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Il giudice non può ridurre
l’onorario dell’avvocato in una procedura di fallimento
solo perché non è stato presentato il parere del
Consiglio dell’Ordine. Il giudice è tenuto ad acquisirlo
d’ufficio. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con
la sentenza 21934/2011.
Per la Suprema corte, infatti, non
è vero che in assenza della produzione da parte
dell’avvocato del parere sull’onorario del competente
ordine professionale il giudice non possa discostarsi
dai minimi tariffari. Infatti, per i giudici là dove il
codice civile prevede che “il compenso è determinato dal
giudice sentito il parere dell’associazione
professionale cui il professionista appartiene se non
può essere determinato secondo le tariffe” si riferisce
al caso in cui “la prestazione professionale per la sua
particolarità non trovi una sicura collocazione tra le
attività previste nella tariffa”, in modo che
l’intervento dell’Ordine “possa portare al giudice le
opportune indicazioni per l’esercizio in concreto del
potere di determinazione del corrispettivo”. E non
all’ipotesi in cui le tariffe non prevedendo un compenso
fisso indicano soltanto i minimi ed i massimi. |
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