TRIBUNALE DI TREVISO
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Giudice Tutelare,
a scioglimento della riserva
formulata all’udienza del 12.01.2011, osserva quanto
segue.
XXX ha chiesto di essere nominato
amministratore di sostegno provvisorio della moglie XXX,
aderente alla confessione dei Testimoni di Geova,
rappresentando la necessità di essere autorizzato a far
valere le precise volontà da quest’ultima espresse in
ordine al rifiuto delle cure mediche e delle terapie
indicate nella dichiarazione redatta in data 15.04.2007
(doc. n. 3 allegato al ricorso).
L’istante ha, in particolare,
allegato che la beneficiaria, affetta da sclerosi
multipla con perdita delle autonomie e incontinenza
(come da certificazione ex doc. n. 1), è stata
ricoverata in via urgente presso il presidio ospedaliero
di Treviso in data 5.01.2011 ed ha, quindi, dedotto
l’urgenza della chiesta misura di protezione in
considerazione del concreto ed attuale rischio che la
XXX, a causa delle precarie condizioni di salute, cada
in stato di incoscienza e della correlata esigenza di
individuare un soggetto, che, in sua vece e per tale
eventualità, ribadisca ai sanitari il rifiuto già
espresso in data 15.04.2007.
Ciò posto, deve rilevarsi che XXX
risulta affetta da sclerosi multipla sistemica con tetra
paresi, disfonia e importante disfagia ai liquidi ed è
attualmente ricoverata per insufficienza respiratoria da
broncopolmonite secondaria alla inalazione dei liquidi e
grave anemizzazione ad eziologia polifattoriale (cfr.
relazione clinica del 13.01.2011 a firma del dr. Fabio
Causin nonché certificato di ricovero depositato
all’udienza del 12.01.2011 e certificazione Ulss della
Regione Veneto di cui al già richiamato doc. n. 1).
Deve, altresì, osservarsi, sulla
scorta del contenuto delle direttive anticipate relative
alle cure mediche con contestuale designazione di
amministratore di sostegno di cui al citato doc. n. 3,
che la beneficiaria, in data 15.04.2007, aveva
dichiarato di essere testimone di Geova e manifestato il
proprio rifiuto alle emotrasfusioni, dichiarando, in
merito ai trattamenti di fine vita: “non voglio che la
mia vita venga prolungata se i medici sono
ragionevolmente certi che le mie condizioni siano senza
speranza”. Con il medesimo atto, aveva poi designato il
marito, XXX, quale proprio amministratore di sostegno.
La XXX non aveva potuto
sottoscrivere il documento de quo a cagione dei propri
problemi fisici: nondimeno, non è possibile dubitare
della riconducibilità dell’atto alla medesima, atteso
che XXX e XXX, rispettivamente fratello e cognato della
beneficiaria, hanno dichiarato alla scrivente di aver
presenziato, come testimoni, alla redazione dell’atto,
sottoscrivendolo a propria volta. I medesimi congiunti,
peraltro, unitamente a XXX e XXX, rispettivamente, madre
e sorella della beneficiaria, hanno dichiarato in
udienza che XXX, ormai da tempo, aveva manifestato la
volontà di rifiutare ogni forma di accanimento
terapeutico (v. verbale d’udienza 12.01.11).
Sulla scorta di tali emergenze
processuali, deve senz’altro ritenersi che la volontà
della beneficiaria di rifiutare i trattamenti
terapeutici in questione sia autentica, concretamente
riferita alla patologia da cui sa di essere affetta,
motivata dai propri convincimenti religiosi. È da
ritenere altresì che tale volontà sia attuale: il
ricorrente, invero, ha dichiarato sul punto che, in data
11.01.2011 (nella giornata di ieri, secondo le parole
usate dal XXX nel corso dell’udienza del 12.01.2011), la
moglie, ancora cosciente e vigile, a fronte della
richiesta dei sanitari dell’ospedale in cui è ricoverata
di essere sottoposta ad emotrasfusione, ha negato
recisamente e per due volte il trattamento, anche a
fronte della prospettazione dello stesso come terapia
salva – vita.
Orbene, deve rilevarsi, in punto di
diritto, che l’art. 32 Cost. tutela la salute come
diritto fondamentale dell’individuo e stabilisce che i
trattamenti sanitari sono di regola volontari e possono
essere imposti solo per legge, nel rispetto della
dignità umana:
il principio del consenso informato
costituisce applicazione di tale assunto e del
riconoscimento dell’identità e della libertà personale
quali diritti inviolabili dell’uomo, contenuto negli
artt. 2 e 13 Cost..
La legge 23/12/1978, n. 833,
istitutiva del servizio sanitario nazionale, ed il
codice deontologico dei medici hanno recepito il
principio della volontarietà dei trattamenti sanitari ed
esso è riconosciuto anche dalle norme sovranazionali,
quali la Convenzione del Consiglio d’Europa sui diritti
dell’uomo e la biomedicina, fatta ad Oviedo il 4/4/1997,
di cui l’Italia ha autorizzato la ratifica con L.
28/3/2001, n. 145, che stabilisce all’art. 5 che nessun
intervento nel campo della salute può essere effettuato
se il paziente non abbia espresso il proprio consenso
libero ed informato e che la persona interessata può in
ogni momento ritirare il proprio consenso ai trattamenti
sanitari praticatile.
In applicazione di tali principi,
la Corte di Cassazione ha più volte ribadito che il
consenso del paziente costituisce presupposto della
liceità dell’intervento del medico, il quale, ove agisca
in difetto di esso, commette un’indebita intromissione
nella sfera personale, ed ha affermato che al paziente
va riconosciuto altresì il diritto di non curarsi, anche
se tale condotta lo esponga al rischio stesso della vita
(vedi Cass. 23676/2008, Cass. 21748/2007, Cass.
5444/2006, Cass. 10014/1994).
In questa prospettiva, è da
ritenere che la nomina dell’amministratore di sostegno,
che esprima la volontà del beneficiario in vece di
quest’ultimo, sia lo strumento processuale atto ad
assicurare il rispetto delle scelte individuali
riguardanti la salute e la fine della propria vita: ciò,
peraltro, coerentemente con gli approdi della
giurisprudenza formatasi sul punto (si confrontino, tra
le più recenti, Tribunale di Roma, decr. 31.05.2010, in
www.personaedanno.it; Tribunale di Modena, decr.
5.11.2008, in www.altalex.it) ed in applicazione dei
principi enunciati dalla Suprema Corte di Cassazione,
che ha riconosciuto il diritto del legale rappresentante
di rifiutare, in nome e per conto del rappresentato,
anche i trattamenti sanitari necessari alla
sopravvivenza, purché in tal caso il rappresentante
operi quale mero portavoce della volontà del
rappresentato, da questi espressa prima di perdere la
propria capacità (vedi ancora Cass. 23676/2008 e Cass.
21748/2007).
Con riferimento al caso di specie,
va evidenziato che la beneficiaria, con le direttive del
15.04.2007, aveva già designato il marito quale soggetto
deputato a decidere in merito a questioni sanitarie e
per riaffermare il proprio incondizionato rifiuto alle
trasfusioni di sangue, onde, richiamate le sopra esposte
considerazioni in ordine alla concretezza ed
all’attualità del detto rifiuto, non può che accedersi
alla richiesta di nomina formulata dal XXX.
Peraltro, la nomina può essere
disposta in via provvisoria ai sensi dell’art. 405,
comma 4, c.c.. La certificazione medica prodotta,
invero, attesta le delicate condizioni di salute di XXX:
in particolare, la relazione clinica datata 13.01.2011
attesta espressamente che la gravità del quadro clinico
impone provvedimenti terapeutici fra i quali
l’emotrasfusione, la tracheotomia, l’eventuale supporto
ventilatorio e il confezionamento di PEG per eseguire
l’alimentazione. Conseguentemente, è ragionevole
ritenere che la paziente possa aggravarsi, cadendo anche
in stato di incoscienza, e che, quindi, possa profilarsi
la necessità che sia il soggetto all’uopo designato
dalla stessa a dover manifestare il rifiuto delle cure.
P.Q.M.
NOMINA
a beneficio di XXX, nata a XXX,
attualmente ricoverata presso l’ospedale di Treviso,
quale amministratore di sostegno provvisorio, XXX, nato
a XXX;
DISPONE
che l’incarico sia a tempo
indeterminato;
che l’amministratore di sostegno
possa in nome e per conto della persona beneficiaria le
seguenti operazioni:
1) negazione di consenso ai
sanitari coinvolti a praticare emotrasfusioni,
ventilazione forzata e tracheostomia all’atto in cui,
senza che sia stata manifestata contraria volontà della
persona, l’evolversi della malattia imponesse la
specifica terapia salvifica;
2) richiesta ai sanitari di
apprestare, con la maggiore tempestività e anticipazioni
consentite, le cure palliative più efficaci al fine di
annullare ogni sofferenza alla persona.
DISPONE
che il predetto amministratore di
sostegno provvisorio si tenga in contatto con l’Ufficio
del Giudice Tutelare per segnalare l’evolversi della
situazione.
Il predetto amministratore di
sostegno, ex art.349 c.c. come richiamato dall’art.411
c.c., assumerà le funzioni successivamente al giuramento
che verrà prestato davanti alla scrivente all’udienza
del 18.01.2011 ore 8:45.
Fissa per l’esame della
beneficiaria presso l’ospedale di Treviso l’udienza del
20 gennaio 2011 ore 14:50.
Si comunichi anche al P.M..
Manda alla Cancelleria per gli
adempimenti di legge.
Treviso, 14 gennaio 2011
Il Giudice
Clarice Di Tullio
TRIBUNALE DI TREVISO
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Giudice Tutelare,
a scioglimento della riserva
formulata all’udienza del 26.05.2011, osserva quanto
segue.
XXX, con ricorso depositato in data
17.11.2010, ha chiesto di essere nominato amministratore
di sostegno della moglie XXX, rappresentando che la
beneficiaria è affetta da sclerosi multipla con perdita
delle autonomie ed incontinenza e chiedendo, in
particolare, di essere autorizzato ad esprimere il
consenso informato alle terapie mediche che la
riguardano: il ricorrente ha allegato sul punto che la
moglie è aderente alla Confessione dei Testimoni di
Geova e che la stessa, con dichiarazione resa in data
15.04.2007, aveva già manifestato il proprio rifiuto
alle trasfusioni di sangue ed ai trattamenti di fine
vita, che i medici avessero ritenuto inutili per la sua
sopravvivenza.
Nelle more dell’instaurazione del
procedimento, la beneficiaria è stata ricoverata in via
urgente presso il presidio ospedaliero di Treviso ed il
ricorrente ha chiesto di essere nominato quale
amministratore di sostegno provvisorio e di essere
autorizzato a manifestare ai sanitari il rifiuto già
espresso dalla XXX con le dichiarazioni anticipate di
trattamento del 15.04.2007, in considerazione del
concreto ed attuale rischio che la beneficiaria, a causa
delle precarie condizioni
di salute, cadesse in stato di
incoscienza e non potesse più farlo autonomamente.
Con decreto del 14.01.2011, XXX è
stato nominato amministratore di sostegno provvisorio di
XXX, con l’espressa autorizzazione a compiere in nome e
per conto della beneficiaria le seguenti operazioni:
negazione del consenso ai sanitari coinvolti a praticare
emotrasfusioni, ventilazione forzata e tracheotomia
all’atto in cui, senza che sia stata manifestata
contraria volontà della persona, l’evolversi della
malattia imponesse la specifica terapia salvifica …
richiesta ai sanitari di apprestare, con la maggiore
tempestività e anticipazioni consentite, le cure
palliative più efficaci al fine di annullare ogni
sofferenza alla persona.
In seguito, alle udienze del
27.01.2011 e del 26.05.2011, celebrate, rispettivamente,
presso l’Ospedale di Treviso e l’abitazione della
beneficiaria in XXX, si è proceduto all’esame della
stessa.
Ciò posto, deve rilevarsi che XXX
risulta affetta da sclerosi multipla sistemica con tetra
paresi, disfonia e importante disfagia ai liquidi ed è
stata ricoverata presso l’ospedale di Treviso dal
5.01.2011 all’8.03.2011 per insufficienza respiratoria
da broncopolmonite secondaria alla inalazione dei
liquidi e grave anemizzazione ad eziologia
polifattoriale (cfr. relazione clinica del 13.01.2011 a
firma del dr. Fabio Causin nonché certificato di
ricovero depositato all’udienza del 12.01.2011 e
certificazione Ulss della Regione Veneto di cui al già
richiamato doc. n. 1): durante la degenza ospedaliera, è
stata sottoposta ad intervento di tracheotomia ed ha, in
seguito, intrapreso un percorso di riabilitazione
finalizzato al recupero delle facoltà di espressione e
deglutizione.
Deve, altresì, osservarsi, sulla
scorta del contenuto delle direttive anticipate relative
alle cure mediche con contestuale designazione di
amministratore di sostegno di cui al citato doc. n. 3,
che la beneficiaria, in data 15.04.2007, aveva
dichiarato di essere testimone di Geova e manifestato il
proprio rifiuto alle emotrasfusioni, dichiarando, in
merito ai trattamenti di fine vita: “non voglio che la
mia vita venga prolungata se i medici sono
ragionevolmente certi che le mie condizioni siano senza
speranza”. Con il medesimo atto, aveva poi designato il
marito, XXX, quale proprio amministratore di sostegno.
La XXX non aveva potuto
sottoscrivere il documento de quo a cagione dei propri
problemi fisici: nondimeno, non è possibile dubitare
della riconducibilità dell’atto alla medesima, atteso
che XXX e XXX, rispettivamente fratello e cognato della
beneficiaria, hanno dichiarato alla scrivente di aver
presenziato, come testimoni, alla redazione dell’atto,
sottoscrivendolo a propria volta. I medesimi congiunti,
peraltro, unitamente a XXX e XXX, rispettivamente, madre
e sorella della beneficiaria, hanno dichiarato in
udienza che XXX, ormai da tempo, aveva manifestato la
volontà di rifiutare ogni forma di accanimento
terapeutico (v. verbale d’udienza 12.01.11).
Peraltro, la stessa XXX, nonostante
le difficoltà espressive che il suo stato di salute
comporta, ha confermato, nel corso dell’udienza del
26.05.2011, la volontà già manifestata con le
dichiarazioni anticipate di trattamento, ribadendo il
rifiuto delle emotrasfusioni (rifiuto da lei espresso
con le parole, ripetute più volte nel corso dell’esame
diretto, “niente sangue”, “niente sangue”).
Sulla scorta di tali emergenze
processuali, deve senz’altro ritenersi che la volontà
della beneficiaria di rifiutare i trattamenti
terapeutici in questione sia autentica, concretamente
riferita alla patologia da cui sa di essere affetta,
motivata dai propri convincimenti religiosi.
È da ritenere altresì che tale
volontà sia attuale: già si è detto degli esiti
dell’esame diretto, condotto presso l’abitazione della
beneficiaria, in un momento in cui le sue condizioni
fisiche avevano avuto un discreto miglioramento rispetto
all’epoca del ricovero urgente in ospedale. Non può,
poi, sottacersi il fatto che il dott. Causin – che ha
seguito il decorso clinico della beneficiaria durante il
suo ricovero ospedaliero – ha riferito che la
beneficiaria, richiesta di manifestare il consenso alle
trasfusioni di sangue al momento del ricovero
ospedaliero, ha espresso il proprio rifiuto,
perfettamente cosciente e lucida: ciò anche a fronte
della prospettazione delle emotrasfusioni come mezzo
salva – vita (cfr. dichiarazioni di cui al verbale
d’udienza del 27.01.2011 nonché copia della cartella
clinica della XXX). Il sanitario ha, poi, precisato che
la patologia da cui la XXX è affetta non comporta
deficit cognitivi ma solo difficoltà di espressione:
soprattutto, il dott. Causin ha riferito della volontà
della beneficiaria di sapere se l’intervento di
tracheotomia cui sarebbe stata sottoposta implicasse la
necessità della ventilazione meccanica continua,
dichiarando che la XXX ha acconsentito ad essere
sottoposta all’intervento de quo solo a fronte delle
assicurazioni in ordine al carattere meramente
temporaneo della ventilazione (queste le parole del
medico: “solo la conferma in ordine alla temporaneità
della ventilazione è stata decisiva ai fini
dell’espressione dell’assenso alla tracheotomia”).
Orbene, deve rilevarsi, in punto di
diritto, che l’art. 32 Cost. tutela la salute come
diritto fondamentale dell’individuo e stabilisce che i
trattamenti sanitari sono di regola volontari e possono
essere imposti solo per legge, nel rispetto della
dignità umana:
il principio del consenso informato
costituisce applicazione di tale assunto e del
riconoscimento dell’identità e della libertà personale
quali diritti inviolabili dell’uomo, contenuto negli
artt. 2 e 13 Cost..
La legge 23/12/1978, n. 833,
istitutiva del servizio sanitario nazionale, ed il
codice deontologico dei medici hanno recepito il
principio della volontarietà dei trattamenti sanitari ed
esso è riconosciuto anche dalle norme sovranazionali,
quali la Convenzione del Consiglio d’Europa sui diritti
dell’uomo e la biomedicina, fatta ad Oviedo il 4/4/1997,
di cui l’Italia ha autorizzato la ratifica con L.
28/3/2001, n. 145, che stabilisce all’art. 5 che nessun
intervento nel campo della salute può essere effettuato
se il paziente non abbia espresso il proprio consenso
libero ed informato e che la persona interessata può in
ogni momento ritirare il proprio consenso ai trattamenti
sanitari praticatile.
In applicazione di tali principi,
la Corte di Cassazione ha più volte ribadito che il
consenso del paziente costituisce presupposto della
liceità dell’intervento del medico, il quale, ove agisca
in difetto di esso, commette un’indebita intromissione
nella sfera personale, ed ha affermato che al paziente
va riconosciuto altresì il diritto di non curarsi, anche
se tale condotta lo esponga al rischio stesso della vita
(vedi Cass. 23676/2008, Cass. 21748/2007, Cass.
5444/2006, Cass. 10014/1994).
In questa prospettiva, è da
ritenere che la nomina dell’amministratore di sostegno,
che esprima la volontà del beneficiario in vece di
quest’ultimo, sia lo strumento processuale atto ad
assicurare il rispetto delle scelte individuali
riguardanti la salute e la fine della propria vita.
Va premesso, sul punto, che la
possibilità che l’amministratore di sostegno sia
investito della cura della persona del beneficiario e
sia, quindi, legittimato anche ad esprimere il consenso
ai trattamenti sanitari che lo riguardano è fondata
sulle previsioni degli artt. 405, comma 4, c.c. (a mente
del quale “qualora ne sussista la necessità, il giudice
tutelare adotta anche d’ufficio i provvedimenti urgenti
per la cura della persona interessata”) e dell’art. 408
c.c. (secondo il quale, nella scelta dell’amministratore
di sostegno, il giudice deve avere esclusivo riguardo
alla cura ed agli interessi della persona del
beneficiario). Il riferimento alla cura, che pare quasi
diventare la finalità primaria della misura di
protezione, consente di superare il contrario
orientamento giurisprudenziale che, invece, esclude la
possibilità per l’amministratore di sostegno di compiere
atti invasivi senza il consenso del beneficiario, in
considerazione della mancata estensione
all’amministratore di sostegno delle norme ex artt. 357,
358 e 371 c.c.: ed invero, la circostanza che la
normativa preveda espressamente la cura del
beneficiario, quale compito dell’amministratore di
sostegno, rende evidentemente inutile l’espresso
riferimento alle predette norme in materia di tutela,
sicché è proprio nella normativa de qua che deve essere
individuata la legittimazione per l’amministratore di
sostegno ad esprimere le scelte residenziali o relative
all’assunzione di personale dipendente per l’assistenza
e la somministrazione di terapie e, appunto, il consenso
informato ad atti terapeutici. Peraltro, la stessa Corte
di Cassazione, con la sentenza n. 21748/2007, ha
espressamente affermato che i poteri di cura del
disabile spettano altresì alla persona che sia stata
nominata ads, dovendo il decreto di nomina contenere
l’indicazione degli atti che questa è legittimata a
compiere a tutela degli interessi di natura anche
personale del beneficiario.
Ciò posto, merita condivisione
l’insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, che ha
riconosciuto il diritto del legale rappresentante di
rifiutare, in nome e per conto del rappresentato, anche
i trattamenti sanitari necessari alla sopravvivenza,
purché in tal caso il rappresentante operi quale mero
portavoce della volontà del rappresentato, da questi
espressa prima di perdere la propria capacità (vedi
ancora Cass. 23676/2008 e Cass. 21748/2007).
Con riferimento al caso di specie,
va evidenziato che la beneficiaria, con le direttive del
15.04.2007, aveva già designato il marito quale soggetto
deputato a decidere in merito a questioni sanitarie e
per riaffermare il proprio incondizionato rifiuto alle
trasfusioni di sangue, onde, richiamate le sopra esposte
considerazioni in ordine alla concretezza ed
all’attualità del detto rifiuto, non può che accedersi
alla richiesta di nomina formulata dal XXX.
P.Q.M.
NOMINA
a beneficio di XXX, nata a XXX,
quale amministratore di sostegno definitivo, XXX, nato a
XXX;
DISPONE
che l’incarico sia a tempo
indeterminato;
che l’amministratore di sostegno
possa in nome e per conto della persona beneficiaria le
seguenti operazioni:
1) negazione di consenso ai
sanitari coinvolti a praticare emotrasfusioni,
ventilazione forzata e tracheostomia all’atto in cui,
senza che sia stata manifestata contraria volontà della
persona, l’evolversi della malattia imponesse la
specifica terapia salvifica;
2) richiesta ai sanitari di
apprestare, con la maggiore tempestività e anticipazioni
consentite, le cure palliative più efficaci al fine di
annullare ogni sofferenza alla persona.
AUTORIZZA l’amministratore di
sostegno
- a compiere in nome e per conto
della stessa i soli atti civili di ordinaria
amministrazione senza necessità di ulteriore
autorizzazione del giudice tutelare e salvo obbligo di
rendiconto annuale;
- a riscuotere le somme dovute in
relazione ai trattamenti previdenziali di cui la
beneficiaria gode, con obbligo di impiego di tali somme
nell’interesse personale e patrimoniale della stessa e
fissando, all’uopo, un limite di spesa pari all’importo
delle indennità percepite;
- a ricevere e ad aprire la
corrispondenza intestata alla beneficiaria;
- alla cura delle pratiche
necessarie per la presentazione della dichiarazione dei
redditi dell’interessata ed alla presentazione di
istanze presso enti pubblici.
8. dispone che l’amministratore di
sostegno informi periodicamente il Giudice Tutelare
circa le condizioni di vita personali e sociali della
beneficiaria, della consistenza patrimoniale e
reddituale della medesima, rendendo il conto
dell’attività svolta mediante deposito in Cancelleria di
una relazione-rendiconto entro il 30 del mese di ottobre
di ogni anno;
DISPONE
che il predetto amministratore di
sostegno provvisorio si tenga in contatto con l’Ufficio
del Giudice Tutelare per segnalare l’evolversi della
situazione e che informi periodicamente il Giudice
Tutelare circa le condizioni di vita personali e sociali
della beneficiaria, della consistenza patrimoniale e
reddituale della medesima, rendendo il conto
dell’attività svolta mediante deposito in Cancelleria di
una relazione-rendiconto entro il 30 del mese di ottobre
di ogni anno.
Si comunichi anche al P.M..
Manda alla Cancelleria per gli
adempimenti di legge.
Treviso, 7 giugno 2011
Il Giudice
Clarice Di Tullio |