Commette falso in atto pubblico il
medico che aggiorna la cartella il giorno successivo
alla visita. La Corte di cassazione, con la sentenza
42917, censura il comportamento di un camice bianco che
aveva lasciato il reparto senza riportare sulla cartella
clinica il risultato della visita e la terapia
prescritta al paziente. Informazioni che il
professionista aveva annotato il giorno successivo,
commettendo - secondo gli ermellini - un falso in atto
pubblico. A nulla sono servite le giustificazioni del
dottore che aveva dalla sua le circostanze, non proprio
banali, di essere l'unico in servizio in tutto il
reparto e di aver riportato sia l'indicazione della
terapia sia il risultato della misurazione della
temperatura nelle schede allegate alla cartella. I
giudici di piazza Cavour affermano, infatti, la
rilevanza pubblicistica della cartella, "caratterizzata
dalla produttività di effetti incidenti su situazioni
giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica, nonché
dalla funzione della documentazione di attività compiute
(o non compiute) dal pubblico ufficiale che ne assume la
paternità". Sono quindi falso in atto pubblico le
modifiche, le aggiunte, le alterazioni e le
cancellazioni. Irrilevante nel reato l'intento
dell'autore, dal momento che la fattispecie è
cartterizzata dal doo generico e non specifico. |