Mariangela La Pastina
L’ingresso degli stranieri nel
nostro Paese e le relative modalità di soggiorno
rappresentano un tema di costante attualità, tanto per
l’opinione pubblica quanto per gli operatori del
diritto.
In particolare, la materia risulta
regolamentata dal T.U. n. 286/1998 e dal d.p.r. n.
394/1999, che si applicano solo ai cittadini
extracomunitari e, quindi, non anche ai cittadini di
Stati Membri dell’Unione Europea salvo nel caso in cui
prevedano norme più favorevoli.
La giurisprudenza amministrativa è
stata più volte chiamata a chiarire la portata della
disposizioni citate, soprattutto con riferimento ai
requisiti di ingresso dello straniero in Italia ed alle
condizioni di soggiorno.
E’, infatti, previsto che lo
straniero, per poter legittimamente entrare nel nostro
Paese, debba essere munito di un visto di soggiorno
rilasciato dalle autorità diplomatiche o consolari
italiane nello Stato di origine o di stabile residenza
nonché dimostrare con idonea documentazione lo scopo del
viaggio ed il possesso dei mezzi economici necessari per
soggiornare e anche per sostenere il viaggio di ritorno,
salvo il caso di permesso di soggiorno per motivi di
lavoro (art. 4 T.U. n. 286/1998).
Con specifico riferimento a tale
ultima tipologia di permessi, l’attuale disciplina
legislativa richiede che il contratto di lavoro
subordinato debba contenere la garanzia proveniente dal
datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per
il lavoratore nonché l’impegno a sostenere le spese del
viaggio di ritorno (art. 5 bis del T.U.).
Orbene, il requisito reddituale
interviene soprattutto con riferimento alla fase di
rinnovo del permesso di soggiorno, perchè il lavoratore
straniero deve dimostrare la disponibilità di un reddito
sufficiente al sostentamento proprio e degli eventuali
familiari conviventi.
Sul punto la Terza Sezione del
Consiglio di Stato – con sentenza del 30 maggio 2011 –
ha confermato che il possesso di un reddito minimo
idoneo al sostentamento dello straniero e del suo nucleo
familiare costituisce un requisito soggettivo non
eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del
permesso di soggiorno, perché attiene alla sostenibilità
dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale
per ragioni di lavoro subordinato.
Il citato requisito del reddito
minimo mira, evidentemente, ad evitare un aggravio per
il bilancio dello Stato, nei casi in cui gli stranieri,
pur beneficiando delle prestazioni erogate dalla
pubblica amministrazione – compresi gli assegni sociali
per gli indigenti – non offrano alcuna contropartita in
termini di partecipazione fiscale alla spesa pubblica.
La pronuncia del Consiglio di Stato
prende le mosse dall’appello promosso dal Signor M. Z.,
cittadino extracomunitario, avverso la sentenza n.
176/2007 del T.A.R. Emilia – Romagna, in cui l’organo
adito, respingendo il ricorso proposto, confermava il
provvedimento di diniego del permesso di soggiorno già
adottato dalle competenti autorità.
Ed, invero, dopo aver rilevato come
il ricorrente avesse proposto tardivamente l’istanza di
rinnovo del permesso di soggiorno (oltre il termine di
sessanta giorni dalla scadenza del precedente permesso),
la Sezione Terza del Consiglio di Stato si sofferma
sulla situazione reddituale del cittadino
extracomunitario, evidenziando l’intermittenza dei
redditi percepiti dal lavoratore (dagli accertamenti
svolti dall’anagrafe Tributaria non risultavano redditi
per il 2001 e per il 2003).
Inoltre, l’organo giudicante ha
negato che la titolarità di un libretto nominativo di
“prestito sociale” presso la Cooperativa Adriatica –
circostanza allegata dall’appellante a sostegno della
propria capacità reddituale - non fosse suscettibile di
alcuna valutazione, considerata l’assenza di indicazione
da parte del lavoratore delle modalità e dei motivi del
possesso del libretto medesimo, piuttosto qualificabile
come “credito al consumo” e, dunque, comportante
un’esposizione debitoria per il suo titolare.
Né tantomeno i giudici del
Consiglio di Stato hanno ritenuto sufficiente la
dichiarazione di disponibilità ad assumere il cittadino
straniero proveniente da una ditta di impianti
idraulici, considerato che, ai fini del rinnovo del
permesso di soggiorno, occorre dimostrare l’effettiva
sussistenza di un contratto di lavoro subordinato.
La riferita pronuncia, dunque,
conferma l’orientamento dominante nella giurisprudenza
amministrativa per cui il rilascio del permesso di
soggiorno per motivi di lavoro e il relativo rinnovo
sono subordinati alla capacità reddituale del cittadino
richiedente, il quale, alla stregua dei lavoratori di
nazionalità italiana, dovrà contribuire fiscalmente al
bilancio dello Stato. |