Avv. Paolo Nesta


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Lavoratore licenziato-I colleghi anche se parti in processo analogo possono testimoniare-Cass. Sentenza n. 21279/2011-Commmneto-Studio legale law.it

 

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Un lavoratore è licenziato dalla ditta datrice di lavoro e impugna il licenziamento che viene dichiarato illegittimo in primo e in secondo grado. Un ruolo importante giocano le deposizioni testimoniali di due colleghi di lavoro che, a loro volta licenziati dalla stessa ditta, hanno instaurato un giudizio analogo avente a oggetto uguali domande. Avverso la pronuncia di appello la ditta datrice di lavoro promuove ricorso per Cassazione e, tra gli altri motivi di censura, deduce che il giudice di appello avrebbe dovuto considerare inattendibili i testi, in quanto soggetti “interessati”.

 

La censura non coglie nel segno, infatti, con la Sentenza n. 21279/2011, la Suprema Corte rigetta il ricorso. L’incapacità a testimoniare è correlabile solo a un diretto coinvolgimento della persona chiamata a deporre nel rapporto controverso, tale da legittimare una sua assunzione della qualità di parte in senso sostanziale o processuale nel giudizio e non già alla ravvisata sussistenza di un qualche interesse della suddetta persona in relazione a situazioni e a rapporti diversi da quello oggetto della vertenza, anche se in qualche modo connessi. La capacita a testimoniare e diversa dalla valutazione sull’attendibilità del teste, operando le stesse su piani diversi, stante che l’una dipende dalla presenza in un interesse giuridico, non di mero fatto, che potrebbe legittimare la partecipazione del teste al giudizio, mentre la seconda afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva e di carattere soggettivo, quali la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti e anche all’eventuale interesse a un determinato esito della lite, con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità. Sussiste incompatibilità delle posizioni di teste e di parte nel giudizio, anche solo potenziale, ovvero del teste che sia contitolare della situazione giuridica dedotta in giudizio da un altro soggetto. Solo in tali casi si verifica l’incapacità a testimoniare, non essendo configurabile, nell’ordinamento vigente, un generale divieto di testimonianza e dovendosi invece verificare di volta in volta la natura del diritto oggetto della controversia, avuto anche riguardo al carattere di norme di stretta interpretazione delle disposizioni sulla incapacità a testimoniare, che introducono una deroga al generale dovere di testimonianza. La ricorrente ha anche eccepito che il lavoratore che si oppone al licenziamento, determinato da una legittima riduzione del personale, ha l’onere di fornire la prova della possibilità per l’azienda di una sua diversa utilizzazione. Ma, la Corte rileva che il giudice di appello ha pienamente rispettato il riparto dell’onere probatorio. In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro, le cui scelte imprenditoriali non sono sindacabili dal giudice se non sono simulate o pretestuose, ha l’onere di provare che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore licenziato per l’espletamento di mansioni equivalenti a quelle svolte, tenuto conto della professionalità raggiunta dal lavoratore medesimo e sempre il datore deve inoltre dimostrare di non avere effettuato per un congruo periodo di tempo successivo al recesso alcuna nuova assunzione in qualifica analoga a quella del lavoratore licenziato.

 

 

 

Anna Teresa Paciotti

 

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