Illegittimo il licenziamento
disciplinare del dipendente se il datore di lavoro non
usa il suo potere nel rispetto delle regole di
correttezza e buona fede. Lo ha chiarito la sezione
Lavoro della Cassazione che ha respinto il ricorso di
un’azienda nei confronti di una sua dipendente. Alla
donna era stato inflitto un licenziamento disciplinare
che i giudici di merito avevano reputato illegittimo in
quanto la società datrice di lavoro non aveva dato
seguito alla richiesta dell’incolpata di rinviare la
convocazione chiesta per fornire le proprie
giustificazioni. La lettera di convocazione, peraltro,
era pervenuta alla dipendente il sabato e l’incontro era
stato fissato per il lunedì successivo. Un atteggiamento
così rigido e la concessione di tempi molto ristretti
tra la convocazione e la data dell’incontro da parte del
datore di lavoro testimoniavano una mancanza di buona
fede nello svolgimento della vicenda con conseguente
nullità della sanzione espulsiva.
La Cassazione, interpellata
dall’impresa che ha sostenuto di aver adempiuto a quanto
stabilito dall’articolo 7 dello statuto dei lavoratori,
ha confermato la decisione di merito affermando che il
datore di lavoro, pur non avendo un dovere autonomo di
convocazione del dipendente per l’audizione orale, ma
solo un obbligo correlato alla richiesta dell’incolpato,
ha comunque il dovere di gestire il potere disciplinare
“secondo i principi di correttezza e buona fede e,
quindi, con modalità tarli da non ingenerare equivoci
nel dipendente cui si riferisce la contestazione”.
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