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NELL'AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE E' RILEVANTE IL CONTRATTO DEFINITIVO DI COMPRAVENDITA (NON IL CONTRATTO PRELIMINARE) SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I CIVILE-Sentenza 6 aprile – 1° settembre 2011, n. 17995

 

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 – Elena GAMBULI

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Atteso che il diritto di proprietà si trasferisce solamente con l'atto definitivo, qualora siano stati stipulati un contratto preliminare di compravendita e successivamente un contratto definitivo, l'accertamento dei presupposti dell'azione revocatoria va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo. Atteso che il diritto di proprietà si trasferisce solamente con l'atto definitivo, qualora siano stati stipulati un contratto preliminare di compravendita e successivamente un contratto definitivo, l'accertamento dei presupposti dell'azione revocatoria va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo.

Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava la compravendita di un opificio industriale con annessi terreni agricoli, stipulata con rogito notarile sottoscritto da un imprenditore, poi fallito, e da una società immobiliare. Il Tribunale, accogliendo la domanda sollevata dalla Curatela, aveva dichiarato il detto atto inefficace ai sensi dell'art. 67, I° comma, della Legge Fallimentare, ritenendolo soggetto a revocatoria fallimentare.

Proposto appello dalla società acquirente, la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 30.06.05, ha dichiarato che, nel caso di revocatoria fallimentare di una compravendita stipulata in adempimento di un contratto preliminare, l'accertamento dei presupposti dell'azione va compiuto con riferimento alla data del contratto definitivo, con il quale il bene, uscendo dal patrimonio del fallito, è sottratto alla garanzia dei creditori ed ha quindi respinto il gravame.

Avverso tale decisione la società soccombente, ha presentato ricorso per Cassazione, la quale ha dichiarato il motivo del ricorso inammissibile, appoggiando il consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità e di merito secondo cui, nel caso di revocatoria fallimentare di una compravendita stipulata in adempimento di un contratto preliminare, l'accertamento dei presupposti dell'azione va compiuta con riferimento alla data del contratto definitivo.

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I CIVILE

Sentenza 6 aprile – 1° settembre 2011, n. 17995

(Presidente Plenteda – Relatore Cristiano)

Svolgimento del processo

La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza del 30.6.05, respinse il gravame proposto

dall'Immobiliare Giolica s.p.a. (già Immobiliare Rapezzi s.p.a.) avverso la sentenza 31.7.02 del

Tribunale che, in accoglimento della domanda svolta dal Fallimento di P.C. (dichiarato il xxxxxx),

fatta propria, in corso di causa, dall'assuntore del concordato fallimentare, R..L. , aveva dichiarato

l'inefficacia ex art. 67 1 comma n. 1 L.F. dell'atto a rogito del notaio Maria P. del 9.4.75, con il quale

l'imprenditore poi fallito aveva venduto alla società convenuta un opificio industriale con annessi

terreni agricoli al prezzo di 160 milioni delle vecchie lire.

Per ciò che nella presente sede interessa, la Corte territoriale, dopo aver rilevato che le parti, col

contratto preliminare stipulato il 30.1.75 (e dunque anteriormente al c.d. biennio sospetto) avevano

regolato gli assetti sostanziali, non più modificati, degli interessi in gioco, ritenne di dover

comunque aderire al consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità e di merito secondo cui,

nel caso di revocatoria fallimentare di una compravendita stipulata in adempimento di un contratto

preliminare, l'accertamento dei presupposti dell'azione va compiuto con riferimento alla data del

contratto definitivo, con il quale il bene, uscendo dal patrimonio del fallito, è sottratto alla garanzia

dei creditori; affermò, inoltre, che erano infondati i rilievi mossi dall'appellante alla ctu, affidata dal

Tribunale ad un dottore commercialista che si era fatto coadiuvare da un architetto, ed, in

particolare, che il ctu aveva chiarito le ragioni per le quali si era discostato dalla stima dell'ausiliare,

operando minori detrazioni per vetustà dell'immobile e per oneri locativi, giungendo, oltretutto, a

conclusioni corrispondenti a quelle del perito penale, incaricato di valutare il medesimo bene

nell'ambito del processo per ricettazione prefallimentare svoltosi a carico dell'A.U. dell'Immobiliare

Giolica e conclusosi con l'assoluzione dell'imputato.

La sentenza è stata impugnata dall'Immobiliare Giolica s.p.a. con ricorso per cassazione affidato a

due motivi. R..L. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, con il quale ha

eccepito l'inammissibilità del ricorso per incertezza assoluta circa l'identificazione della parte

ricorrente, che non ha mai indicato il proprio codice fiscale né quello di iscrizione al R.E.A. e che si

sarebbe trasformata in una s.r.l. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione

Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c.

1) In ordine logico, deve essere in primo luogo esaminato il ricorso incidentale proposto da R..L.,

che è infondato e deve essere respinto.

Non ricorre, infatti, alcuna incertezza in ordine alla denominazione ed al tipo sociale della società

soccombente in grado d'appello, e perciò legittimata a proporre il ricorso per cassazione (Cass. n.

16983/06), non essendo in contestazione che la sentenza impugnata (così come quella di primo

grado) siano state emesse nei confronti dell'Immobiliare Giolica s.p.a., identificata attraverso il

nominativo dei suoi legali rappresentanti e l'indicazione della sede sociale.

2) Con il primo motivo di ricorso, l'Immobiliare Giolica denuncia violazione e falsa applicazione

degli artt. 112 c.p.c., 67 L.F. 1362,1363, 1470 c.c., nonché vizio di motivazione della sentenza

impugnata in ordine ad un punto decisivo della controversia. Deduce a riguardo: che in sede

d'appello essa aveva lamentato l'erroneità del capo della sentenza di primo grado che, identificato

l'atto di compravendita nel rogito notarile stipulato nel biennio anteriore alla dichiarazione di

fallimento della Piantini Arredamenti, l’aveva ritenuto temporalmente assoggettabile a revocatoria,

ai sensi dell'art. 67 1 comma L.F., senza considerare che il trasferimento della proprietà

dell'immobile era già avvenuto a seguito della sottoscrizione fra le parti, il 30.1.75, di un atto che,

benché denominato "compromesso", conteneva in realtà tutti gli elementi del contratto definitivo,

poi formalmente riprodotti nel successivo atto pubblico; che dunque alla Corte di merito era stato

richiesto, attraverso il motivo di gravame, di interpretare il "compromesso", proprio al fine di

stabilire se potesse essergli attribuita la natura di vero e proprio contratto di vendita, non revocabile

in quanto stipulato anteriormente al c.d. periodo sospetto; che la Corte l'ha invece respinto con

argomentazioni non inerenti alla questione sottoposta al suo esame.

2.1) Va preliminarmente rilevato che il presente giudizio (introdotto con citazione del 31.5.77) è

soggetto al rito anteriore alla riforma di cui alla l. n. 353/90, nel quale, ai sensi dell'allora vigente

comma 2 dell'art. 345 c.p.c., era consentito alle parti di proporre nuove eccezioni in appello.

Pertanto, contrariamente a quanto eccepito da R..L. nel controricorso, le questioni illustrate nel

motivo, volte a paralizzare la domanda di revocatoria, non possono essere dichiarate tardive (e

dunque inammissibili) solo perché prospettate per la prima volta dall'Immobiliare Giolica in sede di

impugnazione della sentenza di primo grado.

2.2) È invece inammissibile l'ulteriore eccezione sollevata dal controricorrente, di inopponibilità al

Fallimento del contratto preliminare, siccome privo di data certa, che non risulta essere stata dedotta

nelle precedenti fasi di merito.

2.3) Ciò premesso, il motivo di ricorso in esame va dichiarato inammissibile.

La Corte fiorentina, pur avendo dato atto che "nella specie è col contratto preliminare (del 30.1.75

e, in quanto tale stipulato anteriormente al periodo sospetto) che le parti diedero l’assetto

sostanziale, non più modificato, degli interessi in gioco", ha respinto il motivo d'appello affermando

di non potersi discostare "dal consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità e di merito

secondo cui, nel caso di revocatoria fallimentare di una compravendita stipulata in adempimento di

un contratto preliminare, l'accertamento dei presupposti dell'azione va compiuta con riferimento alla

data del contratto definitivo". Attraverso l'argomentazione posta a sostegno della statuizione di

rigetto, la Corte ha dunque, sia pur in maniera assiomatica, inteso escludere che alla scrittura del

30.1.75 potesse essere attribuita la natura di contratto definitivo.

Non ricorrendo, pertanto, il lamentato vizio di omessa pronuncia della sentenza (ed avendo la

ricorrente solo astrattamente prospettato la violazione delle norme che presiedono

all'interpretazione dei contratti), la censura potrebbe essere apprezzata unicamente sotto il profilo di

cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. Sennonché, sotto tale profilo, essa difetta del requisito dell'

autosufficienza, in quanto l'Immobiliare Giolica ha omesso di trascrivere nel ricorso il testo della

citata scrittura, della quale non ha neppure riportato le clausole maggiormente indicative

dell'effettiva volontà delle parti, in tal modo impedendo a questa Corte di esercitare il dovuto

controllo sulla decisività delle circostanze non valutate, o insufficientemente valutate, dal giudice

d'appello nel pervenire all'accertamento contestato (fra molte, Cass. 12988/010, 14938/09,

15952/07).

3) Con il secondo motivo, l'Immobiliare Giolica, denunciando violazione e falsa applicazione degli

artt. 112, 115 e 116 c.p.c. e 67 L.F., nonché vizio di omessa pronuncia e di omessa o insufficiente

motivazione, lamenta che la Corte di merito abbia confermato la sentenza di primo grado nella parte

in cui ha ritenuto provato il requisito della notevole sproporzione fra le prestazioni contrattuali.

La ricorrente osserva che il Tribunale aveva fondato la propria decisione sulle immotivate

conclusioni del ctu - che aveva stimato (al netto dell'azienda agricola) in oltre 186 milioni delle

vecchie lire il valore di mercato del capannone industriale alla data della compravendita - mentre

non aveva tenuto in alcun conto quelle assunte dall'architetto coadiutore, che aveva attribuito

all'immobile un valore di circa 140 milioni; che essa aveva debitamente denunciato, in sede di

gravame, l'erroneità e l'incompletezza della ctu; che la Corte fiorentina, anziché rispondere alle sue

critiche, si è limitata ad una tralaticia e generica condivisione dell'elaborato peritale, senza

affrontare la questione del contrasto esistente fra la stima eseguita dall'incaricato dell'indagine e

quella del suo coadiutore e senza chiarire le ragioni per le quali ha ritenuto di dare prevalenza alla

valutazione del primo.

Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile. La Corte territoriale ha motivato il rigetto,

sul punto, dell'appello osservando che le determinazioni del ctu andavano condivise sia perché

esaustive ed immuni da vizi logici, sia perché davano conto delle ragioni per le quali si

discostavano da quelle dell'ausiliare in ordine alla stima del capannone (non contemplando, a

differenza di queste ultime, abbattimenti per vetustà e per locazione dell'immobile), sia, infine,

perché erano pressoché coincidenti con quelle cui era pervenuto il perito penale, nominato nel corso

del processo che aveva visto imputato l'A.U. della società acquirente. Più avanti, in altro passo della

sentenza, la Corte ha poi rilevato che la valutazione dei beni operata dal ctu era particolarmente

prudenziale, se non addirittura riduttiva, in quanto dagli atti del diverso giudizio promosso

dall'Immobiliare Giolica contro un terzo occupante l'immobile, e dalla sentenza pronunciata al suo

esito (gli uni e l'altra prodotti dall'appellata), emergeva che il valore dell'opificio industriale era

superiore a quello accertato dal ctu.

Il giudice dell'appello ha dunque chiaramente enunciato le ragioni di adesione alle conclusioni del

ctu, per ciò stesso escludendo che potessero essere condivise quelle assunte dal coadiutore.

La ricorrente, d'altro canto, si è limitata a dedurre nel motivo la sussistenza di un contrasto fra i due

tecnici, ma non ha specificato (così come avrebbe dovuto, in ossequio al principio

dell'autosufficienza del ricorso) né quali critiche avesse in concreto mosso all'elaborato del ctu, né

sotto quali aspetti avesse prospettato la maggiore attendibilità della valutazione dell'ausiliario,

impedendo ancora una volta a questa Corte di verificare la decisività delle circostanze asseritamente

non valutate nella sentenza impugnata; non ha, infine, in alcun modo contrastato l'affermazione

della Corte di merito circa un presunto maggior valore dell'immobile, desumibile dagli atti del

processo instaurato dalla stessa acquirente contro terzi occupanti, che costituisce ragione di per sé

sufficiente a sorreggere la decisione impugnata.

Le spese del giudizio seguono la sostanziale soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte: rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale; condanna la ricorrente

principale a pagare a R..L. le spese del giudizio, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 500 per

esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

 

 

 

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