Avv. Paolo Nesta


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LA PROCEDURA PREVISTA PER I LICENZIAMENTI COLLETTIVI E' FINALIZZATA ALLA TUTELA ANCHE DELL'INTERESSE PUBBLICO - Correlato alla occupazione in generale e ai costi della mobilità (Cassazione Sezione Lavoro n. 19233 del 21 settembre 2011, Pres. Roselli, Rel. Tria).

 

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In base a consolidati e condivisi orientamenti della giurisprudenza di legittimità, in materia di licenziamenti collettivi:

 

1) la procedura di cui agli artt. 4 e 5 della legge n. 223 del 1991 è finalizzata alla tutela non solo degli interessi delle organizzazioni sindacali, ma anche dell'interesse pubblico, correlato alla occupazione in generale ed ai costi della mobilità, e dell'interesse dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro e, in particolare alla verifica dei criteri di scelta sotto il profilo del loro carattere di generalità, obiettività e coerenza con il fine dell'istituto della mobilità, sicché è da escludere che l'accordo tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali faccia perdere rilevanza al mancato espletamento o al radicale stravolgimento della procedura medesima che si trasmette anche al licenziamento rendendolo inefficace;

 

2) l'impresa che intenda cessare l'attività e licenziare tutti i dipendenti salvo un gruppo individuato in base al possesso delle competenze professionali necessarie per il compimento delle operazioni di liquidazione, deve egualmente effettuare, a pena di inefficacia del licenziamento, la comunicazione di cui all'art. 4, comma 9, della legge n. 223 del 1991 con la precisazione delle modalità di attuazione del criterio di scelta e la comparazione tra tutte le professionalità del personale in servizio rispetto allo scopo perseguito, senza che assuma rilievo l'unicità del criterio adottato ancorché concordato con le organizzazioni sindacali;

 

3) in tema di procedura di mobilità, la previsione, di cui all'art. 4, comma 9, della legge n. 223 del 1991, secondo cui il datore di lavoro deve dare una "puntuale indicazione" dei criteri di scelta e delle modalità applicative, comporta che, anche quando il criterio prescelto sia unico, il datore di lavoro deve provvedere a specificare le sue modalità applicative, in modo che essa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perché lui - e non altri dipendenti - sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestare la legittimità della misura espulsiva;

 

4) infatti, i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità, individuati dai contratti collettivi ai sensi dell'art. 5 della legge 23 luglio 1991, n. 223, devono essere, tutti ed integralmente, basati su elementi oggettivi e verificabili, in modo da consentire la formazione di una graduatoria rigida e da essere controllabili in fase applicativa, e non possono implicare valutazioni di carattere discrezionale, neanche sotto forma di possibile deroga all'applicazione di criteri in sé oggettivi.

 

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