Laura ANDRAO
–Persona e danno.it
La sentenza n.
19589, emessa il 6 giugno 2011 e depositata il 26
settembre 2011, dalla Prima Sezione Civile della
Cassazione, è fuor di dubbio una sentenza che fa
riflettere.
Nel caso di specie vediamo la richiesta di un padre di
vedere dichiarato estinto l'obbligo di mantenimento dei
figli, oramai maggiorenni.
La cessazione dell'obbligo di mantenimento risulta
indiscutibile qualora il figlio risulti avere
un'occupazione stabile, più dibattuta risulta essere
invece la situazione che vede protagonista un figlio che
si trovi in stato di sopravvenuta disoccupazione.
Mentre il Tribunale aveva ritenuto sussistente l'obbligo
a favore del figlio disoccupato, la Corte d'appello
l'aveva negato, affermando che “il mantenimento del
figlio maggiorenne convivente è da escludere quando
quest'ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente
economicamente, abbia in passato espletato attività
lavorativa”.
La Prima Sezione muta totalmente il pronunciamento dei
giudici d'appello.
Dichiara, in
particolare, che “l'obbligo dei genitori di concorrere
al mantenimento dei figli, ai sensi degli artt. 147 e
148 c.c., non cessa, ipso facto, con il
raggiungimento della loro maggiore età – come ora
codificato dall'art.155-quinquies, comma 1, c.c.
- ”; l’obbligo “perdura immutato, finché il genitore
interessato alla declaratoria della cessazione
dell'obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha
raggiunto l'indipendenza economica, ovvero che il
mancato svolgimento di un'attività economica dipende da
un comportamento inerte o di rifiuto ingiustificato
dello stesso”.
I Giudici di piazza Cavour dichiarano quindi che, se la
disoccupazione non dipende da inerzia, anche qualora
segua un periodo di lavoro durante il quale era stato
sospeso il mantenimento, l'obbligo di mantenimento
risorge in capo al genitore automaticamente al cessare
dello stato d'indipendenza economica.
Fatto
e diritto
Ritenuto che P.F..C. e L.L.A. si separarono
consensualmente con atto omologato dal Tribunale di
Cosenza in data 5 dicembre 1990, convenendo, tra
l'altro, che il L. versasse alla moglie, a titolo di
mantenimento dei due figli minori affidati alla madre,
F. (nato a (omissis) ) e V. (nata a (omissis) ), la
somma mensile complessiva di Euro 800,00;
che
il L. , con ricorso al Tribunale di Cosenza del 19 marzo
2008 - proposto ai sensi degli artt. 710 cod. proc. civ.
e 156, settimo comma, cod. civ. espose che: a) il figlio
F. , nel 1998, era stato assunto a tempo indeterminato
nella Polizia di Stato, raggiungendo in tal modo la
propria autosufficienza economica; jb) la figlia V. ,
nel 2001, aveva aperto un esercizio commerciale
-successivamente chiuso -, dimostrando in tal modo di
aver raggiunto anch'essa l'autosufficienza economica; c)
nonostante che egli avesse continuato ad aiutare
economicamente i figli, la moglie, in data 22 ottobre
2007, gli aveva notificato sia atto di precetto
intimandogli il pagamento della somma di Euro 39.700,66,
a titolo di contributo al mantenimento dei figli non
corrisposto dal 10 luglio 2002 -, sia atto di
pignoramento presso terzi (Ministero dell'economia e
delle finanze); d) conseguentemente, dalla retribuzione
di docente di scuola media gli sarebbe stata detratta la
somma mensile di Euro 253,00, pari ad un quinto dello
stipendio;
che,
tanto esposto, chiese, tra l'altro, che il Tribunale, a
modificazione delle condizioni della separazione
consensuale, stabilisse che l'obbligo al versamento del
contributo per i figli era estinto, per il figlio F. ,
dal xxxx e, per la figlia V. , dal xxxx;
che
la C. , costituitasi, contestò che l'estinzione
dell'obbligo al contributo di mantenimento per i figli
potesse esser fatta decorrere da una data anteriore alla
proposizione della domanda di modificazione delle
condizioni della separazione consensuale (19 marzo
2008), e chiese che, per la figlia V. , non ancora
autosufficiente e studentessa universitaria con lei
convivente, il contributo fosse ridotto alla somma
mensile di Euro 250,00;
che
il Tribunale adito, con decreto del 14 maggio 2008,
dichiarò estinto l'obbligo al contributo per il
mantenimento del figlio F. , con decorrenza dalla data
di proposizione del ricorso, e ridusse il contributo per
il mantenimento della figlia V. ad Euro 250,00 mensili,
con la medesima decorrenza;
che,
a séguito di reclamo del L. - al quale resistette la C.
-, la Corte d'Appello di Catanzaro, con decreto del 7
luglio 2009, in parziale riforma del decreto impugnato
ed a modifica delle condizioni della separazione
consensuale, dichiarò cessato, dalla data del deposito
del ricorso introduttivo (19 marzo 2008), l'obbligo di
corresponsione dell'assegno di mantenimento nei
confronti dei figli F. e V. ;
che,
al riguardo, la Corte ha, in particolare, affermato: a)
quanto alla decorrenza della estinzione dell'obbligo di
corresponsione del contributo al mantenimento del figlio
F. : “Correttamente [...], anche in considerazione della
certezza dei rapporti giuridici, il primo giudice ha
escluso che si potesse far decorrere la cessazione
dell'obbligo di corresponsione dell'assegno da un
momento antecedente a quello della presentazione della
domanda che ha consentito l'accertamento della nuova
situazione dedotta in giudizio. Non è condivisibile,
inoltre, la lettura offerta dal ricorrente in ordine
alla sussistenza di profili di legittimità
costituzionale della norma da applicare,
nell'interpretazione offerta dalla Suprema Corte [è
stata richiamata la sentenza n. 28 del 2008], atteso che
l'ordinamento consente all'interessato, sin dal giorno
successivo al verificarsi del fatto nuovo che giustifica
la modifica dell'obbligo di corresponsione dell'assegno,
di adire l'autorità giudiziaria per ottenere la modifica
delle condizioni. Nel caso di specie, peraltro, la
suddetta nuova situazione era ben conosciuta dal
reclamante che ha rappresentato, nelle note depositate
il 13.5.2009, di aver coabitato con il figlio nella sede
di servizio e che aveva, pertanto, la possibilità di
richiedere tempestivamente l'accertamento della nuova
situazione incidente sull'obbligo di contribuzione
stabilito nel verbale di omologazione della separazione
consensuale”; b) quanto alla domanda concernente il
contributo al mantenimento della figlia V. , dopo aver
richiamato le sentenze della Corte di cassazione nn.
4373 del 1988 e 12477 del 2004: “[...] la Suprema Corte
ha precisato che il mantenimento del figlio maggiorenne
convivente è da escludere quando quest'ultimo, ancorché
allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in
passato espletato attività lavorativa, così dimostrando
il raggiungimento di un'adeguata capacità e determinando
la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento
da parte del genitore, atteso che non può avere rilievo
il successivo abbandono dell'attività lavorativa da
parte del figlio, trattandosi di una scelta che, se
determina l'effetto di renderlo privo di sostentamento
economico, non può far risorgere un obbligo di
mantenimento i cui presupposti erano già venuti meno,
ferma restando invece l'obbligazione alimentare, fondata
su presupposti affatto diversi e azionabile direttamente
dal figlio e non già dal genitore convivente. Nel caso
di specie il L. ha dimostrato l'inizio di attività
lavorativa da parte della figlia (titolare di partita
i.v.a. e della ditta Rigeneratrice sud), sicché, alla
luce dei principi su indicati, è cessato l'obbligo di
mantenimento nei suoi confronti, né lo stato di
sopravvenuta disoccupazione può giustificare, come si è
detto, la reviviscenza del suddetto obbligo”;
che
avverso tale decreto L.A..L. ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo un unico motivo di censura;
che
resiste, con controricorso, P.F..C. , la quale ha anche
proposto ricorso incidentale, fondato su due motivi;
che
il Procuratore generale ha concluso per il rigetto di
entrambi i ricorsi;
che,
all'esito della camera di consiglio, il Collegio ha
deliberato che la motivazione sia redatta in forma
semplificata.
Considerato
che, preliminarmente, il ricorso principale e quello
incidentale, proposti contro la stessa sentenza, debbono
essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ.;
che,
sempre in via preliminare, devono essere esaminati la
lettera in data 3 giugno 2011 ed il telegramma pervenuto
in data 6 giugno 2011, con i quali il Signor L.A..L.
chiede il differimento dell'odierna udienza di
discussione, per aver egli revocato la procura conferita
agli avvocati Villi e Spataro, al fine di consentirgli
la nomina di altro difensore;
che
tale istanza non può essere presa in considerazione e
deve essere, comunque, respinta, sia perché formulata
dalla parte personalmente, sia perché il giudizio di
legittimità procede per impulso di ufficio e perciò
prescinde, per il suo svolgimento, dalla presenza dei
difensori delle parti, le cui difese sono garantite dal
ricorso, dal controricorso e dalle memorie, sia perché,
fino a quando non è prodotto in giudizio il mandato
conferito ad altro difensore, la parte resta
rappresentata e difesa dal difensore precedente,
professionalmente obbligato a svolgere tutte le difese
ritenute opportune e necessarie (cfr., ex plurimis, la
sentenza n. 10273 del 2004);
che,
con l'unico motivo (con cui deduce: “Violazione degli
artt. 147 e 155 c.c. e 110 c.p.c. in relazione all'art.
3 della Costituzione per irragionevole disparità di
trattamento”), il ricorrente critica il decreto
impugnato, nella parte in cui fa decorrere la
modificazione della condizione della separazione
consensuale concernente l'obbligo paterno al
mantenimento del figlio F. dal 19 marzo 2008, anziché
dal 2001, sostenendo al riguardo che: a) pur costituendo
nella specie circostanze incontestate tra le parti
quelle secondo cui il figlio aveva raggiunto
l'autosufficienza economica fin dal 2001, con
l'assunzione a tempo indeterminato nella Polizia di
Stato, ed aveva lasciato la casa familiare, la
giurisprudenza della Corte di cassazione è nel senso che
l'accertamento dell'estinzione dell'obbligo di
contribuzione al mantenimento dei figli non solo non può
retroagire oltre la data della domanda giudiziale di
modificazione delle condizioni della separazione,
proposta ai sensi dell'art. 710 cod. proc. civ., ma non
può neppure esser fatto valere, come nella specie, in
sede di opposizione all'esecuzione, ove possono proporsi
soltanto questioni relative alla validità ed
all'efficacia del titolo esecutivo; b) tale orientamento
giurisprudenziale è sostanzialmente ingiusto, perché
priva il genitore onerato dall'obbligo di contribuzione
della tutela giurisdizionale dinanzi al giudice
dell'esecuzione, e ciò ancorché l'art. 710 cod. proc.
civ. nulla disponga relativamente all'efficacia della
pronuncia che definisce questo giudizio; c)
un'interpretazione costituzionalmente orientata della
disposizione codicistica impone di ritenere che il
giudice adito ai sensi di tale disposizione abbia il
potere di disporre che l'efficacia della relativa
pronuncia retroagisca al momento in cui si siano
verificati i nuovi fatti legittimanti la modificazione
delle condizioni della separazione; d) la diversa e
consolidata interpretazione della disposizione si pone
in contrasto con l'art. 3 Cost. “sotto il profilo della
irragionevolezza della disparità di trattamento, atteso
che al sacrificio richiesto ai soggetti che trovansi
nelle condizioni del L. non corrisponde la realizzazione
di un altro interesse di pari dignità”;
che,
con il primo (con cui deduce: “Violazione e falsa
applicazione degli artt. 30 Cost., 147 e 14 8 c.c., 155
e 155 quinquies c.c., della L. n. 898 del 1970, art. 6,
come modificato dalla L. n. 74 del 1987, 2697 c.c. -
art. 360 n. 3 c.p.c.”) e con il secondo motivo (con cui
deduce: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 24
Cost., 2697 c.c., 112, 113, 115, 244 e ss. c.p.c. Omessa
motivazione - art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.”) - i quali
possono essere esaminati congiuntamente, avuto riguardo
alla loro stretta connessione -, la ricorrente
incidentale critica il decreto impugnato, nella parte in
cui dichiara cessato, dalla data del deposito del
ricorso introduttivo del L. , l'obbligo di
corresponsione dell'assegno di mantenimento a favore
della figlia V. , sostenendo al riguardo che: a) fermo
il dovere di entrambi i genitori di mantenere, istruire
ed educare i figli, anche maggiorenni non indipendenti
economicamente, e fermo che il genitore, al fine di
essere esonerato dall'obbligo di mantenimento, ha
l'onere di provare che il reddito percepito dal figlio
sia tale, per durata ed entità, da rendere il figlio
stesso effettivamente capace di autonomia sul piano
economico, i Giudici a quibus non hanno considerato che
il ricorrente principale non ha dato alcuna prova della
raggiunta autosufficienza economica della figlia, non
hanno dato ingresso alla prova articolata dal L. al
riguardo, hanno erroneamente dichiarato irrilevante dopo
la cessazione dell'attività di lavoro autonomo, per la
chiusura dell'esercizio commerciale - il sopravvenuto
stato di disoccupazione della figlia V. e non hanno
considerato che questa convive con la madre ed è
studentessa universitaria; b) i Giudici a quibus,
inoltre, hanno omesso di pronunciarsi sull'istanza di
istruzione probatoria orale, articolata al fine di
dimostrare che anche durante il periodo di apertura
dell'esercizio commerciale, formalmente intestato alla
figlia V. , titolare effettivo dell'impresa era il L. ,
il quale incassava i proventi facendoli confluire su un
libretto bancario da lui stesso custodito;
che
il ricorso principale è infondato;
che,
infatti, secondo costante orientamento di questa Corte,
in materia di revisione dell'assegno di mantenimento, il
diritto a percepirlo di un coniuge ed il corrispondente
obbligo a versarlo dell'altro, nella misura e nei modi
stabiliti dalla sentenza di separazione o dal verbale di
omologazione della separazione consensuale, conservano
la loro efficacia sino a quando non intervenga la
modificazione di tali provvedimenti, essendo del tutto
irrilevante il momento in cui - di fatto - sono maturati
i presupposti per la modificazione o la soppressione
dello stesso assegno, con la conseguenza, che, in
mancanza di specifiche disposizioni ed in base ai
principi generali relativi all'autorità,
all'intangibilità ed alla stabilità, per quanto
temporalmente limitata (rebus sic stantibus), del
precedente giudicato impositivo del contributo di
mantenimento, gli effetti della decisione
giurisdizionale di modificazione possono retroagire non
già al momento dell'accadimento innovativo, ma alla data
della domanda di modificazione (cfr., ex plurimis, le
sentenze nn. 28 del 2008, 14886 del 2002, 4558 del 2000,
147 del 1994, nonché, in materia di revisione
dell'assegno di divorzio, la sentenza n. 11913 del
2009);
che
dunque, nella specie - contrariamente a quanto affermato
dal ricorrente principale -, i Giudici del reclamo, in
forza di tali principi, hanno correttamente fatto
decorrere l'estinzione dell'obbligo del L. di
contribuire al mantenimento del figlio F. dalla data del
deposito del ricorso introduttivo del presente giudizio;
che,
inoltre, l'eccezione di illegittimità costituzionale
dell'art. 710 cod. proc. civ., sollevata dallo stesso
ricorrente principale per assunta violazione degli artt.
3, primo comma, e 24, primo comma, Cost., è, per un
verso, manifestamente irrilevante, nella parte in cui
l'affermata violazione del diritto alla tutela
giurisdizionale viene riferita al procedimento esecutivo
in corso - promosso dalla C. nei confronti del marito
sulla base del titolo esecutivo costituito dal verbale
di separazione consensuale omologato - e non già al
presente giudizio, e, per altro verso, manifestamente
infondata, sia perché il diritto alla tutela
giurisdizionale, a fronte del mutamento delle
circostanze che giustificano la modificazione dei
provvedimenti relativi alla separazione dei coniugi, è a
questi assicurato proprio dal procedimento di cui
all'art. 710 cod. proc. civ., che può essere promosso
non appena si verifica detto mutamento, sia perché la
denunciata irragionevolezza dell'interpretazione secondo
cui gli effetti della disposta modificazione decorrono
dalla proposizione della domanda è manifestamente
insussistente, essendo tale interpretazione conforme al
principio generale della domanda di cui all'art. 99 cod.
proc. civ.;
che,
invece, il ricorso incidentale merita accoglimento;
che
secondo l'orientamento costante di questa Corte,
l'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei
figli, ai sensi degli artt. 147 e 148 cod. civ., non
cessa, ipso facto, con il raggiungimento della loro
maggiore età - come ora codificato dall'art. 155
quinquies, primo comma, cod. civ. -, ma perdura,
immutato, finché il genitore interessato alla
declaratoria, della cessazione dell'obbligo stesso non
dia la prova che il figlio ha raggiunto l'indipendenza
economica, ovvero che il mancato svolgimento di
un'attività economica dipende da un comportamento inerte
o di rifiuto ingiustificato dello stesso, il. cui
accertamento non può che ispirarsi a criteri di
relatività, in quanto necessariamente ancorato alle
aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e
post-universitario del soggetto ed alla situazione
attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo
al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la
propria formazione e la propria specializzazione (cfr.,
ex plurimis, le sentenze nn. 4765 del 2002, 8221 e 24498
del 2006, 1830 del 2011);
che
la Corte di Catanzaro ha affermato che, nel caso di
specie, avendo il L. dimostrato l'inizio dell'attività
lavorativa da parte della figlia V. , quale titolare di
partita i.v.a. e della impresa "Rigeneratrice sud", deve
ritenersi cessato l'obbligo di mantenimento nei suoi
confronti, e che lo stato di sopravvenuta disoccupazione
non può giustificare la reviviscenza di tale obbligo, in
quanto, secondo le richiamate sentenze di questa Corte
nn. 4373 del 1988 e 12477 del 2004, il mantenimento del
figlio maggiorenne convivente è da escludere quando
quest'ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente
economicamente, abbia in passato espletato attività
lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di
un'adeguata capacità e determinando la cessazione del
corrispondente obbligo di mantenimento da parte del
genitore, atteso che non può avere rilievo il successivo
abbandono dell'attività lavorativa da parte del figlio,
trattandosi di una scelta che, se determina l'effetto di
renderlo privo di sostentamento economico, non può far
risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti
erano già venuti meno; che, tuttavia, i Giudici a quibus
hanno erroneamente applicato alla fattispecie gli ora
richiamati principi di diritto, in quanto hanno ritenuto
totalmente assolto l'onere probatorio gravante sul
ricorrente principale mediante la dimostrazione del solo
inizio dell'attività lavorativa, mentre avrebbero dovuto
ritenere assolto detto onere anche con la concorrente
prova che l'attuale stato di disoccupazione della figlia
V. - circostanza incontestata tra le parti - era dipeso
da un comportamento inerte o di rifiuto ingiustificato
della stessa;
che,
inoltre, gli stessi Giudici a quibus hanno totalmente
omesso di motivare le ragioni per le quali hanno
ritenuto (evidentemente, solo per implicito) di non
ammettere la prova per testimoni articolata dalla
ricorrente incidentale (testualmente riprodotta nel
ricorso), volta a dimostrare le circostanze
indubbiamente decisive ai fini della prova del
raggiungimento della autosufficienza economica da parte
della figlia V. - secondo le quali la titolarità della
predetta impresa in capo a quest'ultima era meramente
formale, titolare "di fatto" dell'impresa essendo
esclusivamente il padre, ed i proventi dell'attività non
erano mai stati percepiti dalla figlia, gli stessi
essendo stati fatti confluire dal padre in un libretto
bancario da lui custodito; che, pertanto, il decreto
impugnato deve essere annullato - nella parte in cui
dichiara cessato, dalla data del deposito del ricorso
introduttivo, l'obbligo di corresponsione dell'assegno
di mantenimento in favore della figlia V. - in relazione
alle censure accolte e la causa deve essere rinviata
alla stessa Corte d'Appello di Catanzaro, in diversa
composizione, che si uniformerà ai principi di diritto
qui ribaditi, ovvierà ai rilevati vizi di motivazione e
provvederà anche a regolare le spese del presente grado
del giudizio.
P.Q.M.
Riuniti i ricorsi, rigetta quello principale ed accoglie
quello incidentale; cassa il decreto impugnato - nella
parte in cui dichiara cessato, dalla data del deposito
del ricorso introduttivo, l'obbligo di corresponsione
dell'assegno di mantenimento in favore della figlia V. -
in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le
spese, alla Corte d'Appello di Catanzaro, in diversa
composizione.
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