L'articolo 666 del codice di rito,
richiamato dall'articolo 678 c.p.p. (salvi i casi
contemplati dal secondo comma del ridetto articolo)
prescrive, ai commi 3 e 4, il procedimento camerale
partecipato, ai sensi dell'articolo 127 C.P.P., con
l'ulteriore requisito dell'intervento necessario del
difensore e del Pubblico Ministero.
Epperò, se il giudice della
sorveglianza provvede de plano, con inosservanza delle
forme di rito prescritte, tanto comporta, secondo il
generale principio di diritto, affatto pacifico nella
giurisprudenza di questa Corte, la "nullità di ordine
generale e di carattere assoluto, rilevabile di ufficio
in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi degli
artt. 178 e 179 C.P.P.", del procedimento, per effetto
della estensiva applicazione delle previsioni della
"omessa citazione dell'imputato e [della] assenza del
suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la
presenza
Cassazione, sez. I, 18 ottobre
2011, n. 37719
(Pres. Bardovagni – Rel. Vecchio)
Rileva
1. - Con decreto, deliberato l'8
ottobre 2010 e depositalo il 14 ottobre 2010, il
presidente del Tribunale di sorveglianza di Torino ha
dichiarato inammissibile, a termini dell'articolo 666,
comma 2, c.p.p. le richieste di affidamento in prova al
servizio sociale e, gradatamente, di detenzione
domiciliare, avanzate dal condannato M..P. , motivando:
la istanza è "priva della indicazione di una effettiva
residenza e dell'ambiente di inserimento lavorativo o
meno"; inoltre è "incompatibile con le attuali
problematiche di tossicodipendenza".
2. - Ricorre per cassazione il
condannato, col ministero del difensore di fiducia,
avvocato Guido Cardello, mediante atto recante la data
del 2 dicembre 2010, col quale sviluppa quattro motivi.
2.1 - Con il primo motivo il
ricorrente dichiara di denunziare ai sensi dell'articolo
606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen. erronea
applicazione della legge penale, opponendo di aver
indicato nella istanza introduttiva, recante la data del
23 luglio 2010, la propria residenza in (omissis) .
2.2 - Con il primo motivo il
ricorrente denunzia, ai sensi dell'articolo 606, comma
1, lettera e), c.p.p. mancanza di motivazione in ordine
alla ulteriore istanza — non presa in considerazione dal
giudice a quo — di trasferimento in ospedale.
2.3 - Con il terzo motivo il
ricorrente denunzia, a sensi dell'articolo 606, comma 1,
lettera e), C.P.P. mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione, ritenuta
meramente apparente, in relazione alla dichiarata
inammissibilità delle richieste di applicazione delle
misure alternative, non essendo il riferimento alla
supposta tossicodipendenza, neppure accertata alla
attualità, idoneo a dar conto della decisione.
2.4 - Con il quarto motivo il
ricorrente denunzia, ai sensi dell'articolo 606, comma
1, lettera e) C.P.P., inosservanza di norme processuali
stabilite a pena di nullità di decadenza, in relazione
alla notificazione del provvedimento intempestivamente
eseguita il 17 novembre 2010, dopo la scadenza del
termine di cinque giorni stabilito dall'articolo 666,
comma 2, cod. proc. pen..
3. - Il procuratore generale della
Repubblica presso questa Corte, con atto del 3 maggio
2001, obietta: nella specie fanno difetto i requisiti di
legge per l'accoglimento della istanza, senza alcuno
spazio di valutazione discrezionale del giudice; sicché
il presidente del tribunale di sorveglianza ha il potere
di dichiarare de plano la inammissibilità della
richiesta del condannato.
4. - Il ricorso è, nei termini che
seguono, fondato.
4.1 - Privo di pregio giuridico -
deve premettersi - è il quarto motivo di ricorso: il
termine previsto dall'articolo 666, comma 2, c.p.p. per
la notificazione del decreto, non è fissato a pena di
decadenza.
4.2 — Assorbente è, invero, il
rilievo che la operata valutazione di incompatibilità
delle condizioni di salute del condannato colla
applicazione delle misure alternative invocate
costituisce apprezzamento di merito, certamente non
consentito in sede di delibazione planaria di
inammissibilità ai sensi dell'articolo 666, comma 2,
c.p.p..
4.3 - L'articolo 666 del codice di
rito, richiamato dall'articolo 678 c.p.p. (salvi i casi
contemplati dal secondo comma del ridetto articolo)
prescrive, ai commi 3 e 4, il procedimento camerale
partecipato, ai sensi dell'articolo 127 C.P.P., con
l'ulteriore requisito dell'intervento necessario del
difensore e del Pubblico Ministero.
Epperò, se il giudice della
sorveglianza provvede de plano, con inosservanza delle
forme di rito prescritte, tanto comporta, secondo il
generale principio di diritto, affatto pacifico nella
giurisprudenza di questa Corte, la "nullità di ordine
generale e di carattere assoluto, rilevabile di ufficio
in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi degli
artt. 178 e 179 C.P.P.", del procedimento, per effetto
della estensiva applicazione delle previsioni della
"omessa citazione dell'imputato e [della] assenza del
suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la
presenza" (Sez. III, 29 maggio 1998, n. 1730, Viscione,
massima n. 211550; cui adde: Sez. I, 4 novembre 1967, n.
6168, Zicchitella, massima n. 209134; Sez. I, 18 luglio
1994, n. 3637, Cipriano, massima n. 200047; Sez. I, 18
gennaio 1994, n. 272, Sangiorgio, massima n. 196672).
4.4 — Conseguono l'annullamento,
senza rinvio, del decreto impugnato e la trasmissione
degli atti al Tribunale di sorveglianza di Torino perché
deliberi nelle forme prescritte dalla legge, a termini
dell'articolo 666, commi 3, 4, 5 e 6, c.p.p..
P.Q.M.
Annulla, senza rinvio, il decreto
impugnato e dispone la trasmissione degli atti al
Tribunale di sorveglianza di Torino per il corso
ulteriore.
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