La Corte di Cassazione, con
sentenza n. 22438 del 27 ottobre 2011, ha affermato che
"se è pur vero che l'art. 52 del D.Lgs. 165 del 2011, al
comma 1, stabilisce che l'esercizio di fatto di mansioni
non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha
effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o
dell'assegnazione di incarichi di direzione, nondimeno
il comma 5 dello stesso articolo disciplina l'ipotesi
dell'assegnazione a mansioni proprie di una qualifica
superiore al di fuori dei casi espressamente consentiti
e, mentre stabilisce dal un lato la nullità di tale
assegnazione, dall'altro riconosce - però - il diritto
del lavoratore a percepire le differenze di trattamento
economico rispetto alla qualifica superiore". Il caso
preso in esame dalla Suprema Corte ha come protagonista
un lavoratore che pur essendo inquadrato come
funzionario aveva, di fatto, svolto per oltre cinque
anni un ruolo dirigenziale. In primo grado era stato
riconosciuto il diritto alle differenze retributive
spettanti ex art. 52 D.Lgs. 165 del 2011 per
l'espletamento di mansioni appartenti a qualifica
superiore mentre in secondo grado la Corte d'Appello,
ribaltando la precedente decisione, aveva rigettato la
domanda non potendosi considerare come qualifica
immediatamente superiore quella dirigenziale,
appartenente ad un ruolo e ad una carriera diversi, tale
da individuare un differente status. I giudici di
legittimità, premettendo che nel caso di specie è in
discussione non già l'attribuzione della qualifica
dirigenziale bensì il mero diritto al pagamento delle
differenze retributive per l'espletamento delle relative
mansioni ad opera di un funzionario, precisa che la
ratio dell'art. 52 citato è quella di assicurare in ogni
caso al lavoratore, pur in assenza di un diritto alla
promozione, la retribuzione proporzionata alla qualità
del lavoro prestato. Affermare, come fatto dalla Corte
d'Appello, che la specificità della carriera
dirigenziale osterebbe all'applicazione del comma 5
dell'art. 52 - si legge nella sentenza - esporrebbe
"all'abnorme esito ermeneutico di una tutela retributiva
inversamente proporzionale all'importanza e alla qualità
delle mansioni svolte, nel senso che la garanzia
retributiva si applicherebbe in caso di mansioni anche
di poco più elevate perchè appartenenti ad un livello
contrattuale immediatamente superiore, ma non anche a
quelle proprie di una carriera e di un ruolo di rilievo
e responsabilità maggiori". La Corte, quindi, accoglie
il ricorso del lavoratore cassando la sentenza impugnata
e decidendo nel merito.
- Autore: L.S.) -
(Fonte: StudioCataldi.it) |