Avv. Paolo Nesta


Palazzo Giustizia  Roma


Palazzo Giustizia Milano

Sede di Roma: C.so Vittorio Emanuele II,  252   00186 – Roma
Tel. (+39) 06.6864694 – 06.6833101 Fax (+39) 06.6838993
Sede di Milano:  Via Pattari,  6   20122 - Milano 
Tel. (+39) 02.36556452 – 02.36556453  Fax (+ 39) 02.36556454 

 

IMPUGNAZIONE DEGLI STRUMENTI URBANISTICI E TRASPOSIZIONE IN S.G. DEL RICORSO STRAORDINARIO-TAR VENETO - SENTENZA 11 ottobre 2011, n.1538-Nel diritto.it

 

Home page

Note legali e privacy

Dove siamo

Profilo e attività

Avvocati dello Studio

Contatti

Cassa di Previdenza e deontologia forense

Notizie di cultura e di utilità varie

 

 

 

 

MASSIMA

1. E’ esclusa la configurabilità di soggetti controinteressati rispetto alla impugnazione di strumenti urbanistici generali, nella considerazione che la funzione esclusiva dello strumento urbanistico è di predisporre un ordinato assetto del territorio, prescindendo dalla posizione dei titolari di diritti reali e dai vantaggi o svantaggi che ad essi possano derivare dalla pianificazione. I proprietari di aree contemplate dal piano regolatore o dalle sue varianti non hanno la posizione formale di controinteressati nei confronti del ricorso giurisdizionale proposto contro lo strumento urbanistico, e non sussiste quindi alcun obbligo per il ricorrente di notificare ad essi il ricorso, indipendentemente dalla natura dell'interesse legittimo fatto valere.

 

2. Il procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico (o di una sua variante) costituisce un atto complesso ineguale in ragione del fatto che deve intendersi la risultante del concorso di diversi atti di volontà, quello di livello comunale, esponenziale e rappresentativo della collettività e degli interessi locali, e quello regionale (e provinciale), espressione di un più ampio potere di indirizzo e coordinamento in materia urbanistica. In tale prospettiva, il Comune, in quanto coautore della variante approvata, assume la posizione di controinteressato.

 

3. La ratio dell’istituto della trasposizione del ricorso in s.g., di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971, è quella di garantire ai soggetti coinvolti nel procedimento che consegue alla proposizione del ricorso straordinario di scegliere la sede che ritengono più idonea per la trattazione della controversia, facoltà il cui esercizio deve essere riconosciuto anche alle amministrazioni non statali, le quali non necessariamente devono essere titolari di una situazione giuridica, opposta a quella del ricorrente, diretta alla conservazione dell’atto impugnato – ai controinteressati, infatti, tali enti sono solo equiparati ai fini della legittimazione alla proposizione dell’opposizione – essendo sufficiente che tali soggetti siano comunque portatori di una situazione giuridica qualificata di interesse in relazione all’atto amministrativo impugnato.

 

4. Sebbene a seguito delle scelte operate con il codice del processo amministrativo, l’istituto del ricorso straordinario abbia visto sbiadire talune di quelle caratteristiche che hanno indotto a qualificarlo quale un ibrido, in ragione della formale veste di atto amministrativo ma della sostanziale indole giurisdizionale, la facoltà esercitata dal soggetto legittimato attraverso l’atto di opposizione, di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971, diretta ad ottenere una decisione in sede giurisdizionale, mantiene la sua ragion d’essere, trovando la propria radice nel diritto di difesa di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione. Ciò in considerazione delle maggiori garanzie che, nonostante le importanti innovazioni introdotte, la tutela giurisdizionale assicura (doppio grado di giudizio, perfezione del contraddittorio, pubblicità delle udienze, discussione orale, termine per la pubblicazione delle pronunce, possibilità di ricorrere in Cassazione per motivi di giurisdizione ai sensi dell’art. 111 Cost.).

 

 

 

 

PRECEDENTI

Conforme           Difforme

Sulla prima massima: Cons. Stato, Ad. Plen., 8 maggio 1996 n. 2 ; Cons. St., sez. V, 2 marzo 2010, n. 1184; Id., sez. IV, 8 luglio 2002, n. 3805.

               

 

 

TESTO DELLA SENTENZA

 

TAR VENETO - SENTENZA 11 ottobre 2011, n.1538 - Pres. De Zotti - est. Bruno

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 1898 del 2010, proposto da Lucio Artuso e Carla Pierangelo, rappresentati e difesi dagli avv. Alessandro Calegari, Vera Parisio, Francesco Campanile e Nicola De Zan, con domicilio ex lege (art. 25 c.p.a.) presso la Segreteria i questo T.A.R.;

 

contro

 

la Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dagli avv. Ezio Zanon e Cristina Zampieri, con domicilio eletto in Venezia, Cannaregio, 23;

il Comune di Montegaldella, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

 

per l'annullamento

 

a) della deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n. 436 del 23 febbraio 2010, recante approvazione con modifiche d'ufficio, ai sensi dell'art. 45 L.R.V. n. 61/1985, della Variante Parziale n. 3 al Piano Regolatore Generale del Comune di Montegaldella, adottata con delibera C.C. n. 11 del 28.02.2005, limitatamente alla parte in cui non approva la 'modifica puntuale' n.1, relativa a immobili tutti di proprietà dei ricorrenti, volta a consentire la demolizione di un edificio posto in area golenale e la sua ricostruzione in area agricola adiacente, esterna all'argine golenale;

 

b) in parte qua, del parere del Comitato previsto dall'art. 27 della L.R. 11/2004, allegato alla predetta deliberazione di Giunta Regionale, che lo recepisce e fa proprio e c) della Valutazione Tecnica Regionale allegata alla prefata deliberazione di Giunta Regionale.

 

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

 

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;

 

Viste le memorie difensive;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2011 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori Calegari e Parisio per i ricorrenti e Mio in sostituzione di Zanon per la Regione Veneto;

 

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

 

FATTO

 

A. Lucio Artuso e la moglie Carla Pierangelo sono proprietari di un edificio rurale, già adibito ad uso residenziale, situato nell’area golenale del fiume Bacchiglione, catastalmente censito al foglio 6, mappale 19 del N.C.T. del Comune di Montegaldella.

 

B. I suddetti coniugi intendono procedere alla ristrutturazione del fabbricato, legittimamente edificato in epoca risalente, attraverso la demolizione e la ricostruzione al di fuori dell’area golenale; quest’ultima, infatti, è inidonea alla localizzazione di un fabbricato residenziale, in quanto di sovente soggetta ad esondazioni, tanto che il P.R.G. comunale prescrive un vincolo di inedificabilità.

 

C. Già nel 1996 gli Artuso hanno, dunque, richiesto un parere preventivo all’amministrazione comunale in ordine al trasferimento del suddetto volume fuori dalla golena, invocando l’applicazione dell’art. 7 della l.r. n. 24 del 1985, che disciplina l’edificabilità nelle zone agricole; tale richiesta è stata favorevolmente riscontrata dalla Commissione Edilizia Comunale.

 

D. Nel 2004 i coniugi Artuso hanno, quindi, chiesto l’autorizzazione per demolire il fabbricato e ricostruire il volume in altra area, sempre in loro proprietà, inserita nella Z.T.O. E2-2 “di limitata importanza per la funzione produttiva agricola”, istanza che, tuttavia, è stata rigettata dall’amministrazione comunale.

 

E. Al fine di dirimere alcune problematiche emerse in merito all’ammissibilità dell’intervento e valutata l’opportunità di favorire il trasferimento dei volumi in area consona, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 11 del 28 febbraio 2005, è stata adottata una variante al P.R.G., che ha previsto espressamente – nella “scheda per intervento puntuale” n. 1 – che il volume costituito dall’edificio dei coniugi Artuso potesse essere trasferito nella vicina area agricola, ricompresa nella Z.T.O. E2-2, ove è ammessa l’edificazione residenziale.

 

F. Con deliberazione della Giunta Regionale n. 436 del 2010, la suddetta variante è stata approvata con modifiche d’ufficio, ai sensi dell’art. 45 della l.r. n. 61 del 1985; ai fini che in questa sede rilevano, l’amministrazione regionale ha ritenuto di non approvare la “modifica puntuale” n.1, avente ad oggetto la proprietà di Lucio Artuso e Carla Pierangelo.

 

G. La deliberazione della Giunta Regionale ha fatto proprie, infatti, le valutazioni espresse dal Comitato di cui all’art. 27, comma 2 della l.r. n. 11 del 2004, il quale ha rilevato che: «Non si condivide la modifica in quanto l’opportunità di traslare edifici esistenti da una zona all’altra, ancorché si tratti sempre di zone Agricole, è esclusa sia dalla L.R. 61/85 che dalla L.R. 24/85. Si precisa, inoltre, che l’edificazione in zona Agricola è definita dalla L.R. 24/85, pertanto la proposta in esame si trova in contrasto con quanto prevede la L.R. 61/85, art. 45, punti 5 e 6. Si rileva, infine, che l’edificio in oggetto, compreso all’interno dell’area golenale del Bacchiglione, non è l’unico, ma comunque si dovrà fare riferimento non alla mera indicazione su carta della golena o area di tutela bensì l’arginatura esistente che corre quasi parallelamente alla strada. Pertanto non condividendo la proposta di modifica, si invita il Comune a valutare tale tema in sede di predisposizione di PAT/PATI, come opere incongrue, crediti edilizi, ecc.».

 

H. Avverso la suddetta deliberazione della Giunta Regionale, Lucio Artuso e Carla Pierangela hanno proposto, nei limiti dell’interesse, ricorso straordinario al Capo dello Stato, notificato al Comune di Montegaldella in data 13 luglio 2010 ed alla Regione Veneto il successivo 14 luglio.

 

I. Il Comune di Montegaldella ha, tuttavia, proposto opposizione ex art. 10 del D.P.R. 1199/1971, a seguito della quale i ricorrenti hanno depositato l’atto di costituzione in giudizio, chiedendo l’annullamento dei provvedimenti gravati.

 

L. Con un unico articolato motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 45 della l.r. n. 61 del 1985, degli artt. 4, 5 e 11 della l.r. n. 24 del 1985 e dell’art. 27 della l.r. n. 61 del 1985, nonché censurato il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità.

 

M. La difesa dei ricorrenti, dopo essersi soffermata sulla sussistenza delle condizioni dell’azione, ha contestato, in primo luogo, la violazione dell’art. 45 della l.r. n. 61 del 1985 – applicabile ratione temporis alla fattispecie – che circoscrive il potere della Regione di apportare modifiche d’ufficio agli strumenti urbanistici entro specifici limiti. Nello specifico, parte ricorrente ha evidenziato che il giustificativo posto alla base della deliberazione approvata non può essere individuato, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione regionale, nella necessità di assicurare “l’osservanza di prescrizioni e vincoli stabiliti dalla legge e regolamenti”, giacché nessuna disposizione preclude al Comune di stabilire nello strumento urbanistico che edifici posti in area inedificabile, incongrua e pericolosa possano essere demoliti, con trasferimento del relativo volume in area idonea. In assenza di tale preclusione, dunque, del tutto illegittimamente la Regione ha esercitato il potere di modifica d’ufficio, inerendo la scelta a quelle valutazioni in merito alla disciplina del territorio comunale ed al suo razionale assetto e sviluppo, rimesse all’apprezzamento dell’amministrazione comunale.

 

La difesa dei ricorrenti, invero, non si è limitata a rilevare l’assenza delle suddette preclusioni ma articolatamente ha ricostruito la disciplina normativa regionale che espressamente prevede la possibilità di tali interventi, proprio in relazione a fattispecie astratte esattamente coincidenti con quella oggetto del presente giudizio.

 

In relazione agli ulteriori giustificativi posti a fondamento della deliberazione impugnata, la difesa dei ricorrenti ha contestato l’inconferenza, la contraddittorietà e l’irragionevolezza.

 

N. La Regione Veneto si è costituita in giudizio per resistere al gravame, concludendo per la reiezione del ricorso in quanto inammissibile e, comunque, infondato.

 

O. Con ordinanza n. 161/2010 questa Sezione, valutando che le ragioni e le esigenze di parte ricorrente potessero essere tutelate adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito, ne ha disposto la trattazione ai sensi dell’art. 55, comma 10 c.p.a..

 

P. All’udienza del 6 aprile 2011 i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive posizioni, dopo di che la causa è stata trattenuta per la decisione.

 

DIRITTO

 

1. Il Collegio deve preliminarmente esaminare le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa dell’amministrazione resistente.

 

1.1. Viene dedotta, infatti, l’omessa notificazione del ricorso straordinario ad almeno uno dei potenziali controinteressati, non potendosi ritenere sufficiente, a tal fine, quella effettuata al Comune di Montegaldella.

 

1.1.2. L’eccezione è infondata.

 

1.1.3. Il Collegio rileva, infatti, conformemente al consolidato orientamento giurisprudenziale, che è esclusa la configurabilità di soggetti controinteressati rispetto alla impugnazione di strumenti urbanistici generali, nella considerazione che la funzione esclusiva dello strumento urbanistico è di predisporre un ordinato assetto del territorio, prescindendo dalla posizione dei titolari di diritti reali e dai vantaggi o svantaggi che ad essi possano derivare dalla pianificazione.

 

Si osserva, invero, che i proprietari di aree contemplate dal piano regolatore o dalle sue varianti non hanno la posizione formale di controinteressati nei confronti del ricorso giurisdizionale proposto contro lo strumento urbanistico, e non sussiste quindi alcun obbligo per il ricorrente di notificare ad essi il ricorso, indipendentemente dalla natura dell'interesse legittimo fatto valere (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 8 maggio 1996 n. 2 ; Cons. St., sez. V, 02 marzo 2010, n. 1184; Cons. St., sez. IV, 08 luglio 2002 , n. 3805).

 

1.1.4. Oltretutto, nella specie, i ricorrenti impugnano la deliberazione della Giunta Regionale di approvazione con modifiche d’ufficio della variante al P.R.G. comunale, limitatamente alla parte in cui non approva la 'modifica puntuale' n.1, relativa ad immobili tutti di loro proprietà – volta a consentire la demolizione di un edificio posto in area golenale e la sua ricostruzione in area agricola adiacente – per cui l'oggetto del contendere non è costituito da una posizione di relativo vantaggio attribuita dalla variante generale ad un terzo determinato.

 

1.2. La difesa dell’amministrazione resistente, inoltre, ha dedotto l’inammissibilità dell’atto di trasposizione, in ragione dell’asserita inammissibilità dell’opposizione al ricorso straordinario proposta dal Comune di Montegaldella, sul presupposto che detto ente non rivestirebbe nella sostanza i caratteri del controinteressato.

 

1.2.1. La questione, già sollevata d’ufficio nel corso dell’udienza cautelare del 1° dicembre 2010, ha costituito oggetto di ampia trattazione da parte del Collegio.

 

1.2.2. L’eccezione, infatti, è incentrata sull’interpretazione dell’art. 10, comma 1 del D.P.R. n. 1199 del 1971, che consente ai controinteressati e, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 142 del 1982, anche alle amministrazioni, diverse da quelle statali, che hanno emanato l'atto impugnato con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, di proporre opposizione, chiedendo che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale.

 

1.2.3 Le argomentazioni di parte resistente si appuntano sulle peculiarità della fattispecie, nella quale la Giunta Regionale ha approvato la variante apportando modifiche d’ufficio e, dunque, esercitando un potere che rientra nella sua autonoma sfera di competenza, sostanziandosi in un atto di controllo.

 

1.2.4. Nella prosecuzione dell’articolazione difensiva, la difesa di parte resistente sottolinea, dunque, che il Comune di Montegaldella, in quanto ente cointeressato, avrebbe dovuto, vantando un interesse analogo a quello dei ricorrenti, far valere in via autonoma le proprie pretese in sede giurisdizionale ed entro i termini di decadenza.

 

1.2.5. Il Collegio evidenzia, in primo luogo, che il procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico (o , come nella fattispecie, di una sua variante) costituisce un atto complesso ineguale in ragione del fatto che deve intendersi la risultante del concorso di diversi atti di volontà, quello di livello comunale, esponenziale e rappresentativo della collettività e degli interessi locali, e quello regionale (e provinciale), espressione di un più ampio potere di indirizzo e coordinamento in materia urbanistica.

 

In tale prospettiva, dunque, il Comune, in quanto coautore della variante approvata, assume la posizione di controinteressato.

 

1.2.6 Vero è che, nella fattispecie, l’amministrazione ha approvato con modifiche d’ufficio la variante, sicché occorre verificare se tale circostanza possa indurre ad una diversa valutazione rispetto a quella generale e formale sopra evidenziata.

 

1.2.7. Il Collegio ritiene che l’esito non possa essere che negativo.

 

1.2.8. Elementi a sostegno dell’ammissibilità dell’opposizione al ricorso straordinario proposta dal Comune di Montegaldella sono desumibili, in primis, dalla prefata sentenza additiva della Corte Costituzionale, la quale, infatti, ha equiparato ai controinteressati, ai fini dell’esercizio della suddetta facoltà, l’ente pubblico, diverso dallo Stato, che ha emanato l'atto impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

 

1.2.9. La ratio dell’istituto, sulla quale, peraltro, si fonda anche la pronuncia della Consulta, è quella di garantire ai soggetti coinvolti nel procedimento che consegue alla proposizione del ricorso straordinario di scegliere la sede che ritengono più idonea per la trattazione della controversia, facoltà il cui esercizio deve essere riconosciuto anche alle amministrazioni non statali, le quali non necessariamente devono essere titolari di una situazione giuridica, opposta a quella del ricorrente, diretta alla conservazione dell’atto impugnato – ai controinteressati, infatti, tali enti sono solo equiparati ai fini della legittimazione alla proposizione dell’opposizione – essendo sufficiente che tali soggetti siano comunque portatori di una situazione giuridica qualificata di interesse in relazione all’atto amministrativo impugnato.

 

1.2.10. L’esistenza di tale interesse certamente sussiste nella fattispecie, trattandosi di un giudizio che ha ad oggetto la deliberazione di approvazione della variante al P.R.G. comunale, rispetto alla quale assume rilievo l’esistenza di un interesse sostanziale di cui è portatrice l’amministrazione comunale, in ragione dell’incidenza della decisione sulle scelte pianificatorie e, nello specifico, sulla destinazione urbanistica di una parte del proprio territorio, la cui definizione è primariamente ad essa demandata, sia pure, come sopra evidenziato, nell’ambito di un procedimento complesso nel quale vi è la concorrenza di diversi atti di volontà.

 

1.2.11. Il dato normativo sostiene tale soluzione; alcuna rilevanza viene, infatti, attribuita agli specifici motivi alla base della scelta di proporre l’opposizione, tant’è che l’art. 10 del D.P.R. n. 1199 del 1971 non prescrive che l’atto di opposizione debba essere motivato.

 

1.2.12. Il Collegio condivide, sul punto, la laboriosa e scrupolosa ricostruzione effettuata dalla difesa di parte ricorrente.

 

1.2.13. La funzione selettiva – al fine di scongiurare un’estensione illimitata del novero dei soggetti legittimati, suscettibile, peraltro, di agevolare facili elusioni, consentendo, ad esempio, alla parte ricorrente di “recuperare”, attraverso opposizioni di “comodo”, la trattazione nella sede giurisdizionale originariamente preclusa dalla decorrenza dei termini di decadenza – è stata, dunque, affidata alla sussistenza di un interesse giuridicamente apprezzabile, sul piano formale o su quello sostanziale, del quale deve essere titolare la parte che presenta l’opposizione.

 

1.2.14. Il Collegio ritiene, inoltre, di evidenziare che, sebbene a seguito delle scelte operate con il codice del processo amministrativo (tra le quali, in particolare, l’espressa ammissibilità del ricorso per ottemperanza anche per le decisioni rese in sede di ricorso straordinario) l’istituto abbia visto sbiadire talune di quelle caratteristiche che hanno indotto a qualificarlo quale un ibrido – “ircocervo” giuridico, nella terminologia usata dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 298 del 1986 – in ragione della formale veste di atto amministrativo ma della sostanziale indole giurisdizionale, la facoltà esercitata dal soggetto legittimato attraverso l’atto di opposizione, diretta ad ottenere una decisione in sede giurisdizionale, mantiene la sua ragion d’essere, trovando la propria radice nel diritto di difesa di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione. Ciò in considerazione delle maggiori garanzie che, nonostante le importanti innovazioni introdotte, la tutela giurisdizionale assicura (doppio grado di giudizio, perfezione del contraddittorio, pubblicità delle udienze, discussione orale, termine per la pubblicazione delle pronunce, possibilità di ricorrere in Cassazione per motivi di giurisdizione ai sensi dell’art. 111 Cost.).

 

1.3. La difesa dell’amministrazione resistente, infine, ha sollevato l’eccezione di inammissibilità del ricorso, avendo parte ricorrente dedotto la violazione di una norma, l’art. 45 della l.r. n. 61 del 1985, che, dettando i casi tassativi in cui la Regione può apportare modifiche d’ufficio agli strumenti urbanistici comunale, è posta a tutela del Comune e non dei ricorrenti, con conseguente carenza di interesse di questi ultimi a dedurne la violazione.

 

1.3.1. L’eccezione è infondata.

 

1.3.2. Come correttamente rilevato dalla difesa dei ricorrenti, infatti, l’eccezione di parte ricorrente non considera che l’interesse legittimo è, per definizione, una situazione giuridica soggettiva che implica, per la sua tutela, l’impugnazione di un provvedimento lesivo per il ricorrente, adottato dalla P.A. in violazione di norme che non sono poste direttamente a tutela dell’interesse finale del privato (il “bene della vita”) bensì del diverso interesse pubblico alla legittimità dell’agire amministrativo.

 

1.3.3. Se la dedotta illegittimità fosse fondata e, cioè, se venisse accertata la violazione della norma che delimita i poteri regionali di modifica d’ufficio del P.R.G., la variante verrebbe caducata ed i ricorrenti potrebbero vedere pienamente realizzato il loro interesse finale al trasferimento dell’edificio al di fuori dell’area golenale, giacché in ragione dell’effetto conformativo del giudicato, la Regione non potrebbe più adottare determinazioni analoghe a quella impugnata.

 

2. Il Collegio può, a questo punto, procedere all’esame del merito.

 

2.1 Il ricorso è fondato.

 

2.2. Con un unico articolato motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 45 della l.r. n. 61 del 1985, degli artt. 4, 5 e 11 della l.r. n. 24 del 1985 e dell’art. 27 della l.r. n. 61 del 1985, nonché censurato il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità.

 

La difesa dei ricorrenti contesta, in primo luogo, la violazione dell’art. 45 della l.r. n. 61 del 1985 – applicabile ratione temporis alla fattispecie – che circoscrive il potere della Regione di apportare modifiche d’ufficio agli strumenti urbanistici entro specifici limiti. Nello specifico, parte ricorrente rileva che il giustificativo posto alla base della deliberazione approvata non può essere individuato, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione regionale, nella necessità di assicurare “l’osservanza di prescrizioni e vincoli stabiliti dalla legge e regolamenti”, giacché nessuna disposizione preclude al Comune di stabilire nello strumento urbanistico che edifici posti in area inedificabile, incongrua e pericolosa possano essere demoliti, con trasferimento del relativo volume in area idonea. In assenza di tale preclusione, dunque, del tutto illegittimamente la Regione ha esercitato il potere di modifica d’ufficio, inerendo la scelta a quelle valutazioni in merito alla disciplina del territorio comunale ed al suo razionale assetto e sviluppo, rimesse all’apprezzamento dell’amministrazione comunale.

 

La difesa dei ricorrenti, invero, non si limita a rilevare l’assenza delle suddette preclusioni ma articolatamente ricostruisce la disciplina normativa regionale che espressamente prevede la possibilità di tali interventi, proprio in relazione a fattispecie astratte esattamente coincidenti con quella oggetto del presente giudizio.

 

2.3 Il Collegio condivide tali argomentazioni.

 

2.4. Si evidenzia, infatti, che le modifiche d’ufficio possono essere introdotte dalla Regione nei casi tassativamente elencati dall’art. 45 della l.r. n. 61 del 1985, tra i quali rientrano “l’osservanza dei limiti e dei rapporti di dimensionamento ai sensi del titolo III” e “l’osservanza di prescrizioni e vincoli stabiliti da leggi e regolamenti”.

 

2.5. L’amministrazione regionale non ha approvato la variante in parte qua sostenendo che la possibilità di effettuare la traslazione è esclusa sia dalla L.R. n. 61 del 1985 sia dalla L.R. n. 24 del 1985 , precisando che “l’edificazione in zona Agricola è definita dalla L.R. 24/85, pertanto la proposta in esame si trova in contrasto con quanto prevede la L.R. 61/85, art. 45, punti 5 e 6”.

 

2.6. Invero, la l.r. n. 24 del 1985 non contiene alcuna disposizione preclusiva alla realizzazione dell’intervento de quo.

 

2.7. L’art. 7 della l.r. n. 24 del 1985, infatti, dispone che: «Per gli edifici esistenti ubicati nelle zone di protezione delle strade di cui al DM 1 aprile 1968, n. 1404, e in quelle di rispetto al nastro stradale e alle zone umide vincolate come inedificabili dagli strumenti urbanistici generali, sono consentite le seguenti opere:

 

a) manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia, come definiti dall’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457;

 

b) dotazione di servizi igienici e copertura di scale esterne;

 

c) ampliamento della destinazione residenziale mediante il recupero dell’eventuale annesso rustico, fino a complessivi 800 mc., nei limiti e con le modalità di cui all’art. 4, commi quarto e quinto;

 

d) ogni altro ampliamento necessario per adeguare l’immobile alla disciplina igienico-sanitaria vigente.

 

Gli interventi edilizi saranno autorizzati purchè non comportino l’avanzamento dell’edificio esistente sul fronte stradale.

 

Nel caso di esproprio di un edificio per la realizzazione o ampliamento di strade e per la realizzazione di opere pubbliche in genere, e nei casi di demolizione e ricostruzione è consentita la ricostruzione con il mantenimento delle destinazioni d' uso, nei limiti di cui al primo comma dell’art. 4, in area agricola adiacente anche inferiore alla superficie minima di cui all’art. 2.»

 

2.8. La disposizione, dunque, contiene prescrizioni di carattere edilizio, consentendo la ricostruzione dei volumi ubicati in aree umide vincolate, nella aree agricole adiacenti in deroga alle previsioni dello strumento urbanistico.

 

2.9. La suddetta previsione è del tutto inconferente rispetto alla fattispecie oggetto di giudizio, giacché riferita non già all’assenso comunale in ordine ad un intervento edilizio in deroga alla disciplina di piano bensì alla scelta pianificatoria del Comune di Montegaldella di modificare le previsioni dello strumento urbanistico attuativo rendendo edificabile un’area che non lo era per trasferirvi il volume di un fabbricato esistente in area golenale.

 

2.10. Del pari improprio è, dunque, anche il richiamo della difesa dell’amministrazione regionale alla circolare n. 2 del 15 gennaio 2009 che, nel definire il concetto di area agricola adiacente, è volta ad esplicare quanto previsto dalla l.r. n. 11 del 2004 e successive modificazioni, non applicabile alla fattispecie, ricompresa, ratione temporis, nell’ambito di applicazione della l.r. n. 61 del 1985.

 

2.11. Si evidenzia, inoltre, che considerata la ratio sottesa alla previsione di cui all’art. 7 della l.r. n. 61 del 1985 – da individuare nell’incentivazione della demolizione e ricostruzione dell’edificio all’esterno dell’area soggetta a tutela al fine di assicurare la sicurezza idrica ed il recupero dell’integrità delle zone golenali – l’interpretazione sostenuta dalla difesa dell’amministrazione regionale, in ordine al concetto di “adiacenza” non può essere condivisa, anche considerando che, comunque, l’adiacenza deve essere valutata in relazione non già all’area di sedime, bensì alle aree specificamente indicate nel primo comma delle disposizione e, cioè, alle zone di protezione delle strade di cui al DM 1 aprile 1968, n. 1404, di rispetto al nastro stradale ed a quelle umide, vincolate come inedificabili dagli strumenti urbanistici generali.

 

2.12. Del resto la stessa Regione, già nella circolare n. 4 del 13 gennaio 1986, esplicativa della l.r. n. 24 del 1985, non aveva trascurato di evidenziare che per “area agricola adiacente potrà intendersi un’area non necessariamente contigua in senso spaziale, ma in senso funzionale”.

 

2.13. Alla luce di tali considerazioni, dunque, il requisito dell’«adiacenza» deve, nella fattispecie, ritenersi sussistente.

 

2.14. Dalla medesima disposizione, inoltre, emerge con chiarezza l’ammissibilità dell’intervento in area agricola addirittura in mancanza di un’espressa previsione del P.R.G..

 

2.15. Il Collegio evidenzia, inoltre, che significativamente l’art. 27 della l.r. 61 del 1985 qualifica quali “zone di tutela” le aree soggette ad esondazioni, le golene, le aree comprese tra gli argini maestri e il corso d’acqua dei fiumi e le aree adiacenti entro determinate fasce di profondità, espressamente prevedendo che “in tali aree l’edificazione avviene secondo le norme degli strumenti urbanistici, avuto riguardo agli insediamenti esistenti” e che “nei casi di demolizione e ricostruzione per inderogabili motivi statici o di tutela della pubblica incolumità, può essere consentita la ricostruzione di egual volume in area adiacente, purchè non destinata a spazi pubblici, anche inferiore alla superficie minima di legge”.

 

2.16. Anche la normativa sopravvenuta, come correttamente rilevato dalla difesa dei ricorrenti, si pone in linea di continuità con le prefate disposizioni; l’art. 48, comma 7 ter, lett. e), infatti, prevede che “per le costruzioni non oggetto di tutela da parte del vigente piano regolatore generale ubicate nelle zone di protezione delle strade di cui al DM 1° aprile 1968, n. 1404 e in quelle di rispetto al nastro stradale e alle zone umide vincolate come inedificabili dagli strumenti urbanistici generali, sono consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, compresa la demolizione e la ricostruzione in loco oppure in area agricola adiacente, sempre che non comportino l’avanzamento dell’edificio esistente sul fronte stradale o sul bene da tutelare”.

 

2.17. Deve, dunque, escludersi la sussistenza di un contrato tra la normativa regionale invocata dalla Regione nella deliberazione gravata e la scelta pianificatoria operata dall’amministrazione comunale.

 

3. Anche le ulteriori doglianze si palesano fondate, giacché gli ulteriori giustificativi posti alla base della suddetta deliberazione sono del tutti inidonei a sorreggerne il fondamento.

 

3.1 Il riferimento ad altri edifici interni alla golena nulla consente di inferire, infatti, in merito all’illegittimità della scelta operata dall’amministrazione comunale, risultando contraddittorio rispetto all’enunciata preclusione all’ammissibilità di tali interventi, nella misura in cui sottende l’esigenza di una soluzione unitaria.

 

3.2. Quanto alle presunte imprecisioni topografiche, il Collegio evidenzia lo loro inidoneità a legittimare, di per sé considerate, l’esercizio del potere di apportare modifiche d’ufficio, non essendo in discussione la localizzazione dell’edificio in area agricola inedificabile interna alla golena del fiume Bacchiglione.

 

4. In conclusione, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento della deliberazione e degli altri atti gravati, nei limiti dell’interesse dedotto.

 

5. Le peculiarità della fattispecie e le problematiche interpretative evidenziate al capo 1, punti sub 2 e seguenti della presente pronuncia, inducono, nondimeno, all’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti gravati.

 

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Legislazione e normativa nazionale

Dottrina e sentenze

Consiglio Ordine Roma: informazioni

Rassegna stampa del giorno

Articoli, comunicati e notizie

Interventi, pareri e commenti degli Avvocati

Formulario di atti e modulistica

Informazioni di contenuto legale

Utilità per attività legale

Links a siti avvocatura e siti giuridici