Il termine per l'esercizio del
riscatto decorre dalla data della trascrizione dell'atto
con il quale il proprietario abbia venduto a terzi
l'immobile locato, in pregiudizio del diritto del
conduttore.
Solo nei casi in cui la
trascrizione sia affetta da tali lacune od imprecisioni
da impedire l'identificazione dell'immobile il termine
per l'esercizio del riscatto può farsi decorrere da una
data diversa ed in particolare da quella in cui il
conduttore abbia avuto notizia della vendita.
In tal caso, egli ha il diritto di
usufruire per intero del termine di sei mesi per
l'esercizio del riscatto, da calcolarsi a decorrere
dalla data in cui ne abbia avuto conoscenza.
Cassazione, sez. III Civile, 30
settembre 2011, n. 19988
(Pres. Trifone – Rel. Lanzillo)
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 114/2009,
notificata il 24 giugno 2009, la Corte di appello di
Potenza ha confermato la sentenza con cui il Tribunale
di Potenza ha respinto in primo grado la domanda di
riscatto proposta da A..R., conduttrice di un locale ad
uso commerciale, nei confronti della locatrice, M..B. ,
e dell'acquirente dell'immobile locato, R..V. .
I giudici di merito hanno ritenuto
tardiva la domanda.
La R. propone cinque motivi di
ricorso per cassazione.
Resiste con controricorso la V..
La B. non ha depositato difese.
Motivi della decisione
1.- La Corte di appello ha ritenuto
tardiva la domanda di riscatto, perché proposta il 6
agosto 2003, oltre sei mesi dopo la trascrizione
dell'atto di vendita del locale dalla B. alla V.,
trascrizione avvenuta il 18 dicembre 2002.
Ha rigettato l'eccezione della
conduttrice di non avere potuto acquisire notizia della
vendita, a causa dell'erronea indicazione dei dati
catastali identificativi del locale (era indicata la
particella 167 sub. 3, anziché la particella 167 sub.
2), con la motivazione che l'acquirente V. aveva
comunicato alla R. il suo acquisto con lettera racc.
3.4.2003, cioè prima della scadenza del termine. Ha
respinto l'ulteriore eccezione dell'attrice di non avere
ricevuto la lettera, rilevando che essa R. aveva
ottemperato alla richiesta ivi contenuta di versare i
canoni a scadere a mani della V.
2. - I primi due motivi di ricorso,
che denunciano violazioni di legge e vizi di
motivazione, sono inammissibili ai sensi dell'art. 366
bis cod. proc. civ., poiché manca del tutto la
formulazione dei quesiti di diritto, quanto alle censure
di violazione di legge, e manca un momento di sintesi
delle censure di vizio di motivazione, da cui risulti la
chiara indicazione del fatto controverso in relazione al
quale la motivazione si assume omessa, insufficiente o
contraddittoria, ovvero l'indicazione delle ragioni per
le quali essa è da ritenere inidonea a giustificare la
decisione (Cass. civ. S.U. 1 ottobre 2007 n. 20603;
Cass. Sez. 3, 7 aprile 2008, n. 8897).
3. - Parimenti inammissibile ai
sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ. è il quarto
motivo, che denuncia omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione in ordine ad alcune istanze
istruttorie.
In relazione alle censure proposte
ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena
di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si
assume omessa, insufficiente o contraddittoria, ovvero
l'indicazione delle ragioni per le quali essa è da
ritenere inidonea a giustificare la decisione, e si deve
concludere con un momento di sintesi (analogo al quesito
di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti,
sì da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità
(Cass. civ. Sez. Unite, 1 ottobre 2007 n. 20603; Cass.
civ. Sez. 3, 7 aprile 2008, n. 8897). Nella specie i
suddetti requisiti - che rivestono particolare
rilevanza, considerato che il giudizio
sull'ammissibilità delle prove è affidato alle
valutazioni di merito del giudicante ed è perciò
censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo
dei vizi di motivazione - è del tutto mancante.
4.- Con il terzo motivo la
ricorrente denuncia violazione degli art. 38 e 39 legge
392/1978, ed omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione, nella parte in cui la Corte di appello ha
ritenuto tardiva la dichiarazione di riscatto, omettendo
di applicare il principio per cui il termine deve farsi
decorrere dalla data in cui l'avente diritto abbia
potuto acquisire conoscenza della vendita, nei casi
simili a quello di specie, in cui la trascrizione
contenga indicazioni errate, quanto ai dati catastali
identificativi dell'immobile.
4.1.- Il motivo è inammissibile ai
sensi dell'art. 366 n. 6 cod. proc. civ., poiché la
ricorrente non dichiara di avere prodotto, unitamente al
ricorso, la nota di trascrizione di cui assume
l'irregolarità, né risulta dal ricorso se e dove il
documento sia reperibile fra gli atti di causa e come
sia contrassegnato, come prescritto a pena di
inammissibilità dalla citata norma, con riguardo ai
documenti su cui il ricorso si fonda (Cass. Civ. Sez. 3,
12 dicembre 2008 n. 29279; Cass. civ. S.U. 25 marzo 2010
n. 7161).
4.2.- In ogni caso e solo al fine
di chiarire i principi di diritto applicabili al caso di
specie, va soggiunto che il ricorso è infondato, pur se
per ragioni diverse da quelle enunciate dalla sentenza
impugnata.
Deve essere ribadito il principio
per cui il termine per l'esercizio del riscatto decorre
dalla data della trascrizione dell'atto con il quale il
proprietario abbia venduto a terzi l'immobile locato, in
pregiudizio del diritto del conduttore.
Solo nei casi in cui la
trascrizione sia affetta da tali lacune od imprecisioni
da impedire l'identificazione dell'immobile il termine
per l'esercizio del riscatto può farsi decorrere da una
data diversa ed in particolare da quella in cui il
conduttore abbia avuto notizia della vendita.
In tal caso, egli ha il diritto di
usufruire per intero del termine di sei mesi per
l'esercizio del riscatto, da calcolarsi a decorrere
dalla data in cui ne abbia avuto conoscenza.
La motivazione della Corte di
appello deve essere quindi censurata, nella parte in cui
ha ritenuto tardivo l'esercizio del riscatto, per il
fatto che la R. ne ebbe comunque notizia entro i sei
mesi dalla trascrizione, con lettera 3.4.2003
dell'acquirente dell'immobile, che la invitava a versare
a lei i canoni di locazione. Ed invero, se la
trascrizione fosse stata effettivamente inidonea a far
decorrere il termine, il nuovo termine avrebbe dovuto
farsi decorrere dal 3.4.2003 e la dichiarazione di
riscatto della R., in data 6 agosto 2003, avrebbe dovuto
essere considerata tempestiva.
La ragione per cui la domanda della
ricorrente è stata correttamente ritenuta tardiva va
ravvisata nel fatto che la ricorrente non ha mai
eccepito né dimostrato nelle competenti sedi di merito
che, nonostante l'errata indicazione del subalterno,
nella particella catastale, la nota di trascrizione
fosse inidonea a consentire l'identificazione
dell'immobile.
L'atto di trascrizione contiene non
solo tutte le indicazioni catastali, ivi incluse le
coerenze dell'immobile e la sua localizzazione, ma anche
l'indicazione dei nomi delle parti e della loro
residenza.
L'identificabilità si è ritenuta
dubbia, per esempio, nei casi in cui fossero stati
erroneamente indicati i soggetti a cui l'atto si
riferiva (Cass. civ. Sez. 2, 14 ottobre 1991 n. 10774;
Cass. civ. Sez. 3, 22 aprile 1997 n. 3477).
Nella specie la ricorrente lamenta
solo l'erronea indicazione del subalterno, nell'ambito
della medesima particella, fermi restando tutti gli
altri estremi dell'atto, e non risulta che abbia mai
eccepito e dimostrato, per quali ragioni l'atto si
dovesse ritenere inidoneo a consentire l'identificazione
dell'immobile.
Correttamente, pertanto, la Corte
di merito ha ritenuto tardivo l'esercizio del diritto di
riscatto, avvenuto oltre i sei mesi dalla data della
trascrizione.
5.- Con il quinto motivo la
ricorrente denuncia violazione dell'art. 112 cod. proc.
civ., poiché la sentenza impugnata ha omesso di prendere
in esame e di decidere la domanda, proposta in via
subordinata, di condanna della B. al risarcimento dei
danni, per non avere dato preventiva comunicazione alla
conduttrice dell'atto di vendita.
5.1.- La censura è inammissibile
perché non autosufficiente, in quanto la ricorrente non
ha riportato nel ricorso il tenore della domanda
proposta, né ha indicato con precisione i motivi di
censura rivolti alla sentenza di primo grado, al fine di
dimostrare l'esistenza del danno e del nesso causale fra
il comportamento omissivo della B. ed il danno medesimo,
confutando le argomentazioni del Tribunale.
Manca la prova, quindi, che il
motivo di appello sia stato proposto in termini
sufficientemente specifici per poter essere accolto.
5.2.- Il ricorso deve essere
rigettato.
6.- Considerata la natura della
controversia, si ravvisano giusti motivi per compensare
le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il
ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
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