MASSIMA
1. E’ esclusa la configurabilità di
soggetti controinteressati rispetto alla impugnazione di
strumenti urbanistici generali, nella considerazione che
la funzione esclusiva dello strumento urbanistico è di
predisporre un ordinato assetto del territorio,
prescindendo dalla posizione dei titolari di diritti
reali e dai vantaggi o svantaggi che ad essi possano
derivare dalla pianificazione. I proprietari di aree
contemplate dal piano regolatore o dalle sue varianti
non hanno la posizione formale di controinteressati nei
confronti del ricorso giurisdizionale proposto contro lo
strumento urbanistico, e non sussiste quindi alcun
obbligo per il ricorrente di notificare ad essi il
ricorso, indipendentemente dalla natura dell'interesse
legittimo fatto valere.
2. Il procedimento di approvazione
di uno strumento urbanistico (o di una sua variante)
costituisce un atto complesso ineguale in ragione del
fatto che deve intendersi la risultante del concorso di
diversi atti di volontà, quello di livello comunale,
esponenziale e rappresentativo della collettività e
degli interessi locali, e quello regionale (e
provinciale), espressione di un più ampio potere di
indirizzo e coordinamento in materia urbanistica. In
tale prospettiva, il Comune, in quanto coautore della
variante approvata, assume la posizione di
controinteressato.
3. La ratio dell’istituto della
trasposizione del ricorso in s.g., di cui all’art. 10
del d.P.R. n. 1199 del 1971, è quella di garantire ai
soggetti coinvolti nel procedimento che consegue alla
proposizione del ricorso straordinario di scegliere la
sede che ritengono più idonea per la trattazione della
controversia, facoltà il cui esercizio deve essere
riconosciuto anche alle amministrazioni non statali, le
quali non necessariamente devono essere titolari di una
situazione giuridica, opposta a quella del ricorrente,
diretta alla conservazione dell’atto impugnato – ai
controinteressati, infatti, tali enti sono solo
equiparati ai fini della legittimazione alla
proposizione dell’opposizione – essendo sufficiente che
tali soggetti siano comunque portatori di una situazione
giuridica qualificata di interesse in relazione all’atto
amministrativo impugnato.
4. Sebbene a seguito delle scelte
operate con il codice del processo amministrativo,
l’istituto del ricorso straordinario abbia visto
sbiadire talune di quelle caratteristiche che hanno
indotto a qualificarlo quale un ibrido, in ragione della
formale veste di atto amministrativo ma della
sostanziale indole giurisdizionale, la facoltà
esercitata dal soggetto legittimato attraverso l’atto di
opposizione, di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 1199 del
1971, diretta ad ottenere una decisione in sede
giurisdizionale, mantiene la sua ragion d’essere,
trovando la propria radice nel diritto di difesa di cui
agli artt. 24 e 113 della Costituzione. Ciò in
considerazione delle maggiori garanzie che, nonostante
le importanti innovazioni introdotte, la tutela
giurisdizionale assicura (doppio grado di giudizio,
perfezione del contraddittorio, pubblicità delle
udienze, discussione orale, termine per la pubblicazione
delle pronunce, possibilità di ricorrere in Cassazione
per motivi di giurisdizione ai sensi dell’art. 111
Cost.).
PRECEDENTI
Conforme Difforme
Sulla prima massima: Cons. Stato,
Ad. Plen., 8 maggio 1996 n. 2 ; Cons. St., sez. V, 2
marzo 2010, n. 1184; Id., sez. IV, 8 luglio 2002, n.
3805.
TESTO DELLA SENTENZA
TAR VENETO - SENTENZA 11 ottobre
2011, n.1538 - Pres. De Zotti - est. Bruno
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 1898 del 2010, proposto da Lucio Artuso e Carla
Pierangelo, rappresentati e difesi dagli avv. Alessandro
Calegari, Vera Parisio, Francesco Campanile e Nicola De
Zan, con domicilio ex lege (art. 25 c.p.a.) presso la
Segreteria i questo T.A.R.;
contro
la Regione Veneto, in persona del
Presidente pro tempore della Giunta Regionale,
rappresentata e difesa dagli avv. Ezio Zanon e Cristina
Zampieri, con domicilio eletto in Venezia, Cannaregio,
23;
il Comune di Montegaldella, in
persona del Sindaco pro tempore, non costituito in
giudizio;
per l'annullamento
a) della deliberazione della Giunta
Regionale del Veneto n. 436 del 23 febbraio 2010,
recante approvazione con modifiche d'ufficio, ai sensi
dell'art. 45 L.R.V. n. 61/1985, della Variante Parziale
n. 3 al Piano Regolatore Generale del Comune di
Montegaldella, adottata con delibera C.C. n. 11 del
28.02.2005, limitatamente alla parte in cui non approva
la 'modifica puntuale' n.1, relativa a immobili tutti di
proprietà dei ricorrenti, volta a consentire la
demolizione di un edificio posto in area golenale e la
sua ricostruzione in area agricola adiacente, esterna
all'argine golenale;
b) in parte qua, del parere del
Comitato previsto dall'art. 27 della L.R. 11/2004,
allegato alla predetta deliberazione di Giunta
Regionale, che lo recepisce e fa proprio e c) della
Valutazione Tecnica Regionale allegata alla prefata
deliberazione di Giunta Regionale.
Visti il ricorso e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in
giudizio della Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 6 aprile 2011 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi
per le parti i difensori Calegari e Parisio per i
ricorrenti e Mio in sostituzione di Zanon per la Regione
Veneto;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO
A. Lucio Artuso e la moglie Carla
Pierangelo sono proprietari di un edificio rurale, già
adibito ad uso residenziale, situato nell’area golenale
del fiume Bacchiglione, catastalmente censito al foglio
6, mappale 19 del N.C.T. del Comune di Montegaldella.
B. I suddetti coniugi intendono
procedere alla ristrutturazione del fabbricato,
legittimamente edificato in epoca risalente, attraverso
la demolizione e la ricostruzione al di fuori dell’area
golenale; quest’ultima, infatti, è inidonea alla
localizzazione di un fabbricato residenziale, in quanto
di sovente soggetta ad esondazioni, tanto che il P.R.G.
comunale prescrive un vincolo di inedificabilità.
C. Già nel 1996 gli Artuso hanno,
dunque, richiesto un parere preventivo
all’amministrazione comunale in ordine al trasferimento
del suddetto volume fuori dalla golena, invocando
l’applicazione dell’art. 7 della l.r. n. 24 del 1985,
che disciplina l’edificabilità nelle zone agricole; tale
richiesta è stata favorevolmente riscontrata dalla
Commissione Edilizia Comunale.
D. Nel 2004 i coniugi Artuso hanno,
quindi, chiesto l’autorizzazione per demolire il
fabbricato e ricostruire il volume in altra area, sempre
in loro proprietà, inserita nella Z.T.O. E2-2 “di
limitata importanza per la funzione produttiva
agricola”, istanza che, tuttavia, è stata rigettata
dall’amministrazione comunale.
E. Al fine di dirimere alcune
problematiche emerse in merito all’ammissibilità
dell’intervento e valutata l’opportunità di favorire il
trasferimento dei volumi in area consona, con
deliberazione del Consiglio Comunale n. 11 del 28
febbraio 2005, è stata adottata una variante al P.R.G.,
che ha previsto espressamente – nella “scheda per
intervento puntuale” n. 1 – che il volume costituito
dall’edificio dei coniugi Artuso potesse essere
trasferito nella vicina area agricola, ricompresa nella
Z.T.O. E2-2, ove è ammessa l’edificazione residenziale.
F. Con deliberazione della Giunta
Regionale n. 436 del 2010, la suddetta variante è stata
approvata con modifiche d’ufficio, ai sensi dell’art. 45
della l.r. n. 61 del 1985; ai fini che in questa sede
rilevano, l’amministrazione regionale ha ritenuto di non
approvare la “modifica puntuale” n.1, avente ad oggetto
la proprietà di Lucio Artuso e Carla Pierangelo.
G. La deliberazione della Giunta
Regionale ha fatto proprie, infatti, le valutazioni
espresse dal Comitato di cui all’art. 27, comma 2 della
l.r. n. 11 del 2004, il quale ha rilevato che: «Non si
condivide la modifica in quanto l’opportunità di
traslare edifici esistenti da una zona all’altra,
ancorché si tratti sempre di zone Agricole, è esclusa
sia dalla L.R. 61/85 che dalla L.R. 24/85. Si precisa,
inoltre, che l’edificazione in zona Agricola è definita
dalla L.R. 24/85, pertanto la proposta in esame si trova
in contrasto con quanto prevede la L.R. 61/85, art. 45,
punti 5 e 6. Si rileva, infine, che l’edificio in
oggetto, compreso all’interno dell’area golenale del
Bacchiglione, non è l’unico, ma comunque si dovrà fare
riferimento non alla mera indicazione su carta della
golena o area di tutela bensì l’arginatura esistente che
corre quasi parallelamente alla strada. Pertanto non
condividendo la proposta di modifica, si invita il
Comune a valutare tale tema in sede di predisposizione
di PAT/PATI, come opere incongrue, crediti edilizi,
ecc.».
H. Avverso la suddetta
deliberazione della Giunta Regionale, Lucio Artuso e
Carla Pierangela hanno proposto, nei limiti
dell’interesse, ricorso straordinario al Capo dello
Stato, notificato al Comune di Montegaldella in data 13
luglio 2010 ed alla Regione Veneto il successivo 14
luglio.
I. Il Comune di Montegaldella ha,
tuttavia, proposto opposizione ex art. 10 del D.P.R.
1199/1971, a seguito della quale i ricorrenti hanno
depositato l’atto di costituzione in giudizio, chiedendo
l’annullamento dei provvedimenti gravati.
L. Con un unico articolato motivo
di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 45
della l.r. n. 61 del 1985, degli artt. 4, 5 e 11 della
l.r. n. 24 del 1985 e dell’art. 27 della l.r. n. 61 del
1985, nonché censurato il vizio di eccesso di potere per
contraddittorietà e perplessità.
M. La difesa dei ricorrenti, dopo
essersi soffermata sulla sussistenza delle condizioni
dell’azione, ha contestato, in primo luogo, la
violazione dell’art. 45 della l.r. n. 61 del 1985 –
applicabile ratione temporis alla fattispecie – che
circoscrive il potere della Regione di apportare
modifiche d’ufficio agli strumenti urbanistici entro
specifici limiti. Nello specifico, parte ricorrente ha
evidenziato che il giustificativo posto alla base della
deliberazione approvata non può essere individuato,
contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione
regionale, nella necessità di assicurare “l’osservanza
di prescrizioni e vincoli stabiliti dalla legge e
regolamenti”, giacché nessuna disposizione preclude al
Comune di stabilire nello strumento urbanistico che
edifici posti in area inedificabile, incongrua e
pericolosa possano essere demoliti, con trasferimento
del relativo volume in area idonea. In assenza di tale
preclusione, dunque, del tutto illegittimamente la
Regione ha esercitato il potere di modifica d’ufficio,
inerendo la scelta a quelle valutazioni in merito alla
disciplina del territorio comunale ed al suo razionale
assetto e sviluppo, rimesse all’apprezzamento
dell’amministrazione comunale.
La difesa dei ricorrenti, invero,
non si è limitata a rilevare l’assenza delle suddette
preclusioni ma articolatamente ha ricostruito la
disciplina normativa regionale che espressamente prevede
la possibilità di tali interventi, proprio in relazione
a fattispecie astratte esattamente coincidenti con
quella oggetto del presente giudizio.
In relazione agli ulteriori
giustificativi posti a fondamento della deliberazione
impugnata, la difesa dei ricorrenti ha contestato
l’inconferenza, la contraddittorietà e
l’irragionevolezza.
N. La Regione Veneto si è
costituita in giudizio per resistere al gravame,
concludendo per la reiezione del ricorso in quanto
inammissibile e, comunque, infondato.
O. Con ordinanza n. 161/2010 questa
Sezione, valutando che le ragioni e le esigenze di parte
ricorrente potessero essere tutelate adeguatamente con
la sollecita definizione del giudizio nel merito, ne ha
disposto la trattazione ai sensi dell’art. 55, comma 10
c.p.a..
P. All’udienza del 6 aprile 2011 i
difensori comparsi hanno ribadito le rispettive
posizioni, dopo di che la causa è stata trattenuta per
la decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio deve preliminarmente
esaminare le eccezioni di inammissibilità sollevate
dalla difesa dell’amministrazione resistente.
1.1. Viene dedotta, infatti,
l’omessa notificazione del ricorso straordinario ad
almeno uno dei potenziali controinteressati, non
potendosi ritenere sufficiente, a tal fine, quella
effettuata al Comune di Montegaldella.
1.1.2. L’eccezione è infondata.
1.1.3. Il Collegio rileva, infatti,
conformemente al consolidato orientamento
giurisprudenziale, che è esclusa la configurabilità di
soggetti controinteressati rispetto alla impugnazione di
strumenti urbanistici generali, nella considerazione che
la funzione esclusiva dello strumento urbanistico è di
predisporre un ordinato assetto del territorio,
prescindendo dalla posizione dei titolari di diritti
reali e dai vantaggi o svantaggi che ad essi possano
derivare dalla pianificazione.
Si osserva, invero, che i
proprietari di aree contemplate dal piano regolatore o
dalle sue varianti non hanno la posizione formale di
controinteressati nei confronti del ricorso
giurisdizionale proposto contro lo strumento
urbanistico, e non sussiste quindi alcun obbligo per il
ricorrente di notificare ad essi il ricorso,
indipendentemente dalla natura dell'interesse legittimo
fatto valere (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 8 maggio
1996 n. 2 ; Cons. St., sez. V, 02 marzo 2010, n. 1184;
Cons. St., sez. IV, 08 luglio 2002 , n. 3805).
1.1.4. Oltretutto, nella specie, i
ricorrenti impugnano la deliberazione della Giunta
Regionale di approvazione con modifiche d’ufficio della
variante al P.R.G. comunale, limitatamente alla parte in
cui non approva la 'modifica puntuale' n.1, relativa ad
immobili tutti di loro proprietà – volta a consentire la
demolizione di un edificio posto in area golenale e la
sua ricostruzione in area agricola adiacente – per cui
l'oggetto del contendere non è costituito da una
posizione di relativo vantaggio attribuita dalla
variante generale ad un terzo determinato.
1.2. La difesa dell’amministrazione
resistente, inoltre, ha dedotto l’inammissibilità
dell’atto di trasposizione, in ragione dell’asserita
inammissibilità dell’opposizione al ricorso
straordinario proposta dal Comune di Montegaldella, sul
presupposto che detto ente non rivestirebbe nella
sostanza i caratteri del controinteressato.
1.2.1. La questione, già sollevata
d’ufficio nel corso dell’udienza cautelare del 1°
dicembre 2010, ha costituito oggetto di ampia
trattazione da parte del Collegio.
1.2.2. L’eccezione, infatti, è
incentrata sull’interpretazione dell’art. 10, comma 1
del D.P.R. n. 1199 del 1971, che consente ai
controinteressati e, a seguito della sentenza della
Corte Costituzionale n. 142 del 1982, anche alle
amministrazioni, diverse da quelle statali, che hanno
emanato l'atto impugnato con il ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica, di proporre opposizione,
chiedendo che il ricorso sia deciso in sede
giurisdizionale.
1.2.3 Le argomentazioni di parte
resistente si appuntano sulle peculiarità della
fattispecie, nella quale la Giunta Regionale ha
approvato la variante apportando modifiche d’ufficio e,
dunque, esercitando un potere che rientra nella sua
autonoma sfera di competenza, sostanziandosi in un atto
di controllo.
1.2.4. Nella prosecuzione
dell’articolazione difensiva, la difesa di parte
resistente sottolinea, dunque, che il Comune di
Montegaldella, in quanto ente cointeressato, avrebbe
dovuto, vantando un interesse analogo a quello dei
ricorrenti, far valere in via autonoma le proprie
pretese in sede giurisdizionale ed entro i termini di
decadenza.
1.2.5. Il Collegio evidenzia, in
primo luogo, che il procedimento di approvazione di uno
strumento urbanistico (o , come nella fattispecie, di
una sua variante) costituisce un atto complesso ineguale
in ragione del fatto che deve intendersi la risultante
del concorso di diversi atti di volontà, quello di
livello comunale, esponenziale e rappresentativo della
collettività e degli interessi locali, e quello
regionale (e provinciale), espressione di un più ampio
potere di indirizzo e coordinamento in materia
urbanistica.
In tale prospettiva, dunque, il
Comune, in quanto coautore della variante approvata,
assume la posizione di controinteressato.
1.2.6 Vero è che, nella
fattispecie, l’amministrazione ha approvato con
modifiche d’ufficio la variante, sicché occorre
verificare se tale circostanza possa indurre ad una
diversa valutazione rispetto a quella generale e formale
sopra evidenziata.
1.2.7. Il Collegio ritiene che
l’esito non possa essere che negativo.
1.2.8. Elementi a sostegno
dell’ammissibilità dell’opposizione al ricorso
straordinario proposta dal Comune di Montegaldella sono
desumibili, in primis, dalla prefata sentenza additiva
della Corte Costituzionale, la quale, infatti, ha
equiparato ai controinteressati, ai fini dell’esercizio
della suddetta facoltà, l’ente pubblico, diverso dallo
Stato, che ha emanato l'atto impugnato con ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica.
1.2.9. La ratio dell’istituto,
sulla quale, peraltro, si fonda anche la pronuncia della
Consulta, è quella di garantire ai soggetti coinvolti
nel procedimento che consegue alla proposizione del
ricorso straordinario di scegliere la sede che ritengono
più idonea per la trattazione della controversia,
facoltà il cui esercizio deve essere riconosciuto anche
alle amministrazioni non statali, le quali non
necessariamente devono essere titolari di una situazione
giuridica, opposta a quella del ricorrente, diretta alla
conservazione dell’atto impugnato – ai
controinteressati, infatti, tali enti sono solo
equiparati ai fini della legittimazione alla
proposizione dell’opposizione – essendo sufficiente che
tali soggetti siano comunque portatori di una situazione
giuridica qualificata di interesse in relazione all’atto
amministrativo impugnato.
1.2.10. L’esistenza di tale
interesse certamente sussiste nella fattispecie,
trattandosi di un giudizio che ha ad oggetto la
deliberazione di approvazione della variante al P.R.G.
comunale, rispetto alla quale assume rilievo l’esistenza
di un interesse sostanziale di cui è portatrice
l’amministrazione comunale, in ragione dell’incidenza
della decisione sulle scelte pianificatorie e, nello
specifico, sulla destinazione urbanistica di una parte
del proprio territorio, la cui definizione è
primariamente ad essa demandata, sia pure, come sopra
evidenziato, nell’ambito di un procedimento complesso
nel quale vi è la concorrenza di diversi atti di
volontà.
1.2.11. Il dato normativo sostiene
tale soluzione; alcuna rilevanza viene, infatti,
attribuita agli specifici motivi alla base della scelta
di proporre l’opposizione, tant’è che l’art. 10 del
D.P.R. n. 1199 del 1971 non prescrive che l’atto di
opposizione debba essere motivato.
1.2.12. Il Collegio condivide, sul
punto, la laboriosa e scrupolosa ricostruzione
effettuata dalla difesa di parte ricorrente.
1.2.13. La funzione selettiva – al
fine di scongiurare un’estensione illimitata del novero
dei soggetti legittimati, suscettibile, peraltro, di
agevolare facili elusioni, consentendo, ad esempio, alla
parte ricorrente di “recuperare”, attraverso opposizioni
di “comodo”, la trattazione nella sede giurisdizionale
originariamente preclusa dalla decorrenza dei termini di
decadenza – è stata, dunque, affidata alla sussistenza
di un interesse giuridicamente apprezzabile, sul piano
formale o su quello sostanziale, del quale deve essere
titolare la parte che presenta l’opposizione.
1.2.14. Il Collegio ritiene,
inoltre, di evidenziare che, sebbene a seguito delle
scelte operate con il codice del processo amministrativo
(tra le quali, in particolare, l’espressa ammissibilità
del ricorso per ottemperanza anche per le decisioni rese
in sede di ricorso straordinario) l’istituto abbia visto
sbiadire talune di quelle caratteristiche che hanno
indotto a qualificarlo quale un ibrido – “ircocervo”
giuridico, nella terminologia usata dalla Corte
Costituzionale, nella sentenza n. 298 del 1986 – in
ragione della formale veste di atto amministrativo ma
della sostanziale indole giurisdizionale, la facoltà
esercitata dal soggetto legittimato attraverso l’atto di
opposizione, diretta ad ottenere una decisione in sede
giurisdizionale, mantiene la sua ragion d’essere,
trovando la propria radice nel diritto di difesa di cui
agli artt. 24 e 113 della Costituzione. Ciò in
considerazione delle maggiori garanzie che, nonostante
le importanti innovazioni introdotte, la tutela
giurisdizionale assicura (doppio grado di giudizio,
perfezione del contraddittorio, pubblicità delle
udienze, discussione orale, termine per la pubblicazione
delle pronunce, possibilità di ricorrere in Cassazione
per motivi di giurisdizione ai sensi dell’art. 111
Cost.).
1.3. La difesa dell’amministrazione
resistente, infine, ha sollevato l’eccezione di
inammissibilità del ricorso, avendo parte ricorrente
dedotto la violazione di una norma, l’art. 45 della l.r.
n. 61 del 1985, che, dettando i casi tassativi in cui la
Regione può apportare modifiche d’ufficio agli strumenti
urbanistici comunale, è posta a tutela del Comune e non
dei ricorrenti, con conseguente carenza di interesse di
questi ultimi a dedurne la violazione.
1.3.1. L’eccezione è infondata.
1.3.2. Come correttamente rilevato
dalla difesa dei ricorrenti, infatti, l’eccezione di
parte ricorrente non considera che l’interesse legittimo
è, per definizione, una situazione giuridica soggettiva
che implica, per la sua tutela, l’impugnazione di un
provvedimento lesivo per il ricorrente, adottato dalla
P.A. in violazione di norme che non sono poste
direttamente a tutela dell’interesse finale del privato
(il “bene della vita”) bensì del diverso interesse
pubblico alla legittimità dell’agire amministrativo.
1.3.3. Se la dedotta illegittimità
fosse fondata e, cioè, se venisse accertata la
violazione della norma che delimita i poteri regionali
di modifica d’ufficio del P.R.G., la variante verrebbe
caducata ed i ricorrenti potrebbero vedere pienamente
realizzato il loro interesse finale al trasferimento
dell’edificio al di fuori dell’area golenale, giacché in
ragione dell’effetto conformativo del giudicato, la
Regione non potrebbe più adottare determinazioni
analoghe a quella impugnata.
2. Il Collegio può, a questo punto,
procedere all’esame del merito.
2.1 Il ricorso è fondato.
2.2. Con un unico articolato motivo
di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 45
della l.r. n. 61 del 1985, degli artt. 4, 5 e 11 della
l.r. n. 24 del 1985 e dell’art. 27 della l.r. n. 61 del
1985, nonché censurato il vizio di eccesso di potere per
contraddittorietà e perplessità.
La difesa dei ricorrenti contesta,
in primo luogo, la violazione dell’art. 45 della l.r. n.
61 del 1985 – applicabile ratione temporis alla
fattispecie – che circoscrive il potere della Regione di
apportare modifiche d’ufficio agli strumenti urbanistici
entro specifici limiti. Nello specifico, parte
ricorrente rileva che il giustificativo posto alla base
della deliberazione approvata non può essere
individuato, contrariamente a quanto sostenuto
dall’amministrazione regionale, nella necessità di
assicurare “l’osservanza di prescrizioni e vincoli
stabiliti dalla legge e regolamenti”, giacché nessuna
disposizione preclude al Comune di stabilire nello
strumento urbanistico che edifici posti in area
inedificabile, incongrua e pericolosa possano essere
demoliti, con trasferimento del relativo volume in area
idonea. In assenza di tale preclusione, dunque, del
tutto illegittimamente la Regione ha esercitato il
potere di modifica d’ufficio, inerendo la scelta a
quelle valutazioni in merito alla disciplina del
territorio comunale ed al suo razionale assetto e
sviluppo, rimesse all’apprezzamento dell’amministrazione
comunale.
La difesa dei ricorrenti, invero,
non si limita a rilevare l’assenza delle suddette
preclusioni ma articolatamente ricostruisce la
disciplina normativa regionale che espressamente prevede
la possibilità di tali interventi, proprio in relazione
a fattispecie astratte esattamente coincidenti con
quella oggetto del presente giudizio.
2.3 Il Collegio condivide tali
argomentazioni.
2.4. Si evidenzia, infatti, che le
modifiche d’ufficio possono essere introdotte dalla
Regione nei casi tassativamente elencati dall’art. 45
della l.r. n. 61 del 1985, tra i quali rientrano
“l’osservanza dei limiti e dei rapporti di
dimensionamento ai sensi del titolo III” e “l’osservanza
di prescrizioni e vincoli stabiliti da leggi e
regolamenti”.
2.5. L’amministrazione regionale
non ha approvato la variante in parte qua sostenendo che
la possibilità di effettuare la traslazione è esclusa
sia dalla L.R. n. 61 del 1985 sia dalla L.R. n. 24 del
1985 , precisando che “l’edificazione in zona Agricola è
definita dalla L.R. 24/85, pertanto la proposta in esame
si trova in contrasto con quanto prevede la L.R. 61/85,
art. 45, punti 5 e 6”.
2.6. Invero, la l.r. n. 24 del 1985
non contiene alcuna disposizione preclusiva alla
realizzazione dell’intervento de quo.
2.7. L’art. 7 della l.r. n. 24 del
1985, infatti, dispone che: «Per gli edifici esistenti
ubicati nelle zone di protezione delle strade di cui al
DM 1 aprile 1968, n. 1404, e in quelle di rispetto al
nastro stradale e alle zone umide vincolate come
inedificabili dagli strumenti urbanistici generali, sono
consentite le seguenti opere:
a) manutenzione ordinaria e
straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia,
come definiti dall’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n.
457;
b) dotazione di servizi igienici e
copertura di scale esterne;
c) ampliamento della destinazione
residenziale mediante il recupero dell’eventuale annesso
rustico, fino a complessivi 800 mc., nei limiti e con le
modalità di cui all’art. 4, commi quarto e quinto;
d) ogni altro ampliamento
necessario per adeguare l’immobile alla disciplina
igienico-sanitaria vigente.
Gli interventi edilizi saranno
autorizzati purchè non comportino l’avanzamento
dell’edificio esistente sul fronte stradale.
Nel caso di esproprio di un
edificio per la realizzazione o ampliamento di strade e
per la realizzazione di opere pubbliche in genere, e nei
casi di demolizione e ricostruzione è consentita la
ricostruzione con il mantenimento delle destinazioni d'
uso, nei limiti di cui al primo comma dell’art. 4, in
area agricola adiacente anche inferiore alla superficie
minima di cui all’art. 2.»
2.8. La disposizione, dunque,
contiene prescrizioni di carattere edilizio, consentendo
la ricostruzione dei volumi ubicati in aree umide
vincolate, nella aree agricole adiacenti in deroga alle
previsioni dello strumento urbanistico.
2.9. La suddetta previsione è del
tutto inconferente rispetto alla fattispecie oggetto di
giudizio, giacché riferita non già all’assenso comunale
in ordine ad un intervento edilizio in deroga alla
disciplina di piano bensì alla scelta pianificatoria del
Comune di Montegaldella di modificare le previsioni
dello strumento urbanistico attuativo rendendo
edificabile un’area che non lo era per trasferirvi il
volume di un fabbricato esistente in area golenale.
2.10. Del pari improprio è, dunque,
anche il richiamo della difesa dell’amministrazione
regionale alla circolare n. 2 del 15 gennaio 2009 che,
nel definire il concetto di area agricola adiacente, è
volta ad esplicare quanto previsto dalla l.r. n. 11 del
2004 e successive modificazioni, non applicabile alla
fattispecie, ricompresa, ratione temporis, nell’ambito
di applicazione della l.r. n. 61 del 1985.
2.11. Si evidenzia, inoltre, che
considerata la ratio sottesa alla previsione di cui
all’art. 7 della l.r. n. 61 del 1985 – da individuare
nell’incentivazione della demolizione e ricostruzione
dell’edificio all’esterno dell’area soggetta a tutela al
fine di assicurare la sicurezza idrica ed il recupero
dell’integrità delle zone golenali – l’interpretazione
sostenuta dalla difesa dell’amministrazione regionale,
in ordine al concetto di “adiacenza” non può essere
condivisa, anche considerando che, comunque, l’adiacenza
deve essere valutata in relazione non già all’area di
sedime, bensì alle aree specificamente indicate nel
primo comma delle disposizione e, cioè, alle zone di
protezione delle strade di cui al DM 1 aprile 1968, n.
1404, di rispetto al nastro stradale ed a quelle umide,
vincolate come inedificabili dagli strumenti urbanistici
generali.
2.12. Del resto la stessa Regione,
già nella circolare n. 4 del 13 gennaio 1986,
esplicativa della l.r. n. 24 del 1985, non aveva
trascurato di evidenziare che per “area agricola
adiacente potrà intendersi un’area non necessariamente
contigua in senso spaziale, ma in senso funzionale”.
2.13. Alla luce di tali
considerazioni, dunque, il requisito dell’«adiacenza»
deve, nella fattispecie, ritenersi sussistente.
2.14. Dalla medesima disposizione,
inoltre, emerge con chiarezza l’ammissibilità
dell’intervento in area agricola addirittura in mancanza
di un’espressa previsione del P.R.G..
2.15. Il Collegio evidenzia,
inoltre, che significativamente l’art. 27 della l.r. 61
del 1985 qualifica quali “zone di tutela” le aree
soggette ad esondazioni, le golene, le aree comprese tra
gli argini maestri e il corso d’acqua dei fiumi e le
aree adiacenti entro determinate fasce di profondità,
espressamente prevedendo che “in tali aree
l’edificazione avviene secondo le norme degli strumenti
urbanistici, avuto riguardo agli insediamenti esistenti”
e che “nei casi di demolizione e ricostruzione per
inderogabili motivi statici o di tutela della pubblica
incolumità, può essere consentita la ricostruzione di
egual volume in area adiacente, purchè non destinata a
spazi pubblici, anche inferiore alla superficie minima
di legge”.
2.16. Anche la normativa
sopravvenuta, come correttamente rilevato dalla difesa
dei ricorrenti, si pone in linea di continuità con le
prefate disposizioni; l’art. 48, comma 7 ter, lett. e),
infatti, prevede che “per le costruzioni non oggetto di
tutela da parte del vigente piano regolatore generale
ubicate nelle zone di protezione delle strade di cui al
DM 1° aprile 1968, n. 1404 e in quelle di rispetto al
nastro stradale e alle zone umide vincolate come
inedificabili dagli strumenti urbanistici generali, sono
consentiti gli interventi di cui alla lettera d) del
comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001, compresa la demolizione e la
ricostruzione in loco oppure in area agricola adiacente,
sempre che non comportino l’avanzamento dell’edificio
esistente sul fronte stradale o sul bene da tutelare”.
2.17. Deve, dunque, escludersi la
sussistenza di un contrato tra la normativa regionale
invocata dalla Regione nella deliberazione gravata e la
scelta pianificatoria operata dall’amministrazione
comunale.
3. Anche le ulteriori doglianze si
palesano fondate, giacché gli ulteriori giustificativi
posti alla base della suddetta deliberazione sono del
tutti inidonei a sorreggerne il fondamento.
3.1 Il riferimento ad altri edifici
interni alla golena nulla consente di inferire, infatti,
in merito all’illegittimità della scelta operata
dall’amministrazione comunale, risultando
contraddittorio rispetto all’enunciata preclusione
all’ammissibilità di tali interventi, nella misura in
cui sottende l’esigenza di una soluzione unitaria.
3.2. Quanto alle presunte
imprecisioni topografiche, il Collegio evidenzia lo loro
inidoneità a legittimare, di per sé considerate,
l’esercizio del potere di apportare modifiche d’ufficio,
non essendo in discussione la localizzazione
dell’edificio in area agricola inedificabile interna
alla golena del fiume Bacchiglione.
4. In conclusione, il ricorso va
accolto, con conseguente annullamento della
deliberazione e degli altri atti gravati, nei limiti
dell’interesse dedotto.
5. Le peculiarità della fattispecie
e le problematiche interpretative evidenziate al capo 1,
punti sub 2 e seguenti della presente pronuncia,
inducono, nondimeno, all’integrale compensazione delle
spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo
Regionale per il Veneto (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe
indicato, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i
provvedimenti gravati.
Compensa integralmente tra le parti
le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
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