Fattispecie relativa ad opere
abusive realizzate su immobile sito in area assoggettata
a vincolo idrogeologico e paesaggistico e per le quali
la situazione di inedificabilità assoluta ex art 33 L
47/85, è stata ritenuta ostativa al rilascio del titolo
abilitativo in sanatoria
N.
05537/2011REG.PROV.COLL.
N. 08515/2007
REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 8515 del 2007, proposto da:
Carlino Giuseppe, rappresentato e
difeso dagli avv. Gianluigi Bidetti, Fabio Valenti, con
domicilio eletto presso l’avv. Laura Polimeno, in Roma,
via Giulio Venticinque ,6;
contro
Comune di Sannicola, in persona del
Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti
Roberto G. Marra, Antonio Veneziani, con domicilio
eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza,
24;
Soprintendenza ai Beni
Architettonici e per il Paesaggio per le province di
Lecce-Brindisi-Taranto, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per
legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA -
SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE III n. 02231/2007, resa
tra le parti, concernente RIGETTO DOMANDA DI SANATORIA
EDILIZIA, COMPATIBILITA’ AMBIENTALE e RISARCIMENTO
DANNI.
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in
giudizio di Soprintendenza Beni Ambientali e
Paesaggistici per le province di Lecce, Taranto e
Brindisi e del Comune di Sannicola;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 12 luglio 2011 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi
per le parti gli avvocati Paolo Improta in sostituzione
degli avvocati Gianluca Bidetti e Fabio Valenti,
Veneziani Antonio in proprio e su delega di Roberto G .
Marra nonchè Melania Nicoli (Avv. St.);
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO
Il sig. Carlino Giuseppe,
proprietario di un immobile, adibito ad attività
commerciale di somministrazione di alimenti e bevande
sito in contrada S.Mauro del Comune di Sannicola,
presentava in date 31/1/2004 e 6/12/2004 istanza di
sanatoria ex art. 32, 25° comma del dl 269 del 2003
relativamente ad alcune opere edilizie ivi abusivamente
realizzate, consistenti, in particolare, in una tettoia
con relativo volume.
Dopo la comunicazione del preavviso
di rigetto ai sensi dell’art.10 bis della legge
n.241/90, il Comune con provvedimento prot. n.1290 del
7/2/2006 opponeva in ordine alla predetta richiesta di
condono il proprio diniego, facendo rilevare come il
manufatto oggetto della domanda di condono ricadeva in
zona assoggetta ai vincoli paesaggistico, idrogeologico
e Sic (sito di interesse comunitario) e l’abuso per la
sua tipologia edilizia non era condonabile, essendo
state peraltro le opere eseguite successivamente alla
data del 31/3/2003.
L’interessato, che intanto aveva
impugnato il suindicato diniego con apposito ricorso
innanzi al Tar per la Puglia sezione di Lecce, in data
31/1/2005, presentava domanda di accertamento di
compatibilità paesaggistica in sanatoria ex art.1, comma
37 legge n.308/2004 relativamente alle opere oggetto di
domanda di condono; e tale richiesta, sulla scorta del
parere negativo reso dalla Soprintendenza per i beni
ambientali e paesaggistici con nota del 23/5/2006 prot.
n. 4327, veniva respinta dal Comune di Sannicola con
provvedimento prot. n. 6394/06 del 27/6/2006.
Anche tale negativo provvedimento
veniva fatto oggetto da parte del sig. Carlino di
autonoma impugnativa innanzi al predetto TAR.
In data 15/11/2005 il Carlino
presentava al Comune domanda di ampliamento
dell’autorizzazione alla ristorazione già rilasciata con
licenza n.166 del 2005 (limitata ai soli 20mq)
relativamente alle aree abusivamente realizzate ed
oggetto della domanda di condono prodotta in data
6/12/2004, ma anche tale istanza veniva respinta
dall’Amministrazione sul rilievo del carattere abusivo
delle opere realizzate e della non sanabilità delle
stesse.
Il provvedimento veniva gravato
innanzi al giudice amministrativo pugliese con specifico
ricorso giurisdizionale (il terzo).
Con sentenza n.2231/07 il Tar di
Lecce, previa riunione degli stessi, rigettava i tre
ricorsi presentati dal Carlino, ritenendoli infondati.
L’interessato ha impugnato tale
sentenza con l’appello all’esame, a mezzo del quale ha
criticato sia il decisum , frutto a suo dire di una
errata applicazione e/o interpretazione delle norme
dettate in materia di condono edilizio e paesaggistico,
sia la illegittimità dei provvedimenti negativamente
resi dall’ Amministrazione in ordine alle richieste
dallo stesso formulate, lì dove tali atti sarebbero,
sempre secondo la tesi difensiva, illegittimi perché
viziati da violazione di legge ed eccesso di potere
sotto vari profili.
Il sig. Carlino infine ha reiterato
la richiesta, già formulata in prime cure, di
risarcimento del danno “derivato e derivante dai
provvedimenti impugnati”.
Si è costituito in giudizio il
Comune di Sannicola che ha contestato la fondatezza del
proposto gravame di cui ha chiesto la reiezione.
Resiste altresì all’appello
l’intimata Amministrazione statale per i beni ambientali
e paesaggistici.
All’ udienza pubblica del 12 luglio
2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato e come tale
va respinto, con conferma di quanto deciso in primo
grado.
Le questioni di diritto che la
Sezione è chiamata a dirimere sono sostanzialmente due:
la sanabilità o meno di opere
abusive ( una tettoia con lamiera dalla consistente
volumetria ) realizzate su un immobile adibito ad
attività commerciale insistente su area assoggettata a
vari vincoli di in edificabilità (idrogeologico e
paesaggistico), per le quali è stata presentata domanda
di condono;
l’autorizzabilità o meno di una
richiesta di ampliamento di autorizzazione ai fini
commerciali relativamente all’area “aggiuntiva” oggetto
di istanza di sanatoria.
In relazione alla prima quaestio,
il Comune ha addotto a sostegno del diniego di condono
due circostanze ostative: l’una, desunta dall’art.32 del
d.l.n.269/03 (legge di condono), rappresentata dal fatto
che l’area su cui insiste l’immobile de quo è sottoposta
ai vincoli paesaggistico ed idrogeologico, senza che sia
possibile consentire la sanatoria di opere ivi
realizzate sine titulo ; l’altra , per il fatto che i
lavori sarebbero stati eseguiti dopo il termine del
31/3/2003, quale data finale entro cui è necessario
siano ultimate le opere abusive.
Parte appellante sostiene che
l’abuso interessa un’area sita in una zona sottoposta a
vincolo di inedificabilità relativa e non assoluta ,
sicché l’opera abusiva è suscettibile di sanatoria, una
volta acquisito il parere favorevole dell’Autorità
preposta al vincolo.
La tesi interpretativa
dell’appellante non appare condivisibile.
L’art.32 comma 27 del d.l.
30/9/2003 n.269 convertito in legge 24/11/2003 n.326 fa
esplicito riferimento alle disposizioni di cui agli
artt.32 e 33 della legge n.47 del 1985, articoli che
hanno introdotto le nozioni rispettivamente di
inedificabilità relativa ed inedificabilità assoluta.
La prima ipotesi caratterizza il
regime di sanabilità di opere insistenti su aree
sottoposte a vincolo ove è tuttavia possibile
l’edificazione, anche a sanatoria, previo ottenimento
del parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela
del vincolo.
Il secondo caso invece disciplina
la inedificabilità assoluta caratterizzata dal divieto
di edificare (e correlata non sanabilità delle opere)
successivamente all’imposizione del vincolo, divieto non
superabile nemmeno con il parere favorevole
dell’Amministrazione di settore.
Ciò detto, l’art.32 comma 27 del dl
n.269/03 reca il seguente disposto: “fermo restando
quanto previsto dagli artt.32 e 33 della legge 28/271985
n.47, le opere abusive non sono suscettibili di
sanatoria qualora :…. lettera d) …siano state realizzate
su immobili soggetti a vincoli imposti in base a leggi
statali e regionali a tutela di interessi idrogeologici
e delle falde acquifere , dei beni ambientali e
paesistici …qualora istituiti prima della esecuzione di
dette opere, in assenza o difformità di titolo
abilitativo e non conformi alle norme urbanistiche e
alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Ora il regime giuridico di non
sanabilità delle opere abusive recati da tale norma
appaiono perfettamente confacenti al caso all’esame, ivi
rinvenendosi, in particolare, le condizioni volute dal
legislatore per farsi luogo al divieto del beneficio
della sanatoria, se è vero che, nella specie:
sussistono sull’area de qua dei
vincoli (quello idrogeologico, ex lege n.1497/39, e
quello paesaggistico, ex decreto Galasso) imposti dal
legislatore statale in epoca sicuramente antecedente
alla realizzazione delle opere abusive;
trattasi di opere edilizie
realizzate in assenza di titolo ad aedificandum,
incompatibili , in ragione della natura e dell’entità
delle stesse, con le ragioni che hanno giustificato
l’imposizione sui luoghi di un vincolo di tutela
paesaggistica e di assetto idrogeologico;
sussiste il contrasto con le
prescrizioni urbanistiche, ove si consideri che al
momento di presentazione della domanda di condono (come
desumibile dal certificato di destinazione urbanistica)
l’area interessata dall’intervento abusivo era
classificata come verde a parco paesistico
Quella testé descritta, oltre a
riprodurre fedelmente il paradigma normativo di tipo
preclusivo ex art.32 comma 27 lettera d), è la
situazione di fatto e di diritto riconducibile
all’art.33 della legge n.47 del 1985, che prevede la
inedificabilità assoluta e la conseguente non
rilasciabilità del titolo in sanatoria, della quale ha
fatto corretta applicazione, con il diniego per cui è
causa, l’Amministrazione comunale (cfr. Cons Stato Sez.
VI 2/2/2009 n.537).
L’abuso in questione non è dunque
suscettibile di sanatoria e se anche lo fosse (ma così
non è) l’interessato non potrebbe giovarsi della
normativa di favore, attesa l’assenza del requisito
temporale contemplato dal legislatore per usufruire del
condono (l’ultimazione delle opere abusive entro il 31
marzo 2003).
Invero dalla disamina della vicenda
all’esame sono evincibili elementi di giudizio che fanno
ritenere come le opere de quibus siano state realizzate
agli inizi dell’anno 2004, se è vero che la stessa parte
appellante, nel chiedere in tale periodo
l’autorizzazione commerciale provvisoria all’attività di
somministrazione di alimenti e bevande su un’area
esattamente coincidente con la volumetria oggetto della
domanda di condono edilizio, annuncia che la copertura
sarà realizzata con pannelli coibentati.
Al di là comunque di tale ultima
circostanza rimane il fatto che l’abuso è inquadrabile
nella tipologia 1 delle opere di cui all’allegato 1 del
d.l. n.269/03, per le quali la legge in parola prevede
la non sanabilità, avuto riguardo, appunto, alla palese
incompatibilità con i valori paesaggistici del luogo che
si intendono tutelare e alla non conformità alle
prescrizioni dettate dallo strumento urbanistico.
Non vale poi a rendere l’opera
edilizia sanabile la circostanza (pure invocata a
sostegno della dedotta illegittimità dell’opposto
diniego) per cui l’Amministrazione avrebbe rilasciato
per detta area l’autorizzazione commerciale: è evidente
che il titolo rilasciato potrebbe avere rilevanza su
altro versante (quello dell’utilizzazione dell’area), ma
certo non abilita a far ritenere sussistente la
conformità urbanistico-edilizia di una volumetria
realizzata abusivamente.
In ogni caso, trattasi di
autorizzazioni rilasciate stagionalmente, con validità
ed effetti temporalmente limitati, senza che ciò possa
incidere sul regime urbanistico-edilizio dei locali e/o
delle aree interessate dall’attività commerciale.
Le ragioni legittimamente
giustificative del diniego di sanatoria edilizia infine
non sono smentite dal fatto che l’interessato ha
attivato un procedimento di accertamento di
compatibilità paesaggistica: in primo luogo la relativa
domanda è stata vagliata negativamente dall’Autorità
preposta alla relativa tutela (il Comune, in forza delle
competenze delegate) e il provvedimento opposto non
risulta essere intaccato dalle doglianze genericamente
formulate dall’interessato; ad ogni modo, il
procedimento de quo ha vita e finalità autonome, volto
com’è, ad ottenere una condonabilità ai fini ambientali
ex lege n.308/04 che vale unicamente a preservare il
richiedente dal regime sanzionatorio previsto in
conseguenza del pregiudizio arrecato ai valori
paesaggistici.
Quanto poi alla questione indicata
sub b ) sono del tutto insussistenti i profili di
illegittimità dedotti a carico del diniego di
ampliamento dell’autorizzazione ai fini commerciali,
solo che si faccia mente locale al più che consolidato
orientamento giurisprudenziale, secondo il quale nel
rilascio dell’autorizzazione commerciale occorre tener
presente i presupposti aspetti di conformità
urbansistico-edilizia dei locali in cui l’attività
commerciale si va a svolgere, con l’ovvia conseguenza
che il diniego di esercizio di attività di commercio
deve ritenersi senz’altro legittimo ove fondato, come
nella fattispecie, su rappresentate e accertate ragioni
di abusività e/o non regolarità delle opere edilizie in
questione con le prescrizioni urbanistiche.
Rimane da esaminare la pretesa
risarcitoria pure fatte valere dall’appellante e che va
nella specie considerata del tutto inconfigurabile
Invero, come sopra accertato, non è
ravvisabile a carico dell’Amministrazione comunale
intimata una quale che sia condotta contra legem che
possa, come tale, considerarsi causativa di un
pregiudizio patrimoniale ex art.2043 codice civile, di
guisa che l’insussistenza in radice del presupposto
oggettivo costituito da un comportamento illegittimo
suscettibile di risarcimento rende la relativa domanda
assolutamente priva di presupposti (cfr. Con stato Ad.
Pl. n.12/07).
In forza di quanto sopra esposto
l’appello, in relazione ai vari mezzi d’impugnazione ivi
denunciati non appare meritevole di accoglimento.
Le spese e competenze del presente
grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e
vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando
sull'appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.
Condanna la parte appellante al
pagamento delle spese e competenze del presente grado
del giudizio che si liquidano complessivamente in euro
5.000,00 (cinquemila/00) di cui euro 2.500,00
(duemilacinquecento /00 ) in favore del Comune di
Sannicola e altre 2.500,00 (duemilacinquecento/00) in
favore della Soprintendenza per i Beni Architettonici e
per i Paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e
Taranto.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 12 luglio 2011 con l'intervento dei
magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere,
Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/10/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.) |