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La Corte di Cassazione, con
sentenza numero 36967/2011, Terza Sezione Penale,
dichiara che, qualora il marito sia accusato di violenza
sessuale nei confronti della moglie, al fine della
ricostruzione fattuale hanno rilievo non solo le
dichiarazioni della donna ma anche elementi precisi a
sostegno, come le dichiarazioni testimoniali, nel caso
di specie quelle della sorella, nonché certificati
medici che ‘fotografano’ il comportamento violento
dell’uomo.
In particolare, la Corte d’Appello
ha ritenuto affidabile il racconto della vittima,
analizzandolo in relazione alle dichiarazioni della di
lei sorella, ai certificati medici ed ai maltrattamenti
subiti dal marito, che pongono in rilievo il carattere
violento dell’uomo.
La situazione domestica si presenta
violenta ed aggravata e appesantita dalle pressanti
richieste sessuali dell’uomo nei confronti della moglie;
nel caso di specie la donna «aveva acconsentito al
rapporto sessuale solo per non incorrere nella reazione
violenta del marito, il quale aveva insistito anche dopo
che la moglie, colpita da una violenta emorragia, gli
ingiungeva di fermarsi».
Tale analisi permette di
considerare palese il carattere violento del marito, il
che rende plausibile e possibile la violenza sessuale,
ma evidenzia anche i maltrattamenti subiti dalla
vittima.
Alla luce dei turbolenti rapporti
della coppia, il ricorso dell’uomo viene rigettato, con
conferma della condanna stabilita in Appello. Motivi
della decisione
Confermando la decisione del primo
Giudice, la Corte di Appello di Roma, con sentenza 25
giugno 2010, ha ritenuto C. A. responsabile dei reati di
violenza sessuale consumata e tentata e di
maltrattamenti ai danni della moglie R. G. ed, applicata
la diminuente per il rito abbreviato, l'ha condannato
alla pena di anni quattro di reclusione.
Per
quanto concerne l'episodio di violenza sessuale
consumata del giorno 9 luglio 2009, i Giudici hanno
ritenuto affidabile il racconto accusatorio della parte
lesa per le seguenti ragioni.
Innanzi
tutto, hanno evidenziato il carattere violento
dell'appellante attestato non solo dalle dichiarazioni
della moglie, ma anche da quelle della di lei sorella e
dai certiticati medici; il reato di violenza sessuale
tentata. del successivo 11 luglio, è stato perpetrato
con la auditiva percezione dei Carabinieri che
arrestarono l'imputato in flagranza.
In
questo quadro, è stato inserito l'episodio in esame nel
quale la donna aveva acconsentito al rapporto sessuale
solo per non incorrere nella reazione violenta del
marito il quale aveva insistito anche dopo che la
moglie, colpita da una violenta emorragia, gli
ingiungeva di fermarsi.
Per
la non occasionalità delle condotte di vessazioni ed
umiliazioni ai danni del coniuge, la Corte ha ritenuto
sussistente il reato di maltrattamenti.
A
causa della indifferenza dell'imputato per integrità
fisica e morale della moglie sono state negate le
attenuanti generiche.
Per
l'annullamento della sentenza, l'imputato ha proposto
ricorso per cassazione deducendo difetto di motivazione
e violazione di legge. in particolare, rilevando:
-
che si era riappacificato con la moglie, che non gli
aveva manifestato di non desiderare il rapporto sessuale
del 9 luglio 2009, e l'eventuale dissenso non era fatto
palese da parte della donna: gli mancava la
consapevolezza del rifiuto implicito della persona
offesa e, comunque, il fatto era di minore gravità;
-
che la condotta irrispettosa del coniuge era
estemporanea ed occasionale per cui non si è
perfezionata la fattispecie di maltrattamenti;
-
che i due reati non possono concorrere in quanto il
comportamento aggressivo dell'imputato era connesso al
rifiuto della moglie ad avere rapporti sessuali;
-
che non è congrua la motivazione del diniego delle
attenuanti generiche.
Le
censure dell'atto di ricorso non sono meritevoli di
accoglimento, anzi, sono al limite della inammissibilità
in quanto, anche se articolate sotto il profilo della
violazione di legge, sono, nella massima parte, tendenti
ad una rinnovata ponderazione del coacervo probatorio
alternativa a quella correttamente operata nella
sentenza in esame.
Per
quanto concerne l'episodio di violenza sessuale del 9
luglio 2009, i giudici di merito si sono dovuti
confrontare con le versioni dei tutto inconciliabili dei
protagonisti della vicenda: la donna asseriva un
rapporto non consenziente e l'imputato sosteneva di non
avere percepito il dissenso della moglie.
In
tale contesto probatorio privo del riscontro di testi
diretti (come avviene nella maggior parte dei reati in
materia sessuale), i Giudici hanno esplicitato la
ragione per la quale hanno reputato attendibile il
racconto accusatorio della donna con motivazione logica
ed esaustiva che non può essere messa in discussione in
sede di legittimità.
La
parte lesa è stata ritenuta una dichiarante affidabile
per dei significativi indici in tale senso ben
evidenziati nella sentenza.
Innanzi
tutto, le asserite violenza fisiche patite ad opera del
coniuge hanno trovato puntuale riscontro nelle
dichiarazioni testimoniale della sorella e nei referti
medici agli atti che attestavano plurime lesioni
(attribuite dalla donna pro bono pacis a eventi
accidentali).
Tali
emergenze attestano il carattere violento e
prevaricatore dell’imputato (che rende plausibile
l'episodio di cui trattasi) e confortano la narrazione
della parte lesa sul tema.
La
prospettazione difensiva sul pieno consenso della
moglie, dopo la riappacificazione tra i coniugi del
gennaio 2008, e la sua disponibilità ai rapporti
sessuali è squalificata dallo snodarsi dei fatti
avvenuti l'11 luglio 2008 quando la donna si è fatta
accompagnare a casa dai Carabinieri; costoro hanno avuto
modo di percepire personalmente la colonna sonora della
tentata violenza sessuale e di reperire l'arma impropria
con la quale l'uomo minacciava la moglie.
Conforta
la versione della parte lesa anche la provata
circostanza che la conciliazione tra i coniugi era stata
determinata dalla assicurazione dell’imputato di
sottoporsi a terapia per superare i problemi attinenti
alla sfera sessuale della coppia.
La
richiesta della circostanza attenuante speciale della
minore gravità del fatto non era stata chiesta nei
motivi di appello ed incorre nel divieto di nuove
deduzioni in sede di legittimità.
Per
quanto concerne il reato di maltrattamenti la
prospettazione difensiva, circa la occasionalità del
comportamento vessatorio dell'imputato, si infrange di
fronte alle evidenze di segno opposto. Nella impugnata
sentenza sono elencate le reiterate, protratte nel tempo
condotte del l'imputato di violenza fisica e
sopraffazione morale nei confronti della moglie
sottoposte ad un regime di vita intollerabile: di
conseguenza, è riscontrabile il requisito della
abitualità necessario per la integrazione della
fattispecie criminosa.
Come
correttamente evidenziato dalla Corte territoriale i
reati previsti dagli artt. 609 bis e 571 c.p. possono
concorrere perché non è riscontrabile una completa
sovrapponibilità naturalistica tra le condotte
antigiuridiche: il reato di maltrattamenti non si
esaurisce negli atti di violenza sessuale perché
esistono altri comportamenti di prevaricazione ed
umiliazione che hanno reso insopportabile per la moglie
la convivenza familiare (ex plurimis Cass. Sez. 3
sentenza 46375/2008).
In
merito alla residua censura, si osserva che la Corte di
Appello ha giustificato il mancato esercizio del suo
potere discrezionale sulla concessione delle attenuanti
generiche esplicitando il ragionevole motivo (“brutale”
comportamento dell'imputato) per il quale sono state
negate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali. |