Salvatore Camonita
L'impugnazione consiste in un atto
scritto con il quale il lavoratore esprime la volontà di
contestare la validità del licenziamento.
La legge non richiede per questo
atto particolari formule: è infatti sufficiente che il
lavoratore manifesti per iscritto e in termini chiari al
datore di lavoro che intende opporsi al licenziamento
(art.6 Legge n.° 604/1966, modificato dall'art.32 della
Legge n.° 183/2010).
Il licenziamento può essere
impugnato dal lavoratore anche tramite l'intervento del
sindacato.
L'impugnazione può essere portata a
conoscenza del datore di lavoro con qualsiasi mezzo
idoneo, come lettere, telegrammi o fax.
L'art.32 della Legge n.° 183/2010
(c.d. Collegato Lavoro) ha profondamente modificato le
modalità e i termini per l'impugnazione del
licenziamento.
Prima della modifica apportata
dall'art. 32 della Legge n.° 183/2010 all'art. 6 L. n.°
604/1966 la procedura di impugnazione del licenziamento
prevedeva che:
entro 60 giorni dalla data di
comunicazione scritta del licenziamento ovvero dalla
successiva data di comunicazione scritta dei motivi, il
lavoratore doveva impugnare il licenziamento;
impugnato per tempo il
licenziamento, il lavoratore aveva quindi 5 anni di
tempo per proporre ricorso al giudice contro il
licenziamento;
il ricorso al giudice doveva
obbligatoriamente essere preceduto dal tentativo
obbligatorio di conciliazione (ex art. 410, c.p.c.): in
assenza di tale tentativo, ovvero se il ricorso al
giudice veniva presentato prima di 60 giorni dalla
richiesta del tentativo stesso, il giudice sospendeva il
giudizio e assegnava alle parti un termine di 60 giorni
per proporre il tentativo (perchè il tentativo di
conciliazione ex art. 410, c.p.c. costituiva condizione
di procedibilità ovvero non si poteva ricorrere in
giudizio senza il suo esperimento).
La Legge n.° 183/2010 ha confermato
che l'impugnazione del licenziamento deve avvenire entro
il termine di 60 giorni dalla data del licenziamento o
dalla successiva data di comunicazione dei motivi.
Scaduto inutilmente tale termine, il lavoratore perde la
possibilità di richiedere al Giudice del lavoro di
accertare l'invalidità del licenziamento e di condannare
il datore di lavoro al risarcimento del danno.
La giurisprudenza (Cass. Sez. Un.
n.° 8830/10) ha peraltro chiarito che, in caso di
impugnazione effettuata con lettera raccomandata, è
sufficiente che la spedizione avvenga entro 60 giorni
dalla comunicazione del licenziamento o dei relativi
motivi, essendo invece irrilevante che la dichiarazione
sia ricevuta dal datore di lavoro oltre questo termine.
La nuova disciplina ha invece
profondamente modificato la seconda parte della
procedura di impugnazione, quella che di fatto si apre
dopo che il lavoratore abbia impugnato il licenziamento
entro 60 giorni. In primo luogo, la Legge n.°183/2010 ha
escluso l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione
e ha contestualmente introdotto una pluralità di mezzi
di risoluzione delle controversie alternativi al ricorso
al giudice. Le parti avranno comunque la facoltà di
richiedere il tentativo di conciliazione, ma saranno,
altresì, libere di ricorrere direttamente all'autorità
giudiziaria.
Il tentativo di conciliazione prima
del giudizio rimane obbligatorio nella sola ipotesi in
cui la controversia riguardi i contratti certificati ai
sensi del D.Lgs. 276/2003.
Il lavoratore che intenda impugnare
dinnanzi al giudice un contratto di lavoro certificato
dovrà quindi preventivamente esperire il tentativo di
conciliazione presso la commissione che ha emesso l'atto
di certificazione.
In alternativa a tale tentativo di
conciliazione, le parti potranno facoltativamente
ricorrere alle procedure arbitrali. Resta innanzitutto
inalterata la possibilità di rivolgersi all'arbitro nei
casi e con le modalità previste dai contratti
collettivi.
In aggiunta, la nuova disciplina
prevede due nuove forme di arbitrato:
l'arbitrato durante il
tentativo di conciliazione: le parti, durante il
tentativo di conciliazione, avranno la possibilità di
chiedere alla commissione di conciliazione di risolvere
la lite in via arbitrale;
l'arbitrato innanzi a un
collegio costituito a iniziativa delle parti: le parti
potranno decidere che la lite sia risolta da un collegio
composto da un rappresentante di ciascuna di esse e da
un presidente scelto, di comune accordo, tra professori
universitari di materie giuridiche e avvocati
cassazionisti.
In secondo luogo, la Legge n.°
183/2010 ha radicalmente ridotto i termini concessi al
lavoratore per proporre ricorso al giudice. La nuova
disciplina, infatti, stabilisce che, una volta impugnato
per tempo il licenziamento, il lavoratore ha 270 giorni
di tempo per depositare il ricorso in tribunale oppure
comunicare al datore di lavoro la richiesta di tentativo
di conciliazione o arbitrato. In questo secondo caso, se
la conciliazione o l'arbitrato vengono rifiutati oppure
non è raggiunto il relativo accordo, il lavoratore ha 60
giorni di tempo - dal giorno del rifiuto o del mancato
accordo - per depositare il ricorso in tribunale. Nel
caso in cui il lavoratore non rispetti i termini di 270
o 60 giorni, l'impugnazione perde efficacia.
In sintesi, la Legge n.° 183/2010
prevede questa nuova procedura:
entro 60 giorni dalla data
della comunicazione scritta del licenziamento ovvero
dalla successiva data di comunicazione scritta dei
motivi, il lavoratore deve impugnare il licenziamento;
impugnato per tempo il
licenziamento, il lavoratore ha 270 giorni per
depositare il ricorso in tribunale oppure comunicare al
datore di lavoro la richiesta di tentativo di
conciliazione o arbitrato;
in questo secondo caso, se la
richiesta di conciliazione o arbitrato viene rifiutata
oppure non si raggiunge l'accordo, il lavoratore ha 60
giorni per depositare il ricorso in tribunale.
Le nuove norme in materia di
impugnazione del licenziamento (Legge n.° 183/2010) sono
state estese anche ad altre controversie, e in
particolare a:
· tutti i casi di
invalidità del licenziamento;
· i licenziamenti che
presuppongono la risoluzione di questioni relative alla
qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla
legittimità del termine apposto al contratto;
· il recesso del
committente nei rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, anche a progetto;
· il trasferimento del
lavoratore (in tal caso il termine decorre dalla data di
ricezione della comunicazione di trasferimento);
· l'azione di nullità del
termine apposto al contratto di lavoro;
· la cessione di contratto
di lavoro nell'ambito di un trasferimento d'azienda;
· la somministrazione
irregolare e tutti gli altri casi in cui si chieda la
costituzione o l'accertamento di un rapporto di lavoro
in capo a un soggetto diverso dal titolare del
contratto;
· i contratti di lavoro a
termine.
Tale disciplina ha da subito fatto
presagire dei fondati timori, in ordine ai licenziamenti
e alle forme di tutela apprestata ai lavoratori,
considerato che l'art. 2, comma 54° della Legge, n.°
10/2011 di conversione del D.L. n.° 225/2010 (c.d.
decreto Milleproroghe) ha inserito all'art. 32, L. n.°
183/2010 il comma 1 bis, il quale dispone: In sede di
prima applicazione, le disposizioni di cui all'articolo
6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come
modificato dal comma 1 del presente articolo, relative
al termine di sessanta giorni per l'impugnazione del
licenziamento, acquistano efficacia a decorrere 31
dicembre 2011, inducendo repentinamente il legislatore
ha sospenderne l’efficacia.
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