MASSIMA
Ai fini dell’applicabilità del più
lungo termine prescrizionale di cui al terzo comma
dell’art. 2947 c.c., è sufficiente la astratta
qualificazione come reato del fatto dannoso, al di là e
a prescindere dalle condizioni di procedibilità
dell’azione.
CASUS DECISUS
[omissis]
TESTO DELLA SENTENZA
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III
CIVILE - SENTENZA 14 novembre 2011, n.23795 - Pres.
Filadoro – est. Travaglino
Fatto e diritto
Nel procedimento instauratosi nei
confronti di R.F. e della compagnia assicuratrice Duomo
Unione s.p.a. dinanzi al tribunale di Bologna dai
genitori della minore C.V. per il risarcimento del danno
subito da quest’ultima a seguito di un incidente
stradale, il giudice di primo grado rigettò la domanda
per intervenuta prescrizione del diritto azionato, con
sentenza confermata dalla locale corte di appello in
applicazione del principio di diritto predicato da
questa corte regolatrice, a sezioni unite, con la
sentenza 5121/2011, a mente della quale la mancata
proposizione della querela in sede penale comportava
l’applicazione del termine breve di prescrizione
biennale e non anche del più lungo termine di cui
all’art. 2947 ultimo comma c.c.
La sentenza è stata impugnata per
cassazione dagli attori con ricorso sorretto da due
motivi di censura.
Resiste con controricorso la
compagnia assicuratrice.
Il ricorso è palesemente fondato
nel suo primo motivo, che lamenta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2947 comma 3, 590 e 157 c.p.,
poiché la doglianza anela all’affermazione di un
principio di diritto del tutto conforme al dictum di cui
a Cass. ss.uu. 27337/08, le quali, operando un radicale
revirement rispetto alla propria, precedente
giurisprudenza, hanno sancito l’opposto principio
secondo il quale, ai fini dell’applicabilità del più
lungo termine prescrizionale di cui al terzo comma
dell’art. 2947 c.c., è sufficiente la astratta
qualificazione come reato del fatto dannoso, al di là e
a prescindere dalle condizioni di procedibilità
dell’azione.
A tale regula iuris il collegio
intende dare continuità, non ravvisandosi motivi per
discostarsene, né offendo la odierna ricorrente, con il
proprio atto di resistenza in questa sede, efficaci
argomenti idonei a contrastarlo.
Il secondo motivo (che
correttamente evoca il principio di diritto secondo il
quale la coincidenza del termine prescrizionale del
diritto al risarcimento del danno con quello stabilito
dalla legge penale deve essere riferita a tutti i
possibili soggetti della pretesa risarcitoria) resta
assorbito nell’accoglimento della prima censura.
Il ricorso deve essere, pertanto,
accolto, e la sentenza impugnata conseguente cassata con
rinvio alla corte d’appello di Bologna che, in altra
composizione, in applicazione del principio di diritto
dianzi esposto, provvederà altresì alla liquidazione
delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La corte accoglie il primo motivo
di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di
cassazione, alla corte di appello di Bologna in altra
composizione. |