Assistono un cliente in una causa
di risarcimento danni da infortunio stradale e versano
al cliente una somma minore di quella liquidata dalla
compagnia assicuratrice. Due avvocati sono imputati del
reato appropriazione indebita. Il Tribunale di Milano
riqualifica il reato in truffa aggravata e condanna gli
imputati a mesi otto di reclusione, multa e risarcimento
in solido dei danni patrimoniali e morali nei confronti
della parte civile. La Corte di Appello di Milano, in
riforma della decisione di primo grado, dichiara non
doversi procedere nei confronti degli imputati per
essere il reato estinto per intervenuta prescrizione,
confermando le statuizioni civili.
Ma, i due avvocati non sono
soddisfatti, vogliono mostrare anche la loro
incompetenza, promuovendo ricorso per Cassazione.
Accontentati, Sentenza n. 36891/2011, ricorso rigettato.
Le censure. Tra i motivi di censura, i ricorrenti
deducono la violazione del loro diritto alla difesa, in
riferimento alla riqualificazione del reato quale truffa
aggravata. La mancata contestazione degli elementi
integrativi della truffa ha inciso in maniera
determinante nel diritto di difesa, in quanto l’imputato
deve avere la possibilità di esercitare il proprio
diritto di difesa in maniera concreta e effettiva sul
motivo dell’accusa, sui fatti materiali e sulla
qualificazione giuridica data a tali fatti. La pronuncia
della Corte. In presenza di una causa di estinzione del
reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi
di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il
rinvio, da un lato, determinerebbe per il giudice
l’obbligo di dichiarare immediatamente la prescrizione,
dall’altro, sarebbe incompatibile con l’obbligo
dell’immediata declaratoria di proscioglimento. In
presenza di una causa di estinzione del reato, il
giudice può pronunciare sentenza di proscioglimento nel
merito solo quando l’evidenza della innocenza sia così
lampante che la valutazione che si deve compiere al
riguardo appartenga al concetto di “constatazione”,
ossia di percezione “ictu oculi”, ovvero quando sia da
escludere qualsiasi necessità di accertamento o di
approfondimento, incompatibili con il concetto di mera
constatazione. La cognizione piena e approfondita del
processo ai fini della responsabilità penale quando sia
presente la parte civile è necessaria solo a seguito di
una espressa domanda in tale senso, da parte di chi
persegua una decisione sulle statuizioni civili, previa
incidentale valutazione della responsabilità penale. Una
tale situazione è diversa dal caso di specie, nel quale,
nel giudizio di primo grado, gli imputati erano stati
condannati al risarcimento dei danni a seguito di piena
cognizione agli effetti penali e, con l’impugnazione
proposta dal difensore di entrambi, era stata avanzata,
oltre a una eccezione di legittimità costituzionale,
richiesta di annullamento della sentenza e, in
subordine, di assoluzione perché il fatto non sussiste
ovvero non costituisce reato. Considerato che nessuna
decisione doveva essere assunta agli effetti civili che
non fosse quella automatica e strettamente
consequenziale alla conferma di una condanna penale e al
risarcimento dei danni già intervenuta in primo grado,
non operano le eccezioni alla regola della immediata
declaratoria della causa di estinzione del reato con
prevalenza sulla formula assolutoria in mancanza di
evidenza della innocenza o in presenza di carenza o
contraddittorietà della prova, con la conseguenza che il
solo modo per ottenere un esame approfondito, in
mancanza della evidenza che il fatto non sussiste, che
l’imputato non lo ha commesso, consisteva unicamente
nella rinuncia alla causa estintiva. Le norme che
disciplinano le nuove contestazioni, la modifica
dell’imputazione e la correlazione tra l’imputazione
contestata e la sentenza, avendo lo scopo di assicurare
il contraddittorio sul contenuto dell’accusa e, quindi,
il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato,
vanno interpretate con riferimento alle finalità alle
quali sono dirette, per cui non possono ritenersi
violate da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa
originaria, ma solo nel caso in cui la modificazione
dell’imputazione pregiudichi la possibilità di difesa
dell’imputato. In tale prospettiva per aversi mutamento
del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi
elementi essenziali, della fattispecie concreta nella
quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla
legge, sì da pervenire a un’incertezza sull’oggetto
della contestazione da cui scaturisca un reale
pregiudizio dei diritti della difesa. La violazione del
diritto di difesa è del tutto insussistente quando
l’imputato, attraverso l’iter del processo, si sia
trovato nella condizione concreta di difendersi in
ordine al fatto ritenuto in sentenza. In particolare,
qualora venga dedotta la violazione del principio di
necessaria correlazione tra accusa contestata e
sentenza, al fine di verificare se vi sia stata una
trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti
essenziali dell’addebito, non solo va apprezzato in
concreto se nella contestazione, considerata nella sua
interezza, non si rinvengano gli stessi elementi del
fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, ma
anche se una tale trasformazione, sostituzione o
variazione abbia realmente inciso sul diritto di difesa
dell’imputato, ovvero se l’imputato si sia trovato nella
condizione concreta di potersi difendere. Nel caso di
specie, si rinviene l’identità del fatto, quale nucleo
comune della condotta illecita senza alcuna
incompatibilità ovvero eterogeneità che abbia impedito
alla difesa di essere esercitata appieno.
Anna Teresa Paciotti |