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In materia di intermediazione
finanziaria sussiste la responsabilità solidale
dell’intermediario, in caso di appropriazione indebita
da parte del promotore finanziario di somme del cliente,
anche se quest’ultimo ha pagato in contanti.
Dopo aver sottoscritto alcuni
moduli relativi a vari fondi e aver versato un
consistente importo a un promotore finanziario di un
noto gruppo bancario, un risparmiatore scopre che la
banca non ha mai ricevuto quei soldi: si rivolge,
quindi, al Tribunale per ottenere la restituzione della
somma versata. La Banca, condannata in primo e secondo
grado, propone ricorso per cassazione. la Cassazione
osserva che non è possibile trasformare quelle regole
«da obbligo di comportamento del promotore in un onere
di diligenza gravante sul risparmiatore, il cui mancato
assolvimento si tradurrebbe in un addebito di colpa
concorrente».
Il divieto di pagare in contanti
costituisce un obbligo di comportamento per il promotore
ed è teso a responsabilizzare l’intermediario. Se così
fosse si finirebbe per stravolgere il senso della
normativa stessa, concedendo alla banca la possibilità
di scaricare sul risparmiatore le conseguenze negative
derivanti dalla violazione delle regole in esame che,
invece, sono finalizzate, come detto, «a
responsabilizzare l’intermediario in relazione ai
comportamenti, anche illeciti» dei suoi promotori, che
egli medesimo sceglie «e della cui opera si avvale per
il perseguimento dei suoi interessi imprenditoriali».
Sussiste la responsabilità solidale
della banca. Insomma, secondo giurisprudenza ormai
pacifica, in caso di appropriazione indebita di somme
dei risparmiatori, da parte del promotore finanziario,
l’intermediario è responsabile in via solidale anche se
i pagamenti sono stati effettuati in contanti.
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Corte di Cassazione, sez. III
Civile, sentenza 4 ottobre – 16 novembre 2011, n. 24004
Presidente Trifone – Relatore
Carleo
Svolgimento del processo
Con citazione notificata in data 4
marzo 1999 R.M. esponeva di aver firmato alcuni moduli
relativi a vari fondi e di aver versato a C.A.,
promotore finanziario del gruppo Mediolanum Spa, la
somma di L.325.000.000; di aver successivamente appreso
dalla suddetta società che il denaro non le era mai
pervenuto e che riteneva quindi di non dovergli nulla.
Ciò premesso, conveniva in giudizio la Banca Mediolanum
ed (Costanza chiedendone la condanna in solido al
pagamento della somma su indicata oltre interessi e
rivalutazione. In esito al giudizio in cui si costituiva
la sola Mediolanum il Tribunale di Avellino accoglieva
integralmente la domanda attrice. Avverso tale decisione
l'istituto bancario proponeva appello ed in esito al
giudizio, in cui si costituiva il R., la Corte di
Appello di Napoli con sentenza depositata in data 4
settembre 2008 in parziale riforma della sentenza
condannava la Banca al pagamento della somma di Euro
167.848,50, oltre rivalutazione ed interessi, condannava
il C. a tenere indenne la Banca rispetto agli importi da
versare, provvedeva infine al governo delle spese.
Avverso la detta sentenza la Mediolanum ha quindi
proposto ricorso per cassazione articolato in un unico
motivo, illustrato da memoria. Resiste con controricorso
il R..
Motivi della decisione
L'unica doglianza, svolta dalla
ricorrente, viene articolata sotto il profilo della
violazione e/o falsa applicazione degli artt.1227 e 2056
co. 1 cc e si fonda sulla considerazione che i giudici
di Appello sarebbero incorsi in errore "allorché hanno
negato la riduzione del risarcimento dei danni subiti
dal sig. R. ai sensi degli artt. 1227 e 2056 cc",
trascurando che le somme per cui era causa erano state
consegnate al promotore finanziario in contanti. E ciò,
in violazione delle disposizioni contenute a pag. 2 dei
moduli di sottoscrizione dei fondi "(omissis) " e "xxxx"
e a pag. 3 del modulo di sottoscrizione "Azionari", le
quali prevedevano espressamente che non erano ammessi
pagamenti in contanti. La censura è infondata. A
riguardo, giova sottolineare che questa Corte con
indirizzo ormai consolidato ha avuto modo di affermare
che le disposizioni regolamentari che la Consob è stata
chiamata a dettare, in base al disposto della L. 2
gennaio 1991, n. 1, art. 5, comma 8, D.Lgs. 23 luglio
1996, n. 415, art. 23, comma 6, e D.Lgs. 24 febbraio
1998, n. 58, art. 31, in ordine alle regole che i
promotori devono osservare nel riceversi somme di denaro
dai loro clienti, sono dirette a porre obblighi di
comportamento in capo al promotore e traggono la propria
fonte da prescrizioni di legge, come quelle citate,
espressamente volte a tutelare gli interessi del
risparmiatore. Né il fatto che una corrispondente
previsione sia eventualmente inserita nei moduli
sottoscritti dal cliente può mutare la funzione di
quelle regole e trasformarle, da obbligo di
comportamento del promotore in un onere di diligenza
gravante sul risparmiatore, il cui mancato assolvimento
si risolva in un addebito di colpa concorrente a suo
carico, ad onta del danno provocato dall'altrui atto
illecito. Ed invero, ove si ammettesse la possibilità
per l'intermediario di scaricare in tutto o in parte
sull'investitore il rischio della violazione di regole
di comportamento gravanti sui promotori, si finirebbe
evidentemente per vanificare lo scopo della normativa
che mira invece proprio a responsabilizzare
l'intermediario per siffatti comportamenti del
promotore. Se dunque la ratio legis è quella di
rafforzare la garanzia del risparmiatore, si deve
ritenere conclusivamente che il meccanismo normativo
mira a responsabilizzare l'intermediario in relazione ai
comportamenti, anche illeciti, dei soggetti -quali i
promotori - che egli medesimo sceglie, della cui opera
si avvale per il perseguimento dei suoi interessi
imprenditoriali. Ciò, fatta salva l'ipotesi, non
ricorrente nella specie, in cui l'intermediario provi
che vi sia stata, se non addirittura collusione, quanto
meno una consapevole e fattiva acquiescenza del cliente
alla violazione, da parte del promotore, di regole di
condotta su lui gravanti (confr. Cass. civ. n. 8229 del
2006, n.29773 del 2008 e n. 17393 del 2009). Giova
aggiungere che il riportato orientamento è stato
ribadito assai recentemente da questa Corte, la quale ha
affermato il principio, secondo cui " In tema di
intermediazione finanziaria la mera circostanza che il
cliente abbia consegnato al promotore somme di denaro
con modalità difformi da quelle con cui quest'ultimo
sarebbe stato legittimato a riceverle non esclude, in
caso di indebita appropriazione di tali somme da parte
del promotore, la responsabilità solidale
dell'intermediario preponente per il fatto illecito
commesso dal promotore, né - in mancanza di ulteriori
elementi - può costituire da sola concausa del danno
subito dall'investitore ovvero fatto idoneo a ridurre
l'ammontare del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227,
rispettivamente commi primo e secondo, cod. civ. (Cass.
n. 1741/2011).
Considerato che la sentenza
impugnata appare in linea con il principio richiamato,
ne consegue che il ricorso per cassazione in esame,
siccome infondato, deve essere rigettato. Al rigetto del
ricorso segue la condanna della ricorrente alla
rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità,
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese
processuali che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro
200,00 per esborsi oltre accessori di legge. |