Avv. Paolo Nesta


Palazzo Giustizia  Roma


Palazzo Giustizia Milano

Sede di Roma: C.so Vittorio Emanuele II,  252   00186 – Roma
Tel. (+39) 06.6864694 – 06.6833101 Fax (+39) 06.6838993
Sede di Milano:  Via Pattari,  6   20122 - Milano 
Tel. (+39) 02.36556452 – 02.36556453  Fax (+ 39) 02.36556454 

 

Due avvocati si appropriano di una somma dovuta al cliente

 

 

Il giudice di appello riqualifica il reato da appropriazione indebita a truffa aggravata ma la riqualificazione non comprime il diritto alla difesa-Cass. Sentenza n. 36891/2011-Commento-Studio legale law.it

 

Home page

Note legali e privacy

Dove siamo

Profilo e attività

Avvocati dello Studio

Contatti

Cassa di Previdenza e deontologia forense

Notizie di cultura e di utilità varie

 

 

 

 

 

Assistono un cliente in una causa di risarcimento danni da infortunio stradale e  versano al cliente una somma minore di quella liquidata dalla compagnia assicuratrice. Due avvocati sono imputati del reato appropriazione indebita. Il Tribunale di Milano riqualifica il reato in truffa aggravata e condanna gli imputati a mesi otto di reclusione, multa e risarcimento in solido dei danni patrimoniali e morali nei confronti della parte civile. La Corte di Appello di Milano, in riforma della decisione di primo grado, dichiara non doversi procedere nei confronti degli imputati per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili.

 

Ma, i due avvocati non sono soddisfatti, vogliono mostrare anche la loro incompetenza, promuovendo ricorso per Cassazione. Accontentati, Sentenza n. 36891/2011, ricorso rigettato. Le censure. Tra i motivi di censura, i ricorrenti deducono la violazione del loro diritto alla difesa, in riferimento alla riqualificazione del reato quale truffa aggravata. La mancata contestazione degli elementi integrativi della truffa ha inciso in maniera determinante nel diritto di difesa, in quanto l’imputato deve avere la possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa in maniera concreta e effettiva sul motivo dell’accusa, sui fatti materiali e sulla qualificazione giuridica data a tali fatti. La pronuncia della Corte. In presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il rinvio, da un lato, determinerebbe per il giudice l’obbligo di dichiarare immediatamente la prescrizione, dall’altro, sarebbe incompatibile con l’obbligo dell’immediata declaratoria di proscioglimento. In presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice può pronunciare sentenza di proscioglimento nel merito solo quando l’evidenza della innocenza sia così lampante che la valutazione che si deve compiere al riguardo appartenga al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, ovvero quando sia da escludere qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento, incompatibili con il concetto di mera constatazione. La cognizione piena e approfondita del processo ai fini della responsabilità penale quando sia presente la parte civile è necessaria solo a seguito di una espressa domanda in tale senso, da parte di chi persegua una decisione sulle statuizioni civili, previa incidentale valutazione della responsabilità penale. Una tale situazione è diversa dal caso di specie, nel quale, nel giudizio di primo grado, gli imputati erano stati condannati al risarcimento dei danni a seguito di piena cognizione agli effetti penali e, con l’impugnazione proposta dal difensore di entrambi, era stata avanzata, oltre a una eccezione di legittimità costituzionale, richiesta di annullamento della sentenza e, in subordine, di assoluzione perché il fatto non sussiste ovvero non costituisce reato. Considerato che nessuna decisione doveva essere assunta agli effetti civili che non fosse quella automatica e strettamente consequenziale alla conferma di una condanna penale e al risarcimento dei danni già intervenuta in primo grado, non operano le eccezioni alla regola della immediata declaratoria della causa di estinzione del reato con prevalenza sulla formula assolutoria in mancanza di evidenza della innocenza o in presenza di carenza o contraddittorietà della prova, con la conseguenza che il solo modo per ottenere un esame approfondito, in mancanza della evidenza che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, consisteva unicamente nella rinuncia alla causa estintiva. Le norme che disciplinano le nuove contestazioni, la modifica dell’imputazione e la correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza, avendo lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell’accusa e, quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato, vanno interpretate con riferimento alle finalità alle quali sono dirette, per cui non possono ritenersi violate da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma solo nel caso in cui la modificazione dell’imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell’imputato. In tale prospettiva per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, sì da pervenire a un’incertezza sull’oggetto della contestazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa. La violazione del diritto di difesa è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, si sia trovato nella condizione concreta di difendersi in ordine al fatto ritenuto in sentenza. In particolare, qualora venga dedotta la violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa contestata e sentenza, al fine di verificare se vi sia stata una trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito, non solo va apprezzato in concreto se nella contestazione, considerata nella sua interezza, non si rinvengano gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, ma anche se una tale trasformazione, sostituzione o variazione abbia realmente inciso sul diritto di difesa dell’imputato, ovvero se l’imputato si sia trovato nella condizione concreta di potersi difendere. Nel caso di specie, si rinviene l’identità del fatto, quale nucleo comune della condotta illecita senza alcuna incompatibilità ovvero eterogeneità che abbia impedito alla difesa di essere esercitata appieno.

 

 

 

Anna Teresa Paciotti

 

Legislazione e normativa nazionale

Dottrina e sentenze

Consiglio Ordine Roma: informazioni

Rassegna stampa del giorno

Articoli, comunicati e notizie

Interventi, pareri e commenti degli Avvocati

Formulario di atti e modulistica

Informazioni di contenuto legale

Utilità per attività legale

Links a siti avvocatura e siti giuridici