"va ribadito l'orientamento già
espresso da questa S.C. (cfr. sentenza 22.6.09 n.
14584), che in tema di equo indennizzo per i pubblici
dipendenti ha statuito che il termine semestrale per la
proposizione della domanda comincia a decorrere dal
momento in cui il danno conseguente alla lesione
dell'integrità fisica o psichica appare, in base ad
indici oggettivi, conoscibile dall'interessato alla luce
delle nozioni comuni dell'uomo medio, senza che tale
condizione equivalga ad una conoscenza dell'esatta
situazione clinica che, potendosi protrarre a tempo
indeterminato a cagione della naturale evoluzione (in
senso peggiorativo od evolutivo) dei postumi, finirebbe
con il vanificare sostanzialmente il termine di
decadenza, con conseguente menomazione del diritto di
difesa, anche in giudizio, del debitore."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente
Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere
Dott. MANNA Antonio - rel.
Consigliere
Dott. MANCINO Rossana - Consigliere
Dott. TRICOMI Irene - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11824/2007 proposto da:
VI. CR. , elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA GIACOMO BONI 15, presso lo studio
dell'avvocato SAMBATARO ELENA, rappresentata e difesa
dall'avvocato LENTINI Giovanni, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
Alfa (Omissis) - (Omissis), in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BAZZONI 3, presso
lo studio dell'avvocato PAOLETTI FABRIZIO, rappresentata
e difesa dall'avvocato RUBINO Girolamo, giusta delega in
atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1614/2006
della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il
29/01/2007 r.g.n. 1614/04;
udita la relazione della causa
svolta nella pubblica udienza del 19/09/2011 dal
Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;
udito l'Avvocato FABRIZIO PAOLETTI
per delega GIROLAMO RUBINO;
udito il P.M., in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che
ha concluso per l'inammissibilità o in subordine il
rigetto.
Fatto
Con sentenza 21.12.06 - 29.1.07 la
Corte d'Appello di Palermo rigettava l'appello proposto
da Vi.Cr. contro la pronuncia n. 440/04 con cui il
Tribunale di Trapani ne aveva rigettato la domanda
intesa ad ottenere dalla Alfa (Omissis), alle cui
dipendenze lavorava, il pagamento dell'equo indennizzo
conseguente alle lesioni da infortunio sul lavoro
occorsole il (Omissis).
I giudici del merito ritenevano la
lavoratrice decaduta dal diritto all'equo indennizzo,
avendo presentato la relativa domanda solo l'8.3.2000,
pur avendo avuto fin dal (Omissis) contezza della
lesione del menisco mediale con sofferenza cartilaginea
femoro-rotulea - e dei relativi possibili postumi - per
cui aveva chiesto il riconoscimento della causa di
servizio.
Per la cassazione di tale sentenza
ricorre la Vi. affidandosi ad un unico articolato
motivo.
Resiste con controricorso l'Alfa
(Omissis).
Diritto
1 - Con unico articolato motivo la
ricorrente deduce erronea applicazione del Decreto del
Presidente della Repubblica n. 686 del 1957, articolo 36
e difetto di motivazione circa il momento identificativo
della consapevolezza dell'infermità da parte della
lavoratrice, per avere l'impugnata sentenza fatto
decorrere il dies a quo del termine semestrale per la
presentazione della domanda di equo indennizzo dal
(Omissis), data in cui, a seguito di esame radiografico,
alla Vi. era stata diagnosticata come conseguenza
dell'infortunio una lesione del menisco mediale e una
sofferenza cartilaginea femoro-rotulea. Obietta, invece,
la ricorrente che solo all'esito dell'intervento
chirurgico in artroscopia, effettuato il (Omissis), ella
aveva avuto piena contezza dell'effettiva natura,
consistenza e rilevanza invalidante della lesione,
mentre prima di allora non poteva che averne una
generica consapevolezza, anche perchè i certificati
medici inizialmente rilasciatile avevano escluso quei
postumi invalidanti emersi, invece, all'esito
dell'intervento chirurgico: su cio' la Corte d'Appello
non aveva motivato, malgrado specifica doglianza
formulata sul punto.
2 - Il ricorso è infondato.
All'epoca dell'infortunio per cui è
causa ((Omissis)) era vigente il Decreto del Presidente
della Repubblica 20 aprile 1994, n. 349 (e non più
l'abrogato Decreto del Presidente della Repubblica n.
686 del 1957, articolo 36), che all'articolo 3, comma 1,
prevedeva quanto segue: "L'impiegato civile che abbia
contratto infermità o subito lesioni, per farne
accertare l'eventuale dipendenza da causa di servizio
deve, entro sei mesi dalla data in cui si è verificato
l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza
dell'infermità o della lesione, presentare domanda
scritta all'amministrazione dalla quale direttamente
dipende, indicando specificamente la natura
dell'infermità o lesione, i fatti di servizio che vi
hanno concorso e, ove possibile, le conseguenze
sull'integrità fisica. Il dipendente puo' allegare alla
domanda ogni documento che reputi utile".
Attualmente, abrogato il Decreto
del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 349,
è in vigore il Decreto Legislativo n. 461 del 2001, che
al comma 6 dell'articolo 2 stabilisce che il termine
semestrale per presentare la domanda di equo indennizzo
decorre "da quando si è verificata la menomazione in
conseguenza dell'infermità o lesione già riconosciuta
dipendente da causa di servizio".
Dovendosi applicare ratione
temporis la norma vigente al momento dell'evento che
costituisce potenziale titolo dell'equo indennizzo
rivendicato dalla ricorrente, deve concludersi che la
conoscenza dell'infermità o della lesione presuppone la
consapevolezza solo della sua natura (... indicando
specificamente la natura dell'infermità o lesione ...) e
non anche dell'esatta esistenza o meno di postumi, prova
ne sia che la loro indicazione nella richiesta è
prevista solo come eventuale (...e, ove possibile, le
conseguenze sull'integrità fisica ...).
In altre parole, avere "...
conoscenza dell'infermità o della lesione ..." e della
relativa natura è cosa diversa dall'esatta
specificazione e quantificazione degli esiti invalidanti
(per altro, nel caso in esame proprio il rilievo che la
ricorrente si sia sottoposta all'intervento operatorio
del (Omissis) dimostra che ella già previamente sapeva
anche dell'esistenza di postumi tali da dover essere
trattati chirurgicamente, sebbene non delle loro
implicazioni ultime).
A maggior ragione ai fini del
decorso del termine de quo non è necessaria la
consapevolezza dell'irreversibilità o meno dei postumi,
che dipende dal progresso della ricerca
medico-scientifica e delle relative applicazioni, vale a
dire da fattori imprevedibili e destinati ad un continuo
evolversi futuro.
Pertanto, va ribadito
l'orientamento già espresso da questa S.C. (cfr.
sentenza 22.6.09 n. 14584), che in tema di equo
indennizzo per i pubblici dipendenti ha statuito che il
termine semestrale per la proposizione della domanda
comincia a decorrere dal momento in cui il danno
conseguente alla lesione dell'integrità fisica o
psichica appare, in base ad indici oggettivi,
conoscibile dall'interessato alla luce delle nozioni
comuni dell'uomo medio, senza che tale condizione
equivalga ad una conoscenza dell'esatta situazione
clinica che, potendosi protrarre a tempo indeterminato a
cagione della naturale evoluzione (in senso peggiorativo
od evolutivo) dei postumi, finirebbe con il vanificare
sostanzialmente il termine di decadenza, con conseguente
menomazione del diritto di difesa, anche in giudizio,
del debitore.
Per il resto, non si ravvisa
neppure il lamentato vizio di motivazione, noto essendo
- per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema,
da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostarsi - che
il vizio di omessa o insufficiente motivazione,
deducibile in sede di legittimità ex articolo 360 c.p.c.,
n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di
merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile
il mancato o deficiente esame di un punto (ora, dopo la
novella di cui al Decreto Legislativo n. 40 del 2006, di
un "fatto") decisivo della controversia, potendosi in
sede di legittimità solo controllare, sotto il profilo
logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e
la valutazione fatta dal giudice del merito, soltanto al
quale spetta individuare le fonti del proprio
convincimento e, all'uopo, valutarne le prove,
controllarne l'attendibilità e la concludenza e
scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute
idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ex
aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli
successive pronunce conformi).
Nel caso di specie, al contrario,
non è che la Corte territoriale non abbia motivato sul
fatto che i postumi invalidanti erano emersi solo a
seguito dell'intervento chirurgico del (Omissis), è che
i giudici del gravame hanno, con motivazione immune da
vizi logico-giuridici e quindi incensurabile in questa
sede, diversamente individuato l'epoca ((Omissis)) in
cui la ricorrente ha avuto contezza della lesione del
menisco mediale, correttamente poi ritenendo, in punto
di diritto, l'irrilevanza della successiva
consapevolezza dei postumi invalidanti.
3 - In conclusione, il ricorso è da
rigettarsi. Nulla spese.
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso. Nulla spese. |