Si richiama l’attenzione sulle
seguenti decisioni della Corte di Cassazione , in
relazione alle particolari questioni definite.
Sentenza 21 settembre 2011, n.
19226
Indennita’
accompagnamento-Compatibilita’ con altri benefici
La L. n. 412 del 1991, art. 12),
che, sancendo l’incompatibilità tra le prestazioni
pensionistiche erogate dal ministero dell’interno – con
esclusione di quelle erogate ai ciechi civili, ai
sordomuti ed agli invalidi totali – e le prestazioni a
carattere diretto concesse a seguito di invalidità
contratte per cause di guerra, di lavoro o servizio
salva comunque la facoltà per l’interessato di optare
per il trattamento economico più favorevole, va
interpretata nel senso che la legge concede
all’interessato il diritto di opzione non fra due
diverse prestazioni di previdenza ed assistenza, ma per
il trattamento economico più favorevole, sicché, per
poter esercitare la detta opzione, presupposto
necessario e sufficiente deve ritenersi la titolarità
dei due diversi diritti, che può, conseguentemente,
essere accertata in giudizio, senza che possa operare
l’eventuale preclusione derivante dall’avvenuto
riconoscimento di uno soltanto di essi”.
Sentenza 22 settembre 2011, n.
19291
Trasferimento di azienda –
Trattamento fine rapporto – Datore di lavoro cedente e
datore di lavoro cessionari – Obblighi
In caso di trasferimento
d’azienda e di prosecuzione del rapporto di lavoro alle
dipendenze del cessionario ex art. 2112 c.c., comma 2
invece unico obbligato al trattamento di fine rapporto,
quanto alla quota di t.f.r. maturata nel periodo del
rapporto successivo al trasferimento d’azienda, è il
datore di lavoro cessionario.
-Sentenza n.19790/2011
Il pagameno in ritardo dello
stipendio non può permettere al datore di lavoro di
trattenere le ritenute contributive che sarebbero state
a carico del lavoratore.In caso di esecuzione forzata
,il recupero daparte del dipendente dovra’ essere sulla
retribuzione lorda ,comprensiva dunque sia dei
versamenti previdenziali che fiscali .
Sentenza n. 35344 del 29 settembre
2011
Truffa aggravata per il dirigente
che protegge l’assenteista.
La Cassazione ha affermato che
rischia la condanna per truffa aggravata il dirigente
che a fronte della falsa attestazioni della presenza in
ufficio da parte di alcuni dipendenti, non solo non si
adoperi per sanzionarli ma addirittura ostenti nei loro
confronti un atteggiamento di favore tale da
incoraggiarne la condotta fraudolenta.La Suprema Corte
evidenzia che: “concorre nel reato con condotta
commissiva – anziché mediante omissione ai sensi
dell’art. 40, 2 comma c.p. – il dirigente di un ufficio
pubblico che non soltanto non impedisce che alcuni
dipendenti pongano in essere reiterate violazioni
nell’osservanza dell’orario di lavoro, aggirando in modo
fraudolento il sistema computerizzato di controllo delle
presenze, ma favorisca intenzionalmente tale
comportamento creando segni esteriori di un
atteggiamento di personale favore nei confronti dei
correi, in modo tale da creare intorno ad essi un’aurea
di intangibilità, disincentivare gli altri dipendenti
dal presentare esposti o segnalazioni al riguardo e così
affievolire, in ultima analisi, il cosiddetto ‘controllo
sociale’ “….”tale condotta ha valenza agevolatrice del
reato anche solo per il sostegno morale e
l’incoraggiamento che i dipendenti infedeli ricevono da
una simili situazione di favore .
Sentenza n.20222 del 3 ottobre
2011
Due infrazioni ,due sanzioni
L’automobilista che incurante dei
semafori indicanti il rosso attraversa due incroci
consecutivi commette due distinte infrazioni, alle quali
dunque non si applica la disciplina di favore della
continuazione, con relativo “sconto” sulla sanzione. La
Corte di cassazione ha accolto il ricorso del prefetto
del Trieste che aveva impugnato la sentenza emessa dal
giudice di pace della stessa città per aver applicato la
sanzione della pena minima edittale aumentata del 20 per
cento per via della continuazione.
La Corte ha precisato che , “in
tema di sanzioni amministrative, la norma di cui
all’articolo 8 della legge n. 689 del 1981, nel
prevedere l’applicabilità dell’istituto del cosiddetto
cumulo giuridico tra sanzioni nella sola ipotesi di
concorso formale (omogeneo ed eterogeneo) tra le
violazioni contestate – per le sole ipotesi, cioè, di
violazioni plurime, ma commesse con una unica azione od
omissione -, non è legittimamente invocabile con
riferimento alla diversa ipotesi di concorso materiale –
di concorso cioè tra violazioni commesse con più azioni
od omissioni
Ordinanza – Sezioni Unite Civili
3 ottobre 2011, n. 20144
Fallimento in Italia in caso di
trasferimento fittizio all’estero
Applicando l’orientamento pacifico
delle sezioni, viene ribadito nel caso di specie che
“permane la giurisdizione del giudice italiano a
dichiarare il fallimento della Società (…) la quale ha
avuto in Italia, prima del (meramente formale)
trasferimento, la propria sede legale”.
La Cassazione ha ricordato che
“secondo il costante orientamento di questa Corte, il
trasferimento in uno Stato extracomunitario della sede
di una società, benché anteriore al deposito
dell’istanza di fallimento, non esclude la giurisdizione
italiana, essendo essa inderogabile – salve le
convenzioni internazionali o le norme comunitarie –
secondo il disposto degli artt. 9 e 10 della legge
fallimentare (quali novellati dagli artt. 7 e 9 del d.
Igs. n. 5 del 2006) e dell’art, 25 della legge 31 maggio
1995, n. 218, i quali escludono la predetta
giurisdizione soltanto nei casi di effettivo e
tempestivo trasferimento all’estero, cioè nei soli casi
in cui questo non abbia carattere fittizio o strumentale
(cfr., ex plurimis, le ordinanze n. 25038 del 2008 e
3057 del 2009) che, quanto poi alla seconda
prospettazione, è stato più volte precisato che, ai
sensi dell’art, 3, paragrafo 1, dei citato Regolamento
(CE) n. 1346 del 2000, relativo alle procedure di
insolvenza, competenti ad aprire la procedura di
insolvenza sono i giudici dello Stato membro nel cui
territorio è situato il centro degli interessi
principali del debitore, presumendosi – per le società e
le persone giuridiche – che il centro degli interessi
coincida, fino a prova contraria, con il luogo in cui si
trova la sede statutaria, e che tuttavia, ove
anteriormente alla presentazione dell’istanza di
fallimento – come nella specie » la società abbia
trasferito all’estero la propria sede legale, e tale
trasferimento appaia fittizio, non avendo ad esso fatto
seguito l’esercizio di attività economica nella nuova
sede, né lo spostamento presso di essa del centro
dell’attività direttiva, amministrativa ed organizzativa
dell’impresa, permane la giurisdizione del giudice
italiano a dichiarare il fallimento (cfr., le ordinanze
nn. 11398 del 2009 e 10606 del 2005)”.
Sentenza 04 ottobre 2011, n. 35895
Mancato versamento di contributi e
premi – Controlli telematici della sede dell’Istituto –
Volontà della omissione o della tardività del versamento
delle ritenute
Quanto all’omesso versamento delle
ritenute si deve ritenere correttamente motivata la
decisione di appello.
Al riguardo va preliminarmente
osservato che è certamente ammissibile la testimonianza
resa dall’ispettore del lavoro concernendo la stessa
attività di accertamento espletata direttamente. Né
rilevano evidentemente le modalità dell’accertamento
stesso, non contestandosene in questa sede la
regolarità.
Per il resto occorre ricordare che
il processo penale è regolato dai principi di non
tassatività dei mezzi di prova e del libero
convincimento del giudice il quale, può senz’altro
trarre elementi di convincimento in ordine alla
omissione del versamento anche dalla successiva domanda
di sanatoria. Né tale scelta è sindacabile sul piano
logico conseguendo normalmente l’istanza alla volontà di
regolarizzare la precedente omissione.
Quanto all’elemento psicologico,
questa Corte ha già chiarito che il reato di omesso o
intempestivo versamento di ritenute previdenziali e
assistenziali, di cui all’legge 11 novembre 1983, n.
638, non richiede il dolo specifico, esaurendosi con la
coscienza e volontà della omissione o della tardività
del versamento delle ritenute e che, pertanto, è
sufficiente il dolo generico e questo non viene meno e
non è comunque intaccato né dalla tardività del
versamento (Sez. 3 sent. 07044 del 06/04/1987 rv
176098).
Sentenza 04 ottobre 2011, n. 20266
Licenziamento illegittimo – Premio
di produzione – Diritto del lavoratore – Sussiste
L’unico motivo di ricorso addebita
alla sentenza impugnata di avere in violazione e con
falsa applicazione dell’articolo 1363 codice civile in
riferimento all’articolo 67 del contratto collettivo di
lavoro del 26 novembre 1994, nonché con motivazione
viziata, ritenuto che il premio di produttività
costituisca elemento strutturale della retribuzione
continuativamente erogata e percepita dal lavoratore
prima del recesso della società
Il ricorso è tuttavia infondato.La
Corte di merito ha accertato che l’emolumento in
questione aveva carattere continuativo e ed era stato
percepito fino ai momento del licenziamento mentre non
era legato ad alcuna particolare posizione organizzativa
né a specifiche prestazioni da parte del lavoratore. Ciò
rende irrilevante, come esattamente affermato dalla
sentenza impugnata che, in quanto assente, il lavoratore
non abbia potuto realizzare gli obiettivi ai quali il
premio era collegato, essendo l’assenza riconducibile ad
una unilaterale ed illegittima determinazione del datore
di lavoro, produttiva, fra l’altro, del danno collegato
alla mancata realizzazione degli obiettivi, che deve
pertanto essere anch’esso risarcito |