_
La sentenza in commento induce ad
una importante riflessione sulla rivoluzione che ha
segnato, negli ultimi anni, lo sviluppo di internet. Una
rivoluzione caratterizzata dall'avvento dei social
network e dalla diffusione del Web, i cui tratti
peculiari possono riassumersi in tre tratti essenziali:
a) pubblicazione: gli utenti creano i propri contenuti.
Non sono più meri utenti/fruitori
di contenuti realizzati da terzi, ma diventano - se così
può dirsi - «editori» dei propri spazi; b)
partecipazione: gli utenti hanno un ruolo attivo,
possono votare per i contenuti immessi in rete oppure
costruire virtualmente comunità di utenti, abbattendo i
tradizionali paradigmi delle connessioni umane fondate
sulle limitazioni del tempo e dello spazio (il caso
oggetto di commento, riguardante un Gruppo Facebook ne è
un esempio clamoroso); c) personalizzazione: i nuovi
servizi permettono agli utenti di personalizzare i
contenuti offerti dalla rete. Si pensi, in questo senso,
alla possibilità di visualizzare una prima pagina di un
giornale telematico, che rispecchi le proprie preferenze
ed i propri ovvero alla possibilità di selezionare la
propria musica preferita.
L’incremento dei social network,
prima ancora che sul piano strettamente giuridico, deve
essere osservato alla luce di alcune peculiarità che
caratterizzano l'economia di internet.
Orbene! È possibile individuare
alcuni aspetti peculiari, che caratterizzano la
creazione e l'espansione delle imprese appartenenti alla
c.d. new economy.
In primo luogo, a differenza delle
regole dell'economia tradizionale, ciò che maggiormente
conta è l'idea, che costituisce il valore principale
dello start-up delle imprese, i cui costi fissi, nella
fase iniziale, sono piuttosto circoscritti. Sulla base
di questa riflessione, si comprende, allora, anche un
altro aspetto che distingue la new economy dalla old
economy e dalle regole della concorrenza che guidano
l'economia tradizionale. Lo sviluppo delle imprese che
operano su internet conosce, infatti, dei tassi di
sviluppo che sono impensabili per le imprese che operano
nel mondo "reale". Si pensi proprio al social network
protagonista della vicenda analizzata dai giudici
piemontesi: Facebook, tra l'aprile del 2008 e l'aprile
del 2009, è cresciuto di circa il 700% (dati Alexa,
20101), divenendo il secondo sito più visitato della
rete.
Un'altra spia significativa è
rappresentata dal valore commerciale dei segni
distintivi e di marchi in genere. Giova evidenziare che
nel periodo anteriore all’entrata in vigore del codice
della proprietà industriale, la grande maggioranza dei
giudici di merito e della migliore dottrina si
pronunciava nel senso applicabilità della legge marchi
anche al c.d. domain name . E' risultata, infatti, del
tutto minoritaria la tesi secondo cui, essendo i domain
names semplici indirizzi elettronici aventi la funzione
di consentire a chiunque di raggiungere una determinata
pagina web presente in rete e volti, quindi, non già ad
identificare il soggetto (imprenditore o meno) titolare
del sito, ma solo un gruppo di oggetti (prodotti,
servizi etc.) presenti in rete, rispetto ad essi non
poteva porsi alcun problema di violazione dei segni
distintivi aziendali.
Al contrario, l'opinione
maggioritaria ha evidenziato come i «nomi a dominio»
sono gli strumenti attraverso i quali sia possibile
accedere nell'ambito di internet ad un vasto mercato
commerciale di dimensioni globali, consentendo di
identificare il titolare del sito web, i prodotti ed i
servizi offerti al pubblico, per cui essi rivestono una
vera e propria capacità distintiva che non si limita a
indicare la provenienza del prodotto o del servizio, ma
svolge, secondo la più recente concezione della natura e
della funzione del marchio, un funzione pubblicitaria e
suggestiva che ha la finalità di attrarre il consumatore
indicendolo all'acquisto. Parimenti, i c.d. Gruppi
creati nell’ambito di noti social network (uno fra
tutti, Facebook), idonei a intridersi di rilevanza
economica e di forte potenzialità commerciale e ad
identificarsi quali “segni distintivi atipici”,
suscettibili di plausibile tutela giuridica contro
interferenze confusorie. Sotto il profilo strettamente
normativo, va osservato che gli artt. 13 e 17 l.m.
riconoscono il principio dell'unitarietà dei segni
distintivi, per cui la violazione di uno di essi
(marchio ditta, denominazione, insegna…) è realizzata
anche se effettuata tramite la contraffazione o
l'utilizzazione abusiva di un segno distintivo diverso
come, ad esempio, nel caso di usurpazione di marchio a
mezzo di una insegna. In tal senso, l'indicazione
specifica dei segni distintivi diversi dal marchio
contenuta nei citati articoli e, cioè, ditta,
denominazione o ragione sociale e insegna, non può
considerarsi a carattere esaustivo, ma esemplificativo
tenuto conto, in particolare, del fatto che l'art. 17,
comma 1, lett. b) l.m., laddove si riferisce alla
notorietà dei marchi, usa l'espressione "marchio o segno
distintivo di prodotti...", senza alcuna specificazione
circa la natura (o il tipo) del segno distintivo, il che
lascia intendere che lo stesso possa essere anche
diverso da quelli elencati alla lett. c) del medesimo
art. 17, comma 1, o all'art. 13, comma 1, ove, per
l'appunto, si fa riferimento alla ditta, denominazione o
ragione sociale e insegna. Inoltre, l'art. 1 bis, comma
1, lett. a), laddove stabilisce che i titolari di
marchio non possono vietare ai terzi l'uso,
nell'attività economica, del loro nome e del loro
indirizzo, purchè l'uso non sia in funzione di marchio,
ma solo descrittiva, implicitamente lascia desumere che
anche l'indirizzo può costituire marchio qualora ne
ricorrano i presupposti: tale fattispecie appare
piuttosto frequente sia nel caso di “nomi a dominio” che
nel caso di “gruppi” inseriti in social network. Tutto
ciò lascia intendere che già la legge marchi, a seguito
della riforma del 1992, prendeva in considerazione segni
distintivi atipici che, in quanto tali, erano, dunque,
in grado di confliggere con marchi preesistenti di un
diverso titolare.
Tale interpretazione normativa ha
trovato poi riscontro e conferma nelle disposizioni del
codice della proprietà industriale di cui al D.Lgs. n.
30 del 2005, che, oltre a ricomprendere nella proprietà
industriale anche quei segni diversi dai marchi non
disciplinati direttamente dal codice in questione,
espressamente comprende - tra i segni distintivi anche -
i nomi a dominio (e, nell’ambito di un’interpretazione
evolutiva della legge, anche quegli spazi web identicati
come Gruppi con chiari fini economici e commerciali). In
particolare: l'art. 12, comma 1, lett. c) c.p.i esclude
che possano registrarsi come marchi per mancanza di
novità quei segni identici o simili a domini aziendali;
l'art. 22 c.p.i. esclude che possa adottarsi come
dominio aziendale un segno simile all'altrui marchio;
l'art. 118, comma 6, c.p.i. stabilisce che la
registrazione di un nome a dominio aziendale concessa in
violazione dell'art. 22 c.p.i. o in inala fede, possa
essere revocata o trasferita dall'autorità di
registrazione al richiedente; l'art. 133 c.p.i. prevede
l'inibitoria dell'uso del nome di dominio aziendale.
Deve, pertanto, concludersi che, se in base alla
normativa attualmente vigente non sorgono dubbi di sorta
sulla applicabilità delle disposizioni in materia di
marchio ai nomi di dominio aziendale, la stessa
normativa potrà applicarsi anche ai Gruppi creati dagli
utenti nell’ambito di social network ed aventi spiccato
intento commerciale.
La creazione di gruppi, infatti,
mira spesso a sfruttare le potenzialità di internet e
dei notissimi social network per la realizzazione di
interessi economici e imprenditoriali. L’ideazione di un
gruppo rappresenta, il più delle volte, un valido
strumento di contatto selettivo e mirato, utile veicolo
per la promozione di un’attività aziendale, soprattutto
allorchè il Gruppo risulti collegato ad un’impresa. È
indubbia, infatti, in un tale contesto, la rilevanza
economica del Gruppo Facebook. La stessa amicizia
virtuale rappresenta, del resto, un grosso potenziale di
contatti qualificati, potenzialmente idonei ad un
proficuo avviamento commerciale. Nel caso oggetto della
pronuncia in commento l’atto di concorrenza sleale si
profila - indubbiamente - a seguito dell’utilizzo di un
“gruppo” creato all’interno del social network Facebook,
con il chiaro ed indubbio intento di ingenerare
confusione con i prodotti e l’attività dell’azienda
concorrente e l’effetto di deviarne la clientela.
La condotta posta in essere è,
dunque, sicuramente idonea a danneggiare l’azienda
antagonista e, pertanto, suscettibile di essere
sanzionata giuridicamente. La possibilità di confusione,
in un contesto più o meno allargato, quale può essere
quello di un social network, è, come in qualsiasi altro
mercato in concorrenza, tanto più forte quanto più il
segno distintivo, ancorché atipico (come può essere, nel
caso di specie, il “gruppo” creato dall’utente
Facebook), sia dotato di particolare forza evocativa nel
contesto commerciale in cui è utilizzato e capace di
travolgere ogni ulteriore elemento e differenzazione.
Tribunale di Torino, 7 luglio 2011:
Quando il soggetto che avvia i contatti e calamita le
"amicizie
virtuali" di un “Gruppo” costituito
all'interno del social network Facebook è
dichiaratamente un
imprenditore, il tenore dei
rapporti con gli utenti del Gruppo, normalmente operanti
in un ambito
meramente sociale, muta e si
intride di rilevanza economica e di potenzialità
commerciale. Pertanto
il “Gruppo” costituito all'interno
del social network Facebook può rappresentare un caso di
segno
distintivo atipico, suscettibile di
tutela contro l'interferenza confusoria, quantomeno ai
sensi
dell'art.2598, n.1, cod. civ.., che
protegge, in generale, anche i "segni legittimamente
usati da altri"
quale fattispecie espressamente
considerata di atto idoneo a creare confusione con i
prodotti e
l'attività del concorrente.
TRIBUNALE DI TORINO
SEZIONE SPECIALIZZATA
IN MATERIA DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE
E INTELLETTUALE
Proc. n. 19145 r.g. 2011
Syprem s.r.l. (avv. Capello) - R.
(avv. Allasia) - Syemme di R.
M. (avv.Montanaro)
Il Giudice designato dott.Umberto
Scotti,
esaminati gli atti,
sciogliendo la riserva formulata
all'udienza del 6.7.2011,
ha pronunciato la seguente
O R D I N A N Z A
FATTO
§ 1. La materia del contendere.
La Syprem s.r.l. chiede
l'emanazione di un provvedimento cautelare nei confronti
di A. R. e della
Ditta Syemme di R. M. che, previo
accertamento del carattere illegittimo e
anticoncorrenziale della
manomissione del Gruppo Facebook da
essi operata in data 3.3.2011, imponga loro:
l'immediata modifica del nome del
Gruppo Facebook da "Syemme" a "Syprem";
l'immediata rinomina di M. P. e Ma.
Pa. quali amministratori del Gruppo;
l'astensione da ogni futuro
intervento sul Gruppo predetto e l'eliminazione del
nominativo del R.
dagli amministratori e membri del
Gruppo;
il tutto con il corredo della
pubblicazione del provvedimento via Internet e a mezzo
stampa e di
congrua penale dissuasiva per il
ritardo nell'adempiere.
La Syprem sostiene:
che il Gruppo Facebook "Syprem" era
stato creato nel 2009 dalla dott.ssa M. P., legale
rappresentante della società,
utilizzando il proprio profilo personale e nominando
amministratori il
fratello Marco (consigliere e socio
della Syprem) e A. R., all'epoca collaboratore addetto
alla
commercializzazione dei prodotti;
che la collaborazione con il R. era
terminata a dicembre del 2010;
che a marzo del 2011 il R., previa
comunicazione e-mail a numerosi clienti, aveva proceduto
alla
modifica del nome del Gruppo
"Syprem" in "Syemme", alla rimozione di M. e Ma. Pa. da
amministratori, alla sostituzione
della foto identificativa del Gruppo, alla modificazione
dell'indirizzo e-mail (restando
invece immutato il numero di telefono Syprem), alla
segnalazione
nella sezione "Info" del sito
"Syemme" come "nuovo sito Syprem", alla persistente
pubblicazione di
numeroso materiale fotografico
relativo a prodotti Syprem;
che la Syemme era una ditta
individuale creata l'8.3.2011 e iscritta al Registro
delle Imprese in data
11.3.2011, di cui era titolare M.
R., moglie del R., che svolgeva attività di confezione e
stampa di
abbigliamento sportivo.
Secondo la ricorrente, il Gruppo
Facebook "Syprem" si configura come segno distintivo
atipico,
con funzione di identificazione e
distinzione dell'imprenditore, utilizzabile con finalità
pubblicitarie
e promozionali; la ricorrente
assume di aver essa solo il diritto di utilizzare in via
esclusiva il
Gruppo Facebook che porta il suo
nome; aggiunge ancora la ricorrente la manipolazione ex
adverso
effettuata integra un atto di
concorrenza sleale confusoria ex art.2598 n.1 c.c. ed
eventualmente
anche una condotta contraria ai
principi della correttezza professionale ai sensi
dell'art.2598 n.3 c.c..
A. R., dopo aver eccepito
l'incompetenza funzionale dell'adito Giudice della
Sezione Distaccata di
Ciriè, in considerazione della
competenza della Sezione Specializzata in materia di
proprietà
industriale e intellettuale di
Torino, ha sostenuto il proprio difetto di
legittimazione passiva nella
propria qualità di ex dipendente
non imprenditore.
Il R. ha contestato l'avversaria
ricostruzione in fatto, a suo dire smentita dalle stesse
regole che
governano l'utilizzo e il
funzionamento di Facebook, assumendo che se M. P. avesse
effettivamente
creato lei il Gruppo non sarebbe
stato possibile per lui estrometterla agendo come
semplice
amministratore.
Il R. ha poi dedotto:
di essere stato lui, quando
lavorava alle dipendenze di Syprem, a creare il Gruppo
con propria
password all'interno del suo
personale profilo il Gruppo Syprem;
che le modifiche apportate alle
informazioni di contatto del Gruppo erano state
effettuate in seguito
al furto delle password
regolarmente denunciato;
che la paternità del Gruppo era
esclusivamente riconducibile alla sua persona;
che era in corso una causa di
lavoro fra lui e la Syprem per il recupero di rilevanti
somme non
corrisposte
La Syemme di M. R., anch'essa dopo
aver eccepito l'incompetenza funzionale dell'adito
Giudice
della Sezione Distaccata di Ciriè
per la stessa ragione, ha sostenuto il proprio difetto
di
legittimazione passiva, in quanto
estranea al social network Facebook e in assenza di
qualsiasi
contestazione rivolta da parte
ricorrente al suo indirizzo.
Secondo la resistente, il Gruppo ad
essa intitolato costituiva un semplice modo di
socializzare fra
persone appassionate del podismo;
la Syemme precisava inoltre che essa, come la Syprem,
commercializzava abbigliamento
sportivo acquistato dal produttore, venduto a svariate
aziende, e
marchiato solo successivamente,
ricavandone il corollario che la Syprem non poteva
vantare alcun
diritto di esclusiva.
Dopo la replica di parte
ricorrente, che si è rimessa in ordine all'eccezione di
incompetenza, con
ordinanza del 15.6.2011, il Giudice
della Sezione Distaccata di Ciriè, dopo aver escluso la
configurabilità di una questione di
competenza ex art.38 c.p.c. e aver ravvisato una mera
problematica di attribuzione degli
affari civili nell'ambito della medesima sede
giudiziaria, ha
trasmesso gli atti al Presidente
del Tribunale che ha riassegnato il procedimento alla
Sezione
Specializzata in epigrafe.
§ 2. L'eccezione di difetto di
legittimazione passiva proposta da A. R..
L'eccezione di difetto di
legittimazione passiva proposta da A. R. è infondata e
va respinta.
Il R. sostiene di non essere
legittimato nella propria qualità di mero ex dipendente,
non
imprenditore.
La sussistenza della legittimazione
passiva ad causam, come è noto, attiene alla necessaria
coincidenza fra il soggetto contro
il quale l'azione è proposta e la controparte del
rapporto
sostanziale dedotto in giudizio e
pertanto deve essere valutata alla stregua della
prospettazione
formulata dalla parte attrice; in
effetti, nella fattispecie, la Syprem ha
inequivocabilmente addebitato
al R. precise condotte illecite
volte ad interferire con l'utilizzo dei suoi segni
distintivi.
Anche volendo riqualificare
l'eccezione come eccezione di merito di difetto di
titolarità soggettiva,
il risultato non muta.
È altrettanto noto che anche il non
imprenditore può concorrere nell'illecito concorrenziale
ex
art.2598 c.c., che presuppone sì un
conflitto fra imprese in concorrenza almeno potenziale
sul
mercato, ma non esige che gli atti
siano posti in essere direttamente dell'imprenditore
concorrente; è
infatti sufficiente che l'atto
scorretto da parte di un terzo soggetto ( il cosiddetto
"interposto") si
rivolga in beneficio
dell'imprenditore concorrente, che partecipa
all'illecito quale "autore morale".
Lo schema che si realizza è
sostanzialmente analogo a quello penalistico del
concorso di persone
nel reato "proprio", in cui la
condotta materiale può essere realizzata dal c.d.
extraneus in accordo
con il complice dotato del
requisito soggettivo previsto nella fattispecie
criminosa.
In tal senso, ad esempio: "La
concorrenza sleale deve ritenersi fattispecie
tipicamente riconducibile
ai soggetti del mercato in
concorrenza, non configurabile, pertanto, ove manchi il
presupposto
soggettivo del cosiddetto "rapporto
di concorrenzialità"; tuttavia, non è esclusa la
configurabilità
dell'illecito concorrenziale anche
quando l'atto lesivo del diritto del concorrente venga
compiuto da
un soggetto (il cosiddetto terzo
interposto) il quale, pur non possedendo egli stesso i
necessari
requisiti soggettivi (non essendo
cioè concorrente del danneggiato), agisca per conto di
(o
comunque in collegamento con) un
concorrente del danneggiato stesso, nel qual caso il
terzo va
legittimamente ritenuto
responsabile, in solido, con l'imprenditore che si sia
giovato della sua
condotta." (Cass.civ. 9.8.2007
n.17459; 20.3.2006 n.6117;11.4.2001 n.5375).
Inoltre occorre tener presente che
l'imprenditore titolare di un diritto sul segno
distintivo e in
particolare sul marchio di impresa
(cfr art.20 C.p.i.) ha il diritto di vietarne a terzi
l'uso "nell'attività
economica", concetto questo molto
lato, che non presuppone l'uso diretto da parte di un
imprenditore concorrente ma appare
soddisfatto in ogni ipotesi di apprezzabile rilevanza
economica
dell'attività esercitata (come, ad
esempio, si verifica nell'ipotesi di un uso promozionale
del segno
effettuato da un terzo non
imprenditore ad oggettivo beneficio di un imprenditore
concorrente).
§ 3. L'eccezione di difetto di
legittimazione passiva proposta dalla Syemme.
L'eccezione di difetto di
legittimazione passiva proposta dalla Syemme è
altrettanto infondata per le
stesse ragioni sopra ricordate e i
principi che governano l'esperimento dell'azione di
concorrenza
sleale, in presenza di un'attività
posta in essere da un soggetto non imprenditore
interposto in
oggettivo beneficio di un
imprenditore concorrente.
La Syemme non può protestarsi
estranea alle deduzioni di cui al ricorso che indicano
con chiarezza
la neocostituita Ditta della moglie
come il beneficiario delle attività concorrenziali
illecite attribuite
al R., tratteggiando in modo ampio
e persuasivo il rapporto concorrenziale, quantomeno
potenziale
per il comune mercato di
riferimento, fra le due imprese.
Non può certamente meritar consenso
l'ulteriore assunto di Syemme, allorché essa afferma che
sia
la Syemme, sia la Syprem,
commercializzano abbigliamento sportivo acquistato "non
marchiato" da
un produttore generico che lo vende
a svariate aziende che lo marchiano solo
successivamente, per
ricavarne indebitamente la
conseguenza che la Syprem non può vantare alcun diritto
di esclusiva.
La Syprem - è evidente - può
vantare il diritto di esclusiva sulla sua Ditta -
denominazione sociale e
sul suo marchio Syprem: poco
importa che lo applichi su prodotti acquistati a monte
da un
produttore generico, quand'anche
fosse lo stesso da cui acquista i suoi capi la Syemme
per
marchiarli con il suo segno.
§ 4. Il fatto storico accertato.
Il fatto storico deve ritenersi
accertato, almeno nei suoi tratti rilevanti agli effetti
del decidere,
quantomeno nel presente giudizio
cautelare, improntato a carattere di sommarietà.
A. R. ha infatti sostenuto nel suo
scritto difensivo, sia pur con qualche ambiguità, di
esser stato lui a
cambiar denominazione del Gruppo
Facebok intestandolo alla Syemme; del resto tutta la sua
difesa,
improntata alla deduzione della
correttezza del suo operato alla stregua delle regole
che governano
la creazione e la gestione dei
Gruppi Facebook, milita in tal senso.
Egli dice, in sostanza: ero io
l'amministratore-fondatore, ho creato io il Gruppo e se
non fosse così
non avrei potuto modificarlo ed
estromettere il preteso fondatore M. P., perché ciò,
semplicemente,
non è possibile in Facebook.
All'udienza del 6.7.2011 il R. ha
precisato "di aver eseguito l'operazione di
trasferimento del
Gruppo Facebook da Syprem a Syemme
perché era il socio fondatore del Gruppo Facebook e
quindi ne aveva i poteri e perché
essendo uscito da Syprem con controversie in corso
(vertenza di
lavoro da lui intentata contro
Syprem) voleva evitare di utilizzare il nome Syprem,
temendo
ritorsioni legali per l'uso del
nome."
A parere del Giudice designato tali
elementi - di concludente rilevanza ammissiva - sono più
che
sufficienti per la decisione
cautelare, senza necessità di ulteriori approfondimenti
circa gli aspetti
controversi fra le parti circa le
esatte modalità della creazione del Gruppo in questione
(casella di
posta elettronica e profili
utilizzati, amministratore fondatore ....), poiché in
ogni caso appare
configurabile un evidente abuso di
segni distintivi appartenenti alla società ricorrente e
una condotta
concorrenziale confusoria posta in
essere in suo pregiudizio.
§ 5. Brevi note sui Gruppi
Facebook.
Appare opportuna una breve
illustrazione della natura dei Gruppi Facebooki, desunta
dalle ampie
indicazioni, sostanzialmente
convergenti, fornite dalle parti.
Facebook è un c.d. "social
network", che agisce nella rete Internet, che consente
ad ogni utente
(persona fisica o giuridica) di
registrarsi con l'inserimento dei propri dati personali
e fornendo un
valido indirizzo di posta
elettronica, creando un proprio spazio web (il c.d.
"profilo Facebook) e di
inserire dati ed immagini in
apposite sezioni (Bacheca, Info, Foto e Video).
Il profilo di ciascun utente è
immediatamente visibile in modo generalizzato ed è
suscettibile di
selezione con apposito strumento di
ricerca.
È ben nota la caratteristica
peculiare del sistema, rappresentata dalla c.d.
"richiesta di amicizia", che
consente la realizzazione di
collegamenti di amicizia virtuale con altri utenti del
network; in pratica
ciascun "amico virtuale" riceve
tramite mail le notizie pubblicate dai propri "amici" e
può
conversare in chat con gli amici
collegati in quel momento via Internet.
Facebook consente poi ad ogni
utente registrato di creare un apposito Gruppo, ossia
uno spazio web
che permette di inviare richiesta
di adesioni al Gruppo a qualsiasi utente di Facebook.
Gli utenti che accettano diventano
membri del Gruppo e ciò comporta la ricezione sul
proprio
profilo e mail associata le
informazioni pubblicate da parte del creatore del Gruppo
e anche
eventualmente di interagire
inserendo a loro volta commenti in Bacheca.
Tutto ciò premesso per l'opportuna
contestualizzazione della vertenza, è evidente che la
creazione di
un Gruppo Facebook mira allo
sfruttamento delle potenzialità di Internet e del
notissimo social
network per la realizzazione di una
molteplicità di contatti privilegiati e interattivi con
soggetti
interessati ad una certa persona o
a un certo argomento.
In particolare tale strumento di
contatto selettivo e mirato può essere estremamente
utile quale
veicolo collaterale di informazione
e di promozione di una attività aziendale se il Gruppo è
collegato ad una impresa
commerciale. In questa prospettiva il Gruppo Facebook ha
una precisa
rilevanza economica e la stessa
amicizia virtuale rappresenta un thesaurus di contatti
qualificati
potenzialmente produttivi di
avviamento commerciale.
In questa prospettiva crolla
l'argomentazione della difesa Syemme, che cerca di
circoscrivere
l'ambito delle attività intessute
con il Gruppo ad un ambito meramente sociale, senza
rilevanza
economica: ben vero, questa è
normalmente la chiave comunicativa dei soggetti che si
"espongono
e propongono" alla pubblica
attenzione sui social networks, ma allorché il soggetto
che avvia i
contatti e calamita le "amicizie
virtuali" è dichiaratamente un imprenditore, tutto il
tenore dei
rapporti muta e si intride di
rilevanza economica e di potenzialità commerciale.
Sotto altro profilo, il Gruppo
Facebook, che pure si connota con l'uso della
denominazione e dei
marchi della ricorrente (cfr
docc.18-24 di parte ricorrente), rappresenta un caso di
segno distintivo
atipico, suscettibile di tutela
contro l'interferenza confusoria, quantomeno ai sensi
dell'art.2598, n.1,
c.c., che come è noto, protegge, in
generale, anche i "segni legittimamente usati da altri"
quale
fattispecie espressamente
considerata di atto idoneo a creare confusione con i
prodotti e l'attività del
concorrente.
Recentemente la Suprema Corte
(Cass.civ. 3.12.2010 n.24620) ha attribuito rilievo in
questa
prospettiva all'uso di segni
distintivi atipici (dominio Internet prima della
regolazione ad opera del
Codice della proprietà industriale)
in presenza di una funzione pubblicitaria e suggestiva
del segno,
finalizzata ad attrarre il
consumatore nell'orbita dell'imprenditore, che si
identifica e segnala sul
mercato, nella fattispecie nella
rete Internet.
§ 6. La tesi della paternità R..
Secondo il Giudice designato la
tesi della paternità R. del Gruppo é palesemente
destituita di
fondamento.
Quand'anche fosse vero quanto
sostenuto dal resistente (ossia che era stato lui a
creare il Gruppo
utilizzando la propria personale
casella di posta elettronica e a segnalare i nomi dei
coamministratori,
ossia M. e Ma. Pa.), cosa per vero
contestata e tutt'altro che provata, è
assolutamente dirimente il rilievo
che tale attività è stata posta in essere in nome e per
conto della
Syprem e nel suo interesse, secondo
lo stesso R. addirittura in qualità di dipendente della
medesima
(cosa allo stato sub judice dinanzi
alla Sezione Lavoro di questo Tribunale).
Per vero, dal doc.32 prodotto da
parte ricorrente, nei cui riguardi non è stata sollevata
alcuna
specifica contestazione, parrebbe
invece che il collegamento alla mail sia stato variato a
novembre
2010 da omissis@syprem.com (ossia
dalla mail aziendale Syprem) a omissis@hotmail.com, così
smentendo le tesi del resistente.
Ciò ha legittimato l'ironica - ma
non arbitraria - chiosa della difesa ricorrente, secondo
cui la tesi del
R. sarebbe paragonabile alla
pretesa di un progettista Fiat di sostenere la propria
titolarità di un
prodotto aziendale da lui disegnato
in costanza di rapporto lavorativo, dopo essere
licenziato.
In ogni caso, e in linea
assolutamente dirimente, il Gruppo Facebook utilizza la
denominazione e il
marchio della Syprem come emblema e
segno di riconoscimento e ciò, anche di per sé solo,
costituisce manifestazione di
concorrenza confusoria ex art.2598 n.1. c.c. e
contraffazione del
marchio ai sensi dell'art.20 C.p.i.
(che, come è noto, si riferisce anche alla
corrispondenza e alla
pubblicità).
Di ciò era evidentemente ben
conscio lo stesso R., che, seppur abusando del Gruppo e
avvalendosi
dei poteri attribuitigli solo in
relazione alla sua pregressa collaborazione con la
Syprem, ha cercato,
non plausibilmente, di giustificare
il proprio operato perché "voleva evitare di utilizzare
il nome
Syprem, temendo ritorsioni legali
per l'uso del nome."
Con il che, il resistente,
giustamente preoccupato di non usare indebitamente il
nome altrui, si è
semplicemente appropriato del
segno, distraendolo a beneficio della neocostituita
Ditta della
moglie.
Tutte le considerazioni svolte dal
R. sono inficiate da un difetto di fondo; ossia quello
di privilegiare
per l'attribuzione della titolarità
del segno distintivo le regole interne di Facebook quale
sorta di lex
specialis, trascurando la
supremazia delle norme generali che disciplinano i
rapporti intersoggettivi
nell'ambito statuale e in
particolare nell'ambito dei rapporti commerciali sul
mercato, a cui le regole
associative di Facebook si debbono
evidentemente inchinare.
In altre e più chiare parole: sarà
verissimo che il socio fondatore di un Gruppo Facebook è
l'unico
soggetto che secondo le regole del
social network può regolamentare e modificare il proprio
Gruppo, ma ovviamente in ciò si
dovrà attenere al rigoroso rispetto di tutte le norme
dell'ordinamento, incluse quelle
che proteggono nomi e segni distintivi altrui.
Diversamente opinando, si finirebbe
paradossalmente per legittimare la creazione di
personalità
fasulle e l'apertura di gruppi ad
essa collegate da parte di chi si attribuisca falsamente
le generalità,
magari celebri, di un'altra
persona, sol che abbia creato per primo il profilo sul
social network.
Per finire, qualsiasi collegamento
fra la presente vertenza e il furto di password
denunciato dal R. il
1°.4.2011 (doc.6 resistente R.) è
da escludere poiché l'episodio è della fine di marzo
mentre la
modificazione del nome del Gruppo
si colloca all'inizio dello stesso mese.
§ 7. I concreti profili di
illiceità.
La concreta illiceità della
condotta denunciata dalla ricorrente risulta ampiamente
documentata in
atti:
all'inizio del mese di marzo 2011
la Syprem s.r.l. ha ricevuto missive di posta
elettronica di soggetti
vari che riferivano di aver
ricevuto una comunicazione mail del sig.R. "R. A. ha
cambiato il nome
del Gruppo da Syprem a Syemme" (cfr
doc.6 ricorrente, non contestato specificamente);
varie missive di posta elettronica
(docc. 7-10 ricorrente) dimostrano la situazione di
confusione
ingenerata da tale condotta
è obiettivo, documentalmente
provato (doc.11 ricorrente) e non contestato che il nome
del Gruppo
"Syprem" è stato modificato in
"Syemme";
i due amministratori P. sono stati
rimossi dal R., come ammesso da parte resistente;
la fotografia identificativa del
Gruppo è stata sostituita con l'immagine di un bambino
(doc.11),
circostanza non contestata;
nella sezione Info appare la
notizia "Visita il nuovo sito syprem: www.syemme.com"
(cfr doc.12
ricorrente), condotta questa di
grave attitudine confusoria, diretta intenzionalmente ad
accreditare
negli utenti l'opinione di una
continuità commerciale e giuridica fra Syprem e Syemme,
oltretutto
rafforzata dall'evidente analogia
dei due nomi, che iniziano entrambi con l'inusuale
sillaba "Sy";
nella sezione Info la confusione è
emblematica perché vi figurano dati Syemme (in
particolare
l'indirizzo di posta elettronica) e
dati della Syprem (il telefono 011.92.11.962), in
combinazione con
la sopra ricordata qualificazione
del sito Syemme come "nuovo sito Syprem";
in tal modo, come correttamente
ricostruito da parte ricorrente, i membri del Gruppo
Facebook
Syprem, dopo essere stati informati
della modifica del nome tramite mail, attraverso il link
sono
stati proiettati in un nuovo Gruppo
apparentemente identico a quello precedente e di qui
indirizzati
ad una nuova società che
commercializza anch'essa articoli sportivi in Torino, il
tutto in un contesto
che distorsivamente dichiara e
accredita una insussistente continuità fra Syprem e
Syemme;
nella sezione Foto appaiono
numerose fotografie in cui è riconoscibile il marchio
Syprem (doc.13
ricorrente).
§ 8. La posizione di Syemme.
Il coinvolgimento di Syemme in
tutto ciò non è seriamente dubitabile.
Il Gruppo ha preso il suo nome e
gli "amici virtuali" sono stati reinstradati e
indirizzati alla sua
azienda commerciale neo costituita,
concorrente della Syprem.
Anche a non voler considerare il
rapporto personale di coniugio fra la sig.ra M. R. e A.
R., autore
materiale delle condotte sopra
illustrate, il che rende del tutto irrealistica ogni
ipotesi diversa da
quella di un concorso ideativo e
commissivo fra i due, se non altro sul piano delle
presunzioni gravi,
precise e concordanti ex art.2729
c.c., pare assorbente il rilievo dell'obiettivo
beneficio ricevuto
dalla Syemme per effetto delle
condotte distrattive che hanno confuso il mercato e
disorientato i
contatti con gli amici Facebook di
Syprem.
Ai fini della repressione
inibitoria (per giunta cautelare, basata
sull'apprezzamento del mero fumus
boni juris) della condotta
concorrenziale sleale, che come è noto prescinde
dall'elemento soggettivo
(peraltro presunto ai fini della
tutela risarcitoria: art.2600 c.c.) tutto ciè è più che
sufficiente per
l'adozione delle richieste misure
anche nei confronti della Ditta beneficiaria, che, se
non altro, ha
tollerato le condotte illecite e si
è appropriata dei relativi benefici commerciali.
§ 9. Il periculum in mora.
Non v'è dubbio sulla sussistenza
del periculum in mora in costanza di un fenomeno
distrattivo in
atto, in cui gli associati del
Gruppo Facebook di Syprem (abbastanza numeroso, oltre
230 persone, e
comunque aperto a future adesioni)
sono reindirizzati ad una ditta concorrente con
informazioni
fuorvianti, mentre Syprem ha
diritto di recuperare i contatti privilegiati con coloro
che avevano
proposto "amicizia virtuale"
interessandosi alla sua attività e alle sue proposte.
Il danno, poi, non è agevolmente
quantificabile e in ogni caso il ripristino degli
equilibri di mercato
è tendenzialmente irreversibile.
§ 10. Le misure.
Vanno quindi adottate le misure
richieste da parte ricorrente nei confronti di entrambi
i resistenti.
La richiesta pubblicità può essere
contenuta nell'immediata pubblicazione, a cura e spese,
dei
resistenti dell'ordinanza in
formato integrale sul Gruppo Facebook, nonché
nell'autorizzazione alla
ricorrente di provvedere
analogamente alla pubblicazione sul proprio sito.
Non pare il caso di dar corso alla
pubblicazione del provvedimento sulla stampa
tradizionale, stante
la natura telematica dell'abuso.
I resistenti dovranno provvedere
entro tre giorni dalla comunicazione (in via telematica)
dell'ordinanza, con il presidio
della sanzione di euro 1.000,00= per ogni giorno di
ritardo
nell'attuazione del provvedimento.
§ 11. Le spese.
A norma dell'art.669 octies, commi
6 e 7, c.p.c. il Giudice deve regolare le spese
processuali,
giacché il provvedimento emanato ha
carattere anticipatorio e non meramente assicurativo.
Escluse le maggiori spese,
riconducibili allo svolgimento delle attività
processuali connesse alla
proposizione del ricorso presso la
Sezione Distaccata di Ciriè, imputabili alla parte
ricorrente, i
resistenti, in solido fra loro,
dovranno rifondere alla parte ricorrente la somma di
euro 4.695,00= (di
cui euro 195,00= per esposti, euro
1.500,00 per diritti, euro 2.500,00= per onorari, euro
500,00= per
rimb.forf. 12,5% ex art.14 t.p.f.),
oltre accessori di legge sugli imponibili.
P.Q.M.
P.Q.M.
Il Giudice designato,
visti gli artt.669 sexies e 700
c.p.c., nonché 131 C.p.i.;
1. ordina a A. R. e alla Syemme di
R. M. di provvedere entro giorni tre dalla comunicazione
telematica della presente
ordinanza:
alla modificazione del nome del
Gruppo Facebook da "Syemme" a "Syprem";
alla rinomina di M. P. e Ma. Pa.
quali amministratori del Gruppo;
all'eliminazione del nominativo di
A. R. dagli amministratori e membri del Gruppo;
all'astensione da ogni futuro
intervento sul Gruppo Facebook predetto;
2. determina a carico dei
resistenti A. R. e Syemme di R. M., in solido fra loro,
una sanzione
pecuniaria di euro 1.000,00= per
ogni giorno di ritardo nell'attuazione del
provvedimento, decorsi i
tre giorni di cui al punto 1;
3. dispone la pubblicazione della
presente ordinanza, in formato integrale, a cura e spese
dei
resistenti, sul Gruppo Facebook per
cui è causa;
4. autorizza la ricorrente a
provvedere alla pubblicazione della presente ordinanza,
in formato
integrale, sul proprio sito
Internet;
5. dichiara tenuti e condanna A. R.
e alla Syemme di R. M., in solido fra loro, a pagare
alla Syprem
s.r.l. la somma di euro 4.695,00=,
oltre accessori di legge sugli imponibili, a titolo di
rifusione spese
processuali.
6. si comunichi.
Torino, 7 luglio 2011
Il Giudice designato
Umberto Scotti. |