Se la documentazione contabile
dell’azienda - valida ai fini fiscali - non si trova
più, per farla franca non basta che il consulente della
ditta dichiari di averla persa. Infatti, quando le
circostanze del presunto smarrimento non sono chiare il
giudice ha il dovere di andare avanti con il
procedimento in modo da appurare, attraverso la fase
dibattimentale, se vi sia stata o meno una condotta
dolosa da parte del professionista.
Con questa motivazione la Corte di
cassazione, sentenza n. 35867/2011, ha annullato la
sentenza emessa dal Gip di Camerino che nel dubbio -
“non ritenendo provato il dolo specifico dell’evasione”
- aveva dichiarato il non luogo a procedere nei
confronti del consulente fiscale della società.
Per i giudici di Piazza Cavour, al
contrario, l’incertezza della situazione probatoria
“imponeva l’approfondimento e il vaglio della fase
dibattimentale”. Per cui hanno disposto il rinvio degli
atti al tribunale di Camerino per un nuovo giudizio che
dovrà appurare se vi sia stato o meno il reato di
“occultamento o distruzione di documenti contabili”,
previsto dal’articolo 10 del Dlgs 74/2000. La norma,
infatti, prevede la reclusione da sei mesi a cinque anni
per chi, al fine di evadere le imposte sui redditi o
l’Iva, o anche per consentire l'evasione a terzi,
occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture
contabili o i documenti di cui è obbligatoria la
conservazione, in modo da non consentire la
ricostruzione dei redditi o del volume di affari |