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 SE IL MARITO HA UN CARATTERE VIOLENTO, E' ATTENDIBILE L'ACCUSA DELLA MOGLIE - Cass., sez.III pen., 13 ottobre 2011, n.36967/11, pres. Ferrua, rel. Squassoni - Laura ANDRAO

 

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La Corte di Cassazione, con sentenza numero 36967/2011, Terza Sezione Penale, dichiara che, qualora il marito sia accusato di violenza sessuale nei confronti della moglie, al fine della ricostruzione fattuale hanno rilievo non solo le dichiarazioni della donna ma anche elementi precisi a sostegno, come le dichiarazioni testimoniali, nel caso di specie quelle della sorella, nonché certificati medici che ‘fotografano’ il comportamento violento dell’uomo.

 

In particolare, la Corte d’Appello ha ritenuto affidabile il racconto della vittima, analizzandolo in relazione alle dichiarazioni della di lei sorella, ai certificati medici ed ai maltrattamenti subiti dal marito, che pongono in rilievo il carattere violento dell’uomo.

 

La situazione domestica si presenta violenta ed aggravata e appesantita dalle pressanti richieste sessuali dell’uomo nei confronti della moglie; nel caso di specie la donna «aveva acconsentito al rapporto sessuale solo per non incorrere nella reazione violenta del marito, il quale aveva insistito anche dopo che la moglie, colpita da una violenta emorragia, gli ingiungeva di fermarsi».

 

Tale analisi permette di considerare palese il carattere violento del marito, il che rende plausibile e possibile la violenza sessuale, ma evidenzia anche i maltrattamenti subiti dalla vittima.

 

Alla luce dei turbolenti rapporti della coppia, il ricorso dell’uomo viene rigettato, con conferma della condanna stabilita in Appello. Motivi della decisione

 

Confermando la decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Roma, con sentenza 25 giugno 2010, ha ritenuto C. A. responsabile dei reati di violenza sessuale consumata e tentata e di maltrattamenti ai danni della moglie R. G. ed, applicata la diminuente per il rito abbreviato, l'ha condannato alla pena di anni quattro di reclusione.Per quanto concerne l'episodio di violenza sessuale consumata del giorno 9 luglio 2009, i Giudici hanno ritenuto affidabile il racconto accusatorio della parte lesa per le seguenti ragioni.Innanzi tutto, hanno evidenziato il carattere violento dell'appellante attestato non solo dalle dichiarazioni della moglie, ma anche da quelle della di lei sorella e dai certiticati medici; il reato di violenza sessuale tentata. del successivo 11 luglio, è stato perpetrato con la auditiva percezione dei Carabinieri che arrestarono l'imputato in flagranza.In questo quadro, è stato inserito l'episodio in esame nel quale la donna aveva acconsentito al rapporto sessuale solo per non incorrere nella reazione violenta del marito il quale aveva insistito anche dopo che la moglie, colpita da una violenta emorragia, gli ingiungeva di fermarsi.Per la non occasionalità delle condotte di vessazioni ed umiliazioni ai danni del coniuge, la Corte ha ritenuto sussistente il reato di maltrattamenti.A causa della indifferenza dell'imputato per integrità fisica e morale della moglie sono state negate le attenuanti generiche.Per l'annullamento della sentenza, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge. in particolare, rilevando:- che si era riappacificato con la moglie, che non gli aveva manifestato di non desiderare il rapporto sessuale del 9 luglio 2009, e l'eventuale dissenso non era fatto palese da parte della donna: gli mancava la consapevolezza del rifiuto implicito della persona offesa e, comunque, il fatto era di minore gravità;- che la condotta irrispettosa del coniuge era estemporanea ed occasionale per cui non si è perfezionata la fattispecie di maltrattamenti;- che i due reati non possono concorrere in quanto il comportamento aggressivo dell'imputato era connesso al rifiuto della moglie ad avere rapporti sessuali;- che non è congrua la motivazione del diniego delle attenuanti generiche.Le censure dell'atto di ricorso non sono meritevoli di accoglimento, anzi, sono al limite della inammissibilità in quanto, anche se articolate sotto il profilo della violazione di legge, sono, nella massima parte, tendenti ad una rinnovata ponderazione del coacervo probatorio alternativa a quella correttamente operata nella sentenza in esame.Per quanto concerne l'episodio di violenza sessuale del 9 luglio 2009, i giudici di merito si sono dovuti confrontare con le versioni dei tutto inconciliabili dei protagonisti della vicenda: la donna asseriva un rapporto non consenziente e l'imputato sosteneva di non avere percepito il dissenso della moglie.In tale contesto probatorio privo del riscontro di testi diretti (come avviene nella maggior parte dei reati in materia sessuale), i Giudici hanno esplicitato la ragione per la quale hanno reputato attendibile il racconto accusatorio della donna con motivazione logica ed esaustiva che non può essere messa in discussione in sede di legittimità.La parte lesa è stata ritenuta una dichiarante affidabile per dei significativi indici in tale senso ben evidenziati nella sentenza.Innanzi tutto, le asserite violenza fisiche patite ad opera del coniuge hanno trovato puntuale riscontro nelle dichiarazioni testimoniale della sorella e nei referti medici agli atti che attestavano plurime lesioni (attribuite dalla donna pro bono pacis a eventi accidentali).Tali emergenze attestano il carattere violento e prevaricatore dell’imputato (che rende plausibile l'episodio di cui trattasi) e confortano la narrazione della parte lesa sul tema.La prospettazione difensiva sul pieno consenso della moglie, dopo la riappacificazione tra i coniugi del gennaio 2008, e la sua disponibilità ai rapporti sessuali è squalificata dallo snodarsi dei fatti avvenuti l'11 luglio 2008 quando la donna si è fatta accompagnare a casa dai Carabinieri; costoro hanno avuto modo di percepire personalmente la colonna sonora della tentata violenza sessuale e di reperire l'arma impropria con la quale l'uomo minacciava la moglie.Conforta la versione della parte lesa anche la provata circostanza che la conciliazione tra i coniugi era stata determinata dalla assicurazione dell’imputato di sottoporsi a terapia per superare i problemi attinenti alla sfera sessuale della coppia.La richiesta della circostanza attenuante speciale della minore gravità del fatto non era stata chiesta nei motivi di appello ed incorre nel divieto di nuove deduzioni in sede di legittimità.Per quanto concerne il reato di maltrattamenti la prospettazione difensiva, circa la occasionalità del comportamento vessatorio dell'imputato, si infrange di fronte alle evidenze di segno opposto. Nella impugnata sentenza sono elencate le reiterate, protratte nel tempo condotte del l'imputato di violenza fisica e sopraffazione morale nei confronti della moglie sottoposte ad un regime di vita intollerabile: di conseguenza, è riscontrabile il requisito della abitualità necessario per la integrazione della fattispecie criminosa.Come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale i reati previsti dagli artt. 609 bis e 571 c.p. possono concorrere perché non è riscontrabile una completa sovrapponibilità naturalistica tra le condotte antigiuridiche: il reato di maltrattamenti non si esaurisce negli atti di violenza sessuale perché esistono altri comportamenti di prevaricazione ed umiliazione che hanno reso insopportabile per la moglie la convivenza familiare (ex plurimis Cass. Sez. 3 sentenza 46375/2008).In merito alla residua censura, si osserva che la Corte di Appello ha giustificato il mancato esercizio del suo potere discrezionale sulla concessione delle attenuanti generiche esplicitando il ragionevole motivo (“brutale” comportamento dell'imputato) per il quale sono state negate.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

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