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OBLAZIONE: IN CASO DI DERUBRICAZIONE POSSIBILE LA RIMESSIONE IN TERMINI?Cassazione, sez. II, 7 novembre 2011, n. 40037-Diritto e processo.it

 

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1. In tema di estinzione del reato per oblazione, la disposizione di cui all'art. 141 comma quarto bis disp. att. cod. proc. pen., che prevede la rimessione in termini dell'imputato in caso di modifica dell'originaria contestazione in altra per la quale sia ammissibile l'oblazione, non si applica al caso in cui la modifica dell'imputazione sia fatta direttamente dal giudice con la sentenza di condanna e ciò perché la disposizione citata implica il rispetto della procedura nel contraddittorio tra le parti, in cui sia il pubblico ministero a modificare l'imputazione, il giudice a rimettere in termini l'imputato, questi a presentare l'istanza di oblazione, il pubblico ministero a formulare il parere e, infine, il giudice a valutare l'istanza

 

2. Qualora il reato contestato diventi suscettibile di estinzione ai sensi degli artt. 162 e 162 bis c.p. per effetto della modifica dell'originaria (e preclusiva) imputazione effettuata con la sentenza che definisce il giudizio, il giudice, oltre ad irrogare la corrispondente sanzione, sia tenuto, con la stessa sentenza e d'uffici sempre previa domanda dell’interessato a rimettere in termini l'imputato per proporre domanda di oblazione subordinando l'efficacia della condanna al perfezionamento del relativo iter procedimentale che contempla, dopo la (eventuale) presentazione dell'istanza, l'ulteriore verifica da parte dello stesso giudice della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 162 bis, terzo comma, c.p. per i casi di c.d. "oblazione discrezionale", quindi l'ammissione al beneficio e l'indicazione di un termine non superiore ai dieci giorni per il versamento della somma dovuta (art. 141.4 bis disp. att. c.p.p.), infine il pagamento da parte dell'interessato. Se il pagamento avviene nel termine stabilito, il reato si estingue e la relativa declaratoria è pronunciata, ad istanza di parte, dal giudice dell'esecuzione, funzionalmente competente ai sensi dell'art. 676 c.p.p.; altrimenti la sentenza di condanna diventa efficace ed eseguibile

 

 

 

 

 

Cassazione, sez. II, 7 novembre 2011, n. 40037

 

(Pres. Carmenini – Rel. Rago)

 

 

 

 

 

Fatto

 

p.1. Con sentenza in data 2/11/2010, il g.m. del Tribunale di Venezia condannava M.M. alla pena dell'ammenda di Euro 2.000,00 per il reato di cui all'art. 712 c.p. così derubricata l'originaria imputazione di cui all'art. 648 c.p., concedendo la sospensione condizionale della pena.

 

p.2. Avverso la suddetta sentenza, l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo violazione DELL'ART. 162 BIS C.P. per non averlo il giudice ammesso all'oblazione, nonostante nelle conclusioni fosse stata espressamente proposta istanza di oblazione nell'ipotesi in cui, come poi accadde, il reato di ricettazione fosse stato derubricato in quello di cui all'art. 712 c.p.

 

Diritto

 

p.1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.

 

p.2. In punto di fatto, risulta dalle stesse conclusioni riportate in sentenza che, in effetti, l'imputato richiese “l'oblazione in caso di irrogazione della pena dell'ammenda”.

 

Sennonché, sul punto, il giudice, nonostante avesse derubricato l'originario reato di cui all'art. 648 c.p., in quello di cui all'art. 712, c.p., non ha provveduto sulla suddetta istanza subordinata.

 

p.3. In punto di diritto, quindi, si pone il problema di verificare:

 

a) se l'istanza sia stata presentata tempestivamente;

 

b) in caso affermativo se il giudice, avendo derubricato il reato, avrebbe dovuto pronunciarsi;

 

e) con quali modalità il giudice avrebbe dovuto consentire all'imputato di accedere alla procedura di oblazione ex art. 141/4 bis d.a.c.p.p..

 

In proposito, va premesso che sul punto si sono pronunciate le SSUU le quali con la sentenza n. 7645/2006 Rv. 233029 hanno precisato che “in tema di estinzione del reato per oblazione, la disposizione di cui all'art. 141 comma quarto bis disp. att. cod. proc. pen., che prevede la rimessione in termini dell'imputato in caso di modifica dell'originaria contestazione in altra per la quale sia ammissibile l'oblazione, non si applica al caso in cui la modifica dell'imputazione sia fatta direttamente dal giudice con la sentenza di condanna” e ciò perché la disposizione citata implica il rispetto della procedura nel contraddittorio tra le parti, in cui sia il pubblico ministero a modificare l'imputazione, il giudice a rimettere in termini l'imputato, questi a presentare l'istanza di oblazione, il pubblico ministero a formulare il parere e, infine, il giudice a valutare l'istanza. La questione in esame, quindi, è rimasta irrisolta proprio perché le SSUU hanno ritenuto che, nella fattispecie sottoposta al suo esame, la questione fosse irrilevante non avendo l'imputato presentato la richiesta di oblazione neppure nelle conclusioni. La soluzione va, pertanto, trovata, alla stregua dei principi enunciati da questa Corte di legittimità in ordine alle varie questioni sottese alla controversia in esame.

 

La prima questione, consiste nello stabilire se, dopo le modifiche introdotte dalla L. 479/1999 (abrogazione del comma settimo dell'art. 162 bis c.p. e contestuale introduzione del comma quarto bis dell'art. 141 disp. att. c.p.p.) l'imputato abbia diritto di chiedere l'oblazione anche nel caso (che non è positivamente disciplinato, perché l'art. 141, comma 4 bis, disp. att., c.p.p. allude soltanto a una modifica dell'imputazione, che a rigore compete solo al pubblico ministero) in cui la derubricazione è operata (come nel caso di specie) dal giudice al momento della deliberazione finale.

 

La risposta, ad avviso di questa Corte dev'essere affermativa, “alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa vigente, giacché sarebbe contrario agli artt. 3 e 24 della Carta repubblicana un sistema che consentisse l'accesso all'oblazione dopo la modifica dell'imputazione operata dal pubblico ministero e non dopo la derubricazione decisa dal giudice al momento della deliberazione finale. Un sistema siffatto priverebbe irragionevolmente l'imputato dietro una richiesta di accedere all'istituto di favore sol perché il pubblico ministero mantiene ferma una imputazione che il giudice (cioè l'ordinamento) ritiene giuridicamente insostenibile”: in terminis Cass. 28682/2004 riv 229422; Cass. 33420/2002 riv 222385.

 

La seconda questione consiste nello stabilire quale sia il meccanismo procedurale che il giudice deve attivare, una volta che l'imputato abbia proposto istanza di oblazione subordinata alla derubricazione del reato contestato ed il giudice abbia, in effetti, in sentenza, derubricato l'originaria imputazione in un reato oblazionabile. Sul punto, va condiviso il principio affermato reiteratamente da questa Corte secondo la quale “[...] qualora il reato contestato diventi suscettibile di estinzione ai sensi degli artt. 162 e 162 bis c.p. per effetto della modifica dell'originaria (e preclusiva) imputazione effettuata con la sentenza che definisce il giudizio, il giudice, oltre ad irrogare la corrispondente sanzione, sia tenuto, con la stessa sentenza e d'uffici sempre previa domanda dell’interessato a rimettere in termini l'imputato per proporre domanda di oblazione subordinando l'efficacia della condanna al perfezionamento del relativo iter procedimentale che contempla, dopo la (eventuale) presentazione dell'istanza, l'ulteriore verifica da parte dello stesso giudice della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 162 bis, terzo comma, c.p. per i casi di c.d. "oblazione discrezionale", quindi l'ammissione al beneficio e l'indicazione di un termine non superiore ai dieci giorni per il versamento della somma dovuta (art. 141.4 bis disp. att. c.p.p.), infine il pagamento da parte dell'interessato. Se il pagamento avviene nel termine stabilito, il reato si estingue e la relativa declaratoria è pronunciata, ad istanza di parte, dal giudice dell'esecuzione, funzionalmente competente ai sensi dell'art. 676 c.p.p.; altrimenti la sentenza di condanna diventa efficace ed eseguibile”: Cass. 33420/2002 cit.; Cass. 40509/2001 riv 220861; Cass. 28682/2004 cit.; Cass. 9921/2005 riv Rv. 230919. Ora, poiché nel caso di specie, il giudice ha omesso di pronunciarsi sulla domanda subordinata di oblazione e poiché la sentenza non è appellabile (nel quale caso la doglianza avrebbe dovuto essere fatta valere in appello ed avrebbe dovuto provvedere il giudice del gravame: in terminis SSUU 7645/2006 cit.), la sentenza dev'essere annullata limitatamente alla mancata restituzione in termini dell'imputato per proporre istanza di oblazione.

 

In conclusione, il provvedimento impugnato va annullato con rinvio al Tribunale di Venezia affinché, ferma restando l'avvenuta derubricazione del reato e la conseguente determinazione della pena, provveda alle ulteriori pronunce, ai sensi dell'art. 141.4 bis norme att. c.p.p. ed in conformità ai principi sopra enunciati.

 

 

 

P.Q.M.

 

 

 

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla mancata restituzione in termini dell'imputato per proporre istanza di oblazione e DISPONE Trasmettersi gli atti al Tribunale di Venezia.

 

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