1. In tema di estinzione del reato
per oblazione, la disposizione di cui all'art. 141 comma
quarto bis disp. att. cod. proc. pen., che prevede la
rimessione in termini dell'imputato in caso di modifica
dell'originaria contestazione in altra per la quale sia
ammissibile l'oblazione, non si applica al caso in cui
la modifica dell'imputazione sia fatta direttamente dal
giudice con la sentenza di condanna e ciò perché la
disposizione citata implica il rispetto della procedura
nel contraddittorio tra le parti, in cui sia il pubblico
ministero a modificare l'imputazione, il giudice a
rimettere in termini l'imputato, questi a presentare
l'istanza di oblazione, il pubblico ministero a
formulare il parere e, infine, il giudice a valutare
l'istanza
2. Qualora il reato contestato
diventi suscettibile di estinzione ai sensi degli artt.
162 e 162 bis c.p. per effetto della modifica
dell'originaria (e preclusiva) imputazione effettuata
con la sentenza che definisce il giudizio, il giudice,
oltre ad irrogare la corrispondente sanzione, sia
tenuto, con la stessa sentenza e d'uffici sempre previa
domanda dell’interessato a rimettere in termini
l'imputato per proporre domanda di oblazione
subordinando l'efficacia della condanna al
perfezionamento del relativo iter procedimentale che
contempla, dopo la (eventuale) presentazione
dell'istanza, l'ulteriore verifica da parte dello stesso
giudice della sussistenza dei presupposti di cui
all'art. 162 bis, terzo comma, c.p. per i casi di c.d.
"oblazione discrezionale", quindi l'ammissione al
beneficio e l'indicazione di un termine non superiore ai
dieci giorni per il versamento della somma dovuta (art.
141.4 bis disp. att. c.p.p.), infine il pagamento da
parte dell'interessato. Se il pagamento avviene nel
termine stabilito, il reato si estingue e la relativa
declaratoria è pronunciata, ad istanza di parte, dal
giudice dell'esecuzione, funzionalmente competente ai
sensi dell'art. 676 c.p.p.; altrimenti la sentenza di
condanna diventa efficace ed eseguibile
Cassazione, sez. II, 7 novembre
2011, n. 40037
(Pres. Carmenini – Rel. Rago)
Fatto
p.1. Con sentenza in data
2/11/2010, il g.m. del Tribunale di Venezia condannava
M.M. alla pena dell'ammenda di Euro 2.000,00 per il
reato di cui all'art. 712 c.p. così derubricata
l'originaria imputazione di cui all'art. 648 c.p.,
concedendo la sospensione condizionale della pena.
p.2. Avverso la suddetta sentenza,
l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione, deducendo violazione DELL'ART.
162 BIS C.P. per non averlo il giudice ammesso
all'oblazione, nonostante nelle conclusioni fosse stata
espressamente proposta istanza di oblazione nell'ipotesi
in cui, come poi accadde, il reato di ricettazione fosse
stato derubricato in quello di cui all'art. 712 c.p.
Diritto
p.1. Il ricorso è fondato per le
ragioni di seguito indicate.
p.2. In punto di fatto, risulta
dalle stesse conclusioni riportate in sentenza che, in
effetti, l'imputato richiese “l'oblazione in caso di
irrogazione della pena dell'ammenda”.
Sennonché, sul punto, il giudice,
nonostante avesse derubricato l'originario reato di cui
all'art. 648 c.p., in quello di cui all'art. 712, c.p.,
non ha provveduto sulla suddetta istanza subordinata.
p.3. In punto di diritto, quindi,
si pone il problema di verificare:
a) se l'istanza sia stata
presentata tempestivamente;
b) in caso affermativo se il
giudice, avendo derubricato il reato, avrebbe dovuto
pronunciarsi;
e) con quali modalità il giudice
avrebbe dovuto consentire all'imputato di accedere alla
procedura di oblazione ex art. 141/4 bis d.a.c.p.p..
In proposito, va premesso che sul
punto si sono pronunciate le SSUU le quali con la
sentenza n. 7645/2006 Rv. 233029 hanno precisato che “in
tema di estinzione del reato per oblazione, la
disposizione di cui all'art. 141 comma quarto bis disp.
att. cod. proc. pen., che prevede la rimessione in
termini dell'imputato in caso di modifica
dell'originaria contestazione in altra per la quale sia
ammissibile l'oblazione, non si applica al caso in cui
la modifica dell'imputazione sia fatta direttamente dal
giudice con la sentenza di condanna” e ciò perché la
disposizione citata implica il rispetto della procedura
nel contraddittorio tra le parti, in cui sia il pubblico
ministero a modificare l'imputazione, il giudice a
rimettere in termini l'imputato, questi a presentare
l'istanza di oblazione, il pubblico ministero a
formulare il parere e, infine, il giudice a valutare
l'istanza. La questione in esame, quindi, è rimasta
irrisolta proprio perché le SSUU hanno ritenuto che,
nella fattispecie sottoposta al suo esame, la questione
fosse irrilevante non avendo l'imputato presentato la
richiesta di oblazione neppure nelle conclusioni. La
soluzione va, pertanto, trovata, alla stregua dei
principi enunciati da questa Corte di legittimità in
ordine alle varie questioni sottese alla controversia in
esame.
La prima questione, consiste nello
stabilire se, dopo le modifiche introdotte dalla L.
479/1999 (abrogazione del comma settimo dell'art. 162
bis c.p. e contestuale introduzione del comma quarto bis
dell'art. 141 disp. att. c.p.p.) l'imputato abbia
diritto di chiedere l'oblazione anche nel caso (che non
è positivamente disciplinato, perché l'art. 141, comma 4
bis, disp. att., c.p.p. allude soltanto a una modifica
dell'imputazione, che a rigore compete solo al pubblico
ministero) in cui la derubricazione è operata (come nel
caso di specie) dal giudice al momento della
deliberazione finale.
La risposta, ad avviso di questa
Corte dev'essere affermativa, “alla luce di una
interpretazione costituzionalmente orientata della
normativa vigente, giacché sarebbe contrario agli artt.
3 e 24 della Carta repubblicana un sistema che
consentisse l'accesso all'oblazione dopo la modifica
dell'imputazione operata dal pubblico ministero e non
dopo la derubricazione decisa dal giudice al momento
della deliberazione finale. Un sistema siffatto
priverebbe irragionevolmente l'imputato dietro una
richiesta di accedere all'istituto di favore sol perché
il pubblico ministero mantiene ferma una imputazione che
il giudice (cioè l'ordinamento) ritiene giuridicamente
insostenibile”: in terminis Cass. 28682/2004 riv 229422;
Cass. 33420/2002 riv 222385.
La seconda questione consiste nello
stabilire quale sia il meccanismo procedurale che il
giudice deve attivare, una volta che l'imputato abbia
proposto istanza di oblazione subordinata alla
derubricazione del reato contestato ed il giudice abbia,
in effetti, in sentenza, derubricato l'originaria
imputazione in un reato oblazionabile. Sul punto, va
condiviso il principio affermato reiteratamente da
questa Corte secondo la quale “[...] qualora il reato
contestato diventi suscettibile di estinzione ai sensi
degli artt. 162 e 162 bis c.p. per effetto della
modifica dell'originaria (e preclusiva) imputazione
effettuata con la sentenza che definisce il giudizio, il
giudice, oltre ad irrogare la corrispondente sanzione,
sia tenuto, con la stessa sentenza e d'uffici sempre
previa domanda dell’interessato a rimettere in termini
l'imputato per proporre domanda di oblazione
subordinando l'efficacia della condanna al
perfezionamento del relativo iter procedimentale che
contempla, dopo la (eventuale) presentazione
dell'istanza, l'ulteriore verifica da parte dello stesso
giudice della sussistenza dei presupposti di cui
all'art. 162 bis, terzo comma, c.p. per i casi di c.d.
"oblazione discrezionale", quindi l'ammissione al
beneficio e l'indicazione di un termine non superiore ai
dieci giorni per il versamento della somma dovuta (art.
141.4 bis disp. att. c.p.p.), infine il pagamento da
parte dell'interessato. Se il pagamento avviene nel
termine stabilito, il reato si estingue e la relativa
declaratoria è pronunciata, ad istanza di parte, dal
giudice dell'esecuzione, funzionalmente competente ai
sensi dell'art. 676 c.p.p.; altrimenti la sentenza di
condanna diventa efficace ed eseguibile”: Cass.
33420/2002 cit.; Cass. 40509/2001 riv 220861; Cass.
28682/2004 cit.; Cass. 9921/2005 riv Rv. 230919. Ora,
poiché nel caso di specie, il giudice ha omesso di
pronunciarsi sulla domanda subordinata di oblazione e
poiché la sentenza non è appellabile (nel quale caso la
doglianza avrebbe dovuto essere fatta valere in appello
ed avrebbe dovuto provvedere il giudice del gravame: in
terminis SSUU 7645/2006 cit.), la sentenza dev'essere
annullata limitatamente alla mancata restituzione in
termini dell'imputato per proporre istanza di oblazione.
In conclusione, il provvedimento
impugnato va annullato con rinvio al Tribunale di
Venezia affinché, ferma restando l'avvenuta
derubricazione del reato e la conseguente determinazione
della pena, provveda alle ulteriori pronunce, ai sensi
dell'art. 141.4 bis norme att. c.p.p. ed in conformità
ai principi sopra enunciati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata
limitatamente alla mancata restituzione in termini
dell'imputato per proporre istanza di oblazione e
DISPONE Trasmettersi gli atti al Tribunale di Venezia. |