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Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sent. N. 04508/2011 in tema di Outlet- N. 00921/2010 REG.RIC.

 

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N. 00921/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

 

(Sezione Terza)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 921 del 2010, integrato da motivi aggiunti, ….omissis………….

 

All’udienza pubblica del 7 luglio 2011, la causa passava in decisione.

 

DIRITTO

 

In via preliminare si impone la delibazione delle questioni litis ingressum impedientes, anche in ragione delle plurime eccezioni di inammissibilità sollevate dalle parti resistenti e dalla parte controinteressata, le quali hanno eccepito, oltre che l’infondatezza del gravame, la tardività del ricorso e la carenza della legittimazione attiva e dell’interesse a ricorrere della parte istante.

 

Secondo l’ordine delle questioni pregiudiziali di rito, indicato dall’art.35 c.p.a., va esaminata prioritariamente la prospettata questione della tardività del ricorso.

 

Parte ricorrente impugna con ricorso principale, notificato in data 12 febbraio 2010, una pluralità di atti, al più tardi risalenti al luglio 2007 (variante del permesso di costruire), e con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 25 maggio 2010, un atto risalente al febbraio 2010 (decreto favorevole VIA), allegando di avere avuto contezza del complesso procedimento, che ha consentito la realizzazione del centro commerciale, solo all’apertura di questo, per un verso non avendo l’onere di conoscere lo sviluppo e l’esito del relativo procedimento e, per altro verso, di aver avuto contezza di determinati atti solo a seguito dell’istruttoria svolta in corso di giudizio.

 

L’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività sollevata dalle parti resistenti e controinteressata è stata, invero, formulata in termini generici e, a fronte delle difese articolate da parte ricorrente sul punto, è stata radicata su due distinti elementi: l’avvenuta pubblicazione di alcuni atti del relativo procedimento sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania (in particolare, la delibera della Giunta Regionale della Campania n.4474 del 11 ottobre 2002 pubblicata nel BURC n.52 del 4 novembre 2002, recante l’approvazione delle direttive ai Comuni circa l’applicazione della Legge Regionale n.1/2000; il rilascio del visto di conformità regionale allo strumento di intervento per l’apparato distributivo del Comune di Marcianise nel BURC n.56 del 1° dicembre 2003; il piano di lottizzazione convenzionata relativo al Centro Commerciale Caravita Sirignano pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione Campania n.31 del 20 giugno 2005) e la conoscenza in fatto da parte della legale rappresentante della Capri 2 s.r.l., evincibile dalla partecipazione della legale rappresentante ad un evento (una tavola rotonda tenutasi nell’aprile 2004) nella quale si sarebbe fatto riferimento all’apertura di un Outlet nel territorio del Comune di Marcianise.

 

Il Tribunale osserva che, tenuto conto della ratio sottesa alla disciplina di cui all’art.21 Legge TAR (vigente all’epoca dell’instaurazione del presente giudizio e in larga parte riprodotto nel’art.41 c.p.a.), in mancanza di specifici atti individuali di partecipazione di notizia (notificazione o comunicazione) e in considerazione dell’avvenuta pubblicazione sul bollettino regionale solo di alcuni atti, peraltro non tutti immediatamente ricollegabili al procedimento amministrativo che ha dato luogo al rilascio dei titoli edilizi ed annonari necessari per l’apertura del centro commerciale de quo (è il caso della delibera regionale n.4474 del 11 ottobre 2002 e dell’approvazione del SIAD del Comune di Marcianise) e altri risalenti nel tempo e contenenti solo ‘in nuce’ il progetto del futuro centro commerciale (piano convenzionato di lottizzazione), gli elementi indicati non sono conclusivi nel senso di ritenere che i ricorrenti avessero la piena conoscenza dell’apertura di un centro commerciale con le dimensioni e le caratteristiche di quello poi effettivamente realizzato. Né tale ‘piena conoscenza’ può dirsi essersi realizzata all’esito di una tavola rotonda cui abbia partecipato la rappresentante legale dell’associazione ricorrente, trattandosi solo di una deduzione, non suffragata di elementi oggettivi, delle difesa della parte controinteressata. Di contro, deve farsi applicazione in questa sede, piuttosto che della disciplina dettata dal codice dei contratti pubblici di cui all’art.243 bis e dal codice del processo amministrativo agli artt.119 e 120, invocata dalla parte controinteressata, dei canoni ermeneutici elaborati dalla giurisprudenza amministrativa nell’interpretazione della espressione “piena conoscenza”, per l’evidente analogia sussistente, in materia di impugnativa di titoli edilizi: «Al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione di una concessione edilizia rilasciata a terzi, l'effettiva conoscenza dell'atto si verifica quando la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell'opera e l'eventuale non conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica, con la conseguenza che in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori il termine decorre non con il mero inizio dei lavori, ma con il loro completamento a meno che non venga provata una conoscenza anticipata o si deducano censure di assoluta inedificabilità dell'area o analoghe censure, nel qual caso risulta sufficiente la conoscenza dell'iniziativa in corso» (ex multis, cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 10 dicembre 2007 , n. 6342).

 

Ad avviso del Tribunale, non può revocarsi in dubbio come, nel caso di specie, in considerazione dell’incontestata rilevanza delle dimensioni del centro commerciale in parola, la percezione di un’azione amministrativa svoltasi in pregiudizio dei propri interessi (nei termini che innanzi si preciseranno in tema di delibazione della legittimazione e dell’interesse a ricorrere) sia venuta in essere per i ricorrenti solo quando la struttura sia stata completata, sia risultata interamente visibile e prossima all’apertura.

 

Per i rilievi esposti, il ricorso non può, perciò, considerarsi tardivo.

 

Le parti resistenti hanno anche contestato la legittimazione a ricorrere degli istanti, deducendo l’insussistenza di una posizione qualificata e differenziata in capo agli stessi rispetto alla prospettata lesione di interessi giuridicamente rilevanti scaturente dagli atti conclusivi del procedimento che ha dato luogo all’apertura del centro commerciale in parola.

 

Ritiene il Tribunale che la legittimazione ad agire vada affermata sia per l’Associazione Dettaglianti Tessili – Abbigliamento – Pelleteria e P.M.I. sia per i ricorrenti che hanno agito uti singuli, trovandosi tutti nella indicata posizione qualificata e differenziata alla stregua dei canoni ermeneutici che la giurisprudenza amministrativa è andata elaborando negli ultimi anni, proprio in relazione a fattispecie di “apertura di centri commerciali”: «l'apertura di un nuovo centro commerciale di vendita all'ingrosso legittima la proposizione del ricorso da parte degli operatori commerciali che da tempo avevano acquisito una posizione stabile nel relativo mercato, essendo irrilevante che relativi esercizi siano ubicati in Comuni diversi, atteso il loro interesse a contrastare lo svolgimento di un'attività economica potenzialmente concorrenziale in ragione della comune natura dei prodotti offerti alla clientela, che potrebbe essere attratta dalla vicinanza del nuovo insediamento» (Consiglio Stato , sez. IV, 08 marzo 2011 , n. 1423); «Ai fini della verifica dello stabile collegamento territoriale tra esercizi commerciali, l'esistenza di un grande Centro commerciale, che accorpa 111 esercizi, posto a circa 2 km. da quello del ricorrente, è potenzialmente in grado di ridurre il flusso di clienti di quest'ultimo o addirittura di determinarne la chiusura, per cui la distanza indicata e la collocazione in altro comune viciniore dell'esercizio commerciale di chi agisce non sono di impedimento al riconoscimento della legittimazione a ricorrere» (T.A.R. Abruzzo L'Aquila, 25 agosto 2006 , n. 649).

 

Nel caso di specie, proprio per le già ricordate dimensioni del centro commerciale in parola e per la ubicazione dello stesso in prossimità di un nodo stradale di massima importanza (Autostrada A1 Napoli-Roma, collegamenti viari con le aree provinciali di Napoli, Caserta e Benevento, cfr. sintesi non tecnica della “valutazione di impatto ambientale per la costruzione un centro outlet ubicato nel territorio comunale di Marcianise, nella produzione di parte ricorrente) non può dubitarsi che sia l’ente esponenziale dei commercianti al dettaglio del settore tessile sia i singoli dettaglianti possano vantare una posizione soggettiva, avente ad oggetto l’interesse a conservare la propria quota di mercato, potenzialmente lesa dalla realizzazione di una struttura commerciale di grande impatto sul mercato, per il numero di esercizi contenuti in essa e per la politica dei prezzi in essa praticata (il centro in questione è costituito da un insieme di spacci aziendali o outlet, dove le aziende pongono in vendita, a prezzi notevolmente ribassati rispetto a quelli correnti di mercato, merce di precedenti stagioni di vendita o, in alcuni casi, merce specificamente prodotta per il mercato degli outlet).

 

Quanto, poi, all’interesse a ricorre, il Tribunale osserva, in via generale e secondo l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria, che «nel nostro sistema di giurisdizione soggettiva, la verifica della legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati non va compiuta nell’astratto interesse generale, ma è finalizzata all’accertamento della fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere, ritualmente, dalla parte attrice» (Cons. Stato, ad. plen., 7 aprile 2011 n.4).

 

Facendo applicazione di questo principio al caso di specie, in cui parte ricorrente impugna tutto il complesso procedimento che ha condotto all’apertura del centro commerciale in parola (disciplinato dalla Legge Regionale n.1/2000 e dei criteri di applicazioni di cui alla Delibera di Giunta Regionale n.4474/2002) e, perciò, sia atti preparatori a valenza urbanistico-commerciale (approvazione del SIAD del Comune di Marcianise), a valenza urbanistica (approvazione del piano convenzionato di lottizzazione), a valenza edilizia (permesso di costruire e relativa variante), a valenza urbanistico-ambientale (VIA) e commerciale (autorizzazione commerciale ed atti ed attività ad essa connesse), il Collegio ritiene che lo scrutinio circa i caratteri di personalità, inerenza diretta e attualità dell’interesse a ricorrere abbia esito positivo esclusivamente con riguardo alle doglianze relative agli atti ampliativi di natura commerciale, ma non anche per quelli di competenza paesistica o urbanistica-edilizia e ciò in piena condivisione di quanto già statuito da altri giudici amministrativi: «in tema di impugnazione del provvedimento autorizzativo all'apertura di un centro commerciale da parte di un centro già esistente, e quindi concorrente, le censure propriamente urbanistiche sono inammissibili per carenza d'interesse. Infatti, ai fini dell'ammissibilità dell'impugnazione di provvedimenti urbanistici, è necessario che la parte ricorrente deduca interessi omogenei a quelli cui tali norme sono poste a presidio. La giurisprudenza, nell'affermare il suddetto principio, lo tempera ammettendo la legittimazione di chi faccia valere interessi anche di natura commerciale o comunque differenti da quelli propriamente urbanistici, purché rigorosamente radicati nella zona, ossia avvinti da un nesso di vicinitas topografica e sostanziale alla medesima area nella quale si sarebbe realizzata la trasformazione urbanistica illegittima di cui le parti si dolgono» (T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 27 ottobre 2010 , n. 4237).

 

In definitiva, vanno espunte per inammissibilità tutte le doglianze dedotte nel gravame, nella articolazione del ricorso principale e dei ricorsi per motivi aggiunti, concernenti i provvedimenti di ambito urbanistico-edilizio per difetto dell’elemento della vicinitas, della contiguità spaziale, il quale solo rende apprezzabile la prospettata lesione di un interesse legittimo scaturente dalla trasformazione asseritamente illegittima del territorio (cfr. T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 27 gennaio 2011 , n. 158: «nella materia edilizia, e specificatamente in relazione alla posizione dei terzi rispetto al rilascio di titoli "ad aedificandum", sono legittimati all'impugnazione coloro che possono lamentare una pregiudizievole alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio per effetto della realizzazione dell'intervento controverso; per l'individuazione delle posizioni legittimanti, in applicazione del criterio della cd. "vicinitas", va riconosciuta la sussistenza della legittimazione per il fatto stesso che il terzo si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona interessata dalla costruzione, la quale radica una posizione di interesse differenziata rispetto a quella posseduta dal "quisque de populo"»). Il ricorso principale e i ricorsi per motivi aggiunti vanno perciò dichiarati in parte inammissibili, quanto ai motivi diretti a contestare l’illegittimità del permesso di costruire e della variante di questo (perciò, ad esempio, tutte le doglianze concernenti la sostituzione delle aree a verde con i parcheggi a raso in luogo di quelli interrati, quelle inerenti il rilascio della VIA, quelle incentrate sull’enorme impatto del centro commerciale in parole sul contiguo asse viario), non potendo nessuno dei ricorrenti, tutti facenti capo, quanto alla sede e allo svolgimento della propria attività commerciale, alla città di Napoli vantare un interesse apprezzabile - e tutelabile in sede giudiziale - alla corretta e legittima edificazione.

 

Vanno, perciò, ammesse alla delibazione di merito solo le censure inerenti titoli autorizzatori di natura commerciale. Queste si rivelano tutte infondate, alla luce della documentazione offerta dalle parti o a seguito delle ordinanze istruttorie emesse dal Tribunale.

 

La difesa di parte istante lamenta, in particolare, che l’autorizzazione commerciale in favore della controinteressata sia stata illegittimamente rilasciata sia perché vi sarebbe stata una unica conferenza di servizi, una proroga della stessa al di fuori delle condizioni richieste dalla legge, sia perché sarebbe mancato il requisito della contestualità tra il titolo annonario e quello edilizio oltre che la corrispondenza tra questi. Quasi tutte queste censure sono state formulate nell’atto introduttivo in termini generici e dubitativi (secondo l’espressione usata dalla stessa difesa di parte ricorrente, sono state formulate “al buio” in difetto di una compiuta conoscenza dei singoli atti) e solo successivamente, mediante memorie e motivi aggiunti, sviluppate.

 

Quanto alla prima censura, circa l’unicità della conferenza di servizi e il fatto che questa si sia pronunciata su un progetto che in seguito ha avuto notevoli cambiamenti (quinto motivo si ricorso dell’atto introduttivo), il Tribunale rileva che le modificazioni, invero, di un certo rilievo intervenute nel progetto hanno riguardato l’’aspetto edilizio della struttura a realizzarsi (sostituzione dei previsti parcheggi interrati con i parcheggi a raso e scomparsa di area destinata a verde attrezzato, ampliamento della struttura, diminuzione degli spazi a uso pubblico, ecc.) sicché, per i motivi già esposti, non sussiste l’interesse personale e diretto dei ricorrenti a dolersi della eventuale illegittimità del procedimento. Quanto alla prospettata illegittimità della proroga dell’autorizzazione commerciale (primo e secondo motivo del ricorso principale, primo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositati in data 3 agosto 2010) è a dirsi, a nulla rilevando eventuali aggiunte o correzioni a mano presenti sull’atto (rispetto alle quali parte ricorrente, pur segnalandole, non ha indicato alcuna rilevante attitudine lesiva) che questa, emanata con atto n.73bis del 21.12.2009, è intervenuta tempestivamente nel termine di mesi 18 dal rilascio della precedente autorizzazione n.73 del 23 giugno 2008 e risulta giustificata, seppure con motivazione per relationem in relazione all’istanza del 6 ottobre 2009 (prot. 15931) da alcuni inconvenienti occorsi in corso di realizzazione della struttura (sospensione dei lavori ordinata dallo Sportello Unico delle Attività Produttive su richiesta della Soprintendenza per i beni architettonici e paesistici delle Province di Caserta e Benevento; ritardo dell’Enel nell’eliminazione di un cavo aereo; la particolare incidenza delle precipitazioni meteoriche durante i mesi invernali tra il 2008 e il 2009).

 

Del pari sono destituite di fondamento le censure inerenti la mancata contestualità del titolo annonario e di quello edilizio che, diversamente da quanto opinato dalla difesa attorea, oltre che dar luogo ad una mera irregolarità non invalidante, non va intesa in termini rigorosi, di perfetta sincronia, ma esclusivamente di contiguità temporale e di coordinamento tra i due atti, che, nel caso di specie, non può affermarsi del tutto carente: l’autorizzazione commerciale è stata rilasciata in data 23 giugno 2008 e prorogata in data 21 dicembre 2009; il permesso di costruire è stato rilasciato nel 2007 (n.349/2007) e la relativa variante in data 4 luglio 2008 (n.437/2008). La ratio del requisito di contestualità di cui all’art.14, 4° comma, L.R. 1/2000 è, infatti, quella di evitare la realizzazione di strutture edilizie non utilizzabili per carenza dei titoli paesistico-edilizi o, viceversa, il rilascio di autorizzazioni commerciali in riferimento a cespiti non realizzabili per contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia. Evenienza che nel caso di specie non si è prospettata in fatto neppure come eventuale.

 

Riguardo, infine, alla diversità di quanto autorizzato in ambito commerciale e quanto assentito in sede paesistico-edilizio, con la prospettata necessità di una nuova autorizzazione commerciale ai sensi del combinato disposto degli artt.9 D.Lgs. n.114/98 e art.5, comma 2, della L.R. Campania n.1/2000 (quinto motivo del ricorso principale), il Tribunale osserva che nessuna delle modifiche intervenute nell’originario progetto (elencate alle pagg.6 e 7 del ricorso introduttivo), appare sicuramente riconducibile a quelle elencate dal richiamato art.5, comma 2, della L.R. Campania n.1/2000 («Vanno valutate alla stregua di nuove aperture:a) la realizzazione di una nuova struttura; b) l'ampliamento dimensionale di una media struttura esistente oltre i valori massimi di superficie previsti per le medie strutture di vendita, in relazione alla classe del comune in cui è localizzata;

 

c) l'ampliamento dimensionale di una grande struttura di vendita di categoria inferiore che comporti il superamento dei limiti dimensionali minimi previsti per le strutture di categoria superiore; d) l'aggiunta merceologica di un intero settore, di cui all'art. 5, comma 1, del D.L.vo 114/98, precedentemente non autorizzato;e) l'accorpamento di due o più esercizi commerciali in un'unica struttura di vendita; f) la rilocalizzazione in un comune diverso da quello in cui era autorizzata la preesistente struttura) , di tal che deve ritenersi erronea la censura attorea circa l’insufficienza dell’originario titolo autorizzatorio e la necessità di un nuovo titolo autorizzatorio.

 

Per i rilievi esposti, il gravame complessivamente considerato, nell’articolazione del ricorso principale e dei ricorsi per motivi aggiunti, va in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto. Sussistono giusti motivi di equità, in considerazione della complessità della controversia e in ragione della soccombenza parziale delle parti resistenti e controinteressata sulle questioni pregiudiziali di rito, per compensare tra le parti le spese di giudizio in ragione della metà, ponendosi l’altra metà a carico della parte ricorrente e a favore delle resistenti e della controinteressata in applicazione della regola della soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

 

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto ed integrato da motivi aggiunti, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo rigetta.

 

Condanna parte ricorrente al rimborso, in favore delle parti resistenti e controinteressata, delle spese di giudizio in ragione della metà, metà che liquida per ciascuna di esse in €.1.500,00# (euro millecinquecento/00).

 

Compensa le spese di giudizio per la restante metà.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:

 

Saverio Romano, Presidente

 

Paolo Carpentieri, Consigliere

 

Ida Raiola, Primo Referendario, Estensore

 

 

               

 

 

               

 

 

 

L'ESTENSORE

               

 

 

               

 

IL PRESIDENTE

 

 

               

 

 

               

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

 

Il 28/09/2011

 

IL SEGRETARIO

 

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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