Laura ANDRAO
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La storia posta all'attenzione
della Cassazione riguarda l’acquisto di 600 germogli di
vite di Pinot Chardonnay, con l'obbiettivo di
trapiantarle al fine di ottenere spumante Pinot
Chardonnay.
Successivamente
al trapianto avveniva una verifica dell’Istituto
sperimentale per la viticoltura, che evidenziava la
presenza delle qualità Sauvignon Bianco e Favorita, non
di Chardonnay.
Il compratore si rivolgeva
immediatamente ad un avvocato, affinché chiedesse al
Tribunale la condanna del venditore al risarcimento dei
danni.
La sconfitta in Appello spingeva il
compratore a presentare ricorso in Cassazione. I giudici
di Piazza Cavour identificano il punto centrale nella
“mancanza della prova che proprio le barbatelle
acquistate erano state collocate nel luogo analizzato”.
Approfondendo il caso di specie, la
Cassazione analizza il contenuto della lettera nella
quale il venditore “specificava che fino ad allora
nessuna azienda, a cui aveva effettuato forniture, si
era ritenuta insoddisfatta; nessun altra azienda, che
aveva ricevuto forniture di barbatelle, aveva lamentato
l’inconveniente” e che “era necessario dare incarico ad
un professionista di comune fiducia perché accertasse
l’effettivo danno lamentato”.
Il venditore si rendeva quindi
disponibile a verificare l'eventuale errore e
successivamente risarcirlo. Per i giudici della
Cassazione il ricorso va rigettato. Svolgimento del
processo
Con atto di citazione del 4
febbraio 1998 A.R. conveniva in giudizio,davanti al
Pretore di Asti, C. P. Parte attrice esponeva di aver
acquistato nel dicembre 1991 dal C. 600 barbatelle di
Pinot Chardonnay al presso di lire 1800 ciascuna.
Aggiungeva che le stesse erano messe a dimora e che, nel
corso del 1997 a seguito di una verifica eseguita
dall’Istituto Sperimentale per la viticultura, risultava
che le vite fornite erano prevalentemente. della qualità
Sauvignon Bianco e di Favorita in luogo di Chardonnay.
Parte attrice chiedeva, pertanto, la condanna del
convenuto al risarcimento dei danni. L’attrice fondava
la sua domanda, essenzialmente, su una lettera del 22
agosto 1997, nella quale il C. avrebbe riconosciuto di
aver fornito barbatelle di qualità diversa da quella
convenuta.
Si
costituiva in giudizio C.P., il quale contestava la
domanda attorea e la valenza confessoria alla lettera
del 1997 ed eccepiva prescrizione e decadenza.
Il
Tribunale di Asti con sentenza n. 56 del 2001 accoglieva
la domanda attorea e condannava il convenuto a risarcire
il danno quantificato in lire 1.123.200, oltre
rivalutazione e interessi.
Avverso
questa sentenza proponeva appello, davanti alla Corte di
Appello di Torino, C. P. lamentando la mancanza di prova
circa l'avvenuta mescolanza varietale. la mancanza di
prova della tempestività della denuncia dei vizi e
l'ingiustificata liquidazione dei danni.
Si
costituiva in giudizio A. resistendo al gravame e, a sua
volta, proponeva appello incidentale con il quale
lamentava l'omessa quantificazione, previa consulenza
tecnica dei danni da essa subiti.
La
Corte di Appello di Torino con sentenza n. 1245 del
2004, accoglieva il gravame proposto da C. e rigettava
la domanda dell' A.. A sostegno di questa decisione la
Corte torinese osservava: a) che a lettera del . 22
agosto 1997 non ammetteva alcuna fornitura di viti
diverse da quelle acquistate; b) le viti acquistate
erano della categoria standard e quindi non certificate;
c) che la lettera del dott. C. dell’Istituto
sperimentale per la viticultura affermava che il vigneto
risultava composto prevalentemente da vitigno Sauvignon
bianco e che era stata rilevata la presenza di Favorita.
Pertanto, osservava la Corte torinese, non vi era prova
rigorosa sulla collocazione delle barbatelle né la prova
che proprio le barbatelle acquistate, fossero state
collocate in loco. Insomma, la parte appellata secondo
la Corte torinese non aveva assolto all'onere della
prova su di lei gravante ex art. 1497 c.c..
dell’inadempimento del contratto con la fornitura di
merce diversa dalla pattuita.
La
cassazione della sentenza n. 1245 del 2004 della Corte
di appello di Torino è stata chiesta da A.R. con ricorso
articolato in due motivi. C.P. ha resistito con
controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la
ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo
della contraversia in relazione all’art. 360, n. 5 cpc.
Secondo la ricorrente la sentenza impugnata è in se
contraddittoria per più di una ragione. Intanto, ritiene
la ricorrente- la Corte di merito da un lato afferma che
era possibile riscontrare un vigneto !della stessa
varietà con una variabilità di caratteri dovuta al fatto
che le 1barbatelle appartenevano alla categoria standard
per altro da espressione all'ipotesi che di fatto il
dott. C. abbia riscontrato varietà, cioè, l'esistenza di
più varietà di vite. Ora se vi fosse stata una
variabilità di caratteri si sarebbe dovuto rinvenire un
vigneto Chardonnay che, invece, non si è riscontrato
esistente, mentre comprovata risultava dalla
documentazione in atti una mescolanza di varietà; se
riscontrata una mescolanza di varietà non si può però
pensare che il fornitore abbia consegnato barbatelle
Chardonnay. Illogica e contraddittoria sarebbe
altresì••sempre secondo la ricorrente- l'assunto della
Corte di Appello secondo cui
non
vi sia prova rigorosa sulla collocazione delle
barbatelle e come la•dichiarazione del dott. C., non
confermata in sede testimoniale, non sia sufficiente a
provare che proprie le barbatelle acquistate siano state
collocate 1 in loco. Piuttosto specifica la ricorrente-
documentalmente provato deve ritenersi il fatto che C.
consegnò barbatelle Sauvignon e non Chardonnay e in
ragione proprio della documentazione esaminata dalla
stessa Corte di Appello. Per altro, la sentenza
impugnata, secondo la ricorrente, non 1conterrebbe alcun
riferimento alle produzioni effettuate dalla A. in sede
di gravame.
1.1.
La censura non ha ragion d'essere e non può essere
accolta perché la decisione della Corte di Appello di
Torino non presenta il vizio denunciato, di cui all'art.
360 n. 5 cpc., dato che è fondata su una motivazione
adeguata sufficiente, logica e idonea a rappresentare le
ragioni di fatto e di diritto dell’iter logico seguito.
Piuttosto, la censura formulata dalla ricorrente è
sostanzialmente, dovuta ad una lettura non approfondita
della sentenza. A ben vedere la Corte torinese enuclea
il suo ragionamento su tre coordinate essenziali: 1)
prende atto che il fornitore (con lettera del 22 agosto
1997) aveva chiarito che le barbatelle vendute erano
della categoria standard e quindi non certificate: 2)
che le barbatelle vendute, una volta impiantate,
avrebbero potuto dare origine a vitigni con caratteri
variabili 3) che il dott. C. aveva affermato che il
vitigno preso in esame risultava composto,
prevalentemente:, da vitigno Sauvignon bianco e che era
stata rilevata la presenza di Chardonnay e Favorita.
Sicchè la Corte torinese considerava - sia pure non
ritenendo opportuno esprimerlo in modo esplicito- che la
seconda e la terza coordinata non erano tra loro
compatibili perché se il fornitore avesse venduto
barbatelle di Chardonnay non potevano trovarsi vigniti
di sauvignon ma tutt'al più Chardonnay, con caratteri
variabili e, viceversa se si fossero trovate vigniti d i
Sauvignon era possibile che in quel loco non erano state
impiantate le barbatelle Chardonnay acquistate. Era
necessario, dunque, a sciogliere il dubbio che la parte
fornisse la prova che proprio l acquistate erano state
collocate nel luogo analizzato dal dott. C. Tale prova è
mancata. Al riguardo la Corte torinese rilevava che non
vi era stata prova rigorosa sulla collocazione delle
barbatelle e che la dichiarazione del dott. C. non era
sufficiente a provare che proprio le barbatelle
acquistate 1 erano state collocate in loco. Insomma,
concludeva la Corte torinese la parte, originaria
attrice del presente processo, non aveva assolto
all'onere della l prova su di lei gravante ex art. 1497
cod. civ. dell'inadempimento del contratto. con la
fornitura di merce diversa dalla pattuita. D'altra parte
contrariamente a quanto sostiene la parte ricorrente,
ritenere che il fornitore abbia fornito barbatelle di
sauvignon solo perché il dott. C. aveva riscontato in
terreno di proprietà dell'A. vitigni di Sauvignon,
significa dare per dimostrato ciò che, invece, avrebbe
dovuto essere dimostrato e, cioè, che in quel terreno
erano state trapianta e proprio le barbatelle vendute
dal C..
1.2.
La stessa Corte torinese, altresì, nell'aver affermato
che l'A. aveva dato prova certa e rigorosa
dell'inadempimento contrattuale del C. mostra di aver
esaminato l'intera documentazione presente in giudizio,
e in particolare, quella depositata dalla A., escludendo
con un suo insindacabile giudizio di merito privo di
vizi logici, che la stessa abbia offerto la prova
necessaria e "rigorosa" dell'inadempimento del
contratto.
1.3.
La decisione, pertanto, della Corte di Appello di Torino
non solo da conto delle ragioni di fatto e di diritto
poste a fondamento dell'iter logico seguito, ma non
contiene contraddizioni, né appare insufficiente. E'
giusto il caso di ribadire che l’omessa od insufficiente
motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai
sensi dell'art. 360 n.5 cod. proc. civ., sussiste solo
quando nel ragionamento del giudice di merito, quale
risulta dalla sentenza. sia riscontrabile un'obiettiva
deficienza del criterio logico c:he lo ha condotto alla
formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di
contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni
poste a fondamento della decisione risultino
sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a
vicenda e da non consentire l'individuazione della
"ratio decidendi", e, cioè, l'identificazione del
procedimento logico - giuridico posto a base della
decisione adottata. Questi vizi non possono consistere
nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle
prove dato dal giudice di merito rispetto a quello
preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice
individuare le fonti del proprio convincimento, valutare
le prove controllarne l'attendibilità e la concludenza,
scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute
idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare
prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i
casi tassativamente previsti dalla legge in cui un
valore legale è assegnato alla prova.
2.
Con il secondo motivo la ricorrente, A.R., lamenta la
violazione e falsa applicazione di norme di diritto in
relazione agli artt. 360 n. e 5 cpc, e artt. 1988, 1324,
1362 e ss., e 2735 cod. civ.. Avrebbe errato la Corte di
appello di Torino secondo la ricorrente per aver escluso
che la lettera del C.P. aveva una portata confessoria,
non ammettendo nulla circa una propria responsabilità.
Piuttosto ritiene la l ricorrente come bene ne aveva
evidenziato il Giudice di primo grado la lettera del
C.P. aveva una portata confessoria dal momento che in
tale documento il C. affermava di rendersi disponibile a
risarcire il danno causato dalla non rispondenza
varietale delle 600 viti vendute nel 1991 lamentata
dalla A.. La lettera de qua -sempre secondo il
ricorrente- i pertanto, non potrebbe non avere una
natura confessoria, contrariamente a quanto sostenuto
dalla Corte territoriale laddove afferma che tale
lettera non conterrebbe alcuna forma di riconoscimento
della cessione di barbatelle diverse da quelle pattuite.
Tale assunto, invece, costituirebbe -secondo ancora la
ricorrente- un’interpretazione del testo letterale di
tale missiva alquanto singolare, che sfuggirebbe alla
letteralità che alle ben più larghe maglie di
un’interpretazione analogica, ma, soprattutto si
porrebbe in contrasto con il disposto di cui agli artt.
1988, 1324, 1362 c.c.
2.1.
La censura non è fondata e non può essere accolta non
solo perché sostanzialmente la ricorrente richiederebbe
una nuova e diversa valutazione del documento valutato
dalla Corte di Appello di Torino, inibita in questa sede
ma e soprattutto perché la valutazione di quel documento
non è contraddittoria e rispetta i canoni ermeneutici
richiamati dallo stesso ricorrente.
2.2.
E' utile ricordare che ai sensi dell'art. 1363 cod. civ.
le clausole del contratto, e in ragione dell'art 1324
cod. le espressioni dell'atto un laterale.. si
interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a
ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto.
Ciò significa, per il caso di specie che l'espressione
evocata dalla ricorrente, non può essere intesa
isolatamente ma, al contrario. in collegamento con le
altre espressioni contenute documento ed inserita nel
contesto globale del documento stesso.
2.3.
Ora. a ben vedere, la Corte torinese nell'affermare che
l’espressione richiamata dalla ricorrente (cioè, quella
secondo cui il C. avrebbe affermato di rendersi
disponibile a risarcire il danno causato dalla non
rispondenza varietale delle 600 viti vendute nel 1991),
non aveva il senso di un'assunzione di responsabilità,
ha tenuto conto, e valutato, sia le espressioni che la
precedevano e sia quella che la seguiva, entrambe
richiamate dallo stesso ricorrerne, confermate dal
contro ricorrente e riportate dalla stessa sentenza
impugnata . Come ha evidenziato la stessa ricorrente,
l'espressione di cui si dice è preceduta da altra
espressione con la quale il fornitore specificava che
fino ad allora nessuna azienda a cui aveva effettuato
forniture si era ritenuta insoddisfatta. quanto dire che
nessuna altra azienda che aveva ricevuto forniture di
barbatelle, aveva lamentato l'inconveniente dalla A. e
da altra (espressione) con la quale si specificava che
le barbatelle standard erano potenzialmente soggette ad
una certa variabilità di caratteri, che tuttavia non
giustificavano la mescolanza varietale, il che voleva
significare che per il fornitore era impossibile che la
fornitura consegnata di barbatelle di Chardonnay avesse
determinato una reazione di 1 vitigni Sauvignon. A sua
volta, quella stessa espressione era seguita
dall'espressione secondo cui appariva necessario dare
incarico ad un professionista di comune fiducia perché
accertasse l'effettivo danno lamentato. Sicchè
l’espressione di cui si dice, nel contesto globale del
documento esaminato -secondo la Corte torinese- con
giudizio privo di vizi logici- e coerenti con la
normativa richiamata, non poteva essere quello di 1
un’assunzione di responsabilità, né un riconoscimento da
parte del C.. di aver consegnato barbatelle diverse da
quelle richieste, ma, semplicemente, una dichiarazione
di disponibilità che avrebbe potuto diventare operativa
solo nell'ipotesi in cui la lamentela dell’A. avesse
trovato un riscontro in una perizia estimativa, scritta
e asseverata poi in Tribunale.
In
definitiva. il ricorso va rigettato e la ricorrente
condannata al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione così come verranno liquidate con il.
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e
condanna la ricorrente al rimborso delle spese
processuali sostenute dal controricorrente che liquida
in €.2.200.0 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese
generali ed accessori come per legge.
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