Può rientrare nella nozione di
maltrattamenti di cui all'articolo 572 del Codice Penale
la condotta della madre che in concorso con il nonno del
minore, aveva nel tempo e fino all’età preadolescenziale
di quest’ultimo posto in essere atteggiamenti
qualificati dal giudice del merito come eccesso di
accudienza e consistiti nell’impedimento di rapporti con
coetanei, nell’esclusione del minore dalle attività
inerenti la motricità, anche quando organizzate
dall’istituzione scolastica, nonché nell’induzione della
rimozione della figura paterna, costantemente dipinta in
termini negativi, fino ad impedire allo stesso minore di
utilizzare il cognome del padre?
La Corte di Cassazione risponde
affermativamente, confermando la pronuncia della Corte
d'appello di Bologna.
"Nel reato di maltrattamenti di cui
all'art. 572 cod. pen. l'oggetto giuridico non è
costituito solo dall'interesse dello Stato alla
salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e
violenti, connotati secondo il lessico del ricorrente da
una "chiara connotazione negativa", ma anche dalla
tutela dell'incolumità fisica e psichica delle persone
indicate nella norma (Cass. pen. sez. 6, 37019/2003 Rv.
226794), interessate al rispetto integrale della loro
personalità e delle loro potenzialità nello svolgimento
di un rapporto, fondato su costruttivi e socializzantl
vincoli familiari aperti alle risorse del mondo esterno,
a prescindere da condotte pacificamente vessatorie e
violente.
In tale quadro, poco conta la
"soglia di sensibilità del minore vittima". la quale,
non solo per il grado di sviluppo psico-fislco della
persona offesa, ma, soprattutto, perché essa,
oggettivamente disafferenziata dai contesti di
riferimento ("gruppo dei pari di età"), di necessità,
non può disporre di standard di peso della negativa e
deteriore realtà in cui è costretta a vivere.
In tale quadro si appalesa quindi
Irrilevante il riferito "stato di benessere del
bambino", tenuto conto che, non a caso, in tutti i
sistemi di civiltà evoluta, lo Stato può verificare in
modo intrusivo le "realtà di disagio anomalo" nella
famiglia e le loro cause umane, imponendo prescrizioni
ai familiari, sino alla decadenza dalla potestà,
all'allontanamento, e allo stato di adattabilità del
minore stesso.
Né miglior sorte va riservata al
secondo profilo critico del ricorso, prospettato per
negare la materialità del maltrattamenti, sulla base del
rilevo che il reato esige -come risultato- che gli atti
di maltrattamento (lesivi dell'integrità fisica o
morale, della libertà o del decoro della vittima) siano
tali da rendere abitualmente dolorose e mortificanti le
relazioni tra il soggetto attivo e la persona offesa,
con conseguente necessità, ad avviso del ricorrente, di
un rapporto diretto tra colui che pone in essere le
condotte di maltrattamento ed il soggetto che, in
ragione di tali condotte, trova sofferenza e disagio ed,
ancora, che vi sia un rapporto causale diretto tra
maltrattamento da un Iato ed il dolore ed il disagio
dall'altro, realtà che nella vicenda sarebbero escluse
dal manifestato benessere del minore di vivere
iperaccudlto nella realtà famIliare.
La conclusione della difesa soffre
dello stesso vizIo di lettura della precedente doglianza
in quanto pone, come crinale e "discrimen" del
maltrattamento, lesivo del processi di crescita
psicologica e fisica del minore, il grado di percezione
del maltrattamento stesso ad opera della vittima
minorenne.
Non è chi non veda l'insostenibllltà
dell'assunto che fa dipendere l'oggettiva sussistenza
della condotta illecita dalla "variabile soglia di
sensibilità della vittima", che, in quanto minore esige
efficace tutela, anche contro la sua stessa infantile
limitata percezione soggettiva".
La critica va quindi rigettata,
senza dimenticare la regola che in ogni caso, a
prescindere dalla minore età della vittima, il reato de
quo mai può essere scriminato dal consenso dell'avente
diritto, sia pure affermato sulla base di opzioni sub
culturali o, come nella specie, scelte e stili
pedagogici obsoleti, od in assoluto contrasto con i
principi che stanno alla base dell'ordinamento giuridico
italiano, in particolare con la garanzia dei diritti
inviolabili dell'uomo sanciti dall'art. 2 Cost., i quali
trovano specifica considerazione in materia di diritto
di famiglia negli articoli 29 -31 Cost..
|