Il pagamento in ritardo dello
stipendio non permette al datore di lavoro di trattenere
le ritenute contributive che sarebbero state a carico
del lavoratore. L’intera somma dunque grava sul soggetto
inadempiente. E in caso di esecuzione forzata, il
recupero da parte del dipendente dovrà essere sulla
retribuzione lorda, comprensiva dunque sia dei
versamenti previdenziali che fiscali. Lo ha stabilito la
Corte di cassazione, con la sentenza n. 19790/2011,
accogliendo il ricorso di una lavoratrice di Teramo.
Secondo la Cassazione, infatti, il
diritto della azienda ad operare la ritenuta sulla
retribuzione scatta soltanto “nel caso di tempestivo
pagamento delle contribuzione relativa al medesimo
periodo”, mentre non è permesso il recupero nel caso in
cui i contributi siano pagati parzialmente o in ritardo.
Per la Suprema corte, dunque,
“allorché il datore di lavoro sia inadempiente agli
obblighi di versamento delle ritenute previdenziali e
fiscali, quanto alle previdenziali egli non ha più
titolo di rivalersi nei confronti del lavoratore”,
mentre per quelle fiscali si applicherà il consueto
meccanismo della tassazione dei redditi arretrati “sui
quali incomberà al lavoratore, dopo averli materialmente
percepiti e dichiarati, corrispondere le relative
imposte”. Ragion per cui l’azione esecutiva per tenere
indenne il lavoratore dal pagamento di quanto spetta
all’impresa dovrà essere svolta al lordo delle ritenute,
tanto previdenziali che fiscali.
|