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Cass. civ., sez. lav., 3 ottobre
2011, n. 20196, pres. Miani Canevari, rel. Bandini, ha
confermato la pronuncia della Corte d’appello che aveva
condannato il datore di lavoro al risarcimento del danno
morale e del danno esistenziale derivato da un
illegittimo cambio di turno.
La Corte d'Appello aveva precisato
che il danno morale è da intendersi quale mero dolore o
patema d'animo interiore e il danno esistenziale come
ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva o
interiore, ma oggettivamente accertabile) che alteri le
abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto,
inducendolo a scelte di vita diverse quanto
all'espressione e realizzazione della sua personalità
nel mondo esterno; tali danni, aveva aggiunto il giudice
di merito, andavano liquidati a titolo equitativo e in
misura forfettaria tenendo conto "della lunga durata
dell'illegittima adibizione del lavoratore al turno
diurno, della natura ontologicamente disciplinare e
estorsiva del provvedimento aziendale, della visibile
lesione della dignità e dell'immagine professionale
subite dal lavoratore nel contesto aziendale, nonchè del
rilevante disagio psichico e psicosomatico patito a
causa dell'alterazione dell'abituale ritmo sonno/veglia
e delle conseguenti ripercussioni sull'organizzazione
della vita familiare e di relazione Un lavoratore
convenne in giudizio il datore di lavoro, esponendo che:
- lavorava alle dipendenze della
società convenuta dal 1996 con mansioni di operaio, da
sempre addetto al turno notturno;
- aveva ricevuto una contestazione
disciplinare per avere rifiutato, in un’occasione,
durante il turno notturno, di seguire altri 5 telai,
oltre agli 11 già attribuiti alle sue cure;
- aveva reso le proprie
giustificazioni, alle quali non era seguita
l'irrogazione di una sanzione disciplinare;
- la convenuta gli aveva comunicato
il cambio di turno per "motivi inerenti l'attività
produttiva e per evitare il verificarsi di fatti molto
incresciosi;
- il provvedimento di cambio del
turno aveva natura ontologicamente disciplinare e
appariva altresì ritorsivo e non giustificato da ragioni
tecnico-organizzative;
- a seguito del cambio di turno
aveva contratto una patologia clinica da ansia, anche
conseguente ai persistenti disturbi del sonno, che lo
avevano costretto ad assumere farmaci psicotropi e
sonniferi;
- aveva subito, sempre a causa del
cambio di turno, un danno patrimoniale da riduzione
salariale di circa 300 euro mensili, conseguente alla
perdita della maggiorazione per il turno notturno;
- aveva ottenuto, a seguito di
ricorso ex art. 700 c.p.c., provvedimento d'urgenza con
cui era stato ordinato all'azienda di reintegrarlo
immediatamente nel turno notturno, provvedimento
peraltro rimasto ineseguito;
tutto ciò premesso, chiese
dichiararsi l'invalidità e/o nullità del provvedimento
di mutamento del turno e ordinarsi alla società
convenuta di reintegrarlo nel turno notturno, con
condanna della stessa al pagamento, a titolo di
risarcimento dei danni, delle differenze salariali
conseguenti alle decurtazioni subite sino all'effettiva
reintegrazione e della somma di euro 50.000 a titolo di
risarcimento dei danni biologico, morale ed
esistenziale.
Il Giudice adito respinse il
ricorso.
La Corte d'Appello di Torino,
accogliendo il gravame proposto dal lavoratore, dichiarò
illegittimo il cambio di turno, ordinò alla parte
datoriale la riassegnazione del lavoratore a turno
notturno e la condannò al risarcimento del danno
patrimoniale e dei danni morale ed esistenziale.
A sostegno del decisum la Corte
territoriale ritenne quanto segue:
- il trasferimento in esame era
quindi illegittimo per l'insussistenza dei presupposti
di cui all'art. 2103 c.c.;
- risultava altresì svelata la
natura ritorsiva ed ontologicamente disciplinare del
provvedimento aziendale;
andavano risarciti il danno morale
e il danno esistenziale subiti dal F., da intendere il
primo quale mero dolore o patema d'animo interiore ed il
secondo come ogni pregiudizio (di natura non meramente
emotiva o interiore, ma oggettivamente accertabile) che
alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del
soggetto, inducendolo a scelte di vita diverse quanto
all'espressione e realizzazione della sua personalità
nel mondo esterno; tali danni andavano liquidati a
titolo equitativo e in misura forfettaria tenendo conto
"della lunga durata dell'illegittima adibizione del sig.
F. al turno diurno (che perdura dal gennaio 2003 a
tutt'oggi, senza che la società appellata abbia dato
esecuzione all'ordinanza cautelare del 10.4.2003,
confermata in sede di reclamo), della natura
ontologicamente disciplinare e estorsiva del
provvedimento aziendale, della visibile lesione della
dignità e dell'immagine professionale subite dal
lavoratore nel contesto aziendale, nonchè del rilevante
disagio psichico e psicosomatico patito a causa
dell'alterazione dell'abituale ritmo sonno/veglia e
delle conseguenti ripercussioni sull'organizzazione
della vita familiare e di relazione".
Avverso la suddetta sentenza della
Corte territoriale la srl ha proposto ricorso per
cassazione, denunciando, tra l’altro, violazione degli
artt. 1223, 2697 e 2059 c.c., per avere la Corte
territoriale ritenuto la sussistenza dei danni morale ed
esistenziale sulla base del mero cambio di turno e di
una valutazione soggettiva della questione, non
sostenuta da elementi testimoniali o presuntivi certi.
Ha formulato il seguente quesito di
diritto: "dica la Corte se il mero cambio turno è fatto
sufficiente a provare l'esistenza del danno esistenziale
e/o di quello morale".
La S.C. non ha accolto il motivo,
ritenendo il motivo medesimo non conferente rispetto
alle ragioni poste a base della sentenza impugnata, che
ha fondato la risarcibilità dei danni morale ed
esistenziale non già sul "mero cambio di turno", ma
sulle negative conseguenze che detto illegittimo
provvedimento, nei termini già ampiamente richiamati
nello storico di lite, aveva prodotto in pregiudizio del
lavoratore.
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