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NEL CONFERIMENTO DEGLI INCARICHI DIRIGENZIALI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE DEVE RISPETTARE LE REGOLE DI BUONA FEDE E CORRETTEZZA NONCHE' L'OBBLIGO DI IMPARZIALITA' PREVISTO DALL'ART. 97 COST. REP. - I poteri del giudice (Cassazione Sezione Lavoro n. 19630 del 26 settembre 2011, Pres. Vidiri, Rel. Meliadò).-Legge e giustizia.it

 

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Gli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali nel settore del pubblico impiego c.d. privatizzato costituiscono provvedimenti di natura negoziale, come tali soggetti alle regole di controllo dei poteri privati. In tale contesto, la giurisprudenza ha progressivamente affermato, quale criterio direttivo, che la natura fiduciaria dell'incarico trova contemperamento nell'esigenza che la selezione degli aspiranti avvenga nel rispetto delle regole di buona fede e correttezza, che si impongono ad ogni datore di lavoro, e di quelle specifiche di imparzialità e di buon andamento che l'art. 97 Cost. prescrive, in particolare, per il datore di lavoro pubblico, sulla base della non pretermettibile considerazione che la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego (o meglio la sua sottoposizione alle regole comuni del diritto del lavoro) non implica pure la privatizzazione dell'amministrazione che assume la veste di datore di lavoro. Le disposizioni sul conferimento degli incarichi (per come si è rilevato con riferimento alla specifica disposizione dell'art. 19, comma 1 del decr. leg. n. 165 del 2001, ma con affermazione di portata generale) obbligano l'amministrazione al rispetto dei criteri di massima previsti, con riferimento ai singoli settori, dalla legge e necessariamente, anche per il tramite delle clausole generali di correttezze e buona fede, "procedimentalizzano" l'esercizio del potere di conferimento dei medesimi, obbligando a valutazioni, anche comparative, a consentire forme adeguate di partecipazione ai processi decisionali, a esternare le ragioni giustificatrici delle scelte. Coerente con tale quadro interpretativo appare, quindi, la previsione dell'art. 63 comma 2 del decr. leg. n. 165 del 2001, che, ispirandosi al principio dell'effettività della tutela, prescrive che "il giudice adotta nei confronti delle pubbliche amministrazioni tutti i provvedimenti di accertamento, costituivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati ..." e rimuove, quindi, ogni preclusione di accertamento nei confronti della pubblica amministrazione, ove ciò sia imposto dalla necessità di assicurare la piena tutela del dipendente pubblico, ripristinando o assicurando la conformità al diritto della sua situazione giuridica, a fronte di comportamenti illegittimi del datore di lavoro.

 

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