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ABUSO EDILIZIO. ESSERE PROPRIETARI DEL TERRENO NON VUOL DIRE ESSERE COLPEVOLI-Cassazione, sez. III, 4 ottobre 2011, n. 35886-Diritto e processo.com

 

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Per configurare la responsabilità del proprietario di un'area per la realizzazione di una costruzione abusiva è necessaria la sussistenza di elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che questi abbia concorso, anche solo moralmente, con il committente o l'esecutore dei lavori, tenendo conto della piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione, così come dei rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario, della sua eventuale presenza "in loco", dello svolgimento di attività di vigilanza dell'esecuzione dei lavori, della richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, del regime patrimoniale dei coniugi, ovvero di tutte quelle situazioni e comportamenti positivi o negativi dai quali possano trarsi elementi integrativi della colpa.

 

 Quando il proprietario non risulta formalmente quale committente dell'opera - è stato precisato - occorre tener conto di elementi di fatto, quali la circostanza che lo stesso abiti "nello stesso territorio comunale ove è stata eretta la costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario finale dell'opera; infatti il proprietario non può essere ritenuto responsabile per la sola qualità rivestita, "ma occorre quantomeno la sua piena consapevolezza dell'esecuzione delle opere da parte del coimputato, nonché il suo consenso, anche implicito o tacito, in relazione all'attività edilizia posta in essere"

 

 

 

 

 

Cassazione, sez. III, 4 ottobre 2011, n. 35886

 

(Pres. Ferrua – Rel. Rosi)

 

 

 

 

 

Ritenuto in fatto

 

La Corte di appello di Milano con sentenza dell'11 giugno 2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pavia del 3 luglio 2008, ha assolto i coimputati (nella loro qualità di componenti del consiglio direttivo dell'associazione "gruppo modellistica B.") ed ha confermato la condanna di M.F. (nella qualità di proprietario del terreno), per i reati di cui agli artt. 44 lett. c) DPR n.380 del 2001, per aver fatto realizzare, senza permesso a costruire, in una zona sita all'Interno del (omissis) , un manufatto in legno e lamiera delle dimensioni di 4,3 metri per 2, 5 e dell'altezza di m.2,1, collocato su blocchi di mattoni cementati (essendo stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per rimessione in pristino, in ordine al reato di cui agli artt. 146 e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004), fatto accertato in (OMISSIS) .

 

L'imputato ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza per i seguenti motivi:

 

1. Violazione dell'art. 606 lett. e) c.p.p. in relazione agli artt. 192 c 1 e 546 c.p.p., in quanto la motivazione della conferma della dichiarazione di responsabilità sarebbe stata basata unicamente sulla circostanza fatto che era stata riconosciuta l'estraneità al reato dei membri del Consiglio direttivo dell'associazione e la di lui qualità di proprietario del terreno ove era stato rinvenuto il manufatto, senza tenere conto che il M. è comproprietario di tale terreno unitamente alla sorella, la quale non è stata neppure tratta a giudizio.

 

2. Violazione dell'art. 606, lett. b) ed e) c.p.p. in riferimento all'art. 157 c.p., in quanto sussiste un difetto di motivazione circa la data di realizzazione del manufatto; nella parte motiva della sentenza è stata anche adombrata la possibilità che il manufatto sia stato edificato in epoca anteriore alla cessione dell'area all'associazione, risalente al 1994. Pertanto in tal caso sarebbe intervenuta la prescrizione.

 

3. Violazione dell'art. 606, lett. e) c.p.p., in relazione alla contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata, in quanto agli atti non sussiste alcun dato probatorio dal quale si evince che il M. abbia realizzato il manufatto e che fosse a conoscenza di tale realizzazione, dovendosi anche tenere conto che il manufatto era adibito ad ufficio degli aeromodellisti. Inoltre è stata trascurata la deposizione del teste S. , pur citato in sentenza, che aveva indicato come epoca di realizzazione alcuni anni precedenti l'accertamento.

 

4. Violazione dell'art. 606, lett. e) c.p.p., in relazione alla contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza impugnata, in quanto, in maniera del tutto illogica, la Corte di appello avrebbe rilevato la consapevolezza del vincolo paesaggistico in capo al ricorrente come elemento di colpevolezza.

 

Considerato in diritto

 

1. Nel sindacare la motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione degli elementi probatori a quella compiuta dai giudici di merito, ma quella di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

 

2. Nel caso in esame le censure di illogicità e contraddittorietà della motivazione risultano fondate, né sono superabili da una lettura congiunta alle argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado.

 

I giudici di secondo grado, dopo avere svolto un'ampia motivazione sulla natura non precaria del manufatto, in risposta alle censure avanzate dagli imputati con l'atto di appello, hanno fondato il giudizio di conferma della responsabilità del M. , comproprietario del terreno, con uno stringato passaggio motivazionale, sulla sola circostanza che nel 1994 - quando l'area fu a questi ceduta da altri familiari - il ricorrente ebbe a richiedere certificato di destinazione urbanistica, per cui aveva piena consapevolezza della destinazione dell'area a zona agricola non edificabile. Proseguendo nell'iter logico, hanno poi assolto i componenti del consiglio direttivo dell'associazione aeromodellistica B., che aveva la sede dell'attività in esso, sulla base del fatto che tale associazione era stata costituita pochi mesi prima del sopralluogo dei verbalizzanti e che non risultava aver chiesto di realizzare, o contribuito a realizzare, la costruzione, e perché non poteva essere esclusa la preesistenza del manufatto all'utilizzo di esso da parte del "gruppo aeromodellistica Belgioso".

 

È quindi evidente che i giudici di appello hanno fondato la responsabilità in capo al M. solo sulla sua qualità di comproprietario del terreno e sulla conoscenza della destinazione urbanistica dello stesso, senza esprimere le ragioni del giudizio di utilità o funzionalità al terreno dell'opera stessa che avrebbero dovuto essere sussistenti, nel caso di specie, al fine di ritenere logico il giudizio di attribuibilità al ricorrente della realizzazione del manufatto.

 

3. Di fatti, insegna la giurisprudenza di legittimità che per "configurare la responsabilità del proprietario di un'area per la realizzazione di una costruzione abusiva è necessaria la sussistenza di elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che questi abbia concorso, anche solo moralmente, con il committente o l'esecutore dei lavori, tenendo conto della piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione, così come dei rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario, della sua eventuale presenza "in loco", dello svolgimento di attività di vigilanza dell'esecuzione dei lavori, della richiesta di provvedimenti abilitativi in sanatoria, del regime patrimoniale dei coniugi, ovvero di tutte quelle situazioni e comportamenti positivi o negativi dai quali possano trarsi elementi integrativi della colpa" (Si veda Sez. 3, n. 26121 del 12/4/2005, Rosato, Rv. 231954). Quando il proprietario non risulta formalmente quale committente dell'opera - è stato precisato - occorre tener conto di elementi di fatto, quali la circostanza che lo stesso abiti "nello stesso territorio comunale ove è stata eretta la costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario finale dell'opera (in tal senso Sez.3, n. 9536 del 20/1/2004, Manco e altri, Rv. 227403); infatti il proprietario non può essere ritenuto responsabile per la sola qualità rivestita, "ma occorre quantomeno la sua piena consapevolezza dell'esecuzione delle opere da parte del coimputato, nonché il suo consenso, anche implicito o tacito, in relazione all'attività edilizia posta in essere" (Sez.3, n. 44160 dell'1/10/2003, Neri, Rv. 226589).

 

4. Orbene, la decisione impugnata non ha richiamato eventuali risultanze probatorie dalla quali dedurre elementi di responsabilità in capo al ricorrente, né ha risolto la tematica sollevata circa l'epoca di realizzazione del manufatto (rimasta invero non definita) e neppure la sua eventuale qualità servente ai fondo, che ha destinazione agricola. Di contro, l'unica funzionalità ed utilità che i giudici di merito hanno accertato risulta strettamente connessa all'attività del campo di volo gestito dall'associazione Gruppo Modellistico, che aveva il proprio deposito ed ufficio in tale manufatto.

 

Attese tali carenze ed illogicità motivazionali, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

 

 

 

P.Q.M.

 

 

 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

 

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