Il mancato rilascio del certificato
di abitabilità costituisce non già un illecito, ma un
inadempimento contrattuale, essendo la relativa
obbligazione connaturale alla destinazione abitativa
dell'immobile alienato e viepiù specificamente assunta
con il contratto di vendita, nel quale la società
odierna ricorrente si era obbligata, a sua cura e spese,
nel più breve tempo possibile, ad ottenere il rilascio
della predetta certificazione da parte delle competenti
autorità.
Scaduto tale termine deve
escludersi che l'inadempimento abbia carattere
permanente, essendo la permanenza categoria omogenea
all'illecito, con conseguente immediata decorrenza del
termine di prescrizione del diritto succedaneo al
risarcimento o all'indennizzo per il mancato rilascio
della certificazione di abitabilità.
Cassazione, sez. II, 21 settembre
2011, n. 19204
(Pres. Triola – Rel. Manna)
Svolgimento del processo
Con citazione notificata il
18.3.1997 i coniugi M.L.D. e L..L., acquirenti di un
appartamento, giusta atto pubblico del 7.7.1982,
convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Bari,
la OMISSIS s.p.a., società venditrice, per sentirla
condannare al risarcimento del danno da mancato rilascio
della licenza di abitabilità.
La società convenuta nel resistere
in giudizio eccepiva (per quanto ancora rileva in questa
sede di legittimità) la prescrizione del diritto
azionato.
Il Tribunale, rigettata
l'eccezione, accoglieva la domanda e condannava la parte
convenuta al pagamento in favore degli attori, per il
titolo innanzi detto, della somma di lire 60.000.000,
liquidata in via equitativa.
Tale sentenza era confermata dalla
Corte d'appello di Bari, che riteneva, quanto
all'eccezione di prescrizione, che il diritto a
conseguire il certificato di abitabilità e,
conseguentemente, quello al risarcimento del danno o
all'indennizzo ai sensi dell'art. 1381 c.c. in caso di
inadempimento, doveva considerarsi indisponibile, e come
tale non soggetto a prescrizione, ai sensi
dell'art.2934, cpv. c.c.. Pertanto, anche il conseguente
diritto al risarcimento era da ritenersi
imprescrittibile. Quanto all'ammontare del danno,
riteneva doversi condividere la quantificazione operata
equitativamente dal giudice di prime cure mediante
attualizzazione del valore dell'immobile.
Per la cassazione di quest'ultima
sentenza ricorre la MF Trading s.r.l., nuova
denominazione della OMISSIS s.p.a., con sei motivi
d'annullamento, illustrati da memoria.
Resistono con controricorso L..L. e
G., R.M. e R..M., eredi di L.D..M..
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo si
denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt.
1381, 2934, comma 2 e 946 c.c., in relazione
all'art.360, n.3 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo
della controversia, in relazione all'art.360, n.5
c.p.c..
Sostiene parte ricorrente che
l'obbligazione di far conseguire all'acquirente il
certificato di abitabilità dell'immobile alienato è
incoercibile e infungibile e, pertanto, nella specie, la
Corte territoriale non avrebbe potuto condannare la
società convenuta al relativo adempimento.
Inoltre, il diritto di cui i
giudici d'appello avrebbero dovuto vagliare
l'assoggettabilità al regime della prescrizione non era
quello avente ad oggetto l'ottenimento del certificato
di abitabilità, ma quello all'indennizzo o al
risarcimento del danno.
2. - Con il secondo motivo parte
ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione
degli artt. 1470 e 2934, 2 comma c.c., nonché l'omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto
decisivo della controversia, in relazione all'art.360,
nn.3 e 5 c.p.c..
La Corte barese, si afferma, nel
ritenere indisponibile il diritto ad ottenere il
certificato di abitabilità non ha considerato che tale
qualifica rileva nei rapporti con la pubblica
amministrazione titolare del potere di rilasciare il
titolo abilitativo, non anche nei rapporti tra privati,
che ben possono farne oggetto di negoziato.
In ogni caso, quale che sia il
fondamento dell'imprescrittibilità dei diritti
indisponibili, è comunque certo che tra questi ultimi
non può includersi quello al risarcimento del danno o
all'indennizzo, ancorché prodotto da lesione di un
diritto indisponibile, trattandosi di un credito
soggetto al termine ordinario di prescrizione.
3. - Il terzo motivo denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1381, 1453 e
1477 c.c., in relazione all'art.2946 e, nonché
l'illogicità e contraddittorietà della motivazione circa
un punto decisivo della controversia.
Si sostiene, al riguardo, che la
vendita di immobile privo di licenza di abitabilità non
ha un oggetto illecito, giacché non esiste norma che la
vieti, ma è soggetta soltanto a risoluzione per
inadempimento, ove il venditore abbia assunto
l'obbligazione di far ottenere all'acquirente detta
licenza.
Di riflesso, gli attori avrebbero
potuto esperire o l'azione generale di risoluzione per
vendita aliud pro alio ovvero per mancata consegna dei
titoli o dei documenti inerenti (alla proprietà o)
all'uso della cosa alienata, ai sensi dell'art.1477
c.c.; e in alternativa, l'azione per ottenere
l'indennizzo previsto dall'art.1381 c.c. In ogni caso, i
diritti derivanti dall'inadempimento dell'obbligazione
di consegna del ridetto certificato sono tutti di natura
contrattuale e, quindi, soggiacciono all'ordinaria
prescrizione decennale.
Per contro, la Corte d'appello, pur
riconoscendo la natura contrattuale di tale
obbligazione, tanto da richiamare l'art.1477, comma 2
c.c., ha contraddittoriamente affermato che tale obbligo
deriva dalla legge, dimenticando che la legge richiamata
è appunto l'art.1477, comma 3 c.c.
4. - Con il quarto motivo si
lamenta la violazione e falsa applicazione degli
artt.1381 e 2935 c.c. e l'omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo
della controversia.
La Corte territoriale
nell'affermare non prescrittibile il diritto al
risarcimento del danno, non si è pronunciata sulla
censura contenuta nel primo motivo d'appello della
OMISSIS, che dopo aver illustrato le ragioni
dell'inesistenza di un illecito permanente aveva
rappresentato che il termine di prescrizione decorre dal
momento della stipula del contratto di vendita, essendo
irrilevante che quest'ultimo non stabilisca un termine
entro cui debba essere posto in essere il fatto oggetto
di promessa.
5. - Il quinto motivo denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 342,
comma 1, e 324 c.p.c., dell'art.2909 c.c. in relazione
all'art.360, nn. 3 e 5 c.p.c., nonché l'omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
punto decisivo della controversia, in relazione
all'art.360, n.5 c.p.c..
Afferma parte ricorrente che la
Corte d'appello ha errato nel ritenere che la OMISSIS
abbia censurato soltanto il capo della sentenza di primo
grado relativo all’an del risarcimento del danno,
sostenendo, senza considerare il carattere devolutivo
pieno dell'appello, che detta società avrebbe invece
impugnato solo il capo relativo al quantum.
6. - Con il sesto motivo è dedotta
la violazione e falsa applicazione degli artt.1381, 1218
1223, 1226 e 2697 c.c., in relazione all'art.360, nn. 3
e 5 c.p.c., nonché l'illogica e contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia,
avendo la Corte d'appello qualificato come risarcitorio
l'obbligo, di natura, invece, indennitaria, derivante
dal mancato rilascio del certificato di abitabilità.
7. - I primi quattro motivi, da
esaminare congiuntamente perché in parte ripetitivi di
una stessa censura ed in parte inerenti alla medesima
quaestio iuris, avente ad oggetto l'applicabilità o non
del regime della prescrizione al diritto all'indennizzo
o al risarcimento del danno da mancato conseguimento
della licenza di abitabilità, sono fondati nei sensi e
nei termini logico-giuridici che seguono.
7.1. - Non ha rilievo ai fini della
decisione sia l'inquadramento sotto la norma dell'art.
1381 c.c. dell'obbligazione della società venditrice di
far conseguire alla parte acquirente il certificato di
abitabilità, sia la distinzione tra obbligo indennitario
ed obbligo risarcitorio a carico del venditore, l'uno e
l'altro consistendo nel pagamento di una somma di denaro
succedanea dell'utilità non conseguita dalla parte
acquirente. Comune ad entrambe le ipotesi, il problema
della prescrizione si risolve o a monte, attraverso la
qualificazione del diritto a ottenere il certificato di
abitabilità, come ha ritenuto la Corte barese; o a
valle, in base all'autonomia dell'obbligazione
sostitutiva, come ritiene la società ricorrente.
Deviante, inoltre, rispetto al
nucleo della questione, è il discorso sulla non
coercibilità dell'obbligo del venditore a far conseguire
all'acquirente la suddetta certificazione, non solo e
non tanto perché anche gli obblighi incoercibili possono
essere oggetto di condanna (e ciò anche prima
dell'introduzione dell'art. 614-bis c.p.c.), ma anche e
soprattutto perché la Corte territoriale si è limitata a
condannare la società convenuta al pagamento di una
somma, non al compimento di un facere infungibile.
7.2. - Questa Corte ha avuto modo
di osservare che il diritto al risarcimento del danno,
anche quando viene azionato per effetto della mancata
realizzazione di un diritto indisponibile, conservando
la propria autonomia rispetto al diritto originario, non
ne assume il carattere della indisponibilità ed è,
pertanto, soggetto alla prescrizione decennale di cui
all'art. 2934 c.c. (Cass. S.U. n. 1744/75; v. anche
Cass. n.3921/82, secondo cui il diritto alla rendita per
inabilità da infortunio sul lavoro è indisponibile e,
conseguentemente, imprescrittibile nella sua
configurazione unitaria, restando, invece,
prescrittibili nel quinquennio, ai sensi dell'art. 2948,
nn. 1 e 2 c.c., le singole rate della rendita; nello
stesso senso, cfr. Cass. nn. 4317/81 e 2197/78).
7.3. - All'affermazione di tali
principi, che risultano essere stati già applicati ad
una fattispecie affatto analoga alla presente (in una
controversia in cui era parte la stessa società OMISSIS
s.p.a.), nel senso che il diritto dell'acquirente
all'indennizzo da mancato rilascio del certificato di
abitabilità si prescrive decorso il termine di dieci
anni dalla stipula del contratto o dalla fissazione da
parte del giudice di un diverso termine per adempiere
(Cass. 26509/06, non massimata), occorre dare
continuità, con le considerazioni aggiuntive che
seguono.
7.3.1. - Elaborata storicamente in
rapporto ai diritti assoluti, ma variamente estesa ai
crediti (si pensi alla materia tributaria, dei contratti
con la P.A., delle prestazioni di carattere alimentare,
retributivo, previdenziale o assistenziale ecc.),
l'indisponibilità costituisce una qualificazione
secondaria di determinati diritti soggettivi in funzione
di rafforzamento della tutela ad essi apprestata
dall'ordinamento giuridico, il quale ne vieta la
negoziabilità preventiva per sottrarre la parte più
debole alle pressioni del contraente economicamente più
attrezzato. La sua funzione di precipuo stampo
garantistico, non esclusa dal concorso con esigenze di
più ampia protezione, inerenti non alle posizioni
singole, ma alla collettività nel suo insieme, si
esaurisce, non potendo altrimenti esplicarsi, allorché
il diritto abbia subito una compromissione
irretrattabile, vuoi per la lesione diretta arrecatagli,
vuoi per l'inadempimento di un'obbligazione
corrispondente, vuoi perché sia mancato il fatto del
terzo necessario a soddisfare il diritto stesso. Ne
deriva il sorgere di una diversa obbligazione
risarcitoria o indennitaria a carattere succedaneo, essa
stessa soggetta a (un proprio termine di) prescrizione,
decorrente, ai sensi dell'art. 2935 c.c., dal momento in
cui il diritto può essere fatto valere, e non assistita
dal carisma di indisponibilità che presidiava la tutela
del diritto leso o insoddisfatto.
Se ne trae sicura conferma dalla
giurisprudenza formatasi in tema di transazione su
diritti indisponibili, che ha escluso l'operatività del
limite posto dall'art. 1966, cpv. c.c. in presenza di un
diritto già maturato (cfr. Cass. n.5433/08), nell'ambito
di una complessiva regolamentazioni di rapporti di dare
e avere (cfr. Cass. n.3527/88) o nel caso del diritto
alle restituzioni e ai danni derivanti da reato (v.
Cass. nn. 664/88, 651/77 e 1533/66).
7.3.2. - Traslando le
considerazioni sopra esposte al caso di specie, si
rileva che il mancato rilascio del certificato di
abitabilità costituisce non già un illecito, ma un
inadempimento contrattuale, essendo la relativa
obbligazione connaturale alla destinazione abitativa
dell'immobile alienato e viepiù specificamente assunta -
come affermato dalla Corte territoriale, con
accertamento non oggetto di censura - con il contratto
di vendita, nel quale la società odierna ricorrente si
era obbligata, a sua cura e spese, nel più breve tempo
possibile, ad ottenere il rilascio della predetta
certificazione da parte delle competenti autorità.
Scaduto tale termine, come accertato dalla Corte
d'appello con statuizione implicita (dato l'accoglimento
della domanda) in parte qua non specificamente
censurata, deve escludersi che l'inadempimento abbia
carattere permanente, essendo la permanenza categoria
omogenea all'illecito, con conseguente immediata
decorrenza del termine di prescrizione del diritto
succedaneo al risarcimento o all'indennizzo per il
mancato rilascio della certificazione di abitabilità.
7.4. - L'accoglimento dei motivi
anzi detti assorbe l'esame delle restanti censure e,
cassata la sentenza impugnata, consente la decisione
della causa nel merito, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto. Invero, essendo decorsi più di
quattordici anni dalla conclusione del contratto di
vendita (7.7.1982) a quella di introduzione della
domanda (18.3.1997), e comunque ben più di dieci anni al
netto del termine ("il più breve possibile")
contrattualmente fissato per il rilascio del certificato
di abitabilità, il diritto azionato deve ritenersi
prescritto, con conseguente rigetto della domanda.
8. - Sussistono giusti motivi, data
la certa buona fede iniziale della parte attrice
nell'introdurre la domanda, per compensare integralmente
fra le parti le spese del doppio di giudizio di merito e
del presente procedimento di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi quattro
motivi, assorbiti il quinto e il sesto, cassa la
sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la
domanda e compensa interamente fra le parti le spese del
doppio grado di merito e quelle del presente giudizio di
cassa |