il
ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto ad
incentivi o sanzioni, purché tali norme non impediscano
alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al
sistema giudiziario.
7. La medesima Direttiva, al suo
ventisettesimo Considerando, afferma di tener conto dei
principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea e poi, al suo
art. 1, paragrafo 1, garantisce un'equilibrata relazione
tra mediazione e procedimento giurisdizionale. Inoltre,
all'art. 3, lett. a), definisce la mediazione come un
procedimento nel quale «... due o più parti di una
controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di
raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima
con l'assistenza di un mediatore», ed ai precedenti
Considerando nn. 10 e 13 ribadisce il carattere
volontaristico della mediazione precisando che esso va
inteso «... nel senso che le parti gestiscono esse
stesse il procedimento e possono organizzarlo come
desiderano e porvi fine in qualsiasi momento».
8. La Giurisprudenza comunitaria
pronunciatasi, anche successivamente all'entrata in
vigore della Direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio del 21 maggio 2008, sull'interpretazione
del principio della tutela giurisdizionale effettiva
rispetto ad una normativa nazionale che prevede un
tentativo obbligatorio di conciliazione extragiudiziale
come condizione di procedibilità dei ricorsi
giurisdizionali in talune controversie (Sentenza della
Corte del 18 marzo 2010, procedimenti riuniti C-317/08,
C-318/08, C-319/08 e C-320/08; si trattava di normativa
nazionale italiana settoriale, perché mirante a
disciplinare esclusivamente le controversie in materia
di comunicazioni elettroniche tra utenti e operatori,
derivanti dal mancato rispetto delle disposizioni
relative al servizio universale e ai diritti degli
utenti), ha ribadito che esso è un principio generale
del diritto dell'Unione che deriva dalle tradizioni
costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato
sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU, oltre ad essere
stato ribadito anche dall'art. 47 della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, e lo ha
definito (al numero 48) come quello in forza del quale
«... le modalità procedurali dei ricorsi intesi a
garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in
forza del diritto dell'Unione non devono (...) rendere
praticamente impossibile o eccessivamente difficile
l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento
giuridico dell'Unione».
9. Ai numeri da 52 a 66 detta
Sentenza ha affrontato il tema della compatibilità con
il principio della tutela giurisdizionale effettiva,
così appena definito, della normativa nazionale
settoriale posta al vaglio di quella questione
pregiudiziale. Per giungere alla conclusione della
compatibilità di quella normativa nazionale con il
principio della tutela giurisdizionale effettiva, la
Sentenza della Corte del 18 marzo 2010 ha constatato:
— al numero 54, che il risultato
della procedura di conciliazione prevista dalle norme
italiane oggetto di quella questione "non incideva" sul
diritto delle parti ad un ricorso giurisdizionale;
— al numero 55, che quella
procedura di conciliazione non comportava un "ritardo
sostanziale" nella proposizione di un ricorso
giurisdizionale, espressamente riferendosi alla durata,
di soli trenta giorni dalla presentazione della domanda
di conciliazione, prevista da quella normativa nazionale
come durata massima al decorrere della quale le parti
avrebbero potuto proporre un ricorso giurisdizionale
"anche ove la procedura non [fosse] stata conclusa"
(quindi senza la necessità di realizzare altre
formalità);
— e al numero 57, che i costi di
quella procedura di conciliazione erano "inesistenti".
III. Considerazioni.
10. Questo giudice intende chiedere
alla Corte se il Diritto dell'Unione, ed in particolare
se il principio di tutela giurisdizionale effettiva come
definito ed interpretato dalla Sentenza della Corte del
18 marzo 2010 pronunciata nelle cause riunite C-317/08,
C-318/08, C-319/08 e C-320/08, osti a che venga
introdotta, in uno degli Stati membri dell'Unione, una
disciplina della mediazione obbligatoria come quella
dettata dal D. Lgs. n. 28/2010. La quale, com'è evidente
dal testo dell'art. 5, comma 1 del D. Lgs. e a
differenza della normativa italiana scrutinata nella
fattispecie che ha condotto alla pronuncia di quella
Sentenza, non è "normativa settoriale", bensì si applica
a materie molto disparate e di generalizzato interesse
(condominio, diritti reali, divisione, successioni
ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato,
affitto di aziende, risarcimento del danno derivante
dalla circolazione di veicoli e natanti, da
responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo
della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti
assicurativi, bancari e finanziari).
A) Quanto alla potenziale incidenza
di alcune norme del D. Lgs. n. 28/2010 sul diritto ad un
ricorso giurisdizionale, e quanto alla potenziale
violazione della garanzia di un'equilibrata relazione
tra mediazione e procedimento giudiziario.
11. Come visto, il D. Lgs. n.
28/2010 prevede sanzioni di carattere processuale per il
caso che la parte, senza giustificato motivo, si rifiuti
di prendere parte al procedimento di mediazione, nonché
sanzioni economiche qualora rifiuti una proposta del
Mediatore che poi si riveli, in Giudizio, congrua o
quasi.
12. Le sanzioni processuali (art.
8, comma 5) consistono nella possibilità, per il Giudice
successivamente investito della controversia, di trarre
argomenti di prova, ai sensi dell'art. 116, comma 2, del
codice di procedura civile ("c.p.c."), dalla mancata
partecipazione al procedimento di mediazione. Tale
ultima norma effettivamente prevede il potere del
giudice di desumere argomenti di prova dalle risposte
che le parti gli danno in sede di interrogatorio non
formale, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le
ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal
contegno delle parti
stesse nel processo. Tuttavia, tale
norma del c.p.c. si riferisce al contegno tenuto dalle
parti nel processo, quando cioè esso è "già iniziato".
Al contrario, l'art. 8, comma 5, del D. Lgs. n. 28/2010
anticipa la sanzione istruttoria (consistente nella
possibilità di trarre argomenti di prova, evidentemente
"a carico" della parte che diserta il tentativo di
mediazione) ad un momento precedente la fase
processuale, quando cioè ogni parte può avere interesse
— tanto più in un processo c.d. "a preclusioni di thema
decidendum ed istruttorie" qual è diventato il processo
civile italiano con le ultime riforme — a non "scoprire"
in anticipo le sue carte (si pensi ad un caso in cui la
partecipazione al procedimento di mediazione avrebbe il
sicuro effetto di far scoprire, in anticipo rispetto al
processo, una prova documentale decisiva per il
Giudizio: in un siffatto caso la parte si troverà di
fronte all'alternativa di non partecipare alla
mediazione per non "scoprire" in anticipo le sue prove
epperò rischiando la sanzione istruttoria oppure
parteciparvi perdendo così il vantaggio che può
derivarle dalla prova disvelata nel corso della
mediazione).
13. Le sanzioni economiche sono
previste dai primi due commi dell'art. 13 del D. Lgs. n.
28/2010, nei quali si contempla l'obbligo, a carico del
giudice:
— di escludere la ripetizione delle
spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato la
proposta, riferibili al periodo successivo alla
formulazione della stessa; di condannare il vincitore a
rimborsare al soccombente le spese da questi sostenute
relative al periodo successivo alla formulazione della
proposta;
— di condannare ancora il vincitore
a versare allo Stato per la seconda volta contributo
unificato già versato una prima volta al momento
dell'introduzione della causa (art. 13, comma 1);
e la facoltà di escludere la
ripetizione delle spese sostenute dal vincitore per
l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso
dovuto all'esperto, persino per il caso che la Sentenza
che definisce il giudizio non corrisponda interamente
alla proposta ma di poco se ne discosti (art. 13, comma
2).
Altra sanzione economica è quella
recentissima introdotta al comma 5 dell'art. 8 del D.
Lgs. N. 28/2010 ad opera dell'art. 2, comma 35-sexies
della Legge 14 settembre 2011 n. 148, che contempla
l'obbligo, per il Giudice, di condannare la parte
costituita che non abbia partecipato al procedimento di
mediazione senza giustificato motivo
14. Il comma I dell'art. 11 del D.
Lgs. n. 28/2010 attribuisce al Mediatore la facoltà
(«... il mediatore può») di formulare una proposta
conciliativa persino «... quando l'accordo non è
raggiunto», informando le parti delle possibili
conseguenze di cui al
successivo art. 13.11 successivo
comma 4, disponendo che «[s]e la conciliazione non
riesce, il mediatore forma processo verbale con
l'indicazione della proposta», sembra trasformare la
facoltà in obbligo. Al di là dell'antinomia sussistente
tra la "facoltà" di cui al comma 1 e il "dovere" di cui
al comma 4, le due norme, rispettivamente, consentono o
impongono una forte ingerenza del Mediatore nella
volontà della parte non disposta a conciliare: poter o
dover formulare una proposta anche in caso di
indisponibilità a conciliare (indisponibilità dichiarata
expressis verbis al Mediatore o anche solo
implicitamente dedotta, per esempio, dalla mancata
partecipazione alla procedura) significa davvero esporre
puramente e semplicemente la parte all'applicazione
delle sanzioni previste dall'art. 13 del D. Lgs. n.
28/2010, che non potrebbero invece applicarsi in caso di
mancata formulazione della proposta perché, ovviamente,
mancherebbe la possibilità di verificare se sussista la
corrispondenza (richiesta dal comma l dell'art. 13 del
D. Lgs. n. 28/2010 come presupposto di applicabilità
della norma sanzionatoria) tra la Sentenza che ha
definito il Giudizio ed il contenuto della proposta. A
fronte dell'eventualità, o della certezza, che il
Mediatore formuli una proposta anche quando l'accordo
non è raggiunto, la parte, dunque, potrebbe essere
indotta ad accordarsi comunque, senza poter "trovare
rifugio" nemmeno nella "non partecipazione alla
procedura".
15. L'art. 3, lett. a), della
Direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 21 maggio 2008, all'opposto, definisce la
Mediazione come un procedimento «... dove due o più
parti di una controversia tentano esse stesse, su base
volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione
della medesima con l'assistenza di un mediatore»; i
Considerando nn. 10 e 13 confermano il carattere
volontaristico della procedura, facendo anch'essi
riferimento al ruolo di mera assistenza del Mediatore ed
al dominio delle parti sull'organizzazione del
procedimento e sulla possibilità di «... porvi fine in
qualsiasi momento».
16. Inoltre, e come visto supra, la
Corte ha precisato, al n. 54 della Sentenza del 18 marzo
2010, che per non contrastare con il principio della
tutela giurisdizionale effettiva le norme nazionali
disciplinanti le procedure di mediazione obbligatoria
non devono incidere, nel senso di renderlo
particolarmente difficile, sul diritto delle parti ad un
ricorso giurisdizionale.
17. Orbene, questo giudice teme
invece che le richiamate disposizioni del D. Lgs. n.
28/2010, da un lato, incidano sul diritto delle parti ad
un ricorso giurisdizionale,
fino al punto di renderlo
eccessivamente difficile, e dall'altro, si pongano in
contrasto con la definizione stessa di mediazione data
dall'art. 3, lett. a), e con il principio volontaristico
attribuitole dai Considerando nn. 10 e 13 della
Direttiva 2008/52/CE oltreché con la statuizione di cui
all'art. 1, paragrafo 1, della medesima Direttiva,
secondo il quale deve essere garantita l'equilibrata
relazione tra la fase di mediazione e quella
giurisdizionale del processo. A fronte delle sanzioni
previste dagli artt. 8, comma 5, e 13, commi 1 e 2, del
D. Lgs. n. 28/2010, e a fronte della possibilità che
dette sanzioni si applichino anche in caso di mancata
partecipazione alla procedura di mediazione, infatti,
non è irragionevole ipotizzare che la parte, nel
decidere se partecipare o meno ad una procedura di
mediazione e se accettare o meno la proposta
conciliativa, sarà fortemente influenzata.
B) Quanto al "ritardo sostanziale"
che l'obbligatorio esperimento della procedura di
mediazione è idoneo a comportare nel proposizione
dell'azione in Giudizio e quanto alla necessità di
ottenere un provvedimento del Mediatore prima di poter
esperire l'azione.
18. Nella normativa nazionale
scrutinata nelle cause riunite C-317/08, C-318/08,
C-319108 e C-320/08, che hanno condotto alla pronuncia
della Sentenza della Corte del 18 marzo 2010, è previsto
che il tentativo di conciliazione duri non oltre trenta
giorni e che, decorso tale termine, la parte possa
introdurre la causa innanzi al Giudice anche ove la
procedura di conciliazione non sia conclusa (senza
dunque dover attendere la formazione di un verbale di
mancata conciliazione da dover necessariamente produrre
nell'introducendo Giudizio per dimostrare l'avvenuto
esperimento, ancorché vano, del tentativo obbligatorio
di conciliazione).
19. Per il D. Lgs. n. 28/2010, al
contrario, il termine entro cui deve concludersi il
tentativo di mediazione può arrivare fino a quattro mesi
(art. 6, comma 1), ed è verosimile pensare che tale
ultimo termine sarà quello che, nei diversi regolamenti
degli Organismi di mediazione, verrà sempre previsto per
il termine della procedura. È inoltre previsto che, per
le ipotesi di fallita mediazione, l'azione sarà
proponibile solo dopo che il Mediatore avrà formato
processo verbale con l'indicazione della proposta
rifiutata (art. 11, comma 4); tale verbale sarà
acquisibile in copia dalle parti interessate presso la
Segreteria dell'Organismo di mediazione (art. 11, comma
5) ed è verosimile pensare che, solo una volta acquisita
la copia di detto verbale, la procedura di mediazione
potrà dirsi conclusa e la parte interessata potrà adire
il Giudice.
20. Rispetto alla normativa
nazionale scrutinata nelle cause riunite C-317/08, C-3
18/08, C-319/08 e C-320/08, dunque, il termine di durata
della procedura è quattro volte maggiore. Inoltre, la
necessità — prima di, e per poter, introdurre l'azione
in Giudizio — di attendere la formazione, ad opera del
Mediatore, del verbale di mancata conciliazione e il suo
deposito nella Segreteria dell'Organismo, fa pensare che
il termine da attendere in concreto per poter adire il
Giudice sarà anche maggiore dei quattro mesi
ordinariamente previsti. Infatti, un eventuale ritardo
nella formazione, ad opera del Mediatore, del verbale di
fallita conciliazione (ritardo che potrà essere frutto,
anche solo semplicemente, del probabile elevato carico
di lavoro al quale andranno incontro gli Organismi di
mediazione quando la normativa sarà entrata a regime), o
un eventuale ritardo nel suo deposito nella Segreteria
dell'Organismo o nel rilascio della sua copia ad opera
di detta Segreteria, farà sì che l'azione in Giudizio
potrà essere introdotta solo dopo ben più di quattro
mesi dall'inizio dell'esperimento della procedura
conciliativa.
21 Ma c'è di più: c'è che, dovendo
la normativa in materia di mediazione obbligatoria
realizzare «.. il necessario coordinamento con le altre
disposizioni vigenti» (art. 60, comma 2, della Legge
delega n. 69/2009), e vigendo, nell'Ordinamento
giuridico italiano, disposizioni in forza delle quali
può esser necessario introdurre, nel corso di un
medesimo Giudizio, domande processuali ulteriori
rispetto a quella iniziale, ben potrebbe capitare che si
riveli necessario esperire più di un tentativo di
mediazione. In tutti i casi di introduzione, nel
Giudizio già iniziato, di "domande nuove e connesse,
anche solo soggettivamente, a quella principale"
rientranti nell'ambito di applicazione della disciplina
di cui al D. Lgs. n. 28/2010, infatti, sarà giocoforza
far precedere ciascuna di tali domande dal tentativo di
mediazione. Si pensi: ad una domanda riconvenzionale
presentata dal convenuto; ad una reconventio
reconventionis dell'attore; ad un intervento autonomo
dei terzi (art. 105, comma 1, c.p.c.); ad una chiamata
del terzo ad opera di una delle parti e, ove vi sia
proposizione di una nuova domanda, anche alla chiamata
iussu iudicis. In tutti questi casi il Giudizio dovrà
necessariamente sopportare il ritardo necessario
all'esperimento del tentativo di mediazione. Se poi, in
un medesimo Giudizio già iniziato, le domande nuove
rientranti nell'ambito di applicazione del D. Lgs. n.
28/2010 fossero — come nulla vieta o impedisce che siano
— più d'una, ben si comprende come il ritardo di quattro
mesi e più nello svolgimento del Giudizio si ripeterebbe
per ciascuna di tale domanda nuova, con enorme
allungamento dei tempi di definizione della controversia
giurisdizionale.
22. A questo Giudice sembra
opportuno richiedere alla Corte di giustizia dell'Unione
europea se il Diritto comunitario e segnatamente il
principio di tutela giurisdizionale effettiva ostino o
meno ad una normativa nazionale che, come quella recata
dal D. Lgs. n. 28/2010 e dai suoi provvedimenti
applicativi, preveda un termine di svolgimento del
procedimento di mediazione che possa arrivare fino a
quattro mesi e che non è escluso che possa doversi
moltiplicare tante volte quante siano le domande nuove
legittimamente proposte nel corso del Giudizio nel
frattempo iniziato.
C) Quanto ai costi della procedura
di mediazione obbligatoria.
23. I. costi del processo civile
italiano sono quelli elencati dall'art. 13 dal Testo
unico in materia di spese di giustizia approvato con il
Decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio
2002, n. 115. Solo la parte che introduce la domanda è
tenuta a versare un'imposta, denominata "contributo
unificato", progressivamente crescente in proporzione al
valore della controversia.
24. 1 costi della mediazione sono
invece stabiliti dall'art. 16 del decreto ministeriale
n. 180/2010; gli importi dovuti da ciascuna parte sono
quelli recati dalla tabella riportata a pagina 9 di
questa ordinanza. Per le materie per le quali è
contemplata l'obbligatorietà del tentativo, la lettera
d) del comma 4 del citato art. 16 prevede ora, dopo le
modifiche apportate dal decreto ministeriale n.
145/2011, che quegli importi debbano essere ridotti di
un terzo per i primi sei scaglioni e della metà per i
restanti. Anche applicando tali riduzioni è giocoforza
constatare che i costi della mediazione obbligatoria,
lungi dal poter essere ritenuti "inesistenti" o anche
solo "non ingenti" (come la Sentenza della Corte del 18
marzo 2010 ha statuito che debbano essere i costi di una
procedura di mediazione), sono — considerato anche che
essi saranno dovuti da ciascuna parte — almeno
all'incirca doppi rispetto a quelli del processo
giurisdizionale di pari valore, ma la sproporzione
aumenta esponenzialmente con l'aumentare del valore
della controversia (in qualche caso il costo della
mediazione potrà arrivare ad essere più che sestuplo
rispetto al costo del processo giurisdizionale: si pensi
a cause del valore di più di € 5.000.000). Qui di
seguito si riportano le due tabelle (con le due colonne
dei costi affiancate per agevolare il confronto); nella
colonna della indennità di mediazione obbligatoria sono
indicati gli importi già ridotti di un terzo (i primi
sei) e della metà (i restanti quattro) come prevede la
lettera d) del comma 4 dell'art. 16 del decreto
ministeriale n. 180/2010 e — considerato che dovrà
versarli ciascuna parte — già moltiplicati per due. Gli
scaglioni di valore previsti per il contributo unificato
non
sono perfettamente coincidenti con
quelli previsti per l'indennità di mediazione, ma il
confronto, pur con qualche approssimazione, è possibile.
Contributo Indennità
Scaglioni di valore unificato
complessiva Scaglioni di valore della lite
della lite previsti per il DPR n di
previsti sti per la mediazione
processo civile 115/2002 mediazione
obbligatoria
37 C 87 Fino a C 1.000
€ 85 E 173 Da E 1.001 a C 5.000
E 206 E 320 Da C 5.001 a E 10.000
E 450 e 480 Da C 10.001 a C 25.000
C 660 € 800 Da C 25.001 a € 50.000
E 1.056 C 1.333 Da E 50.001 a E
250.000
C 1.466 C 2.000 Da E 250.001 a C
500.000
E 3.800 Da E 500.001 a C 2.500.000
Da E 2.500.001 a E
C 5.200 5.000.000
E 9.200 Oltre E 5.000.000
25. I costi della procedura,
peraltro, potrebbero crescere esponenzialmente se si
riveli necessaria la nomina di un esperto che aiuti il
Mediatore in controversie che richiedono specifiche
competenze tecniche (e, tra quelle previste al comma l
dell'art. 5 del D. Lgs. n. 28/2010, molte sono le
controversie nelle quali è verosimile pensare che il
Mediatore dovrà avvalersi di un esperto: si pensi alle
controversie involgenti la materia del risarcimento del
danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti
o derivante da responsabilità medica, e poi si pensi
alle onnicomprensive materie dei contratti assicurativi,
bancari e finanziari, nelle quali la nomina di un
esperto è pressoché obbligata). Si badi altresì che,
stanti le inutilizzabilità contemplate dall'art. 10 ed
il divieto previsto dall'art. 11, comma 2, ultima frase,
del D. L,gs. n. 28/2010, di tali consulenze tecniche non
si potrà fare uso (né probatorio né ausiliativo del
giudice)
nel corso del successivo Giudizio,
nel quale si rivelerà necessario quindi ripetere la
medesima consulenza, con ulteriore duplicazione dei
costi.
26. A questo giudice sembra
necessario chiedere alla Corte di giustizia dell'Unione
europea se, in punto di costi della procedura, il
Diritto comunitario e segnatamente il principio di
effettività ed il principio di tutela giurisdizionale
effettiva, siccome interpretati dalla sentenza del 18
marzo 2010 pronunciata nelle cause riunite C-317/08,
C-318/08, C-319/08 e C-320/08, ostino o meno ad una
normativa che, come quella recata dal D. Lgs. n. 28/2010
e dai suoi provvedimenti applicativi, preveda che i
costi della procedura di mediazione obbligatoria possano
raggiungere importi ben maggiori di quelli previsti per
il procedimento giurisdizionale e possano contemplare
oneri aggiuntivi, non previamente quantificabili,
costituiti da quelli per la retribuzione di esperti che
coadiuvino il Mediatore nelle controversie che
richiedono specifiche competenze tecniche.
IV. Domanda di pronuncia
pregiudiziale; sospensione del processo.
27. Per questi motivi, il Giudice
di pace di Mercato San Severino:
a) visti gli artt. 19, n. 3, lett.
b), del Trattato sull'Unione europea e 267, paragrafo 1,
lett. a), del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, domanda alla Corte di giustizia di pronunciarsi
sulle seguenti questioni:
«Se gli arti. 6 e 13 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali, l'art. 47 della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 come adattata a
Strasburgo il 12 dicembre 2007, la Direttiva 2008/52/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio
2008 relativa a determinati aspetti della mediazione in
materia civile e commerciale, il principio generale del
Diritto dell'Unione di tutela giurisdizionale effettiva
ed, in generale, il Diritto dell'Unione nel suo
complesso ostino a che venga introdotta in uno degli
Stati membri dell'Unione europea una normativa come
quella recata, in Italia, dal D. Lgs. n. 28/2010 e dal
decreto ministeriale n. 180/2010, come modificato dal
decreto ministeriale n. 145/2011, secondo la quale:
il giudice può desumere, nel
successivo giudizio, argomenti di prova a carico della
parte che ha mancato di partecipare, senza giustificato
motivo, ad un procedimento di mediazione obbligatoria;
- giudice deve escludere la
ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice
che ha rifiutato una proposta di conciliazione,
riferibili al periodo successivo alla formulazione della
stessa, e deve condannarla al rimborso delle spese
sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso
periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio
dello Stato di un'ulteriore somma di importo
corrispondente a quella già versata per l'imposta dovuta
(contributo unificato), se la Sentenza con la quale
definisce la causa intentata dopo la formulazione della
proposta rifiutata corrisponda interamente al contenuto
della proposta stessa;
- giudice, ricorrendo gravi ed
eccezionali ragioni, può escludere la ripeti-
zione delle spese sostenute dalla
parte vincitrice per l'indennità corrisposta al
mediatore e per il compenso dovuto all'esperto, anche se
il provvedimento che definisce il giudizio non
corrisponda interamente al contenuto della proposta;
- il giudice deve condannare, al
versamento all'entrata del Bilancio dello
Stato di una somma di importo
corrispondete al contributo unificato dovuto per il
Giudizio, la parte che non abbia partecipato al
procedimento di mediazione senza giustificato motivo;
- Mediatore può, o addirittura
deve, formulare una proposta di concilia-
zione anche in mancanza di accordo
delle parti ed anche in caso di mancata partecipazione
delle parti alla procedura;
– il termine entro cui deve
concludersi il tentativo di mediazione può arrivare fino
a quattro mesi;
- pur dopo il decorso dei termine
di quattro mesi dall'inizio della proce-
dura l'azione sarà proponibile solo
dopo che sarà stato acquisito, presso la Segreteria
dell'Organismo di mediazione, il verbale di mancato
accordo, redatto dal Mediatore, con l'indicazione della
proposta rifiutata;
- non è escluso che i procedimenti
di mediazione possano moltiplicarsi —
con conseguente moltiplicazione dei
tempi di definizione della controversia -- tante volte
quante siano le domande nuove legittimamente proposte
nel corso del medesimo Giudizio nel frattempo
iniziato;
il costo della procedura di
mediazione obbligatoria è almeno due volte più elevato
di quello del processo giurisdizionale che la procedura
di mediazione mira a scongiurare e la sproporzione
aumenta esponenzialmente con l'aumentare del valore
della controversia (fino a far diventare il costo della
mediazione anche più che sestuplo rispetto al costo del
processo giurisdizionale) o con l'aumentare della sua
complessità (in tale ultimo caso rivelandosi necessaria
la nomina di un esperto, da retribuirsi dalle parti
della procedura, che aiuti il Mediatore in controversie
che richiedono specifiche competenze tecniche senza che
la relazione tecnica stilata dall'esperto o le
informazioni da lui acquisite possano essere utilizzate
nel successivo giudizio)».
b) visto l'art. 295 c.p.c.,
sospende il presente processo;
c) manda alla sua Segreteria per la
comunicazione della presente Ordinanza all'indirizzo
della "Cancelleria della Corte di giustizia dell'Unione,
L-2925, Lussemburgo", e alle parti costituite ove, come
in epigrafe, elettivamente si sono domiciliate nella
presente causa.
Mercato San Severino (SA), 21
settembre 2011
Il Giudice di pace
Dott. Avv. Nicola Lombardi
Mercato San Severino |