_ cura di Francesco Machina Grifeo
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La Corte Ue fissa i paletti in
materia di brevettabilità di medicinali ricavati da
cellule staminali embrionali. E lo fa stabilendo un
principio generale per cui non è mai brevettabile un
procedimento che comporta la distruzione dell'embrione.
Interpretando la direttiva europea 98/44/CE sulla
protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, i
giudici di Lussemburgo, sentenza nella Causa C-34/10,
hanno anche chiarito che può essere oggetto di brevetto
l’utilizzazione per finalità terapeutiche che si
applichi all’embrione umano, tuttavia, la tutela
commerciale non può essere estesa alla ricerca
scientifica che deve essere lasciata libera dai vincoli
imposti dalla disciplina sui brevetti.
Il caso concreto
Il caso parte da Oliver Brüstle,
titolare di un brevetto del 1997, relativo a cellule
progenitrici neurali “isolate e depurate”, ricavate da
cellule staminali embrionali umane utilizzate per curare
malattie quali il Parkinson e di cui esisterebbero già,
secondo l’inventore, delle applicazioni cliniche.
Il rinvio alla Ue
Il Tribunale federale tedesco sui
brevetti, su domanda presentata da Greenpeace, ne aveva
dichiarato la nullità in quanto esso aveva ad oggetto un
procedimento che partiva da cellule staminali di
embrioni umani.
La Cassazione adita dal sig.
Brüstle ha rimesso la questione alla Corte di giustizia
europea. In particolare, i Supremi giudici tedeschi
hanno chiesto all’Europa di specificare meglio la
nozione di «embrione umano», non definita in senso
tecnico dalla direttiva 98/44/CE, in modo da definire se
l'esclusione della brevettabilità dell'embrione riguardi
tutti gli stadi della vita, a partire dalla fecondazione
dell'ovulo, o se debbano essere soddisfatte altre
condizioni, ad esempio il raggiungimento di un
determinato stadio di sviluppo
Nozione ampia
Secondo i giudici europei, dunque,
la nozione di «embrione umano» deve essere intesa in
senso ampio. E cioè vi rientra qualsiasi ovulo sin dalla
fase della sua fecondazione. Non solo: è «embrione
umano» anche l’ovulo non fecondato in cui sia stato
impiantato il nucleo di una cellula umana matura e
l’ovulo, sempre non fecondato, indotto a dividersi e a
svilupparsi attraverso partenogenesi. In tutti questi
casi infatti, la tecnica utilizzata permette comunque di
avviare quel processo di sviluppo che porta all’essere
umano.
Fissati questi principi, la Corte
ha chiarito anche che spetta al giudice nazionale
stabilire, in considerazione degli sviluppi della
scienza, se le cellule staminali ricavate da un embrione
umano nello stadio di blastocisti siano tali, o meno, da
dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano e,
di conseguenza, rientrino nella nozione di «embrione
umano».
Ricerca sempre libera
Ampie le tutele per la ricerca.
L’attività di indagine scientifica, infatti, non è
soggetta a brevetti. Mentre è ammissibile la
brevettabilità delle utilizzazioni di embrioni umani a
fini industriali o commerciali, ove riguardi
l’utilizzazione a fini terapeutici o diagnostici che
sono utili all’embrione umano, ad esempio per correggere
una malformazione e migliorare le sue prospettive di
vita.
Il discrimine della Corte
Nel caso specifico per i giudici di
Lussemburgo siccome la produzione di cellule
progenitrici neurali presuppone la distruzione
dell'embrione “Non escludere dalla brevettabilità una
tale invenzione rivendicata avrebbe la conseguenza di
consentire al richiedente un brevetto di eludere il
divieto di brevettabilità mediante un’abile stesura
della rivendicazione”. In conclusione, la Corte reputa
che “un'invenzione non possa essere brevettata qualora
l’attuazione del procedimento richieda, in via
preliminare, la distruzione di embrioni umani o la loro
utilizzazione come materiale di partenza, anche ove, in
sede di domanda di brevetto, la descrizione di tale
procedimento, come nel caso di specie, non menzioni
l’utilizzazione di embrioni umani”.
Il dispositivo della pronuncia
“Per questi motivi, la Corte
(Grande Sezione) dichiara:
1) L’art. 6, n. 2, lett. c), della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6
luglio 1998, 98/44/CE, sulla protezione giuridica delle
invenzioni biotecnologiche, deve essere interpretato nel
senso che:
- costituisce un «embrione umano»
qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, qualunque
ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il
nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo
umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia
stato indotto a dividersi e a svilupparsi;
- spetta al giudice nazionale
stabilire, in considerazione degli sviluppi della
scienza, se una cellula staminale ricavata da un
embrione umano nello stadio di blastocisti costituisca
un «embrione umano» ai sensi dell’art. 6, n. 2, lett.
c), della direttiva 98/44.
2) L’esclusione dalla
brevettabilità relativa all’utilizzazione di embrioni
umani a fini industriali o commerciali enunciata
all’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva 98/44
riguarda altresì l’utilizzazione a fini di ricerca
scientifica, mentre solo l’utilizzazione per finalità
terapeutiche o diagnostiche che si applichi all’embrione
umano e sia utile a quest’ultimo può essere oggetto di
un brevetto.
3) L’art. 6, n. 2, lett. c), della
direttiva 98/44 esclude la brevettabilità di
un’invenzione qualora l’insegnamento tecnico oggetto
della domanda di brevetto richieda la previa distruzione
di embrioni umani o la loro utilizzazione come materiale
di partenza, indipendentemente dallo stadio in cui esse
hanno luogo e anche qualora la descrizione
dell’insegnamento tecnico oggetto di rivendicazione non
menzioni l’utilizzazione di embrioni umani.”
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
18
ottobre 2011 (*)
«Direttiva 98/44/CE – Art 6, n. 2, lett. c) – Protezione
giuridica delle invenzioni biotecnologiche – Ottenimento
di cellule progenitrici a partire da cellule staminali
embrionali umane – Brevettabilità – Esclusione
dell‟“utilizzazione di embrioni umani a fini industriali
o commerciali” – Nozioni di “embrione umano” e di
“utilizzazione a fini industriali o commerciali”»
Nel
procedimento C-34/10,
avente
ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi dell‟art. 267 TFUE, dal
Bundesgerichtshof (Germania) con decisione 17 dicembre
2009, pervenuta in cancelleria il 21 gennaio 2010, nella
causa
Oliver
Brüstle
contro
Greenpeace
eV,
LA
CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A.
Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, e J.-C.
Bonichot, M. Safjan (relatore) e dalla sig.ra A.
Prechal, presidenti di sezione, dal sig. A. Rosas, dalla
sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. K. Schiemann, D.
Šváby, dalla sig.ra M. Berger e dal sig. E. Jarašiūnas,
giudici,
avvocato generale: sig. Y. Bot
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista
la fase scritta del procedimento e in seguito
all‟udienza del 12 gennaio 2011,
considerate le osservazioni presentate:
– per
Oliver Brüstle, dall‟avv. F.-W. Engel, Rechtsanwalt, dal
sig. M. Grund e dalla sig.ra C. Sattler de Sousa e
Brito, Patentanwälte;
– per
Greenpeace eV, dal sig. V. Vorwerk, dai sigg. R.
Schnekenbühl, Patentanwalt, e C. Then, Experte;
– per
l‟Irlanda, dal sig. G. Durcan, in qualità di agente;
– per
il governo portoghese, dal sig. L. Inez Fernandes, in
qualità di agente;
– per
il governo svedese, dalla sig.ra A. Falk e dal sig. A.
Engman, in qualità di agenti;
– per
il governo del Regno Unito, dalle sig.re F. Penlington e
C. Murrell, in qualità di agenti, assistite dalla sig.ra
C. May, barrister;
– per
la Commissione europea, dai sigg. F. W. Bulst e H.
Krämer, in qualità di agenti,
sentite
le conclusioni dell‟avvocato generale, presentate
all‟udienza del 10 marzo 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La
presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull‟interpretazione dell‟art. 6, n. 2, lett. c), della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6
luglio 1998, 98/44/CE, sulla protezione giuridica delle
invenzioni biotecnologiche (GU L 213, pag. 13; in
prosieguo: la «direttiva»).
2
Questa domanda è stata presentata nel contesto di un
procedimento di annullamento, promosso da Greenpeace eV,
del brevetto tedesco detenuto dal sig. Brüstle, che
riguarda cellule progenitrici neurali e procedimenti per
la loro produzione a partire da cellule staminali
embrionali, nonché la loro utilizzazione a fini
terapeutici.
Contesto normativo
Gli
accordi che vincolano l’Unione europea e/o gli Stati
membri
3
L‟art. 27 dell‟accordo sugli aspetti dei diritti di
proprietà intellettuale attinenti al commercio,
riprodotto nell‟allegato 1 C dell‟accordo che istituisce
l‟Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a
Marrakech il 15 aprile 1994 e approvato con decisione
del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla
conclusione a nome della Comunità europea, per le
materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati
multilaterali dell‟Uruguay Round (1986-1994) (GU L 336,
pag. 1), prevede quanto segue:
«1.
Fatte salve le disposizioni dei paragrafi 2 e 3, possono
costituire oggetto di brevetto le invenzioni, di
prodotto o di procedimento, in tutti i campi della
tecnologia, che siano nuove, implichino un‟attività
inventiva e siano atte ad avere un‟applicazione
industriale.. Fatti salvi l‟articolo 65, paragrafo 4,
l‟articolo 70, paragrafo 8 e il paragrafo 3 del presente
articolo, il conseguimento dei brevetti e il godimento
dei relativi diritti non sono soggetti a discriminazioni
in base al luogo d‟invenzione, al settore tecnologico e
al fatto che i prodotti siano d‟importazione o di
fabbricazione locale.
2. I
membri possono escludere dalla brevettabilità le
invenzioni il cui sfruttamento commerciale nel loro
territorio deve essere impedito per motivi di ordine
pubblico o di moralità pubblica, nonché per proteggere
la vita o la salute dell‟uomo, degli animali o dei
vegetali o per evitare gravi danni ambientali, purché
l‟esclusione non sia dettata unicamente dal fatto che lo
sfruttamento è vietato dalle loro legislazioni».
4
L‟art. 52, n. 1, della Convenzione sulla concessione di
brevetti europei, firmata a Monaco il 5 ottobre 1973 (in
prosieguo: la «CBE»), di cui l‟Unione europea non è
parte, ma di cui sono firmatari gli Stati membri, è così
formulato:
«I
brevetti europei sono concessi per le invenzioni in ogni
campo tecnologico, a condizione che siano nuove,
implichino un‟attività inventiva e siano atte ad avere
un‟applicazione industriale».
5
L‟art. 53 della CBE stabilisce:
«Non
vengono concessi brevetti europei per:
a) le
invenzioni il cui sfruttamento commerciale sarebbe
contrario all‟ordine pubblico o al buon costume; tale
contrarietà non può essere dedotta dal solo fatto che lo
sfruttamento è vietato da una disposizione legale o
amministrativa in tutti gli Stati contraenti o in parte
di essi».
La
normativa dell’Unione
6 Il
preambolo della direttiva indica quanto segue:
«(…)
(2) considerando che,
soprattutto nel campo dell‟ingegneria genetica, la
ricerca e lo sviluppo esigono una notevole quantità di
investimenti ad alto rischio che soltanto una protezione
giuridica adeguata può consentire di rendere redditizi;
3)
considerando che una protezione efficace e armonizzata
in tutti gli Stati membri è essenziale al fine di
mantenere e promuovere gli investimenti nel settore
della biotecnologia;
(…)
(5)
considerando che nel settore della protezione delle
invenzioni biotecnologiche esistono divergenze tra le
legislazioni e le pratiche dei diversi Stati membri; che
tali disparità creano ostacoli agli scambi e
costituiscono quindi un ostacolo al funzionamento del
mercato interno;
(6)
considerando che dette divergenze potrebbero accentuarsi
con l‟adozione, da parte degli Stati membri, di nuove e
divergenti legislazioni e prassi amministrative o con la
diversa evoluzione delle giurisprudenze nazionali su
tali legislazioni;
(7)
considerando che uno sviluppo eterogeneo delle
legislazioni nazionali sulla protezione giuridica delle
invenzioni biotecnologiche nella Comunità rischia di
disincentivare maggiormente gli scambi commerciali a
scapito dello sviluppo industriale di tali invenzioni e
del corretto funzionamento del mercato interno;
(…)
(14)
considerando che un brevetto di invenzione non autorizza
il titolare ad attuare l‟invenzione, ma si limita a
conferirgli il diritto di vietare ai terzi di sfruttarla
a fini industriali e commerciali e che, di conseguenza,
il diritto dei brevetti non può sostituire né rendere
superflue le legislazioni nazionali, europee o
internazionali che fissino eventuali limiti o divieti, o
dispongano controlli sulla ricerca e sull‟utilizzazione
o sulla commercializzazione dei suoi risultati, con
particolare riguardo alle esigenze di sanità pubblica,
sicurezza, tutela dell‟ambiente, protezione degli
animali, conservazione della diversità genetica e
relativamente all‟osservanza di alcune norme etiche;
(…)
(16)
considerando che il diritto dei brevetti dev‟essere
esercitato nel rispetto dei principi fondamentali che
garantiscono la dignità e l‟integrità dell‟uomo; che
occorre ribadire il principio secondo cui il corpo
umano, in ogni stadio della sua costituzione e del suo
sviluppo, comprese le cellule germinali, la semplice
scoperta di uno dei suoi elementi o di uno dei suoi
prodotti, nonché la sequenza o sequenza parziale di un
gene umano, non sono brevettabili; che tali principi
sono conformi ai criteri di brevettabilità previsti dal
diritto dei brevetti, secondo i quali una semplice
scoperta non può costituire oggetto di brevetto;
(17)
considerando che è già stato possibile realizzare
progressi decisivi nel trattamento delle malattie,
grazie all‟esistenza di medicinali derivati da elementi
isolati dal corpo umano o altrimenti prodotti, di
medicinali risultanti da un procedimento tecnico inteso
ad ottenere elementi di struttura simile a quella di
elementi naturali esistenti nel corpo umano e che, di
conseguenza, è opportuno incoraggiare, tramite il
sistema dei brevetti, la ricerca intesa ad ottenere tali
elementi;
(…)
(20)
considerando, quindi, che è necessario dichiarare che
un‟invenzione relativa ad un elemento isolato dal corpo
umano, o diversamente prodotto, tramite un procedimento
tecnico, e utilizzabile a fini industriali, non è
esclusa dalla brevettabilità, anche se la struttura
dell‟elemento è identica a quella di un elemento
naturale, fermo restando che i diritti attribuiti dal
brevetto non si estendono al corpo umano e ai suoi
elementi nel loro ambiente naturale;
(21)
considerando che tale elemento isolato dal corpo umano o
diversamente prodotto non è escluso dalla brevettabilità
perché, ad esempio, è il risultato di procedimenti
tecnici che l‟hanno identificato, purificato,
caratterizzato e moltiplicato al di fuori del corpo
umano, procedimenti tecnici che soltanto l‟uomo è capace
di mettere in atto e che la natura di per sé stessa non
è in grado di compiere;
(…)
(37)
considerando che, nella presente direttiva, va altresì
riaffermato il principio secondo cui sono escluse dalla
brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento
commerciale sia contrario all‟ordine pubblico o al buon
costume;
(38)
considerando che è altresì importante inserire nel
dispositivo stesso della presente direttiva un elenco
indicativo di invenzioni escluse dalla brevettabilità,
per fornire ai giudici e agli uffici nazionali dei
brevetti orientamenti di massima ai fini
dell‟interpretazione del riferimento all‟ordine pubblico
o al buon costume; che questo elenco non può certo
essere considerato esauriente; che i procedimenti la cui
applicazione reca pregiudizio alla dignità umana, come
ad esempio i procedimenti per la produzione di esseri
ibridi risultanti da cellule germinali o totipotenti
umane o animali, devono ovviamente essere esclusi
anch‟essi dalla brevettabilità;
(39)
considerando che l‟ordine pubblico e il buon costume
corrispondono in particolare a principi etici o morali
riconosciuti in uno Stato membro e la cui osservanza è
indispensabile in particolare in materia di
biotecnologia, data la portata potenziale delle
invenzioni in questo settore ed il loro nesso intrinseco
con la materia vivente; che questi principi etici o
morali completano le normali verifiche giuridiche
previste dal diritto dei brevetti, a prescindere dal
settore tecnico dell‟invenzione;
(…)
(42)
considerando inoltre che le utilizzazioni di embrioni
umani a fini industriali o commerciali devono a loro
volta essere escluse dalla brevettabilità; che tale
esclusione non riguarda comunque le invenzioni a
finalità terapeutiche o diagnostiche che si applicano e
che sono utili all‟embrione umano;
(43)
considerando che l‟articolo F, paragrafo 2, del Trattato
sull‟Unione europea stabilisce che l‟Unione rispetta i
diritti fondamentali quali sono garantiti dalla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell‟uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma
il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto
principi generali del diritto comunitario;
(…)».
7 La
direttiva dispone come segue:
«Articolo
1
1. Gli
Stati membri proteggono le invenzioni biotecnologiche
tramite il diritto nazionale dei brevetti. Essi, se
necessario, adeguano il loro diritto nazionale dei
brevetti per tener conto delle disposizioni della
presente direttiva.
2. La
presente direttiva non pregiudica gli obblighi degli
Stati membri derivanti da accordi internazionali, in
particolare dall‟accordo TRIPS e dalla Convenzione sulla
diversità biologica.
(…)
Articolo 3
1. Ai
fini della presente direttiva, sono brevettabili le
invenzioni nuove che comportino un‟attività inventiva e
siano suscettibili di applicazione industriale, anche se
hanno ad oggetto un prodotto consistente in materiale
biologico o che lo contiene, o un procedimento
attraverso il quale viene prodotto, lavorato o impiegato
materiale biologico.
2. Un
materiale biologico che viene isolato dal suo ambiente
naturale o viene prodotto tramite un procedimento
tecnico può essere oggetto di invenzione, anche se
preesisteva allo stato naturale.
(…)
Articolo 5
1. Il corpo umano, nei
vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo,
nonché la mera scoperta di uno dei suoi elementi, ivi
compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene,
non possono costituire invenzioni brevettabili.
2. Un
elemento isolato dal corpo umano, o diversamente
prodotto, mediante un procedimento tecnico, ivi compresa
la sequenza o la sequenza parziale di un gene, può
costituire un‟invenzione brevettabile, anche se la
struttura di detto elemento è identica a quella di un
elemento naturale.
(…)
Articolo 6
1. Sono
escluse dalla brevettabilità le invenzioni il cui
sfruttamento commerciale è contrario all‟ordine pubblico
o al buon costume; lo sfruttamento di un‟invenzione non
può di per sé essere considerato contrario all‟ordine
pubblico o al buon costume per il solo fatto che è
vietato da una disposizione legislativa o regolamentare.
2. Ai
sensi del paragrafo 1, sono considerati non brevettabili
in particolare:
(…)
c) le
utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o
commerciali.
(…)».
Il
diritto nazionale
8
L‟art. 2 della legge relativa ai brevetti
(Patentgesetz), nella sua versione modificata ai fini
della trasposizione dell‟art. 6 della direttiva (BGB1
2005 I, pag. 2521; in prosieguo: il «PatG»), ha il
seguente tenore:
«1. Non
possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni il
cui sfruttamento commerciale sarebbe contrario
all‟ordine pubblico o al buon costume; tale contrarietà
non può essere dedotta dal solo fatto che lo
sfruttamento è vietato da una disposizione di legge o
regolamentare.
2. In
particolare, non sono concessi brevetti per:
(…)
3) le
utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o
commerciali;
(…)
Ai fini
dell‟applicazione dei punti 1–3 sono determinanti le
norme pertinenti della legge sulla protezione degli
embrioni (Embryonenschutzgesetz, in prosieguo:
l‟«ESchG»).
9
L‟art. 21 del PatG prevede quanto segue:
«1) Il
brevetto è revocato (art. 61) ove risulti
1. che
l‟oggetto del brevetto non è brevettabile in forza degli
artt. 1-5».
10 Ai
sensi dell‟art. 22, n. 1, del PatG:
«Il
brevetto è dichiarato nullo su domanda (art. 81) se
risulta che esiste uno dei motivi elencati all‟art. 21,
n. 1, o che la portata della tutela conferita dal
brevetto sia stata ampliata».
11 Ai
sensi degli artt. 1, n. 1, punto 2, e 2, nn. 1 e 2,
dell‟ESchG del 13 dicembre 1990, sono sanzionati
penalmente la fecondazione artificiale di ovuli per uno
scopo diverso dall‟induzione di gravidanza della donna
da cui provengono, la vendita di embrioni umani
concepiti in provetta o prelevati da una donna prima
della fine del processo di annidamento nell‟utero o la
loro cessione,
acquisto o utilizzazione
per uno scopo che non sia la conservazione degli stessi,
nonché lo sviluppo in provetta di embrioni umani per
scopi diversi da quello di indurre una gravidanza.
12
L‟art. 8, n. 1, dell‟ESchG definisce l‟embrione umano
come l‟ovulo umano fecondato, in grado di svilupparsi,
sin dalla fusione dei nuclei, nonché qualsiasi altra
cellula estratta da un embrione detta «totipotente»,
vale a dire in grado, in presenza delle altre condizioni
necessarie a tal fine, di dividersi e di svilupparsi
diventando un individuo. Occorre distinguere queste
ultime dalle cellule pluripotenti, ossia le cellule
staminali che, sebbene possano svilupparsi diventando
qualsiasi tipo di cellule, tuttavia non possono divenire
un individuo completo.
13 Ai
sensi dell‟art. 4 della legge 28 maggio 2002 sulla
garanzia della protezione degli embrioni nel contesto
dell‟importazione e dell‟utilizzazione di cellule
staminali embrionali umane (Gesetz zur Sicherstellung
des Embryonenschutzes im Zusammenhang mit Einfuhr und
Verwendung menschlicher embryonaler Stammzellen, BGB1.
2002 I, pag. 2277):
«(1)
Sono vietate l‟importazione e l‟utilizzazione di cellule
staminali embrionali.
(2) In
deroga al n. 1, l‟importazione e l‟utilizzazione di
cellule staminali embrionali sono autorizzate a fini di
ricerca alle condizioni previste al n. 6 purché
1.
l‟autorità incaricata delle autorizzazioni si sia
sincerata che
a) le
cellule staminali embrionali siano state ottenute prima
del 1° maggio 2007 nel paese di origine conformemente
alla sua normativa nazionale in vigore e siano
conservate in coltura o stoccate successivamente a
quella fase secondo tecniche di conservazione
criogeniche (linea di cellule staminali embrionali);
b) gli
embrioni sui quali sono state prelevate siano stati
ottenuti mediante fecondazione in vitro medicalmente
assistita al fine di indurre una gravidanza e siano
divenuti definitivamente superflui a tale scopo senza
che vi siano elementi per sostenere che questo dipende
da motivi riconducibili agli embrioni stessi;
c)
nessuna retribuzione o altro beneficio quantificabile
sia stato accordato o promesso per la donazione di
embrioni al fine di ottenere cellule staminali e che
2.
l‟importazione e l‟utilizzazione di cellule staminali
embrionali non violano altre disposizioni di legge, in
particolare quelle dell‟ESchG.
(3)
L‟autorizzazione è negata qualora le cellule staminali
embrionali siano state manifestamente ottenute violando
i principi fondatori dell‟ordinamento giuridico tedesco.
Essa non può essere rifiutata per il fatto che le
cellule staminali provengono da embrioni umani».
14 Ai
sensi dell‟art. 5, n. 1, della detta legge 28 maggio
2002:
«Possono essere effettuati lavori di ricerca sulle
cellule staminali embrionali soltanto qualora sia
scientificamente dimostrato che
1.
questi lavori sono funzionali a eminenti obiettivi che
si ritiene possano incrementare le conoscenze
scientifiche nel settore della ricerca fondamentale o
ampliare le conoscenze mediche al fine di sviluppare
procedimenti di diagnostica, preventivi o terapeutici a
uso umano (...)».
Causa principale e questioni pregiudiziali
15 Il
sig. Brüstle è titolare di un brevetto tedesco,
depositato il 19 dicembre 1997, relativo a cellule
progenitrici neurali isolate e depurate, a procedimenti
per la produzione delle stesse a partire da cellule
staminali embrionali e alla loro utilizzazione per il
trattamento di anomalie neurali.
16 Nel
fascicolo del brevetto depositato dal sig. Brüstle è
indicato che l‟impianto di cellule cerebrali nel sistema
nervoso costituisce un metodo promettente per il
trattamento di numerose malattie neurologiche. Esistono
già prime applicazioni cliniche, segnatamente su
pazienti affetti dal morbo di Parkinson.
17 Al fine di poter
rimediare ad anomalie neurali è, infatti, necessario
impiantare cellule progenitrici, ancora in grado di
evolvere. Orbene, questo tipo di cellule esiste
sostanzialmente soltanto durante la fase di sviluppo del
cervello. Il ricorso ai tessuti cerebrali di embrioni
umani pone importanti problemi etici e non consente di
far fronte al fabbisogno di cellule progenitrici
necessarie per rendere accessibile al pubblico la cura
mediante terapia cellulare.
18 Per
contro, in base al fascicolo di cui trattasi, le cellule
staminali embrionali aprono nuove prospettive di
produzione di cellule destinate ai trapianti.
Pluripotenti, esse possono differenziarsi in tutti i
tipi di cellule e di tessuti ed essere conservate nel
corso di numerosi passaggi in tale stato di pluripotenza
e proliferare. Il brevetto di cui trattasi mira a porre
rimedio, in tali circostanze, al problema tecnico di una
produzione in quantità praticamente illimitata di
cellule progenitrici isolate e depurate, aventi
proprietà neuronali o gliali, ricavate da cellule
staminali embrionali.
19 Su
domanda di Greenpeace eV, il Bundespatentgericht
(Tribunale federale dei brevetti) ha constatato,
fondandosi sull‟art. 22, n. 1, del PatG, la nullità del
brevetto di cui trattasi, in quanto quest‟ultimo
riguarda le cellule progenitrici ottenute a partire da
cellule staminali embrionali umane e su procedimenti per
la produzione di tali cellule progenitrici. Il convenuto
ha proposto appello avverso tale sentenza dinanzi al
Bundesgerichtshof.
20
Secondo il giudice del rinvio, la decisione in merito al
ricorso di annullamento dipende dalla questione se
l‟insegnamento tecnico di cui al brevetto controverso
non sia brevettabile ai sensi dell‟art. 2, n. 2, primo
comma, punto 3, del PatG, nei limiti in cui riguarda
cellule progenitrici ricavate da cellule staminali
embrionali umane. La risposta a tale questione dipende a
sua volta dall‟interpretazione che occorre fare, in
particolare, dell‟art. 6, n. 2, lett. c), della
direttiva.
21
Infatti, secondo il giudice del rinvio, dal momento che
l‟art. 6, n. 2, della direttiva non lascia agli Stati
membri alcun margine discrezionale per quanto riguarda
la non brevettabilità dei procedimenti e delle
utilizzazioni ivi menzionate (v. sentenze 9 ottobre
2001, causa C-377/98, Paesi Bassi/Parlamento e
Consiglio, Racc. pag. I-7079, punto 39, nonché 16 giugno
2005, causa C-456/03, Commissione/Italia, Racc. pag.
I-5335, punti 78 e segg.), il rinvio effettuato
dall‟art. 2, n. 2, secondo comma, del PatG all‟ESchG, in
particolare alla definizione dell‟embrione data
dall‟art. 8, n. 1, di tale testo normativo, non può
essere interpretato nel senso che è deferito agli Stati
membri il compito di dare concreta attuazione all‟art.
6, n. 2, lett. c), della direttiva a questo riguardo,
malgrado quest‟ultima non precisi espressamente la
nozione di embrione. L‟interpretazione di tale nozione
non può che essere europea e unitaria. In altri termini,
l‟art. 2, n. 2, secondo comma, del PatG e, in
particolare, la nozione di embrione che utilizza non
possono ricevere un‟interpretazione diversa da quella
della nozione corrispondente figurante all‟art. 6, n. 2,
lett. c), della direttiva.
22 In
tale prospettiva, il giudice del rinvio cerca, in
particolare, di stabilire se le cellule staminali
embrionali umane che fungono da materiale di partenza
per i procedimenti brevettati costituiscano «embrioni»
nel senso dell‟art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva e
se gli organismi a partire dai quali tali cellule
staminali embrionali umane possono essere ottenute
costituiscano «embrioni umani» ai sensi del detto
articolo. A tale riguardo, il giudice osserva che non
tutte le cellule staminali embrionali umane che fungono
da materiale di partenza per i procedimenti brevettati
costituiscono cellule totipotenti, in quanto talune sono
soltanto cellule pluripotenti, ottenute a partire da
embrioni allo stadio di blastocisti. Il giudice del
rinvio si chiede altresì come debbano essere
qualificate, alla luce della nozione di embrione, le
blastocisti a partire dalle quali possono anche essere
ottenute cellule staminali embrionali umane.
23 Alla
luce di tali circostanze, il Bundesgerichtshof ha deciso
di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte
le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)
Come debba essere intesa la nozione di “embrioni umani”
di cui all‟art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva
(...):
a) Se
siano compresi tutti gli stadi di sviluppo della vita
umana a partire dalla fecondazione dell‟ovulo o se
debbano essere rispettate ulteriori condizioni, come, ad
esempio, il raggiungimento di un determinato stadio di
sviluppo.
b) Se
siano compresi in tale nozione anche i seguenti
organismi:
– ovuli umani non
fecondati in cui sia stato impiantato un nucleo
proveniente da una cellula umana matura;
– ovuli
umani non fecondati, stimolati attraverso la
partenogenesi a dividersi e svilupparsi.
c) Se
siano comprese anche cellule staminali ricavate da
embrioni umani nello stadio di blastocisti.
2) Come
si debba intendere la nozione di “utilizzazioni di
embrioni umani a fini industriali o commerciali”:se essa
comprenda qualsiasi sfruttamento commerciale
nell‟accezione dell‟art. 6, n. 1, della direttiva, in
particolare anche un‟utilizzazione finalizzata alla
ricerca scientifica.
3) Se
sia esclusa la brevettabilità, ai sensi dell‟art. 6, n.
2, lett. c), della direttiva (...), di un determinato
insegnamento tecnico anche qualora l‟utilizzo di
embrioni umani non rientri nell‟insegnamento tecnico
rivendicato con il brevetto, ma costituisca la premessa
necessaria per l‟utilizzo del medesimo,
–
perché il brevetto riguarda un prodotto la cui creazione
comporta la previa distruzione di embrioni umani, ovvero
–
perché il brevetto riguarda un procedimento che richiede
come materiale di partenza un siffatto prodotto».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
24 Con
la sua prima questione il giudice del rinvio chiede alla
Corte di interpretare la nozione di «embrione umano» ai
sensi e ai fini dell‟applicazione dell‟art. 6, n. 2,
lett. c), della direttiva, vale a dire all‟unico scopo
di stabilire l‟ambito del divieto di brevettabilità
previsto da tale disposizione.
25 Si
deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza,
l‟applicazione uniforme tanto del diritto dell‟Unione
quanto del principio di uguaglianza esige che una
disposizione del diritto dell‟Unione che non contenga
alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri
per quanto riguarda la determinazione del suo senso e
della sua portata debba normalmente dar luogo, in tutta
l‟Unione, ad un‟interpretazione autonoma e uniforme (v.,
in particolare, sentenze 18 gennaio 1984, causa 327/82,
Ekro, Racc. pag. I-107, punto 11; 19 settembre 2000,
causa C-287/98, Linster, Racc. pag. I-6917, punto 43; 16
luglio 2009, causa C-5/08, Infopaq International, Racc.
pag. I-6569, punto 27, e 21 ottobre 2010, causa
C-467/08, Padawan, non ancora pubblicata nella Raccolta,
punto 32).
26
Orbene, sebbene il testo della direttiva non fornisca
alcuna definizione dell‟embrione umano, nemmeno rinvia
ai diritti nazionali per quanto riguarda il significato
da attribuire a questi termini. Ne risulta pertanto che
esso dev‟essere considerato, ai fini dell‟applicazione
della direttiva, come volto a designare una nozione
autonoma del diritto dell‟Unione, che deve essere
interpretata in modo uniforme sul territorio di
quest‟ultima.
27 Tale
conclusione è confermata dal senso e dallo scopo della
direttiva. Dal terzo nonché dal quinto, sesto e settimo
„considerando‟ della direttiva risulta infatti che
quest‟ultima mira, per il tramite di un‟armonizzazione
delle regole relative alla protezione giuridica delle
invenzioni biotecnologiche, a rimuovere gli ostacoli
agli scambi commerciali e al buon funzionamento del
mercato interno posti dalle divergenze legislative e
giurisprudenziali tra Stati membri e, pertanto, a
incoraggiare la ricerca e lo sviluppo industriale
nell‟ambito dell‟ingegneria genetica (v., in tal senso,
sentenza Paesi Bassi/Parlamento e Consiglio, cit., punti
16 e 27).
28
Orbene, la mancanza di una definizione uniforme della
nozione di embrione umano determinerebbe il rischio che
gli autori di talune invenzioni biotecnologiche siano
tentati di chiedere la brevettabilità di queste ultime
negli Stati membri che concepiscono nel modo più
restrittivo la nozione di embrione umano e, quindi, i
più permissivi per quanto riguarda le possibilità di
brevettare le invenzioni
di cui trattasi, a motivo del fatto che la
brevettabilità delle stesse sarebbe esclusa negli altri
Stati membri. Una tale situazione costituirebbe una
lesione al buon funzionamento del mercato interno, che
costituisce lo scopo della direttiva di cui trattasi.
29 Tale
conclusione è altresì corroborata dalla portata
dell‟elenco, contenuto nell‟art. 6, n. 2, della
direttiva, dei procedimenti e delle utilizzazioni
esclusi dalla brevettabilità. Infatti, dalla
giurisprudenza della Corte emerge che, contrariamente
all‟art. 6, n. 1, di tale direttiva, che lascia alle
autorità amministrative ed ai giudici degli Stati membri
un ampio margine discrezionale nell‟operare l‟esclusione
dalla brevettabilità delle invenzioni il cui
sfruttamento commerciale sia contrario all‟ordine
pubblico o al buon costume, il n. 2 del detto articolo
non accorda agli Stati membri alcuna discrezionalità per
quanto riguarda la non brevettabilità dei procedimenti e
delle utilizzazioni ivi menzionati, dato che tale
disposizione è diretta proprio a circoscrivere
l‟esclusione prevista al n. 1 della medesima norma. Ne
risulta che, escludendo espressamente la brevettabilità
dei procedimenti e delle utilizzazioni ivi menzionati,
l‟art. 6, n. 2, della direttiva mira a riconoscere
precisi diritti su tale punto (v. sentenza
Commissione/Italia, cit., punti 78 e 79).
30
Quanto al significato da attribuire alla nozione di
«embrione umano» prevista all‟art. 6, n. 2, lett. c),
della direttiva, si deve sottolineare che, sebbene la
definizione dell‟embrione umano costituisca un tema
sociale particolarmente delicato in numerosi Stati
membri, contrassegnato dalla diversità dei loro valori e
delle loro tradizioni, la Corte non è chiamata, con il
presente rinvio pregiudiziale, ad affrontare questioni
di natura medica o etica, ma deve limitarsi ad
un‟interpretazione giuridica delle pertinenti
disposizioni della direttiva (v., in tal senso, sentenza
26 febbraio 2008, causa C-506/06, Mayr, Racc. pag.
I-1017, punto 38).
31 Si
deve ricordare, inoltre, che la determinazione del
significato e della portata dei termini per i quali il
diritto dell‟Unione non fornisce alcuna definizione va
operata, in particolare, tenendo conto del contesto in
cui essi sono utilizzati e degli scopi perseguiti dalla
normativa di cui essi fanno parte (v. in tal senso, in
particolare, sentenze 10 marzo 2005, causa C-336/03,
easyCar, Racc. pag. I-1947, punto 21; 22 dicembre 2008,
causa C-549/07, Wallentin-Hermann, Racc. pag. I-11061,
punto 17, e 29 luglio 2010, causa C-151/09, UGT-FSP, non
ancora publicata nella Raccolta, punto 39).
32 A
tale riguardo, dal preambolo della direttiva emerge che,
se è vero che quest‟ultima mira a incoraggiare gli
investimenti nel settore della biotecnologia, lo
sfruttamento del materiale biologico di origine umana
deve avvenire nel rispetto dei diritti fondamentali e,
in particolare, della dignità umana. Il sedicesimo
„considerando‟ della direttiva, in particolare,
sottolinea che «il diritto dei brevetti dev‟essere
esercitato nel rispetto dei principi fondamentali che
garantiscono la dignità e l‟integrità dell‟uomo».
33 A
tal fine, come la Corte ha già osservato, l‟art. 5, n.
1, della direttiva vieta che il corpo umano, nei vari
stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, possa
costituire un‟invenzione brevettabile. Un‟ulteriore
protezione è fornita dall‟art. 6 della direttiva, il
quale indica come contrari all‟ordine pubblico o al buon
costume, e per tale ragione esclusi dalla
brevettabilità, i procedimenti di clonazione di esseri
umani, i procedimenti di modificazione dell‟identità
genetica germinale dell‟essere umano e le utilizzazioni
di embrioni umani a fini industriali o commerciali. Il
trentottesimo „considerando‟ della direttiva precisa che
questo elenco non è esauriente e che anche tutti i
procedimenti la cui applicazione reca pregiudizio alla
dignità umana devono essere esclusi dalla brevettabilità
(v. sentenza Paesi Bassi/Parlamento e Consiglio, cit.,
punti 71 e 76).
34 Il
contesto e lo scopo della direttiva rivelano pertanto
che il legislatore dell‟Unione ha inteso escludere
qualsiasi possibilità di ottenere un brevetto quando il
rispetto dovuto alla dignità umana può esserne
pregiudicato. Da ciò risulta che la nozione di «embrione
umano» ai sensi dell‟art. 6, n. 2, lett. c), della
direttiva deve essere intesa in senso ampio.
35 In
tal senso, sin dalla fase della sua fecondazione
qualsiasi ovulo umano deve essere considerato come un
«embrione umano», ai sensi e per gli effetti dell‟art.
6, n. 2, lett. c), della direttiva, dal momento che la
fecondazione è tale da dare avvio al processo di
sviluppo di un essere umano.
36 Deve
essere riconosciuta questa qualificazione anche
all‟ovulo umano non fecondato in cui sia stato
impiantato il nucleo di una cellula umana matura e
all‟ovulo umano non fecondato indotto a dividersi e a
svilupparsi attraverso partenogenesi. Anche se tali
organismi non sono stati oggetto, in senso proprio, di
una fecondazione, gli stessi, come emerge dalle
osservazioni scritte depositate dinanzi alla Corte, per
effetto della tecnica utilizzata per ottenerli, sono
tali da dare avvio al
processo di sviluppo di un
essere umano come l‟embrione creato mediante
fecondazione di un ovulo.
37 Per
quanto riguarda le cellule staminali ricavate da un
embrione umano nello stadio di blastocisti, spetta al
giudice nazionale stabilire, in considerazione degli
sviluppi della scienza, se esse siano tali da dare avvio
al processo di sviluppo di un essere umano e, di
conseguenza, rientrino nella nozione di «embrione umano»
ai sensi e per gli effetti dell‟art. 6, n. 2, lett. c),
della direttiva.
38 Alla
luce delle precedenti considerazioni, la prima questione
deve essere risolta come segue:
–
costituisce un «embrione umano» qualunque ovulo umano
fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non
fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una
cellula umana matura e qualunque ovulo umano non
fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato
indotto a dividersi e a svilupparsi;
–
spetta al giudice nazionale stabilire, in considerazione
degli sviluppi della scienza, se una cellula staminale
ricavata da un embrione umano nello stadio di
blastocisti costituisca un «embrione umano» ai sensi
dell‟art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva.
Sulla seconda questione
39 Con
la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede
se la nozione di «utilizzazione di embrioni umani a fini
industriali o commerciali» ai sensi dell‟art. 6, n. 2,
lett. c), della direttiva includa anche l‟utilizzazione
di embrioni umani a fini di ricerca scientifica.
40 A
tale proposito, si deve precisare che la direttiva non è
intesa a disciplinare l‟utilizzazione di embrioni umani
nell‟ambito di ricerche scientifiche. Essa ha ad oggetto
esclusivamente la brevettabilità delle invenzioni
biotecnologiche.
41
Trattandosi, quindi, esclusivamente di stabilire se
l‟esclusione dalla brevettabilità relativa
all‟utilizzazione di embrioni umani a fini industriali o
commerciali verta altresì sull‟utilizzazione di embrioni
umani per la ricerca scientifica o se la ricerca
scientifica che implica l‟utilizzazione di embrioni
umani possa ottenere la protezione del diritto dei
brevetti, si deve osservare che il fatto di accordare a
un‟invenzione un brevetto implica, in linea di
principio, lo sfruttamento industriale e commerciale
della stessa.
42 Tale
interpretazione è corroborata dal quattordicesimo
„considerando‟ della direttiva. Nell‟enunciare che il
brevetto di invenzione conferisce al suo titolare il
«diritto di vietare ai terzi di sfruttarla a fini
industriali e commerciali», esso indica che i diritti
derivanti da un brevetto, in linea di principio, sono
relativi ad atti di natura industriale e commerciale.
43
Orbene, anche se lo scopo di ricerca scientifica deve
essere distinto dai fini industriali e commerciali,
l‟utilizzazione di embrioni umani a fini di ricerca che
sia oggetto della domanda di brevetto non può essere
scorporata dal brevetto medesimo e dai diritti da esso
derivanti.
44 La
precisazione fornita dal quarantaduesimo „considerando‟
della direttiva, secondo cui l‟esclusione dalla
brevettabilità prevista dall‟art. 6, n. 2, lett. c), di
questa stessa direttiva «non riguarda (...) le
invenzioni a finalità terapeutiche o diagnostiche che si
applicano e che sono utili all‟embrione umano» conferma
anch‟essa che l‟utilizzazione, oggetto di una domanda di
brevetto, di embrioni umani a fini di ricerca
scientifica non può essere distinta da uno sfruttamento
industriale e commerciale e, pertanto, sottrarsi
all‟esclusione dalla brevettabilità.
45
Quest‟interpretazione coincide del resto con quella
adottata dalla grande commissione di ricorso
dell‟Ufficio europeo dei brevetti in merito all‟art. 28,
lett. c), del regolamento di esecuzione della CBE, che
riporta in termini identici il tenore dell‟art. 6, n. 2,
lett. c), della direttiva (v. decisione 25 novembre
2008, G 2/06, Gazzetta Ufficiale UEB, maggio
2009, pag. 306, punti 25-27).
46 Si
deve quindi risolvere la seconda questione nel senso che
l‟esclusione dalla brevettabilità relativa
all‟utilizzazione di embrioni umani a fini industriali o
commerciali enunciata all‟art. 6, n. 2, lett. c), della
direttiva riguarda altresì l‟utilizzazione a fini di
ricerca scientifica, mentre solo l‟utilizzazione
per finalità terapeutiche
o diagnostiche che si applichi all‟embrione umano e sia
utile a quest‟ultimo può essere oggetto di un brevetto.
Sulla terza questione
47 Con
la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in
sostanza, alla Corte se un‟invenzione sia esclusa dalla
brevettabilità, anche ove essa non abbia di per sé ad
oggetto l‟utilizzazione di embrioni umani, qualora verta
su un prodotto il cui ottenimento presuppone la previa
distruzione di embrioni umani o riguardi un procedimento
che richiede un materiale di base ottenuto mediante la
distruzione di embrioni umani.
48 La
questione di cui trattasi è sollevata nel contesto di
una causa avente ad oggetto la brevettabilità di
un‟invenzione relativa alla produzione di cellule
progenitrici neurali, che presuppone l‟utilizzazione di
cellule staminali ricavate da un embrione umano nello
stadio di blastocisti. Orbene, dalle osservazioni
sottoposte alla Corte emerge che il prelievo di una
cellula staminale su un embrione umano nello stadio di
blastocisti comporta la distruzione dell‟embrione.
49
Pertanto, per i medesimi motivi esposti ai punti 32-35
della presente sentenza, un‟invenzione deve essere
esclusa dalla brevettabilità, anche se le rivendicazioni
del brevetto non vertono sull‟utilizzazione di embrioni
umani, ove l‟attuazione dell‟invenzione richieda la
distruzione di embrioni umani. Anche in tal caso si deve
ritenere che vi sia un‟utilizzazione di embrioni umani
ai sensi dell‟art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva.
Il fatto che tale distruzione abbia luogo,
eventualmente, in una fase ben precedente rispetto
all‟attuazione dell‟invenzione, come nell‟ipotesi della
produzione di cellule staminali embrionali ricavate da
una linea di cellule staminali la cui creazione, di per
sé, ha comportato la distruzione di embrioni umani è, al
riguardo, irrilevante.
50 Non
applicare l‟esclusione dalla brevettabilità enunciata
all‟art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva nei riguardi
di un insegnamento tecnico oggetto di rivendicazione,
per il fatto che esso non menziona l‟utilizzazione –
implicante previa distruzione – di embrioni umani,
avrebbe la conseguenza di privare di effetto utile la
disposizione in oggetto, consentendo al richiedente il
brevetto di eluderne l‟applicazione mediante un‟abile
stesura della rivendicazione.
51
Anche a quel riguardo, la grande commissione di ricorso
dell‟Ufficio europeo dei brevetti, interrogata
sull‟interpretazione dell‟art. 28, lett. c), del
regolamento di esecuzione della CBE, il cui tenore è
identico a quello dell‟art. 6, n. 2, lett. c), della
direttiva (v. punto 22 della decisione 25 novembre 2008,
menzionata al punto 45 della presente sentenza), è
giunta alla medesima conclusione.
52 Si
deve pertanto risolvere la terza questione nel senso che
l‟art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva esclude la
brevettabilità di un‟invenzione qualora l‟insegnamento
tecnico oggetto della domanda di brevetto richieda la
previa distruzione di embrioni umani o la loro
utilizzazione come materiale di partenza,
indipendentemente dallo stadio in cui esse hanno luogo e
anche qualora la descrizione dell‟insegnamento tecnico
oggetto di rivendicazione non menzioni l‟utilizzazione
di embrioni umani.
Sulle spese
53 Nei
confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi
al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle
spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo
a rifusione.
Per
questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1)
L’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 6 luglio 1998, 98/44/CE, sulla
protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche,
deve essere interpretato nel senso che:
–
costituisce un «embrione umano» qualunque ovulo umano
fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non
fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una
cellula umana matura e qualunque ovulo umano
non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a
dividersi e a svilupparsi;
–
spetta al giudice nazionale stabilire, in considerazione
degli sviluppi della scienza, se una cellula staminale
ricavata da un embrione umano nello stadio di
blastocisti costituisca un «embrione umano» ai sensi
dell’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva 98/44.
2)
L’esclusione dalla brevettabilità relativa
all’utilizzazione di embrioni umani a fini industriali o
commerciali enunciata all’art. 6, n. 2, lett. c), della
direttiva 98/44 riguarda altresì l’utilizzazione a fini
di ricerca scientifica, mentre solo l’utilizzazione per
finalità terapeutiche o diagnostiche che si applichi
all’embrione umano e sia utile a quest’ultimo può essere
oggetto di un brevetto.
3)
L’art. 6, n. 2, lett. c), della direttiva 98/44 esclude
la brevettabilità di un’invenzione qualora
l’insegnamento tecnico oggetto della domanda di brevetto
richieda la previa distruzione di embrioni umani o la
loro utilizzazione come materiale di partenza,
indipendentemente dallo stadio in cui esse hanno luogo e
anche qualora la descrizione dell’insegnamento tecnico
oggetto di rivendicazione non menzioni l’utilizzazione
di embrioni umani.
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