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La Corte di Cassazione, con la
sentenza n. 22402/2011 depositata il 27 ottobre, ha
precisato che il Ministero della difesa può ritenersi
danneggiato nel caso in cui paghi lo stipendio a due
militari che, coinvolti in un sinistro stradale, si
assentano dal lavoro per alcuni giorni a causa delle
lesioni subite.
Il caso. Un automezzo comunale si
scontrava contro una volante dei carabinieri e i due
militari riportavano lesioni; così, si vedevano
costretti ad assentarsi dal servizio per alcuni giorni.
Per questo, dopo qualche anno, il Ministero della
difesa, agiva giudizialmente nei confronti del Comune,
del conducente e della società assicuratrice per il
risarcimento del danno conseguito alla mancata
prestazione lavorativa dei due militari, ai quali aveva
comunque corrisposto lo stipendio.
Responsabilità da circolazione
stradale o fatto illecito? La domanda, però, veniva
rigettata sia dal Pretore che dalla Corte d’appello. In
pratica, il Ministero «non poteva avvalersi della
presunzione posta dall’art. 2054, secondo comma, c.c. a
carico di ciascun conducente, che concerne solo i danni
cagionati direttamente dalla circolazione dei mezzi ai
terzi utenti della strada». In più, secondo i giudici,
mancava la prova della responsabilità esclusiva del
conducente del veicolo del comune. Il Ministero, quindi,
presenta ricorso per cassazione.
La perdita economica
dell’amministrazione è scaturita dall’incidente
stradale. Nel ricorso, il Ministero sostiene che, pur in
difetto di prova della responsabilità esclusiva del
conducente del veicolo del Comune convenuto, «si sarebbe
dovuta fare applicazione della presunzione di paritetica
responsabilità», come disciplinato in caso di danno
derivante da circolazione dei veicoli (art. 2054, comma
2, c.c.), e non secondo la norma del risarcimento per
fatto illecito (art. 2043 c.c.).
Il fatto genetico del danno è il
medesimo anche per gli altri soggetti danneggiati. La
Corte Suprema afferma che «se la lesione del credito
deriva da un fatto per la cui imputabilità la legge
preveda uno speciale criterio d’imputazione (come nel
caso dell’art. 2054 c.c.), quel criterio trova
applicazione anche nella causa promossa dal creditore
nei confronti del responsabile del fatto illecito». Gli
Ermellini, infatti, aggiungono che non ci sono ragioni
per limitare l’applicabilità di tale principio al solo
caso della domanda proposta direttamente dalla vittima.
Il ricorso del Ministero viene, pertanto, ritenuto
fondato e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla
Corte d’appello. Corte di Cassazione, sez. III Civile,
sentenza 6 – 27 ottobre 2011, n. 22402
Presidente Petti – Relatore
Amatucci
Svolgimento del processo
1.- Rimasti due carabinieri assenti
per taluni giorni dal servizio a seguito delle lesioni
riportate nel 1986 per lo scontro tra il veicolo sul
quale viaggiavano ed un automezzo del Comune di Africo,
nel 1993 il Ministero della difesa agì giudizialmente
nei confronti del Comune, del conducente e della società
assicuratrice per il risarcimento del danno conseguito
alla mancata prestazione lavorativa dei due militari, ai
quali aveva corrisposto "a vuoto" lo stipendio per
complessive lire 2.274.610 (equivalenti ad Euro
1.174,74).
Resistette la sola Uniass s.p.a.,
che eccepì tra l'altro l'improponibilità della domanda
per inosservanza della condizione di proponibilità di
cui all'art. 22 della legge n. 990 del 1969 (richiesta
di risarcimento all'assicuratore con raccomandata a.r.).
Per tale ragione il pretore di
Locri rigettò la domanda con sentenza n. 52 del 1998 e
condannò il Ministero alle spese.
2.- La Corte drappello di Reggio
Calabria ha respinto il gravame del Ministero (con
compensazione delle spese) con sentenza pubblicata il
29.10.2005 sul rilievo che era bensì infondato il motivo
d'appello col quale il soccombente s'era doluto della
violazione dell'art. 184 c.p.c. per non essere stato
posto in condizione di produrre documenti (peraltro
versati in appello) e di formulare istanze istruttorie,
ma che esso (il Ministero) non poteva avvalersi della
presunzione posta dall'art. 2054, secondo comma, c.c. a
carico di ciascun conducente, che concerne solo i "danni
cagionati direttamente dalla circolazione dei mezzi ai
terzi utenti della strada"; sicché la domanda:
andava rigettata per non avere il
Ministero provato la responsabilità esclusiva del
conducente del veicolo del Comune ex art. 204 3 c.c..
3.- Avverso la sentenza ricorre per
cassazione il Ministero della difesa, affidandosi ad un
unico motivo.
Nessuno degli intimati ha svolto
attività difensiva.
Motivi della decisione
1.- Il ricorso è tempestivo per
essere stato consegnato all'ufficiale giudiziario per la
notifica il 14.12.2006, ultimo giorno utile, essendo
irrilevante che la missiva per la notifica a mezzo posta
sia stata spedita il giorno successivo.
2. Sono denunciate violazione e
falsa applicazione degli artt. 2054 e 2043 c.c..
Si sostiene che il fatto genetico
della perdita economica per l'amministrazione (per aver
corrisposto emolumenti ai due dipendenti assenti dal
servizio) è pur sempre uno scontro tra veicoli, sicché,
pur in difetto di prova della responsabilità esclusiva
del conducente di quello del Comune convenuto, si
sarebbe dovuta fare applicazione della presunzione di
paritetica responsabilità di cui all'art. 2054, secondo
comma, c.c. e non già dell'art. 2043 c.c., con la
conseguente condanna dei convenuti al pagamento della
metà del danno subito dalla pubblica amministrazione.
2.1.- La censura è fondata.
Se la lesione del credito (nella
specie: da prestazione lavorativa del dipendente) deriva
da un fatto per la cui imputabilità la legge preveda uno
speciale criterio d'imputazione (come nel caso dell'art.
2054 c.c.) quel criterio trova applicazione anche nella
causa promossa dal creditore nei confronti del
responsabile del fatto illecito, non essendovi ragioni
per limitarne l'applicabilità al solo caso della domanda
proposta direttamente dalla vittima primaria, giacché il
fatto genetico del danno è il medesimo anche per gli
altri soggetti danneggiati.
Il diritto al risarcimento del
terzo titolare del diritto di credito resta peraltro
soggetto allo stesso termine di prescrizione (nella
specie: due anni, ex art. 2947, secondo comma, c.c.) ed
alle stesse condizioni di proponibilità contemplate
dalla legge per far valere i diritti derivanti dai danni
da circolazione dei veicoli a motore (nella specie:
richiesta ex art. 22 della l. n. 990 del 1969), volta
che alla responsabilità presunta fa da contraltare un
termine di prescrizione più breve anche per rendere
possibile la prova liberatoria prima che il decorso del
tempo la renda particolarmente difficile.
3.- La sentenza va cassata,
essendosi discostata dal primo dei principi enunciati.
Il giudice del rinvio, che si
designa nella stessa corte d'appello in diversa
composizione e che regolerà anche le spese del giudizio
di cassazione, farà peraltro applicazione anche del
secondo.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
accoglie il ricorso, cassa e
rinvia, anche per le spese, alla corte d'appello di
Reggio Calabria in diversa composizione.
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