ANDRAO Laura
Fatto e diritto
1. Il Tribunale per i Minorenni di
Venezia, con decreto in data 8 febbraio 2010, ha
rigettato il ricorso proposto - ai sensi dell'art. 7
della legge 15 gennaio 1994 n. 64 di ratifica della
Convenzione dell’Aja sugli aspetti civili della
sottrazione internazionale dei minori del 25 ottobre
1980, dal Pubblico Ministero presso lo stesso ufficio,
attivato dall'Autorità centrale italiana su istanza
della corrispondente Autorità canadese, a sua volta
sollecitata dal padre della minore - avente ad oggetto
la sottrazione internazionale da parte della madre S.G..V.,
cittadina italiana, della minore L.G..H., nata a
(omissis) dal matrimonio della suddetta V. con C.J.H.,
cittadino canadese, e la richiesta di restituzione della
bambina, previo rimpatrio, ai sensi degli artt. 4, 8 e 9
della Convenzione citata;
il
Tribunale per i Minorenni di Venezia ha rigettato il
ricorso, in quanto -pur ritenendo che vi sia stato un
illecito trasferimento in Italia della residenza della
minore per decisione unilaterale della madre in
violazione del provvedimento dell'Autorità giudiziaria
canadese, di cui all'Interim order del 2 gennaio 2008,
come modificato dal successivo provvedimento del 30
giugno 2009, che prevedeva l'affidamento congiunto della
minore, con residenza principale della stessa presso la
madre, ma che non autorizzava la V. a lasciar il xxxxxx
con la figlia e a rientrare in Italia senza il consenso
del padre, e che quindi la decisione della madre
configurava l'ipotesi di cui all'art. 3 della
Convenzione dell'Aja - ha altresì ritenuto che ricorrano
le condizioni di cui all'art. 13 della Convenzione
medesima, che esclude il rientro del minore laddove
sussista un fondato rischio per il minore stesso di
essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli
fisici e psichici o comunque di trovarsi in una
situazione intollerabile;
2.
il giudice di merito ha ritenuto sussistere le
condizioni del citato art. 13 sulla base dei seguenti
elementi di fatto:
a)
è pacifico e conforme ai provvedimenti di merito vigenti
che la piccola L.G. debba vivere con la madre, ciò
corrispondendo alle esigenze inerenti alla sua tenera
età, avendo appena compiuto tre anni ed avendo sempre
vissuto con lei da quando aveva sette mesi (tanto era
durata la convivenza dei genitori dopo il matrimonio);
b)
non sono mai state chiarite, nel giudizio canadese, le
ragioni per le quali nel dicembre 2007 siano state
riscontrate nel sangue della bambina, che allora aveva
undici mesi, tracce di clozapina, un farmaco per adulti
psichiatrici, subito dopo aver trascorso alcune ore con
il padre ed essere stata riconsegnata alla madre;
l'esperto, incaricato con specifico quesito dal
Tribunale canadese di accertare la questione, si è
limitato ad opinare che nessuno dei due genitori possa
aver somministrato intenzionalmente il farmaco alla
figlia per sedarla; il medico curante della madre ha
rilasciato una dichiarazione dalla quale emerge che, dal
sistema Pharmanet, che conserva la registrazione di
tutte le ricette mediche evase, risulta che né alla
madre né alla bambina è stata prescritta la clozapina,
farmaco che può essere venduto solo dietro presentazione
di ricetta medica; c) la V. ha prodotto copiosa
documentazione sulla figura dello H., tra cui un
annuncio internet di offerta di locazione della camere
della casa in cui egli abita e nella quale dovrebbe
ospitare la bambina, nonché la denuncia presentata al
Consolato italiano di Vancouver il 24 luglio 2009, nel
quale lo si accusa di gravi minacce e di far uso di
sostanze psicotrope e di alcool; sono altresì allegati
diverse affidavit di persone che riferiscono sui
comportamenti violenti del padre e sul disagio
manifestato da L.G. al rientro dalle visite paterne;
d)
lo H., accennando a pretesi pericoli per la propria
sicurezza, non meglio specificati, incomprensibili e di
natura pretestuosa, non si è presentato alle due udienze
fissate e non è mai venuto in Italia per incontrare la
figlia, che non vede dall'estate 2009, dopo essere stata
già senza vederla per sei mesi dal settembre 2008 al
marzo 2009;
3.
lo H. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di
tre motivi, a cui ha resistito con controricorso la V.;
3.1.
con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione dell'art. 13 della Convenzione dell'Aja
e deduce che il Tribunale, affermando che la bambina
deve vivere con la madre, ha erroneamente interpretato
l'art. 13 e l'intera Convenzione dell'Aja, ritenendo di
dover decidere quale fosse il genitore più idoneo
all'affidamento della minore, mentre la ratio
fondamentale della disciplina dettata dalla citata
Convenzione prevede il ripristino dello status quo ante,
fatte salve le eventuali decisioni nel merito dei
diritto di affidamento assunte dall'Autorità del paese
di residenza abituale, anche alla luce del disposto
dell'art. 19, il quale stabilisce che "una decisione
relativa al ritorno del minore, pronunciata
conformemente alla presente Convenzione, non pregiudica
il merito del diritto di custodia"; con lo stesso
motivo, e in relazione alla questione della clozapina,
il ricorrente deduce che il Tribunale ha inteso
sostituirsi alla Corte canadese nell'esaminare una
questione risalente al lontano 2007 e dalla medesima
Corte già affrontata con apposita istruttoria, inclusa
approfondita ctu, e debitamente risolta, così violando
il principio ispiratore della Convenzione dell'Aja che
vieta ai paesi membri il riesame nel merito delle
decisioni già assunte dalle autorità giudiziarie
nazionali; con riferimento ai presunti comportamenti
impropri del padre, il ricorrente afferma che il
Tribunale si è impegnato in un'indagine nel merito delle
capacità genitoriali, assolutamente vietata in sede di
procedimento ai sensi della Convenzione dell'Aja;
3.2.
con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di
motivazione e insufficiente valutazione delle prove, in
violazione degli artt. 115 e 244-257 bis c.p.c., e
deduce che il Tribunale ha fondato la sua decisione su
di una motivazione insufficiente e contraddittoria nel
suo stesso iter logico esplicativo, in particolare
riconoscendo l'avvenuta sottrazione della minore da
parte della madre in violazione del provvedimento
canadese di affidamento congiunto, ma poi entrando nel
merito di detto provvedimento e sostituendosi al giudice
canadese, così da pervenire a conclusioni opposte per
quanto riguarda il diritto di affidamento del padre, ed
ha altresì omesso di considerare elementi fondamentali
che avrebbero condotto ad una diversa valutazione finale
del merito: ad esempio, la circostanza che la bambina
era allattata al seno dalla madre, con la conseguenza
che le tracce di clozapina nel sangue della piccola
avrebbero potuto essere derivate dall'allattamento da
parte della madre che avesse assunto il farmaco, oppure
l'aver attribuito preferenza alla produzione di parte
del medico curante della madre rispetto alle conclusioni
del ctu incaricato dal Tribunale canadese; il ricorrente
prospetta anche differenti interpretazioni sulla
rilevanza e concludenza di documenti presi in
considerazione dal Tribunale per i minorenni; 3.3. con
il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e
falsa applicazione dell'art. 7, comma 3, della legge n.
64 del 1994, per avere il Tribunale interpretato come
negativo ai fini della decisione il comportamento del
padre, che non si è presentato a due udienza, senza
considerare che, in base alla norma citata, lo H. aveva
facoltà ma non obbligo di comparire a detta udienza;
4.
i tre motivi di ricorso possono essere esaminati
congiuntamente, in quanto attinenti a questioni
strettamente connesse, e il ricorso appare
manifestamente infondato, così da poter essere trattato
in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376,
380 bis e 375 c.p.c.;
deve
al riguardo rilevarsi che, se è vero che in tema di
illecita sottrazione internazionale di minori, l'art.
13, lett. b), della Convenzione dell'Aja non consente al
giudice cui sia richiesto di emettere provvedimento di
rientro nello Stato di residenza del minore
illecitamente trattenuto da un genitore, di valutare
inconvenienti connessi al prospettato rientro, che non
raggiungano il grado del pericolo fisico o psichico o
della effettiva intollerabilità da parte del minore,
essendo questi, e solo questi, gli elementi considerati
dalla predetta Convenzione rilevanti ed ostativi al
rientro (Cass. 1998/9501; 2004/8000), e che il giudizio
sulla domanda di rimpatrio non investe il merito della
controversia relativa alla migliore sistemazione
possibile del minore; cosicché tale domanda può essere
respinta, nel superiore interesse del minore, solo in
presenza di una delle circostanze ostative indicate
dagli artt. 12, 13 e 20 della Convenzione, fra le quali
non è compresa alcuna controindicazione di carattere
comparativo che non assurga - nella valutazione di
esclusiva competenza del giudice di merito - al rango di
vero e proprio rischio, derivante dal rientro, di
esposizione a pericoli fisici e psichici o ad una
situazione intollerabile (Cass. 2004/24764; 2007/5236;
2007/16753), è anche vero che, nel valutare l'esistenza
delle suddette circostanze ostative, l'autorità
giudiziaria può, tener conto delle attitudini educative
del genitore affidatario, in quanto l'inidoneità a
garantire adeguate condizioni, anche materiali, di
accudimento dei minori è circostanza che li espone a
pericoli fisici o psichici (Cass. 1998/9499); nel caso
di specie il Tribunale per i minorenni di Venezia - che
correttamente ha esaminato congiuntamente i vari aspetti
della vicenda per pervenire ad una valutazione di
sussistenza o meno del fondato rischio previsto
dall'art. 13 B della citata Convenzione dell'Aja nel
valutare l'esigenza che la minore conviva con la madre e
nel tener conto, sulla base di comprovate circostanze,
che il padre da tempo si è disinteressato dalla bambina,
non solo non partecipando alle udienze del giudizio al
quale aveva facoltà di partecipare, ma soprattutto non
avendo più incontri con la figlia dall'estate.2009, non
essendo mai venuto in Italia a tale scopo, dopo essere
stato senza vederla per sei mesi dal settembre 2008 al
marzo 2009 (argomentazione contenuta nel decreto
impugnato, che il ricorrente non ha tenuto in
considerazione e sulla quale non ha svolto censura
alcuna), non ha inteso pronunciarsi su quale dei due
genitori sia più idoneo ad occuparsi dei figli, in tal
modo sostituendosi, come affermato dal ricorrente, al
Giudice canadese nelle decisioni assunte sul diritto di
affidamento del padre, ma ha voluto verificare, in
conformità alla giurisprudenza di questa Corte già
citata, se dal ritorno della minore presso il padre
potesse a lei derivare un pericolo quantomeno psichico,
o comunque se, in conseguenza di tale ritorno la minore
potesse venirsi a trovare in una situazione
intollerabile, verifica consentita ed anzi imposta
dall'art. 13 della Convenzione;
4.1.
è indubbio comunque, che il Tribunale per i Minorenni di
Venezia ha fondato la propria decisione su due elementi
di fatto ritenuti fondamentali nell'ambito della
complessiva motivazione del provvedimento impugnato; in
particolare, i giudici di merito hanno ritenuto la
sussistenza del fondato rischio di cui all'art. 13 B
della Convenzione in considerazione della vicenda della
riscontrata esistenza di tracce di clozapina nel sangue
della bambina, dopo che questa aveva trascorso alcune
ore con il padre, e in assenza di riscontri che
consentano di ritenere che alla madre o alla bambina sia
mai stato prescritto tale farmaco, che può essere
venduto solo dietro presentazione di ricetta medica
(restando così priva di rilevanza l'affermazione,
comunque indimostrata, che il farmaco potesse essere
transitato nel sangue della piccola attraverso
l'allattamento naturale da parte della madre); inoltre
il Tribunale ha tenuto in considerazione gli elementi di
fatto, risultanti in atti, della denuncia a carico dello
H. per minacce gravi e uso di sostanze stupefacenti e
alcooliche e di affidavit di diverse persone in ordine a
comportamenti violenti da parte del padre e al disagio
manifestato dalla figlia al rientro dalle visite
paterne; si tratta, al riguardo, di doverosi
accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale, non per
sostituirsi alle valutazioni del Giudice canadese al
diritto di affidamento del padre, ma per valutare, con
autonomo giudizio, allo stesso Tribunale per i minorenni
affidato, l'esistenza del fondato rischio di cui
all'art. 13 B della Convenzione, anche sotto il profilo
di pericoli non solo psichici, ma anche fisici; così
operando il giudice del merito si è attenuto
all'orientamento di questa Corte, secondo cui, "in tema
di illecita sottrazione internazionale di minori da
parte di un genitore, l'accertamento che il tribunale
per i minorenni abbia compiuto della ricorrenza
dell'ipotesi di deroga all'obbligo di immediata
restituzione del minore - prevista dall'art. 13, primo
comma, lett. b), della Convenzione de L'Aja 25 ottobre
1980 (ratificata e resa esecutiva con la legge 15
gennaio 1994, n. 64), per il caso in cui sussista un
fondato rischio, per il minore stesso, di essere
esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici
e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione
intollerabile - implica un'indagine in fatto, dominata
dal principio della prevalenza, nel dubbio, della tutela
del minore. Consegue che il controllo di legittimità non
può riguardare il riesame della valutazione degli
elementi probatori considerati dal giudice del merito,
essendo l'ambito del giudizio di cassazione, ai sensi
dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., limitato al
riscontro, sulla base delle censure prospettate, della
coerenza e della esaustività della motivazione" (Cass.
2001/11999; cfr. Cass. 2003/19544; 200716753);
4.2.
quanto, infine, alle censure in ordine alla violazione
dei criteri legali di utilizzazione delle prove da parte
del Tribunale, la doglianza non merita considerazione in
quanto l’art. 13 citato "non autorizza alcuna
limitazione delle fonti di prova... inoltre, nel
procedimento di cui si tratta, al pari di quanto è
previsto in relazione a tutti i procedimenti in camera
di consiglio, il giudice può decidere sulla base di
semplici "informazioni", senza che sia necessario il
ricorso alle fonti di prova disciplinate nel libro
secondo del cod. proc. civ. (Cass. 1998/9499;
2000/2535);
5.
alla stregua delle considerazioni che precedono, poiché
il decreto impugnato è conforme alla giurisprudenza di
questa Corte e il ricorso non prospetta argomenti idonei
a modificarla, il ricorso appare manifestamente
infondato (Cass. S.U. 2010/19051);
B)
rilevato che il ricorrente ha prodotto l'originale
dell'avviso di ricevimento postale comprovante la
rituale notifica del ricorso per cassazione, sin dal 15
marzo 2010, al Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale per i minorenni di Venezia - per mero errore
materiale indicato come Procuratore generale della
Repubblica presso il Tribunale per i minorenni - e che
pertanto deve procedersi alla revoca dell'ordinanza
collegiale di integrazione del contraddittorio nei
confronti del suddetto Procuratore della Repubblica
emessa il 25 febbraio 2011, non ricorrendo i presupposti
della disposta integrazione;
osservato
che il ricorrente ha depositato due memorie ai sensi
dell'art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della
discussione sul ricorso tenuta nella camera di
consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni
esposte nella relazione in atti, non inficiate dalle
argomentazioni svolte nelle suddette memorie; ritenuto,
in particolare, che nella menzionata relazione sono
indicate le ragioni in diritto per le quali si ritiene
che il ricorso per cassazione sia infondato, risultando
il decreto impugnato conforme ai principi
giurisprudenziali enunciati da questa Corte di
legittimità, specificamente richiamati nella relazione
stessa, e sorretto da idonea motivazione in ordine agli
accertamenti di fatto compiuti sulle circostanze
ritenute fondamentali ai fini della verifica della
sussistenza del fondato rischio per la minore di essere
esposta, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici
e psichici o comunque di trovarsi in una situazione
intollerabile;
osservato
che il ricorrente, nelle memorie depositate, non
contesta i principi di diritto posti a base della
richiamata relazione e fondati sulla enunciata
giurisprudenza di legittimità, ma deducendo che "il
decreto impugnato non motiva sufficientemente nel merito
del fondato rischio/pericolo fisico e psichico per la
minore, ovvero della situazione intollerabile cui
sarebbe esposta con l'ordine di rientro", in realtà
propone una rivisitazione ed una reinterpretazione delle
risultanze di causa (la convivenza della bambina con la
madre, "la questione della clozapina", "i presunti
comportamenti impropri del padre") e muove censure che
mirano ad un riesame della valutazione degli elementi
probatori presi in considerazione dal giudice del
merito, non consentito nell'ambito del giudizio di
cassazione, limitato al riscontro, sulla base delle
censure prospettate, della coerenza e della esaustività
della motivazione (Cass. 2001/11999; 2003/19544;
2007/16753), omettendo peraltro di tenere in
considerazione il principio della prevalenza, nel
dubbio, della tutela del minore e della soluzione
maggiormente favorevole al suo interesse (Cass.
2003/10577), specificamente richiamato nella relazione
in atti;
C)
rilevato che alcune considerazioni critiche in punto di
fatto sollevate dal ricorrente nelle sue memorie si
fondano su circostanze che non trovano riscontro nelle
risultanze di causa desumibili dal decreto impugnato;
che, in particolare, mentre il ricorrente ha affermato
che la Corte canadese avrebbe ritenuto che "con ampia
certezza la clozapina non era stata somministrata dal
padre", il Tribunale per i minorenni di Venezia ha
osservato che il consulente tecnico di ufficio nominato
dalla suddetta Corte (Dott. E. ) si è limitato "a
opinare che nessuno dei due genitori possa aver
somministrato intenzionalmente il farmaco alla figlia
per sedarla" ed ha accompagnato tale argomentazione con
i seguenti e significativi richiami a specifiche
circostanze di fatto, desunte dalla documentazione
medica proveniente da un ospedale canadese, che
giustificano ampiamente l'autonomo giudizio, espresso
dallo stesso Tribunale per i minorenni, in ordine alla
sussistenza del fondato rischio per la minore di essere
esposta, in caso di ritorno in Canada, a pericoli fisici
o psichici: "Dalla documentazione sanitaria, proveniente
dall'Ospedale di XXXXXXX, nel quale H. opera come
manager, risulta che la bambina venne portata dalla
madre al servizio di emergenza il 16.12.2007, alle ore
18,49, dichiarando che non parlava da un'ora, non la
riconosceva, aveva un comportamento aggressivo e
lamentandosi dello stato della piccola in generale dopo
le visite del padre. Dal documento risulta, inoltre, che
sia la madre che il medico curante sospettavano la
somministrazione di sedativi e che la bambina presentava
anomalie nel movimento oculare. La V. ha prodotto, tra
l'altro, una dichiarazione del Dott. J.K.L. , medico
curante, il quale afferma che non risulta dal sistema
Pharmanet, che conserva la registrazione di tutte le
ricette mediche evase, che né alla madre né alla bambina
sia mai stata prescritta la clozapina, farmaco che può
essere venduto solo dietro prescrizione medica. Il Dott.
E. non ha minimamente preso in considerazione queste
circostanze, che potevano portare ad escludere che il
farmaco potesse essere stato somministrato a L.G. dalla
madre e, pertanto, egli non ha risposto allo specifico
quesito postogli dalla Corte"; D) osservato altresì che
non risulta in atti, né dal decreto impugnato, né dal
ricorso per cassazione - diversamente da quanto
sostenuto dal ricorrente nelle sue memorie - che la
documentazione prodotta dalla V. davanti al Tribunale
per i minorenni di Venezia fosse già stata prodotta
davanti alla Corte canadese e da questa ampiamente
valutata infondata e ininfluente; che anzi lo H. ,
facendo riferimento nel suo ricorso per cassazione (pag.
10, lett. b) alla copiosa documentazione prodotta dalla
V. circa "pretesi comportamenti inadeguati del padre,
asseritamente dedito alla droga e a vizi vari", si è
limitato ad affermare che si era di nuovo "di fronte ad
una indagine nel merito delle capacità genitoriali
assolutamente non dovuta in sede di procedimento ai
sensi della Convenzione dell'Aja" e che non risultava
che le Corti canadesi lo avessero mai considerato un
genitore inadeguato, riconoscendogli ampi diritti di
visita, ma non ha sostenuto che la specifica
documentazione prodotta dalla V. davanti al Tribunale
per i minorenni di Venezia fosse stata già esaminata dai
giudici canadesi; ribadito infine che il Tribunale per i
minorenni non ha inteso pronunciarsi su quale dei due
genitori sia più idoneo ad occuparsi dei figli, in tal
modo sostituendosi, come affermato dal ricorrente, al
giudice canadese nelle decisioni assunte sul diritto di
affidamento del padre, ma ha voluto verificare, in
conformità alla giurisprudenza di questa Corte già
citata, se dal ritorno della minore presso il padre
potesse a lei derivare un pericolo quantomeno psichico,
o comunque se, in conseguenza di tale ritorno la minore
potesse venirsi a trovare in una situazione
intollerabile, verifica consentita ed anzi imposta
dall'art. 13 della Convenzione; ritenuto che di
conseguenza resta priva di fondamento la censura del
ricorrente secondo cui il Tribunale per i minorenni
sarebbe caduto in contraddizione nell'aver riconosciuto
la validità del provvedimento giudiziario canadese che
ha attribuito l'affidamento della bambina anche al padre
in modalità congiunta e nell'avere contestualmente
sindacato nel merito detto provvedimento, sostituendosi
ai giudici canadesi nella disciplina dell'affidamento
della minore;
ritenuto
che le considerazioni che precedono conducono al rigetto
del ricorso e che la natura della controversia
giustifica la integrale compensazione delle spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e
compensa integralmente tra le parti le spese di del
giudizio di cassazione. In caso di diffusione del
presente provvedimento, si omettano, a norma dell'art.
52 d. lgs. 196/03, le generalità e gli altri dati
identificativi di C.J.H., S.G..V. e L.G..H., in quanto
imposto dalla legge. |