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 AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO E SCELTE DI FINE VITA" – Trib. Treviso, decr. 7 giugno 2011, gt. Di Tullio -

 

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TRIBUNALE  DI TREVISO

PRIMA SEZIONE CIVILE

 

Il Giudice Tutelare,

a scioglimento della riserva formulata all’udienza del 12.01.2011, osserva quanto segue.

XXX ha chiesto di essere nominato amministratore di sostegno provvisorio della moglie XXX, aderente alla confessione dei Testimoni di Geova, rappresentando la necessità di essere autorizzato a far valere le precise volontà da quest’ultima espresse in ordine al rifiuto delle cure mediche e delle terapie indicate nella dichiarazione redatta in data 15.04.2007 (doc. n. 3 allegato al ricorso).

L’istante ha, in particolare, allegato che la beneficiaria, affetta da sclerosi multipla con perdita delle autonomie e incontinenza (come da certificazione ex doc. n. 1), è stata ricoverata in via urgente presso il presidio ospedaliero di Treviso in data 5.01.2011 ed ha, quindi, dedotto l’urgenza della chiesta misura di protezione in considerazione del concreto ed attuale rischio che la XXX, a causa delle precarie condizioni di salute, cada in stato di incoscienza e della correlata esigenza di individuare un soggetto, che, in sua vece e per tale eventualità, ribadisca ai sanitari il rifiuto già espresso in data 15.04.2007.

Ciò posto, deve rilevarsi che XXX risulta affetta da sclerosi multipla sistemica con tetra paresi, disfonia e importante disfagia ai liquidi ed è attualmente ricoverata per insufficienza respiratoria da broncopolmonite secondaria alla inalazione dei liquidi e grave anemizzazione ad eziologia polifattoriale (cfr. relazione clinica del 13.01.2011 a firma del dr. Fabio Causin nonché certificato di ricovero depositato all’udienza del 12.01.2011 e certificazione Ulss della Regione Veneto di cui al già richiamato doc. n. 1).

Deve, altresì, osservarsi, sulla scorta del contenuto delle direttive anticipate relative alle cure mediche con contestuale designazione di amministratore di sostegno di cui al citato doc. n. 3, che la beneficiaria, in data 15.04.2007, aveva dichiarato di essere testimone di Geova e manifestato il proprio rifiuto alle emotrasfusioni, dichiarando, in merito ai trattamenti di fine vita: “non voglio che la mia vita venga prolungata se i medici sono ragionevolmente certi che le mie condizioni siano senza speranza”. Con il medesimo atto, aveva poi designato il marito, XXX, quale proprio amministratore di sostegno.

La XXX non aveva potuto sottoscrivere il documento de quo a cagione dei propri problemi fisici: nondimeno, non è possibile dubitare della riconducibilità dell’atto alla medesima, atteso che XXX e XXX, rispettivamente fratello e cognato della beneficiaria, hanno dichiarato alla scrivente di aver presenziato, come testimoni, alla redazione dell’atto, sottoscrivendolo a propria volta. I medesimi congiunti, peraltro, unitamente a XXX e XXX, rispettivamente, madre e sorella della beneficiaria, hanno dichiarato in udienza che XXX, ormai da tempo, aveva manifestato la volontà di rifiutare ogni forma di accanimento terapeutico (v. verbale d’udienza 12.01.11).

Sulla scorta di tali emergenze processuali, deve senz’altro ritenersi che la volontà della beneficiaria di rifiutare i trattamenti terapeutici in questione sia autentica, concretamente riferita alla patologia da cui sa di essere affetta, motivata dai propri convincimenti religiosi. È da ritenere altresì che tale volontà sia attuale: il ricorrente, invero, ha dichiarato sul punto che, in data 11.01.2011 (nella giornata di ieri, secondo le parole usate dal XXX nel corso dell’udienza del 12.01.2011), la moglie, ancora cosciente e vigile, a fronte della richiesta dei sanitari dell’ospedale in cui è ricoverata di essere sottoposta ad emotrasfusione, ha negato recisamente e per due volte il trattamento, anche a fronte della prospettazione dello stesso come terapia salva – vita.

Orbene, deve rilevarsi, in punto di diritto, che l’art. 32 Cost. tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e stabilisce che i trattamenti sanitari sono di regola volontari e possono essere imposti solo per legge, nel rispetto della dignità umana:

il principio del consenso informato costituisce applicazione di tale assunto e del riconoscimento dell’identità e della libertà personale quali diritti inviolabili dell’uomo, contenuto negli artt. 2 e 13 Cost..

La legge 23/12/1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, ed il codice deontologico dei medici hanno recepito il principio della volontarietà dei trattamenti sanitari ed esso è riconosciuto anche dalle norme sovranazionali, quali la Convenzione del Consiglio d’Europa sui diritti dell’uomo e la biomedicina, fatta ad Oviedo il 4/4/1997, di cui l’Italia ha autorizzato la ratifica con L. 28/3/2001, n. 145, che stabilisce all’art. 5 che nessun intervento nel campo della salute può essere effettuato se il paziente non abbia espresso il proprio consenso libero ed informato e che la persona interessata può in ogni momento ritirare il proprio consenso ai trattamenti sanitari praticatile.

In applicazione di tali principi, la Corte di Cassazione ha più volte ribadito che il consenso del paziente costituisce presupposto della liceità dell’intervento del medico, il quale, ove agisca in difetto di esso, commette un’indebita intromissione nella sfera personale, ed ha affermato che al paziente va riconosciuto altresì il diritto di non curarsi, anche se tale condotta lo esponga al rischio stesso della vita (vedi Cass. 23676/2008, Cass. 21748/2007, Cass. 5444/2006, Cass. 10014/1994).

In questa prospettiva, è da ritenere che la nomina dell’amministratore di sostegno, che esprima la volontà del beneficiario in vece di quest’ultimo, sia lo strumento processuale atto ad assicurare il rispetto delle scelte individuali riguardanti la salute e la fine della propria vita: ciò, peraltro, coerentemente con gli approdi della giurisprudenza formatasi sul punto (si confrontino, tra le più recenti, Tribunale di Roma, decr. 31.05.2010, in www.personaedanno.it; Tribunale di Modena, decr. 5.11.2008, in www.altalex.it) ed in applicazione dei principi enunciati dalla Suprema Corte di Cassazione, che ha riconosciuto il diritto del legale rappresentante di rifiutare, in nome e per conto del rappresentato, anche i trattamenti sanitari necessari alla sopravvivenza, purché in tal caso il rappresentante operi quale mero portavoce della volontà del rappresentato, da questi espressa prima di perdere la propria capacità (vedi ancora Cass. 23676/2008 e Cass. 21748/2007).

Con riferimento al caso di specie, va evidenziato che la beneficiaria, con le direttive del 15.04.2007, aveva già designato il marito quale soggetto deputato a decidere in merito a questioni sanitarie e per riaffermare il proprio incondizionato rifiuto alle trasfusioni di sangue, onde, richiamate le sopra esposte considerazioni in ordine alla concretezza ed all’attualità del detto rifiuto, non può che accedersi alla richiesta di nomina formulata dal XXX.

Peraltro, la nomina può essere disposta in via provvisoria ai sensi dell’art. 405, comma 4, c.c.. La certificazione medica prodotta, invero, attesta le delicate condizioni di salute di XXX: in particolare, la relazione clinica datata 13.01.2011 attesta espressamente che la gravità del quadro clinico impone provvedimenti terapeutici fra i quali l’emotrasfusione, la tracheotomia, l’eventuale supporto ventilatorio e il confezionamento di PEG per eseguire l’alimentazione. Conseguentemente, è ragionevole ritenere che la paziente possa aggravarsi, cadendo anche in stato di incoscienza, e che, quindi, possa profilarsi la necessità che sia il soggetto all’uopo designato dalla stessa a dover manifestare il rifiuto delle cure.

P.Q.M.

NOMINA

a beneficio di XXX, nata a XXX, attualmente ricoverata presso l’ospedale di Treviso, quale amministratore di sostegno provvisorio, XXX, nato a XXX;

         DISPONE

che l’incarico sia a tempo indeterminato;           

che l’amministratore di sostegno possa in nome e per conto della persona beneficiaria le seguenti operazioni:

1) negazione di consenso ai sanitari coinvolti a praticare emotrasfusioni, ventilazione forzata e tracheostomia all’atto in cui, senza che sia stata manifestata contraria volontà della persona, l’evolversi della malattia imponesse la specifica terapia salvifica;

2) richiesta ai sanitari di apprestare, con la maggiore tempestività e anticipazioni consentite, le cure palliative più efficaci al fine di annullare ogni sofferenza alla persona.

DISPONE

che il predetto amministratore di sostegno provvisorio si tenga in contatto con l’Ufficio del Giudice Tutelare per segnalare l’evolversi della situazione.

Il predetto amministratore di sostegno, ex art.349 c.c. come richiamato dall’art.411 c.c., assumerà le funzioni successivamente al giuramento che verrà prestato davanti alla scrivente all’udienza del 18.01.2011 ore 8:45.

Fissa per l’esame della beneficiaria presso l’ospedale di Treviso l’udienza del 20 gennaio 2011 ore 14:50.

Si comunichi anche al P.M..

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di legge.

Treviso, 14 gennaio 2011

 

                                           Il Giudice

                                      Clarice Di Tullio

 

TRIBUNALE  DI TREVISO

PRIMA SEZIONE CIVILE

 

Il Giudice Tutelare,

a scioglimento della riserva formulata all’udienza del 26.05.2011, osserva quanto segue.

XXX, con ricorso depositato in data 17.11.2010, ha chiesto di essere nominato amministratore di sostegno della moglie XXX, rappresentando che la beneficiaria è affetta da sclerosi multipla con perdita delle autonomie ed incontinenza e chiedendo, in particolare, di essere autorizzato ad esprimere il consenso informato alle terapie mediche che la riguardano: il ricorrente ha allegato sul punto che la moglie è aderente alla Confessione dei Testimoni di Geova e che la stessa, con dichiarazione resa in data 15.04.2007, aveva già manifestato il proprio rifiuto alle trasfusioni di sangue ed ai trattamenti di fine vita, che i medici avessero ritenuto inutili per la sua sopravvivenza.

Nelle more dell’instaurazione del procedimento, la beneficiaria è stata ricoverata in via urgente presso il presidio ospedaliero di Treviso ed il ricorrente ha chiesto di essere nominato quale amministratore di sostegno provvisorio e di essere autorizzato a manifestare ai sanitari il rifiuto già espresso dalla XXX con le dichiarazioni anticipate di trattamento del 15.04.2007, in considerazione del concreto ed attuale rischio che la beneficiaria, a causa delle precarie condizioni

di salute, cadesse in stato di incoscienza e non potesse più farlo autonomamente.

Con decreto del 14.01.2011, XXX è stato nominato amministratore di sostegno provvisorio di XXX, con l’espressa autorizzazione a compiere in nome e per conto della beneficiaria le seguenti operazioni: negazione del consenso ai sanitari coinvolti a praticare emotrasfusioni, ventilazione forzata e tracheotomia all’atto in cui, senza che sia stata manifestata contraria volontà della persona, l’evolversi della malattia imponesse la specifica terapia salvifica … richiesta ai sanitari di apprestare, con la maggiore tempestività e anticipazioni consentite, le cure palliative più efficaci al fine di annullare ogni sofferenza alla persona.

In seguito, alle udienze del 27.01.2011 e del 26.05.2011, celebrate, rispettivamente, presso l’Ospedale di Treviso e l’abitazione della beneficiaria in XXX, si è proceduto all’esame della stessa.

Ciò posto, deve rilevarsi che XXX risulta affetta da sclerosi multipla sistemica con tetra paresi, disfonia e importante disfagia ai liquidi ed è stata ricoverata presso l’ospedale di Treviso dal 5.01.2011 all’8.03.2011 per insufficienza respiratoria da broncopolmonite secondaria alla inalazione dei liquidi e grave anemizzazione ad eziologia polifattoriale (cfr. relazione clinica del 13.01.2011 a firma del dr. Fabio Causin nonché certificato di ricovero depositato all’udienza del 12.01.2011 e certificazione Ulss della Regione Veneto di cui al già richiamato doc. n. 1): durante la degenza ospedaliera, è stata sottoposta ad intervento di tracheotomia ed ha, in seguito, intrapreso un percorso di riabilitazione finalizzato al recupero delle facoltà di espressione e deglutizione.

Deve, altresì, osservarsi, sulla scorta del contenuto delle direttive anticipate relative alle cure mediche con contestuale designazione di amministratore di sostegno di cui al citato doc. n. 3, che la beneficiaria, in data 15.04.2007, aveva dichiarato di essere testimone di Geova e manifestato il proprio rifiuto alle emotrasfusioni, dichiarando, in merito ai trattamenti di fine vita: “non voglio che la mia vita venga prolungata se i medici sono ragionevolmente certi che le mie condizioni siano senza speranza”. Con il medesimo atto, aveva poi designato il marito, XXX, quale proprio amministratore di sostegno.

La XXX non aveva potuto sottoscrivere il documento de quo a cagione dei propri problemi fisici: nondimeno, non è possibile dubitare della riconducibilità dell’atto alla medesima, atteso che XXX e XXX, rispettivamente fratello e cognato della beneficiaria, hanno dichiarato alla scrivente di aver presenziato, come testimoni, alla redazione dell’atto, sottoscrivendolo a propria volta. I medesimi congiunti, peraltro, unitamente a XXX e XXX, rispettivamente, madre e sorella della beneficiaria, hanno dichiarato in udienza che XXX, ormai da tempo, aveva manifestato la volontà di rifiutare ogni forma di accanimento terapeutico (v. verbale d’udienza 12.01.11).

Peraltro, la stessa XXX, nonostante le difficoltà espressive che il suo stato di salute comporta, ha confermato, nel corso dell’udienza del 26.05.2011, la volontà già manifestata con le dichiarazioni anticipate di trattamento, ribadendo il rifiuto delle emotrasfusioni (rifiuto da lei espresso con le parole, ripetute più volte nel corso dell’esame diretto, “niente sangue”, “niente sangue”).

Sulla scorta di tali emergenze processuali, deve senz’altro ritenersi che la volontà della beneficiaria di rifiutare i trattamenti terapeutici in questione sia autentica, concretamente riferita alla patologia da cui sa di essere affetta, motivata dai propri convincimenti religiosi.

È da ritenere altresì che tale volontà sia attuale: già si è detto degli esiti dell’esame diretto, condotto presso l’abitazione della beneficiaria, in un momento in cui le sue condizioni fisiche avevano avuto un discreto miglioramento rispetto all’epoca del ricovero urgente in ospedale. Non può, poi, sottacersi il fatto che il dott. Causin – che ha seguito il decorso clinico della beneficiaria durante il suo ricovero ospedaliero – ha riferito che la beneficiaria, richiesta di manifestare il consenso alle trasfusioni di sangue al momento del ricovero ospedaliero, ha espresso il proprio rifiuto, perfettamente cosciente e lucida: ciò anche a fronte della prospettazione delle emotrasfusioni come mezzo salva – vita (cfr. dichiarazioni di cui al verbale d’udienza del 27.01.2011 nonché copia della cartella clinica della XXX). Il sanitario ha, poi, precisato che la patologia da cui la XXX è affetta non comporta deficit cognitivi ma solo difficoltà di espressione: soprattutto, il dott. Causin ha riferito della volontà della beneficiaria di sapere se l’intervento di tracheotomia cui sarebbe stata sottoposta implicasse la necessità della ventilazione meccanica continua, dichiarando che la XXX ha acconsentito ad essere sottoposta all’intervento de quo solo a fronte delle assicurazioni in ordine al carattere meramente temporaneo della ventilazione (queste le parole del medico: “solo la conferma in ordine alla temporaneità della ventilazione è stata decisiva ai fini dell’espressione dell’assenso alla tracheotomia”).

Orbene, deve rilevarsi, in punto di diritto, che l’art. 32 Cost. tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo e stabilisce che i trattamenti sanitari sono di regola volontari e possono essere imposti solo per legge, nel rispetto della dignità umana:

il principio del consenso informato costituisce applicazione di tale assunto e del riconoscimento dell’identità e della libertà personale quali diritti inviolabili dell’uomo, contenuto negli artt. 2 e 13 Cost..

La legge 23/12/1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, ed il codice deontologico dei medici hanno recepito il principio della volontarietà dei trattamenti sanitari ed esso è riconosciuto anche dalle norme sovranazionali, quali la Convenzione del Consiglio d’Europa sui diritti dell’uomo e la biomedicina, fatta ad Oviedo il 4/4/1997, di cui l’Italia ha autorizzato la ratifica con L. 28/3/2001, n. 145, che stabilisce all’art. 5 che nessun intervento nel campo della salute può essere effettuato se il paziente non abbia espresso il proprio consenso libero ed informato e che la persona interessata può in ogni momento ritirare il proprio consenso ai trattamenti sanitari praticatile.

In applicazione di tali principi, la Corte di Cassazione ha più volte ribadito che il consenso del paziente costituisce presupposto della liceità dell’intervento del medico, il quale, ove agisca in difetto di esso, commette un’indebita intromissione nella sfera personale, ed ha affermato che al paziente va riconosciuto altresì il diritto di non curarsi, anche se tale condotta lo esponga al rischio stesso della vita (vedi Cass. 23676/2008, Cass. 21748/2007, Cass. 5444/2006, Cass. 10014/1994).

In questa prospettiva, è da ritenere che la nomina dell’amministratore di sostegno, che esprima la volontà del beneficiario in vece di quest’ultimo, sia lo strumento processuale atto ad assicurare il rispetto delle scelte individuali riguardanti la salute e la fine della propria vita.

Va premesso, sul punto, che la possibilità che l’amministratore di sostegno sia investito della cura della persona del beneficiario e sia, quindi, legittimato anche ad esprimere il consenso ai trattamenti sanitari che lo riguardano è fondata sulle previsioni degli artt. 405, comma 4, c.c. (a mente del quale “qualora ne sussista la necessità, il giudice tutelare adotta anche d’ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata”) e dell’art. 408 c.c. (secondo il quale, nella scelta dell’amministratore di sostegno, il giudice deve avere esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario). Il riferimento alla cura, che pare quasi diventare la finalità primaria della misura di protezione, consente di superare il contrario orientamento giurisprudenziale che, invece, esclude la possibilità per l’amministratore di sostegno di compiere atti invasivi senza il consenso del beneficiario, in considerazione della mancata estensione all’amministratore di sostegno delle norme ex artt. 357, 358 e 371 c.c.: ed invero, la circostanza che la normativa preveda espressamente la cura del beneficiario, quale compito dell’amministratore di sostegno, rende evidentemente inutile l’espresso riferimento alle predette norme in materia di tutela, sicché è proprio nella normativa de qua che deve essere individuata la legittimazione per l’amministratore di sostegno ad esprimere le scelte residenziali o relative all’assunzione di personale dipendente per l’assistenza e la somministrazione di terapie e, appunto, il consenso informato ad atti terapeutici. Peraltro, la stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21748/2007, ha espressamente affermato che i poteri di cura del disabile spettano altresì alla persona che sia stata nominata ads, dovendo il decreto di nomina contenere l’indicazione degli atti che questa è legittimata a compiere a tutela degli interessi di natura anche personale del beneficiario.

Ciò posto, merita condivisione l’insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, che ha riconosciuto il diritto del legale rappresentante di rifiutare, in nome e per conto del rappresentato, anche i trattamenti sanitari necessari alla sopravvivenza, purché in tal caso il rappresentante operi quale mero portavoce della volontà del rappresentato, da questi espressa prima di perdere la propria capacità (vedi ancora Cass. 23676/2008 e Cass. 21748/2007).

Con riferimento al caso di specie, va evidenziato che la beneficiaria, con le direttive del 15.04.2007, aveva già designato il marito quale soggetto deputato a decidere in merito a questioni sanitarie e per riaffermare il proprio incondizionato rifiuto alle trasfusioni di sangue, onde, richiamate le sopra esposte considerazioni in ordine alla concretezza ed all’attualità del detto rifiuto, non può che accedersi alla richiesta di nomina formulata dal XXX.

P.Q.M.

NOMINA

a beneficio di XXX, nata a XXX, quale amministratore di sostegno definitivo, XXX, nato a XXX;

         DISPONE

che l’incarico sia a tempo indeterminato;           

che l’amministratore di sostegno possa in nome e per conto della persona beneficiaria le seguenti operazioni:

1) negazione di consenso ai sanitari coinvolti a praticare emotrasfusioni, ventilazione forzata e tracheostomia all’atto in cui, senza che sia stata manifestata contraria volontà della persona, l’evolversi della malattia imponesse la specifica terapia salvifica;

2) richiesta ai sanitari di apprestare, con la maggiore tempestività e anticipazioni consentite, le cure palliative più efficaci al fine di annullare ogni sofferenza alla persona.

AUTORIZZA l’amministratore di sostegno

- a compiere in nome e per conto della stessa i soli atti civili di ordinaria amministrazione senza necessità di ulteriore autorizzazione del giudice tutelare e salvo obbligo di rendiconto annuale;

- a riscuotere le somme dovute in relazione ai trattamenti previdenziali di cui la beneficiaria gode, con obbligo di impiego di tali somme nell’interesse personale e patrimoniale della stessa e fissando, all’uopo, un limite di spesa pari all’importo delle indennità percepite;

- a ricevere e ad aprire la corrispondenza intestata alla beneficiaria;

- alla cura delle pratiche necessarie per la presentazione della dichiarazione dei redditi dell’interessata ed alla presentazione di istanze presso enti pubblici.

8. dispone che l’amministratore di sostegno informi periodicamente il Giudice Tutelare circa le condizioni di vita personali e sociali della beneficiaria, della consistenza patrimoniale e reddituale della medesima, rendendo il conto dell’attività svolta mediante deposito in Cancelleria di una relazione-rendiconto entro il 30 del mese di ottobre di ogni anno;

DISPONE

che il predetto amministratore di sostegno provvisorio si tenga in contatto con l’Ufficio del Giudice Tutelare per segnalare l’evolversi della situazione e che informi periodicamente il Giudice Tutelare circa le condizioni di vita personali e sociali della beneficiaria, della consistenza patrimoniale e reddituale della medesima, rendendo il conto dell’attività svolta mediante deposito in Cancelleria di una relazione-rendiconto entro il 30 del mese di ottobre di ogni anno.

Si comunichi anche al P.M..

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di legge.

Treviso, 7 giugno 2011

 

                                           Il Giudice

                                      Clarice Di Tullio

 

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